La fame del Globo/Cap. 4: differenze tra le versioni

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Frumento e mais costituiscono, storicamente, i caposaldi di due civiltà alimentari, quella europea e quella mesoamericana. All’alba del Novecento il mais costituiva ancora l’alimento chiave di intere società: c’era, ad esempio, in Italia, una società che viveva di mais, il cibo dei contadini. Nello stesso paese convivevano una società del frumento, la società che comprendeva i ceti alti e quelli medi, e una società del mais, la società contadina. Oggi frumento e mais sono elementi della medesima civiltà alimentare, quella civiltà occidentale che consuma il pane come complemento a alimenti di origine animale, carni di pollo, di suino e di vitellone, e latticini. Carne e latticini sono ottenuti, nel quadro agrario occidentale, dal mais, il fondamento della nutrizione degli animali, quindi la base di tutti gli alimenti che derivano dagli allevamenti. Con il contributo dell’orzo, consumato in quantità imponenti per ricavarne la birra, frumento e mais sono la chiave delle consuetudini alimentari dell’Occidente, le consuetudini dei paesi di matrice europea ubicati sulle sponde dell’Atlantico, Stati Uniti e Canada su quella occidentale, i paesi dell’antica Comunità Europea su quella orientale. La chiave della civiltà alimentare che si è contrapposta, nella seconda metà del Ventesimo secolo, a quella dell’Africa e dell’America Latina, che con qualche semplificazione possiamo definire civiltà del mais e del sorgo, e a quella dell’Asia, la civiltà del riso, nella quale la ciotola di riso è sempre stata integrata con verdure, dai germogli di bambù ai fagioli.
 
 
'''Il frumento sfida il riso'''
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La rivoluzione alimentare asiatica è iniziata. Dove condurrà? La risposta è ardua, ma è ragionevole supporre che, se disponessero della ricchezza necessaria, i cittadini del Continente, che sono la metà della popolazione del Pianeta, realizzerebbero livelli di consumo comparabili a quelli occidentali. Quattro dati sono sufficienti a dimostrare quale sarebbe il significato dell’evento: il consumo di carne corrisponde a 120 chilogrammi pro capite all’anno negli Stati Uniti, a 90 nell’Unione Europea (quindici membri), corrisponde a 4 chilogrammi in India, a 46 in Cina. Supporre che il consumo di carne aumenti, nei prossimi dieci anni, di 30 chilogrammi pro capite in ciascuno dei due paesi, quindi di 30 chilogrammi per due miliardi di persone, significa postulare un fabbisogno di mais che, siccome il tasso di conversione del mais in carne corrisponde, secondo le specie animali, ad un fattore tre-otto, supponiamo cinque, toccherebbe i 300 milioni di tonnellate, l’equivalente della produzione degli Stati Uniti, un paese che è, esso solo, il continente del mais. E il computo ignora i latticini e la birra, e si limita ai due paesi chiave dello scacchiere, trascurando nazioni in cui si stanno sviluppando, con intensità diversa, gli stessi processi: Indonesia, Filippine, Pakistan.
Comprendendo le variabili trascurate si impone, ineludibile, la domanda se Cina e India, e il resto dell’Asia, dispongano delle superfici, e dell’acqua, necessarie a raddoppiare la produzione mondiale di cereali foraggeri. Una domanda che impone, inequivocabilmente, una risposta negativa. Cina e India non dispongono della superficie necessaria a produrre, quanto elevati si possano postulare i rendimenti unitari, un miliardo di tonnellate di mais. La Cina, caso emblematico, dispone della più piccola superficie agraria pro capite al mondo, un decimo di ettaro, una superficie dalla quale è già prodigioso che riesca a ricavare la quantità di carne che i cinesi consumano annualmente, da cui è inverosimile si possa ricavare tanto mais da produrre la carne, il formaggio e la birra che consuma un europeo.
 
 
'''Quanta terra occorre per mangiare carne?'''