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L’AUTORE |
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A CHI LEGGE (I) |
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QUESTA Commedia, che ora s’intitola Il Contrattempo, o sia |
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il Chiacchierone Imprudente, è quasi la medesima che col |
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titolo soltanto d’Uomo Imprudente fu data ai Comici, e fu sul |
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Teatro rappresentata. (2) Avendo io voluto dipingere un uomo che |
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fosse in tutte le azioni sue imprudente, mi riuscì il carattere tra- |
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sportato un po’ troppo, lo che dispiacque ai più delicati, e meri- |
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tai che Momo nel Museo d’Apollo (a) lo dichiarasse un pazzo. |
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Trovai la critica così giusta, ch’io m indussi da me medesimo a |
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moderar il carattere dell’imprudente, e un altro aspetto gli diedi. |
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Come! (dirammi forse taluno) non sei ancora arrivato a distinguere |
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la verità dei caratteri dalla disorbitanza ? Dopo tante Commedie |
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fatte hai tu bisogno ancora dell’altrui critica per rilevarne i difetti ? |
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Rispondo, Lettor carissimo, che ne ho bisogno pur troppo, e non |
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solo io sono in tale necessità costituito, ma tutti quelli che scrivono, |
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e i più consumati Scrittori ancora ; e da quelli che si acquistarono |
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fama colle Opere loro imparare possiamo, che se prima di esporle |
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avessero avuto la buona sorte di sentir le amorose critiche degli |
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uomini di giudizio, le averebbono migliorate, e fra le buone e |
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lodate non ne averebbono lasciato correre tante altre, che poco |
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o nulla si stimano. Facilissima cosa è, che qualunque Autore si |
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inganni, e creda ragionevole e verisimile ciò che ad altri parrà |
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eccedente. Basta innamorarsi di un carattere grande, e volerlo in |
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(a) Il Museo d’Apollo, graziosissimo Poemetto di un dottissimo Cava- |
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liere Veneziano, a cui è dedicata la Commedia trentesima di questa Edizione (3). |
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Per Francesco Pitteri. Venezia 1 754. |
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(1) Questa prefazione uscì la prima volta nel t. VIII (1755, falsarti. 1754) dell’ed. |
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Paperini di Firenze. (2) Vedasi prefazione della Donna vendicativa. (3) Intendesi dell’ed. |
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Paperini. - La commedia trentesima è dedicata al N. H. Gio. Falier ; ma si sa che il poe- |
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metto fu scritto invece dai N. H. Nicola Beregan, a cui il Goldoni dedicò poi la Buona |
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moglie (v. Mémoires, II, eh. 32 e vol. II, pp. 623-4, della presente edizione). |
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varie viste dipingerlo, facilmente si cade senz’avvedersene nella di- |
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sorbitanza : e non vai nemmeno il fidarsi dell’esempio di qualche |
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Originale stravagante, che ci somministri Y idea, poiché l’universale |
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non vuole sopra le Scene un vero estraordinario, ma un verisimile |
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più comune. Al facile inganno degli Scrittori por rimedio potrebbe |
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la saggia discreta critica, se questa in tempo loro giungesse, e da |
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sincero animo derivasse, ma per lo più, o sono eglino adulati con |
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falsa lode, o sono con pungente satira vilipesi; nel primo caso si |
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fidano troppo de’ falsi amici, nel secondo agi’inimici non credono. |
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Un savio censore, un discreto onorato critico, sarà sempre |
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un tesoro per chi dee al pubblico esporsi, e guai a coloro che |
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prosontuosi e superbi non degnano porgere altrui l’orecchio, e |
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sfuggendo le correzioni in privato, soffrono poi dal pubblico meri- |
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tamente le derisioni. |
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Io voglio dar a me medesimo questo vanto d’essere de’ più |
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arrendevoli ai buoni consigli di quelli che per mio bene mi par- |
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lano, più contento di errare coli’oppinione altrui, che arrischiare |
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r evento per ostinazione. |
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Ho dunque cambiato in parte il carattere di un imprudente che |
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potea passar per un pazzo, e l’ho ridotto ad un Chiacchierone impru- |
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dente, che si rovina coi contrattempi. Ciò non ostante sarà egli |
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un pazzo, poiché ciò può dirsi di tutti quelli che non regolan- |
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dosi con saviezza, si lasciano dominare dalle passioni e dai vizi ; |
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ma in tutte le cose vi é il più ed il meno, e può essere che io |
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lo abbia moderato bastantemente. |
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Qualunque sia per riuscire al gusto de’ leggitori una tal Com- |
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media, vorrei però venisse il carattere ben bene considerato di |
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colui che parla troppo, e con imprudenza. In verità parecchi co- |
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nosco io, che hanno bisogno di studiarvi sopra, e far a se mede- |
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simi delle applicazioni morali, e delle salutevoli correzioni. Quanti, |
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per dire una barzelletta, non si guardano dal disgustare una per- |
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sona, che può far loro del bene ! Oh quanti, per dir i fatti loro |
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a chi non li dovrebbe sapere, si rendono ridicoli, e pregiudicano |
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air interesse, alla riputazione e al decoro ! E quanti, parlando male |
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d’altrui ne’ pubblici luoghi, sono da que’ medesimi che prendono |
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a criticare, o veduti, o uditi ? A me medesimo è accaduto più volte |
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sentir dir male di me in mia presenza, senza essere conosciuto. Due |
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anni sono in Bologna (’), arrivato colà appena in tempo che dalla |
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Compagnia de’ Comici del Medebach recitavansi da un mese in |
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circa le mie Commedie, andai in un Caffè a trattenermi, ove non |
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era io conosciuto. Entra poco dopo di me un Forestiere, e dice |
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forte: Signori, una nuova: a Bologna e arrivato il Goldoni. Ri- |
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sponde uno de’ circostanti: Non me n’importa niente, e se ne |
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va di bottega. Da lì a non molto, giunse colà un Bolognese, che |
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senza conoscermi mi volea bene (siccome tutti in Bologna, a ri- |
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serva di pochi, hanno per me dell’aunore e della bontà moltissima) ; |
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corsegli incontro il Forestiere suddetto, e dissegli con certo riso sul |
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labbro, che aveva ancor dell’equivoco : Ehi ! E arrivato Goldoni ; |
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rispose il cortesissimo Bolognese : U ho molto caro, lo vedrò volon- |
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tìeri. Al che soggiunse quell’altro, col riso un poco più tendente |
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all’ironico : Oh sì : vedrete una bella cosa ! Continuò poscia incal- |
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zando: Che dite delle sue Commedie? Mi piacciono: dissegli il |
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Bolognese, e tanto bastò perchè sparisse affatto un’ombra di riso |
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dal labbro turgido del Forestiere, e scaricasse egli un monte d’in- |
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giurie contro le povere Opere mie. Cheto, cheto me ne stava io, |
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godendo le grazie di quel mio padrone, allora quando entra un |
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amico mio, e mi dice: Benvenuto, dottor Goldoni. Arrossii io me- |
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desimo per colui, che rimase mortificato, esci dalla bottega imme- |
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diatamente, e moralizzando sul fatto col camerata, si declsunò con- |
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tro l’imprudenza. |
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Cent’altri casi simili accaduti mi sono in Venezia principal- |
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mente, in occasion delle Maschere ai Teatri, ai Caffè, per le strade |
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e nello strepitoso Ridotto. Questo è quell’ampio luogo, in cui fra |
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tante savie persone che vi concorrono per onesto divertimento, si |
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affollano i disperati e gli oziosi, i quali avendo mascherata la faccia, |
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credono aver mascherara la lingua ancora, per non essere ricono- |
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sciuti parlando. Dicono i fatti loro a chi non cura saperli, e fra- |
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mischi ano con i loro anche i fatti degli altri, e a questi aggiun- |
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(I) Nel maggio dell’anno 1732. |
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gono la favoletta e il frizzo bizzarro per comparire spiritosi. Colà |
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decidono della reputazione d’un uomo, e lo hanno talora dietro |
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le spalle a fremere ed ascoltarli. Goldoni ha terminato di far Com- |
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medie (disse uno di questi tali una sera) ; finora ha rimuginato |
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un magazzino di Commedie vecchie: queste sono finite, ed egli |
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è in secco. Bella cosa s’io avessi allora risposto : Signora Maschera, |
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un’altra Commedia la farò certo, somministrandomi voi l’argo- |
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mento colla vostra imprudenza ! Ma se non Y ho detto, può darsi |
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ch’io l’abbia fatto, e che in questo picciolo ritrattino egli ancora |
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si riconosca. Da che potrà arguire la Signora Maschera, qual sia |
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il magazzino da dove prendo le mie Commedie, per le quali non |
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mancheranno mai argomenti, fino che dura il Mondo (0. |
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(1) Questo episodio, oltre che nei Mémoires (li, eh. 23), si trova lungamente narrato |
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nelle prefazioni del Vecchio bizzarro e del Festino, nel t. II (1757) del Nuovo Teatro Co- |
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mico dell’Avo. C. Goldoni, ed. Pitteri di Venezia. |
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PERSONAGGI |
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BEATRICE, vedova. |
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OTTAVIO, ospite nella di lei casa. |
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CORALLINA, serva. |
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PANTALONE, mercante veneziano. |
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ROSAURA, sua figliuola semplice. |
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FLORINDO, amante di Rosaura. |
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LELIO, pretendente di Beatrice. |
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BRIGHELLA, amico di Ottavio. |
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LEANDRO, poeta ridicolo. |
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GIANNINO, caffettiere. |
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Lo Spenditore di Pantalone. |
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Un Servitore di Beatrice. |
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La Scena si rappresenta in Bologna. |