Pagina:Giuseppe Conti Firenze vecchia, Firenze 1899.djvu/48: differenze tra le versioni

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I nobili e i preti della Toscana erano chiamati nientemeno responsabili di tutti coloro che venissero «assassinati, arrestati e perseguitati sotto pretesto d’attaccamento ai francesi e ai loro principii.» E per maggiore consolazione di quelli che avessero delle ideacce contro i preziosi amici che momentaneamente s’allontanavano per la libertà d’Italia, il compitissimo signor Reinhard ammoniva i pacifici e buoni fiorentini, che gli ostaggi stati condotti in Francia risponderebbero ''testa per testa'' delle uccisioni o degli affronti che fossero commessi in Toscana contro i patriotti.
I nobili e i preti della Toscana erano chiamati nientemeno responsabili di tutti coloro che venissero «assassinati, arrestati e perseguitati sotto pretesto d’attaccamento ai francesi e ai loro principii.» E per maggiore consolazione di quelli che avessero delle ideacce contro i preziosi amici che momentaneamente s’allontanavano per la libertà d’Italia, il compitissimo signor Reinhard ammoniva i pacifici e buoni fiorentini, che gli ostaggi stati condotti in Francia risponderebbero ''testa per testa'' delle uccisioni o degli affronti che fossero commessi in Toscana contro i patriotti.


Quest’ultima ordinanza, altezzosa e provocante, finì di esasperare gli animi, e ci volle tutta la prudenza e l’ascendente dell’arcivescovo Martini, per impedire che la popolazione si sollevasse e trasmodasse contro i fautori di così prepotenti e sfacciati ''amici'', i quali si comportavano molto peggio che nemici. .Se almeno avessero avuto la lealtà e la franchezza di mostrarsi per quello che erano, ognuno forse si sarebbe regolato: ma venire come liberatori non cercati, e proclamare poi negli editti che i toscani erano sottomessi alla Francia dal diritto della guerra era una tale insultante provocazione, che ogni popolo, anche ''dolce e pacifico'' come era stato dipinto nei precedenti proclami il popolo toscano, se ne sarebbe giustamente offeso.
Quest’ultima ordinanza, altezzosa e provocante, finì di esasperare gli animi, e ci volle tutta la prudenza e l’ascendente dell’arcivescovo Martini, per impedire che la popolazione si sollevasse e trasmodasse contro i fautori di così prepotenti e sfacciati ''amici'', i quali si comportavano molto peggio che nemici. Se almeno avessero avuto la lealtà e la franchezza di mostrarsi per quello che erano, ognuno forse si sarebbe regolato: ma venire come liberatori non cercati, e proclamare poi negli editti che i toscani erano sottomessi alla Francia dal diritto della guerra era una tale insultante provocazione, che ogni popolo, anche ''dolce e pacifico'' come era stato dipinto nei precedenti proclami il popolo toscano, se ne sarebbe giustamente offeso.