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solo un contenuto sentimentale e patriottico, ma involgono anche supreme necessità di riforme sociali. La guerra attuale, che ha così moltiplicato le occasioni della lesività bellica, pone sul tappeto della vita nazionale il problema dell’esame giuridico di tale lesività non tanto dal punto di vista della funzione professionale, quanto da quello del compimento da parte dello Stato di un dovere sociale verso il presente e verso l’avvenire (Cabrini)1.

Noi ora non vogliamo indagare, se — dopo questa fumida e corrusca epopea italica, quando nel cielo ci riderà Falba di un giorno più umanamente bello di lavoro concorde e di pace — altri feriti (oltre i mutilati degli arti, i ciechi, i sordomuti), uguali dritti prospetteranno all’assistenza sociale: quali i feriti del cuore, delle arterie,

  1. È dovere, ma insieme interesse dello Stato, che tutte le migliaia d’invalidi di guerra non restino a carico della società e trovino lavoro, perchè il peso economico del loro mantenimento ritorna sempre a detrimento di tutti.
    D’altra parte è tu tt’altro che trascurabile, nella lotta che si fa sempre più viva per la supremazia economica fra i diversi paesi, il contributo che al lavoro potranno portare gli invalidi. Occorre, pertanto, che un’attiva propaganda da parte della stampa politica e scientifica, di istituzioni pubbliche e private..., da parte di quanti hanno vivo il sentimento di italianità, dimostri la necessità di far rientrare tutti gli invalidi nel circolo della vita sociale.