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Nuovi proclami e sempre nuovi governi 39

Nuovi proclami e sempre nuovi governi 39 re, distributore delle corone, ec.» mandò anch’egli un proclama per dire che il Profeta aveva permesso che la Francia sterminatrice facesse le sue vendette per le colpe degli uomini; ed ora che il suo compito era eseguito, i turchi sarebbero venuti a darci la libertà, promettendoci «una primavera di delizia e di riso!..,» Ma degno di riso sarebbe stato davvero, se non lo fosse di sdegno, il veder bandire dagli altari da alcuni preti fanatici e ignoranti il proclama del sultano, come se si trattasse del vangelo di un nuovo apostolo! E non fu soltanto il fratello del Sole e della Luna, che s’intenerì per noi, vedendoci preda dei francesi; ma anche il generale Suwarow si commosse per conto del suo governo, alla nostra sorte; e anche lui, poveretto, mandò un proclama che cominciava così: «Popoli d’Italia, armatevi e venite a porvi sotto gli stendardi della religione e della patria, e voi trionferete d’una perfida nazione.» E dire che il comandante russo intendeva di alludere alla Francia!... Il colmo dell’indignazione russa a nostro vantaggio è contenuta in queste parole: «I francesi vi opprimono tutti i giorni con gravezze immense: e sotto il pretesto d’una libertà e d’una eguaglianza chimeriche, portano la desolazione nelle famiglie....» e via di questo passo. Poi che fu ammansita la tracotanza del fiero guerriero Lorenzo Mari, il patriottico e sapientissimo governo toscano, non sdegnò di trattare il 7 luglio anche col prete Donato Landi, qualificato commissario di guerra della armata aretina, per preparare gli alloggi e le vettovaglie necessarie a tale valorosa armata, costituita da una ciurmaglia di 5000 ribelli, per la maggior parte appunto aretini. Essi infatti entrarono in Firenze nel pomeriggio del giorno stesso dalla porta a San Niccolò in numero di 2500 fra fanti e cavalli guidati dalla celebre Sandrina Alari, che a cavallo come un uomo, vestita metà da donna e metà da soldato, entusiasmava quel prode esercito. Il vero nome di lei era Cassandra Cini, figlia d’un macellaro di Montevarchi; ma ad Arezzo la chiamavano Sandrina. Fu poi sposata al capitano Lorenzo IVIari, il quale.