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per quelle rimote contrade, conchiudendo anzi in quel viaggio un difficile trattato di pace e di commercio fra di essi. E allora fu che Aristarco, deposto l’abito europeo, s’avvezzò a coprirsi il capo d’un turbante, a indossare una lunga zimarraccia foderata di pelliccia, a portare un gran paio di mustacchi sotto il naso, a cingersi una lunga scimitarra al fianco, e a valersi sovente di quelle militari cognizioni da esso pochi anni prima acquistate servendo come volontario in Fiandra ne’ granatieri dell’immortale duca di Marlborough, e poi in Ungheria ne’ dragoni dell’invincibile principe Eugenio.
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LA FRUSTA LETTERARIA
Dopo che Aristarco ebbe spesa la miglior parte della sua travagliosa vita, ora vibrando spuntone o sciabla per gli eserciti d’Europa. e d’Asia, ora maneggiando spada o moschetto sulle flotte inglesi e giapponesi, ora soffrendo caldo e freddo nello attraversare provincie e mari, ed ora zerbinescamente avvolgendosi per palagi e per Corti, sempre sottilmente notando costumi, né mai trascurando i libri e lo studio; e trovandosi pur un tratto sei buone croci sulle spalle, se ne volle finalmente tornare di donde era partito quarant’anni prima, cioè a casa sua. Egli cominciava a sentirsi talvolta fiacco dopo un violento esercizio, e talvolta le vertigini lo facevano barcollare dopo una lunga applicazione. E poi non poteva non accorgersi d’avere una gamba meno di quello che hanno gli altr’uomini, poiché la sua gamba manca egli l’aveva veduta distaccarsi dal suo ginocchio e cascar nell’Oceano, vicino allo stretto di Gibilterra, per la possente virtù d’una palla di cannone, che uscì una mattina con troppa furia da un brigantino corsaro di Marrocco. Ben potete credere, leggitori, che dopo un tale accidente qualche porzione di quelle tante particelle sulfuree che la Madre Natura aveva mischiate nella sostanza del suo individuo, cominciarono a svaporare e ad ammorzarsi; onde non è strano se, trovandosi con una gamba di legno sotto il ginocchio sinistro, s’indusse tosto a dar volta e a tornare ''ad patrios Lares''. Sono dodici anni ornai, ch’egli se la passa bel bello in un soggiorno campestre poco distante da una delle più cospicue metropoli d’Italia nostra, vivendo i suoi
per quelle rimote contrade, conchiudendo anzi in quel viaggio
un difficile trattato di pace e di commercio fra di essi. E allora
fu che Aristarco, deposto l’abito europeo, s’avvezzò a coprirsi
il capo d’un turbante, a indossare una lunga zimarraccia fo-
derata di pelliccia, a portare un gran paio di mustacchi sotto
il naso, a cingersi una lunga scimitarra al fianco, e a valersi
sovente di quelle militari cognizioni da esso pochi anni prima
acquistate servendo come volontario in Fiandra ne’ granatieri
dell’ immortale duca di Marlborough, e poi in Ungheria ne’
dragoni dell’invincibile principe Eugenio.
Dopo che Aristarco ebbe spesa la miglior parte della sua
travagliosa vita, ora vibrando spuntone o sciabla per gli eser-
citi d’Europa. e d’Asia, ora maneggiando spada o moschetto
sulle flotte inglesi e giapponesi, ora soffrendo caldo e freddo
nello attraversare provincie e mari, ed ora zerbinescamente
avvolgendosi per palagi e per Corti, sempre sottilmente no-
tando costumi, né mai trascurando i libri e lo studio; e tro-
vandosi pur un tratto sei buone croci sulle spalle, se ne volle
finalmente tornare di donde era partito quarant’anni prima,
cioè a casa sua. Egli cominciava a sentirsi talvolta fiacco dopo
un violento esercizio, e talvolta le vertigini lo facevano bar-
collare dopo una lunga applicazione. E poi non poteva non
accorgersi d’avere una gamba meno di quello che hanno gli
altr’uomini, poiché la sua gamba manca egli l’aveva veduta
distaccarsi dal suo ginocchio e cascar nell’Oceano, vicino allo
stretto di Gibilterra, per la possente virtù d’una palla di can-
none, che usci una mattina con troppa furia da un brigantino
corsaro di Marrocco. Ben potete credere, leggitori, che dopo
un tale accidente qualche porzione di quelle tante particelle
sulfuree che la Madre Natura aveva mischiate nella sostanza
del suo individuo, cominciarono a svaporare e ad ammorzarsi;
onde non è strano se, trovandosi con una gamba di legno
sotto il ginocchio sinistro, s’indusse tosto a dar volta e a tor-
nare ad patrios Lares. Sono dodici anni ornai, ch’egli se la
passa bel bello in un soggiorno campestre poco distante da
una delle più cospicue metropoli d’Italia nostra, vivendo i suoi