Pagina:Petrarca - Il mio segreto, Venezia, 1839.djvu/21: differenze tra le versioni

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Ond'io nacqui in Arezzo nell’esiglio, all’aurora del lunedì primo agosto 1304. Spregiai altamente le ricchezze, non perchè non le curassi, ma perchè mi veniano a fastidio le fatiche e le brighe che ne sono inseparabili compagne; nè meno mi diedi cura di tesoreggiare, onde aver modo ad imbandire splendide mense, dappoichè contento ad un sobrio vitto ed a cibi comuni, vissi assai meglio che non i successori d’Apicio, con tutta la squisitezza di loro vivande. Quelli che si chiamano conviti, e non altro sono che stravizzi, contrarii alla temperanza e al buon costume, ognora mi spiacquero; e stimai cosa non meno increscevole che vana, sia l’invitare altri, sia l'esserne invitato; frattantochè il sedere a mensa cogli amici mi cagionava tanta dolcezza, che nulla mi avessi di più caro; ma solo, di mia volontà non avrei preso mai cibo. Al lusso poi non tanto fui avverso perchè sia mala cosa e nemica dcll’umiltà, ma sì ancora per le malagevolezze che incontrano nel seguitarlo, e l'interrompimento della quiete che apporta. Potentissimo fu l'amore ond’ebbi travaglio nella giovinezza, però unico ed onesto; più lunga guerra mi avrebbe dato, ove una morte dolorosa sì ma utile non avesse estinto il fuoco che già rattiepidiva. Ed oh, foss'io stato libero d’ogni cupidigia di sensi! ma mentirei, se il dicessi; affermerò solamente che, {{Pt|quan-|quantunque}}
Ond'io nacqui in Arezzo nell’esiglio, all’aurora del lunedì primo agosto 1304. Spregiai altamente le ricchezze, non perchè non le curassi, ma perchè mi veniano a fastidio le fatiche e le brighe che ne sono inseparabili compagne; nè meno mi diedi cura di tesoreggiare, onde aver modo ad imbandire splendide mense, dappoichè contento ad un sobrio vitto ed a cibi comuni, vissi assai meglio che non i successori d’Apicio, con tutta la squisitezza di loro vivande. Quelli che si chiamano conviti, e non altro sono che stravizzi, contrarii alla temperanza e al buon costume, ognora mi spiacquero; e stimai cosa non meno increscevole che vana, sia l’invitare altri, sia l'esserne invitato; frattantochè il sedere a mensa cogli amici mi cagionava tanta dolcezza, che nulla mi avessi di più caro; ma solo, di mia volontà non avrei preso mai cibo. Al lusso poi non tanto fui avverso perchè sia mala cosa e nemica dell’umiltà, ma sì ancora per le malagevolezze che incontrano nel seguitarlo, e l'interrompimento della quiete che apporta. Potentissimo fu l'amore ond’ebbi travaglio nella giovinezza, però unico ed onesto; più lunga guerra mi avrebbe dato, ove una morte dolorosa sì ma utile non avesse estinto il fuoco che già rattiepidiva. Ed oh, foss'io stato libero d’ogni cupidigia di sensi! ma mentirei, se il dicessi; affermerò solamente che, {{Pt|quan-|quantunque}}