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Poi l’apri come aveva fatto col calesse e seminandone il contenuto per terra colla punta del bidente:


— Nascerà ciò che potrà, disse egli, ma io avrei gran bisogno di un padiglione per coprirmi questa notte, non fosse che d’una pianta di piselli fiorita; d’una piccola cena per nutrirmi, non fosse che una pappa di piselli collo zucchero; e d’un letto per dormire non fosse che d’una piuma di colibrì. Tanto più che ora non potrei rivedere i miei cari, perchè mi sento stimolato dalla fame, stracco pel lungo viaggio. Tesoro delle Fave non aveva finito di parlare che vide sorgere dalla sabbia un superbo padiglione in forma di pianta di piselli che si alzò, ingrandì, si distese lontano, appoggiandosi a intervalli regolari su dieci pali d’oro, si sparse da ogni parte in graziosi paramenti di fogliame tempestati di fior di piselli e s’arrotondò in arcate innumerevoli, ciascuna delle quali sopportava al centro dell’arco un ricco lampadario di cristallo carico di candele profumate. Il fondo delle arcate era guarnito di specchi di Venezia, d’altezza smisurata senza il più piccolo difetto che riflettevano i lumi fino ad abbruciare la vista di un’aquila di sett’anni a una lega distante.


Sotto i piedi di Tesoro delle Fave una foglia di pisello caduta accidentalmente dalla vòlta, si allargò in magnifico tappeto chiazzato con tutti i colori dell’arcobaleno e con moltissimi altri ancora. Di più, esso portava candelabri, de’ tavolini di aloè e di sandalo, che parevan lì lì per rovinare sotto il peso dei pasticci e delle confetture, e sui quali stavano frutti canditi col maraschino attornianti elegantemente nelle loro coppe di porcellana dorata, un buon piatto di sugo di pisellini collo zucchero, marezzati alla superficie con uva di Corinto nera come lustrini, pistacchi verdi, confetti di coriandolo e fette d’ananasso.
Poi l’apri come aveva fatto col calesse e seminandone
il contenuto per terra colla punta del bidente:


In mezzo a tutta questa grazia di Dio Tesoro delle Fave non istentò tuttavia a riconoscere il suo letto, cioè la piuma di colibrì da lui desiderata e che scintillava in un canto come un diamante caduto dalla corona del Gran Mogol, quantunque fosse tanto piccolo che lo si sarebbe nascosto in un grano di miglio. Tesoro delle Fave pensò prima di tutto che questo lettino rispondeva poco alle comodità del padiglione; ma mentre ei la guardava essa si diede a moltiplicarsi e a moltiplicarsi si che egli ebbe ben presto uno strato di piume di colibrì all’altezza della mano, lettuccio di molli topazii, di flessibili zaffiri e di opali elastici in cui una farfalla posandovisi si sarebbe sprofondata.
— Nascerà ciò che potrà, disse egli, ma io avrei gran
bisogno di un padiglione per coprirmi questa notte, non
fosse che d’una pianta di piselli fiorita; d’una piccola cena
per nutrirmi, non fosse che una pappa di piselli collo
zucchero; e d’un letto per dormire non fosse che d’una
piuma di colibrì. Tanto più che ore non potrei rivedere
i miei cari, perchè mi sento stimolato dalla fame, stracco
pel lungo viaggio. Tesoro delle Fave non aveva finito di
parlare che vide sorgere dalla sabbia un superbo padiglione
in forma di pianta di piselli che si alzò, ingrandì,
si distese lontano, appoggiandosi a intervalli regolari su
dieci pali d’oro, si sparse da ogni parte in graziosi paramenti
di fogliame tempestati di fior di piselli e s’arrotondò
in arcate innumerevoli, ciascuna delle quali sopportava
al centro dell’arco un ricco lampadario di cristallo
carico di candele profumate. Il fondo delle arcate
era guarnito di specchi di Venezia, d’altezza smisurata
senza il più piccolo difetto che riflettevano i lumi fino
ad abbruciare la vista di un’aquila di sett’anni a una lega
distante.


Sotto i piedi di Tesoro delle Fave una foglia di pisello
Basta, disse Tesoro delle Fave, basta, piuma di colibrì! con questo dormirò benissimo.
caduta accidentalmente dalla vòlta, si allargò in magnifico
tappeto chiazzato con tutti i colori dell’arcobaleno e con
moltissimi altri ancora. Di più, esso portava candelabri,
de’ tavolini di aloè e di sandalo, che parevan lì lì per
rovinare sotto il peso dei pasticci e delle confetture, e
sui quali stavano frutti canditi col maraschino attorniatiti
elegantemente nelle loro coppe di porcellana dorata,
un buon piatto di sugo di pisellini collo zucchero,
marezzati alla superficie con uva di Corinto nera come
lustrini, pistacchi verdi, confetti di coriandolo e fette
d’ananasso.

In mezzo a tutta questa grazia di Dio Tesoro delle
Fave non istentò tuttavia a riconoscere il suo letto, cioè
la piuma di colibrì da lui desiderata e che scintillava in
un canto come un diamante caduto dalla corona del
Gran Mogol, quantunque fosse tanto piccolo che lo si
sarebbe nascosto in un grano di miglio. Tesoro delle
Fave pensò prima di tutto che questo lettino rispondeva
poco alle comodità del padiglione; ma mentre ei la guardava
essa si diede a moltiplicarsi e a moltiplicarsi si che
egli ebbe ben presto uno strato di piume di colibrì all’altezza
della mano, lettuccio di molli topazii, di flessibili
zaffiri e di opali elastici in cui una farfalla posandovisi
si sarebbe sprofondata.

— Basta, disse Tesoro delle Fave, basta, piuma di colibrì!
con questo dormirò benissimo.