La cooperazione regionale in ambito UE: il caso della Corsica/Capitolo II: differenze tra le versioni

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{{Qualità|avz=2575%|data=717 marzomaggio 2008|arg=Tesi universitarie}}{{Intestazione tesi
| Nome e cognome dell'autore = Sara Di Falco
| Titolo = La cooperazione regionale in ambito UE: il caso della Corsica
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== 1. Le regioni europee e le loro disparità ==
 
Nella Carta comunitaria della regionalizzazione<ref>Cfr. Organisation Européenne pour les Droits de l’Homme et pour ses Libertés Fondamentals – Délégation générale de Corse, La Corse, l’Europe et le droit, La Marge édition, Parma 1991, p. 61.</ref>, adottata dal Parlamento europeo il 18 novembre 1988, all’articolo 1 viene data la seguente definizione del termine “regione”:
 
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Nonostante la sua prosperità complessiva rispetto ad altre parti del mondo, l’Unione europea presenta enormi disparità di reddito e di opportunità nelle sue 250 regioni. Le cause possono essere molteplici: la mancata partecipazione di una determinata regione al processo di sviluppo, il declino di un settore trainante dell’economia o l’ubicazione alla periferia dell’Unione.
 
Al fine di valutare l’entità dei divari economici e sociali fra paesi e regioni, gli indicatori presi in considerazione, nell’ambito dei documenti e dei rapporti degli organismi comunitari, sono il Pil pro-capite (Fig. 2.1) ed il tasso di disoccupazione.
 
Nonostante la sua prosperità complessiva rispetto ad altre parti del mondo, l’Unione europea presenta enormi disparità di reddito e di opportunità nelle sue 250 regioni. Le cause possono essere molteplici: la mancata partecipazione di una determinata regione al processo di sviluppo, il declino di un settore trainante dell’economia o l’ubicazione alla periferia dell’Unione.
 
Al fine di valutare l’entità dei divari economici e sociali fra paesi e regioni, gli indicatori presi in considerazione, nell’ambito dei documenti e dei rapporti degli organismi comunitari, sono il Pil pro-capite (Fig. 2.1) ed il tasso di disoccupazione.
 
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Dal punto di vista della distribuzione territoriale dei divari emerge con una certa evidenza, l’esistenza di un tendenziale modello centro-periferia. Infatti il Pil pro-capite appare decisamente inferiore sia nella periferia meridionale, sia in quella orientale, sia, ancora, in quella settentrionale ed in quella nord-occidentale. Le regioni con Pil pro-capite più elevato si concentrano invece nel nucleo centrale dell’Europa occidentale<ref>Nella figura vengono compresi anche alcuni dei nuovi stati membri che aderiranno nel 2004 ed alcuni dei paesi candidati. La presente trattazione tuttavia si focalizza sui paesi attualmente membri dell’Unione europea.</ref>.
 
Per quanto riguarda il tasso di disoccupazione (Fig. 2.2) emerge con ancora maggiore evidenza, l’esistenza di un modello di tipo centro-periferia.
 
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== 2. Gli imperativi della politica regionale: crescita e coesione ==
 
«I problemi regionali sono difficili da definire ma facili da riconoscere»<ref>Cfr. P. Robson, The Economics of International Integration, Allen and Unwin, London 1987, p. 168.</ref>. La difficoltà principale non risiede tanto nell’identificazione e nella definizione di questi problemi, quanto nello spiegarli ed ancora di più nel modo di risolverli. I problemi regionali si riferiscono al persistere di grosse disparità tra le diverse regioni della stessa nazione in termini di reddito, produttività e livelli di occupazione.
 
La politica regionale si propone di colmare queste differenze, di accrescere la solidarietà tra i popoli dell’Unione europea e di sostenere il progresso economico e sociale. Il rafforzamento della coesione è sancito dal Trattato di Amsterdam (1997), il quale all’articolo 158 stabilisce che: «La Comunità mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo di quelle più svantaggiate o insulari, comprese le zone rurali»<ref>Cfr. Commissione Europea, Al servizio delle regioni, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, Lussemburgo 2001, p. 6.</ref>.
 
Solidarietà e coesione sono dunque i valori che ispirano la politica regionale dell’Unione europea:
 
- solidarietà, perché tale politica va a beneficio di quei cittadini e di quelle regioni che sono in qualche modo svantaggiati dal punto di vista socio-economico rispetto alla media dell’UE;
 
- coesione, perché si riconosce che ci sono dei vantaggi per tutti nel ridurre i divari di reddito e di benessere tra i paesi e le regioni più povere e quelle più ricche.
 
 
== 3. I Fondi strutturali ==
 
Gli strumenti della solidarietà europea sono costituiti dai Fondi strutturali e dal Fondo di coesione<ref>E’ un fondo speciale di solidarietà costituito nel 1993, a favore dei quattro stati membri dell’Unione europea meno prosperi (Grecia, Portogallo, Irlanda e Spagna) che finanzia grandi progetti per l’ambiente ed i trasporti.</ref>.
 
I Fondi strutturali sono quattro:
 
- il Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), creato nel 1975, che si prefigge principalmente di promuovere la coesione economica e sociale nell'Unione europea tramite azioni destinate a ridurre le disparità tra regioni;
 
- il Fondo sociale europeo (Fse), creato nel 1960, che è il principale strumento finanziario che consente all'Unione di concretizzare gli obiettivi strategici della politica per l'occupazione;
 
- il Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (Feaog), creato nel 1962, che contribuisce alla riforma strutturale dell'agricoltura ed allo sviluppo delle zone rurali;
 
- lo Strumento finanziario di orientamento della pesca (Sfop), creato nel 1993, che è un fondo specifico per la riforma strutturale del settore della pesca.
 
 
== 4. La riforma del 1988 ==
 
L’istituzione dei tre principali Fondi strutturali è avvenuta in epoche ormai piuttosto remote nella storia del processo di unificazione europea anche se la loro azione si è fatta più incisiva soltanto di recente, in conseguenza dei seguenti fattori:
 
- una più chiara definizione ed applicazione dei principi ispiratori degli interventi ed una maggiore trasparenza nelle procedure di accesso ai Fondi;
 
- una più precisa individuazione delle realtà territoriali ammissibili ai finanziamenti comunitari;
 
- un considerevole aumento dell’entità degli stanziamenti.
Questi elementi innovativi sono stati introdotti nella riforma dei Fondi strutturali<ref>Per ulteriori approfondimenti sul tema della riforma dei Fondi strutturali del 1988, cfr. P. Bonavero, E. Dansero (a cura di), L’Europa delle regioni e delle reti, Utet, Torino 2002; L. Tsoukalis, La nuova economia europea, Il Mulino, Bologna 1998.</ref>prevista dall’Atto unico europeo del 1986 (articolo 130d) e realizzata nel 1988. Questa riforma si basava sui seguenti principi:
 
- concentrazione, che esprimeva l’esigenza di indirizzare i finanziamenti verso obiettivi chiaramente individuati. All’epoca erano sei, suddivisi in due tipologie: obiettivi a carattere territoriale<ref>Riguardano specifiche aree di intervento.</ref> e obiettivi a carattere tematico (o settoriali)<ref>Si riferiscono a problematiche specifiche, riguardo alle quali i Fondi possono operare su tutto il territorio comunitario.</ref>. L’obiettivo 1 riguardava le regioni in ritardo di sviluppo e caratterizzate da un Pil pro-capite inferiore al 75% della media comunitaria; l’obiettivo 2 gestiva la riconversione delle regioni o delle parti di regioni gravemente colpite dal declino dell’industria; l’obiettivo 3 si occupava della lotta contro la disoccupazione; l’obiettivo 4 era volto all’inserimento professionale dei giovani; l’obiettivo 5a mirava a favorire l’adeguamento delle strutture agricole ed infine l’obiettivo 5b promuoveva lo sviluppo delle zone rurali;
l’obiettivo 4 era volto all’inserimento professionale dei giovani; l’obiettivo 5a mirava a favorire l’adeguamento delle strutture agricole ed infine l’obiettivo 5b promuoveva lo sviluppo delle zone rurali;
 
- partenariato, che auspicava una più stretta collaborazione tra la Commissione europea e le autorità dei paesi membri ai vari livelli (nazionale, regionale e locale) nella programmazione e nella realizzazione degli interventi;
 
- programmazione, che comportava la precisa indicazione dei tempi per la presentazione delle richieste di finanziamento e per la realizzazione degli interventi previsti;
 
- addizionalità, che stabiliva la forma di cofinanziamento per ciò che concerneva i Fondi comunitari<ref>I Fondi strutturali non coprivano l’intero costo dei progetti ma solo una determinata quota, il resto era a carico dei soggetti nazionali dei diversi paesi.</ref>.
 
Un altro importante aspetto della riforma era rappresentato dall’introduzione dei programmi di iniziativa comunitaria (PIC). Si trattava di azioni di supporto alla coesione economica e sociale, intraprese dalla Commissione europea al di fuori dei meccanismi di programmazione concertata con i paesi membri, attraverso i Quadri comunitari di sostegno (Qcs). Furono così lanciati dodici PIC<ref>Le iniziative previste con la riforma del 1988 furono: Interreg, Envireg, Stride, Leader, Regen, Euroform, Rechar, Telematique, Regis, Horizon, Now e Prisma.</ref> tra i quali Interreg, che riguarda la promozione della cooperazione transfrontaliera; ma questo aspetto verrà approfondito in seguito.
 
 
== 5. Altre importanti novità ==
 
E’ a questa riforma che devono riferirsi la creazione del Fondo di coesione, dello Sfop<ref>Si ricorda che è lo Strumento finanziario di orientamento per la pesca.</ref>, l’accorpamento dei precedenti obiettivi 3 e 4 nel nuovo obiettivo 3, la creazione del nuovo obiettivo 4 (che prevede l’adattamento dei lavoratori ai mutamenti industriali ed all’evoluzione dei sistemi di produzione) e l’istituzione dell’obiettivo 6 (che riguarda lo sviluppo e l’adeguamento strutturale delle regioni a scarsissima densità di popolazione). Per il periodo 1994-1999 erano previsti tredici PIC<ref>Essi sono Interreg II, Leader II, Occupazione, Adapt, Pmi, Regis II, Urban, Resider II, Konver, Retex, Rechar II, Tessile-abbigliamento in Portogallo e Pesca.</ref> tra cui Interreg II che riunisce i precedenti Interreg e Regen e viene per questo suddiviso in due settori: cooperazione transfrontaliera (settore A) e reti energetiche (settore B).
 
 
== 6. L’Agenda 2000 ed il nuovo look della politica regionale ==
 
Il 24 ed il 25 marzo 1999 nell’ambito del Consiglio europeo di Berlino è stato approvato il pacchetto di riforme dell’Agenda 2000, volto a modernizzare la politica regionale ed a preparare l’Unione all’allargamento<ref>Si ricorda che 10 paesi aderiranno nel 2004 mentre 3 sono candidati, per un totale di 13 stati interessati. Il reddito pro-capite di questi paesi è un terzo del reddito medio dell’Unione.</ref>.
 
Proprio in vista di questo importante evento, si è deciso di concentrare maggiormente i Fondi strutturali sulle aree e sulle regioni le cui economie locali mostrano un evidente bisogno di essere rilanciate. Il principio di concentrazione è il motivo ispiratore dell’Agenda 2000<ref>Cfr. Commissione europea, Agenda 2000 – Rafforzare e ampliare l’Unione europea, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee 2000, p.11.</ref>. Al fine di utilizzare i Fondi nel modo più efficiente possibile, è stato deciso di ridurre gli obiettivi a tre:
 
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Obiettivo di queste politiche è trovare soluzioni comuni a problemi comuni di sviluppo regionale. Le iniziative comunitarie, ridotte da tredici a quattro nel quadro dell’Agenda 2000, sono le seguenti:
 
- Interreg III<ref>Il presente lavoro analizzerà nel dettaglio questo PIC riferendosi al caso Italia-Francia “isole”.</ref>, che riguarda la cooperazione transnazionale, transfrontaliera ed interregionale al fine di stimolare uno sviluppo equilibrato in tutto il territorio europeo;
 
- Urban II, che si occupa della conversione economica e sociale di città colpite dalla crisi;
 
- Leader +, il suo ambito di intervento è lo sviluppo rurale;
 
- Equal, che promuove la cooperazione transnazionale per individuare nuovi strumenti di lotta contro tutte le forme di discriminazione ed ineguaglianza nell’accesso di uomini e donne al mercato del lavoro.
La tabella 2.2 mostra i Fondi strutturali interessati per ambiti di intervento.
 
[[Immagine: Ripartizione_dei_Fondi_strutturali_per_ambito_di_intervento.JPG|800px|center|thumb|Tab. 2.2 - Ripartizione dei Fondi strutturali per ambiti d’intervento<br /> Fonte: Inforegio]]
 
 
== 7. Uno sguardo in avanti. ==
 
Dopo questa descrizione circa il funzionamento della politica regionale, sarà possibile entrare nel vivo del caso “Corsica” avendo tutti gli strumenti per comprendere il suo Docup e le forme di finanziamento a cui è soggetta. Ma non affrettiamo i tempi: questo sarà l’argomento del prossimo capitolo.