Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VII.djvu/21: differenze tra le versioni

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{{Ct|f=100%|v=1|L=0px|''ALL’ILLUSTRISSIMO E SAPIENTISSIMO''}}
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{{Ct|f=130%|v=1|L=6px|{{AutoreCitato|Scipione Maffei|SCIPIONE MAFFEI}}}}
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{{Ct|f=100%|v=1|L=0px|NOBILE PATRIZIO VERONESE<ref>La presente lettera di dedica fu stampata la prima volta l’anno 1733, nel t. II dell’ed. Paperini di Firenze.</ref>.}}
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{{Capolettera|Q}}''UANDO negli studj più ameni trattenevasi per diletto la fecondissima Vostra mente, ''{{Sc|Illustrissimo Signor Marchese}}'', non sdegnaste rivolgerla anche al Teatro, credendolo oggetto degno dei Vostri pensieri e della Vostra mano. Voi rimarcaste la miserabile decadenza di questo nostro Teatro, e ne promoveste il risorgimento. Le Vostre più serie occupazioni, i gravissimi studj Vostri, coi quali rendeste glorioso Voi, non meno che la Vostra Patria e l’Italia tutta, non vi permisero donare all’altrui piacere que’ dì, quegli anni, che consacraste all’altrui erudizione; ma in brevissimo tempo fatto avete ciò che bastar poteva per animare gl’ingegni degl’Italiani a rendere l’onor primiero alle nostre scene. Voi avete scritto elegantemente, e con verità, e con chiarezza, intorno al Teatro<ref>Alludasi alla pref. del ''Teatro Italiano'', Verona, 1723.</ref>; avete dell’origine sua con erudizione trattato, e dimostrandolo utile non solamente, ma necessario alle più colte Nazioni, avete ad evidenza altresì dimostrato che le Commedie, principalmente di questo secolo, erano atte piuttosto a corrompere i buoni costumi, anzi che a correggerli e migliorarli. Voi sin d’allora, accordandovi co’ Teologi più discreti, che contro la scostumatezza dei Teatri parlavano, non vi accordaste già con que’ rigidi che avrebbono voluto e che vorrebbono tuttavia i Teatri in cenere, volendo che ''Teatro'' e ''Peccato'' sieno due sinonimi {{Pt|inse-|}}''
{{Capolettera|Q}}''UANDO negli studj più ameni trattenevasi per diletto la fecondissima Vostra mente, ''{{Sc|Illustrissimo Signor Marchese}}'', non sdegnaste rivolgerla anche al Teatro, credendolo oggetto degno dei Vostri pensieri e della Vostra mano. Voi rimarcaste la miserabile decadenza di questo nostro Teatro, e ne promoveste il risorgimento. Le Vostre più serie occupazioni, i gravissimi studj Vostri, coi quali rendeste glorioso Voi, non meno che la Vostra Patria e l’Italia tutta, non vi permisero donare all’altrui piacere que’ dì, quegli anni, che consacraste all’altrui erudizione; ma in brevissimo tempo fatto avete ciò che bastar poteva per animare gl’ingegni degl’Italiani a rendere l’onor primiero alle nostre scene. Voi avete scritto elegantemente, e con verità, e con chiarezza, intorno al Teatro<ref>Alludasi alla pref. del ''Teatro Italiano'', Verona, 1723.</ref>; avete dell’origine sua con erudizione trattato, e dimostrandolo utile non solamente, ma necessario alle più colte Nazioni, avete ad evidenza altresì dimostrato che le Commedie, principalmente di questo secolo, erano atte piuttosto a corrompere i buoni costumi, anzi che a correggerli e migliorarli. Voi sin d’allora, accordandovi co’ Teologi più discreti, che contro la scostumatezza dei Teatri parlavano, non vi accordaste già con que’ rigidi che avrebbono voluto e che vorrebbono tuttavia i Teatri in cenere, volendo che ''Teatro'' e ''Peccato'' sieno due sinonimi {{Pt|inse-|}}''
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