Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie postume, 1947 – BEIC 1726528.djvu/226: differenze tra le versioni
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Versione delle 22:20, 16 ott 2019
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- Adamo
E che saria, se poscia
per altra via fors’essi desser volta,
e noi qui non trovassero? né loro
ritrovassimo noi? tu’1 vedi: a doppia
A
angoscia ci esporremmo. In Dio frattanto
speriamo: in breve...
- Èva
Ah! ch’io nel cor mi sento
inspiegabili moti: smisurata
malinconia mi opprime: il pianto, or dianzi
nell’abbracciare Abèle, mi s’apriva
strada per gli occhi a forza: parea quasi,
ch’io l’abbracciassi per l’ultima volta.
E il terribil suo sogno!... Oh Dio! se mai,
Dio permettente, una tal fiera .. Oh! quanto,
quanto mal festi di non ir tu stesso
or di Caino in traccia!
- Adamo
Amata donna,
acqueta or l’alma un poco: ecco, più forte
già già mi sento in me. Dal fianco parmi
che un non so qual gravoso alito tetro
mi si togliesse: il cor più non mi stringe
quel rio fetore incognito; la mente
più non mi offusca. Errai, certo, e non poco,
nell’inviar cosi soletto Abèle:
io, di Caino in traccia, irne sol io
dovea: deh! come smemorato io tanto
era in tal punto? Al mio gridar, mi avria
- Caino
udito, anco varcato ei fosse
oltre la selva. Oh Dio! ma che far debbo?
Irne? te lascio; attenderli? fors’essi
non riedono. Atterriamci, Èva diletta,
al Creatore: i preghi tuoi tu mesci
tacitamente ai miei; finché dall’alto
l’aj matrice sua sonante voce
senno ci arrechi.
- Èva
A lui, si, prosterniamoci.