Traduzioni e riduzioni/Da Orazio/Il voto del poeta: differenze tra le versioni

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<poem>
Che mai nel nuovo tempio il poeta al dio
domanda, mentre versa il vin nuovo dal-
:la tazza, e prega? Non le messi
::{{R|4}}fertili della Sardegna opima,
 
e non le ricche mandre dell’arsa mia
Calabria, non l’oro indo e l’avorio, non
:i campi cui con placid’acqua il
::{{R|8}}tacito fiume del Liri rode.
 
A cui le diè la sorte, si poti le
Calene viti; il ricco mercante in suoi
:bicchieri d’oro beva il vino
::{{R|12}}ch’egli cambiò con le droghe Syre;
 
persino al cielo caro, ch’ogni anno ei va
più volte incolume a rivedere il mar
:d’Atlante. Io ceno con le olive
::{{R|16}}mangio radicchio e leggiere malve.
 
O della Notte figlio, a me dà godere
il poco bene mio, con le forze mie,
:con tutta, prego, la mia mente,
::{{R|20}}vecchio, ma sano; e poeta sempre! </poem>
 
{{AltraVersione|Le odi di Orazio/Libro primo/XXXI|Trad. Rapisardi}}