Don Chisciotte della Mancia/Capitolo XXXIII: differenze tra le versioni

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« Ciò detto, il prudente e virtuoso Lotario si tacque, ed Anselmo restò tanto confuso, che lì per lì non potè proferire parola, ma finalmente disse:
 
« — Volli, amico Lotario, ascoltarti con ogni attenzione, e nelle tue ragioni e negli esempi e nei paragoni ebbi campo di ammirare il tuo discernimento e la vera amicizia che mi porti. Vedo che se non mi appiglio al tuo parere e persisto nel mio, rinunzio al mio bene, e m'immergo in un mare di calamità. Devi però sapere che io sono malato di quella infermità a cui vanno soggette alcune donne incinte, che sono costrette a cibarsi di terra, gesso, carbone, e di altre cose peggiori, ed è necessario trovar qualche rimedio perché guariscano. E' dunque, necessario, che tu cominci a fare un po' di corte a Camilla, che non deve essere tanto debole da cadere ai primi approcci: mi terrò pago di questo solo sperimento, e tu avrai servito al dovere dell'amicizia, convincendomi che il mio onore è illeso. E devi considerarti obbligato a far questo per una sola ragione : che, essendo io deciso a far questa prova, non devi permettere ch'io palesi ad altri la mia follia, con danno dell'onor mio, che ti sta tanto a cuore. Né importa se Camilla avrà per qualche tempo una cattiva opinione di te; perché presto, riconosciuta la sua integrità, le potrai svelare l'artificio di cui ci siamo valsi, e riacquisterai tutta intera la sua stima. Poiché, dunque, tu avventuri assai poco, e puoi darmi tanta soddisfazione, per nessuna ragione devi persistere nel tuo rifiuto; perché, come ho detto, non faremo che un saggio, dopo il quale darò per vinta la causa.
 
« Vedendo Lotario la risoluta volontà di Anselmo, e non avendo altre ragioni da opporgli, allo scopo di evitare un male peggiore, decise di contentarlo e di fare quanto avesse potuto, fermo per altro nel proposito di trattar questo affare in modo che, senza mettere a cimento Camilla, Anselmo ne rimanesse soddisfatto. Egli rispose, perciò, che tenesse segreto a tutti il suo proponimento, e che avrebbe dato principio all' impresa ogni volta che egli avesse voluto. Anselmo lo abbracciò teneramente, come se ricevesse un favore da lui, e si accordarono che l'assedio cominciasse il giorno seguente. A questo scopo Lotario avrebbe avuto libero campo di parlare con Camilla da solo a sola, anzi, Anselmo lo avrebbe provveduto di gioielli e danaro da offrirle per tentarla. Lo consigliò di fare allegre serenate, di scrivere molte poesie in lode di lei, e s'egli non voleva prendersi la briga di scrivere in versi, se la sarebbe presa egli stesso. Lotario promise tutto, ma con intenzione ben diversa da quella di Anselmo; ed essendo così convenuti, si recarono a casa, dove trovarono Camilla, che era inquieta in attesa dello sposo, che aveva tardato quel giorno più del solito.
 
« Lotario fece poi ritorno alla sua abitazione, e rimase Anselmo a casa propria, tanto contento quanto Lotario era pensieroso, non sapendo come fare per condurre a termine la malaugurata impresa. Pensò a lungo quella notte al modo d'ingannare Anselmo senza offendere Camilla, e si recò il giorno di poi a pranzo presso l'amico. La moglie lo accolse assai piacevolmente, spendo quale fortuna fosse per suo marito avere nn amico come lui. Finito il pranzo, e sparecchiata la tavola, Anselmo disse a Lotario che rimanesse a far compagnia a Camilla, mentre egli doveva andare per un affare importante. Sarebbe ritornato fra un'ora. Lo pregò Camilla di rimanere, e Lotario si offerse di tenergli compagnia; ma Anselmo non diede ascolto né all'uno né all'altra: pregò l'amico di aspettarlo, avendo da trattare con lui cose di molta importanza; disse a Camilla che non lasciasse Lotario fino al suo ritorno: infine, seppe fingere sì bene la necessità di doversi assentare, che nessuno avrebbe potuto avvedersi della simulazione. Partì Anselmo, e restarono a tavola Camilla e Lotario, mentre i servitori di casa pranzavano. Lotario si trovò in campo chiuso, con a fronte un nemico che poteva vincere con la sola sua bellezza uno squadrone di cavalieri armati. Anche Lotario aveva ragione di temere! Appoggiò il gomito sul bracciuolo della sedia, sostenendo una guancia colla mano aperta, e pregando Camilla a perdonargli la poco civiltà, le domandò licenza di riposare un poco fino al ritorno di Anselmo. Rispose Camilla che avrebbe potuto riposar meglio sul letto che su una sedia, e lo pregò di coricarsi. Lotario le rese grazie e rimase a dormir sulla sedia, finché tornò Anselmo, il quale, supponendo che avesse avuto tempo di parlare, oltre che di dormire, era impaziente che Lotario si svegliasse per uscire con lui e per domandargli conto dell'avvenuto. Tutto andò secondo il suo desiderio: Lotario si svegliò e uscirono insieme. Anselmo l'interrogò, e Lotario rispose, non essergli parso cosa ben fatta scoprirsi del tutto alla prima, e che si era perciò limitato a lodare la bellezza di Camilla, dicendole che tutta la città ammirava il suo ingegno e la sua avvenenza. Questo gli era sembrato ottimo principio per introdursi nelle sue buone grazie, e per indurla ad ascoltarlo con lieto animo un'altra volta. Anselmo si compiacque di tutto e assicurò Lotario che gli avrebbe offerta ogni giorno la stessa occasione, anche senza uscir di casa e in modo che Camilla non potesse mai sospettare del tranello tesole. Passarono molti giorni, e Lotario fece supporre ad Anselmo che avea parlato a Camilla (mentre era stato con lei sempre taciturno), senza poter cavarne il minimo segno ch'ella fosse disposta a derogare dal proprio dovere, e neppure averne ombra di speranza;