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Versione delle 01:01, 16 ott 2019

dal mio fratello... un fero pegno... infame,
eh’è del più orribil odio orribil pegno;
d’odio eterno fra noi, che sol nel sangue
d’ambi noi spento si vedrà. — Giocasta,
Antigone, Tebani, ecco la fede
d’Eteócle: veleno è questo nappo.

Eteoc.
Oh vii sospetto! Ahi mentitori...
Gioc.
Che ascolto?

Dare al fratei si atroce taccia ardisci?

Polin.
Lo ardisco io, si. Per te lo giuro, o madre;

in questo nappo è morte: e invan non giuro,
madre, per te. Fera è la taccia, e atroce,
ma vera. — O tu, smentirmi vuoi? tu primo
osa libar la tazza: eccola: assento
10 di berla secondo, e perir teco.

Eteoc.
Forse, perché di traditor si debbe

a te la morte, un tradimento appormi
osi in faccia di Tebe? E che? per trarti
un vii sospetto, ch’a vi) prova io scenda?...
Or va; sospetto in te non è; tu il fingi
mal destramente... Io fratricida infame? —
E s’io pur dar la meritata morte
volessi a te, nelle mie man non sei?
A che la fraude, ove è la forza? In Tebe
re non son io finor? suddito mio,
te chi potrebbe alla terribil ira
del tuo signor sottrarre?...

Polin.
All’ira tua

sottrarsi, è lieve; alle tue fraudi orrende,
lieve non è. Suddito tuo, te posso,
te far tremare entro tua reggia; e teco,
i vili tuoi... Ma, di te conscio, ardire
non hai tu, no, di provocarmi a guerra...

Eteoc.
Poiché ripigli il tuo furore, io tutto

11 mio ripiglio: è testimon ciascuno,
che mi vi sforzi tu... — Lascia i pretesti: