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dei reni, dei reumatismi deformanti, delle infezioni varie, provocate e sostenute da questa lotta devastatrice, che strugge implacabilmente le energie, le forze vive, tutto il fiore giovanile delle nazioni. V’ha, però, una malattia, sulla quale occorre richiamar subito l’attenzione non solo dei legislatori e degli organizzateci di eserciti, ma di quanti si preoccupano dell’integrità della razza e della prosperità della Patria. Questa malattia crea una categoria di... feriti silenziosi, che forse colpiranno meno la sentimentalità umana, perchè non hanno la tragica esteriorità, che impressiona, degli altri feriti; ma lasciano pensosi il medico ed il sociologo per le tristi ripercussioni, che la loro invalidità può produrre sulla razza e sulla discendenza. Questa malattia, che insieme alla tubercolosi (e forse più della tubercolosi!) insidia la salute dei nostri soldati; questa malattia, che è stato un vero flagello del nostro esercito, è... la malaria!

Ora una concezione più larga e più umana intorno al problema degli invalidi di guerra, come una reazione alla lotta di rapina e di sterminio, che ha ripiombato l'umanità nella barbarie tenebrosa degli istinti, dovrebbe entrare nella mente dei nostri uomini politici e degli uomini di cuore, per modo che tutte le invalidità prodotte dalla guerra e per la guerra abbiano il conforto della scienza e della solidarietà umana1.

  1. Tutti gli Stati belligeranti rivelano una nobile gara nella ricerca e nell’attuazione delle provvi-