Per lo spiritismo/XVIII: differenze tra le versioni

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1º La storia, o, se così si vuole, la tradizione, è piena di apparizioni spontanee di morti, e di evocazioni dei morti. Non parlo dell’Egitto e del suo libro dei morti; non dell’India, che crede più all’altro mondo che a questo; non della Persia, da cui le evocazioni dei morti sarebbero state importate secondo Varrone (in August. Civ. D. VII, 35); non della necromanzia dei Babilonesi<ref>Iamblico nella Bibl. di Fozio, cod. 94, pag. 75 ed. Becker).</ref>.
 
Ma si sa che l’evocazione dei morti era praticata dagli antichi Ebrei, poichè il Deuteronomio la vieta (18, 10), e Saul ha consultato l’ombra di Samuele evocata dalla maga d’Endor (Giuseppe, Ant. Giud. VI, 14, 2). In Grecia credevano alle apparizioni dei morti non solo il volgo, ma i filosofi, specialmente i platonici, e prima i pitagorici: questi dicevano perfino di meravigliarsi che alcuno dicesse di non aver mai visto un demone (Apul. de Soc., c, 20, allegando {{Ac|Aristotele|Aristotele}}); perfino {{Ac|Democrito|Democrito}} diceva che agli uomini si presentano dei fantasmi visibili e udibili (ἐίδωλα θεωροὑμενα καὶ φωνὰς ὰφιἑντα, Sesto contro i Mat. IX, 19. Cir. de nat. Deor, I, 120), annunciando il futuro. L’evocazione dei morti vi era poi antichissima; già Ulisse li evoca nell’{{TestoCitato|Odissea}} (XI, 23.50); poi i psuchagogoì li evocavano nei templi. I sacerdoti e filosofi alessandrini evocavano spiriti di ogni specie, (teurgia, goezia e negromanzia); il Wallace cita un passo di Iamblico che sembra la descrizione di una seduta col medio Home. Quanto ai Latini, che alle apparizioni credesse il volgo, lo prova la Mostellaria di {{Ac|Tito Maccio Plauto|Plauto}}; tra gli scrittori ne parla {{Ac|Gaio Plinio Secondo|Plinio}}. Le evocazioni (νεκυομαντετα) di ''immagini parlanti'' dal profondo Acheronte si praticavano e in repubblica e sotto l’impero, e lo sanno {{Ac|Marco Tullio Cicerone|Cicerone}} (Tusc. I, 37) e {{Ac|Quinto Orazio Flacco|Orazio}} (Sat. I, 8, 24, ss.); e le descrive {{Ac|Marco Anneo Lucano|Lucano}} (Pharsal VI, 452, ss,). Scendiamo al medio evo e al Cristianesimo; chi mi sa dire quante sono le anime del Purgatorio venute a tormentare i mortali? E alle apparizioni dei morti hanno creduto molte persone colte anche nell’evo moderno, prima ancora di Swedenborg e dello spiritismo; il Kiesewetter ci dà una ricca bibliografia di coloro che ne hanno scritto nel sei e nel settecento. Il {{Ac|Girolamo Cardano|Cardano}} e {{Ac|Benvenuto Cellini|Benvenuto Cellini}} avevano facoltà medianische: quello dice di aver parlato cogli spiriti elementali, questo racconta di aver evocato spiriti maligni (nel libro II dell’Autobiografia). E il popolo ci crede ancora, specialmente nelle campagne, e specialmente le donne. E lo ''sciamanismo'', cioè la religione dei Mongoli, e in genere dell’Asia settentrionale, non è altro che magia spiritica. E tutti i selvaggi credono agli spiriti, a quanto dicono gli esploratori. Insomma pare che i ''revenants'' siano stati veduti in tutti i tempi e paesi. E, si noti bene, non c’è concordanza solo nei fatti raccontati, ma in tanti particolari dei fatti, che non si può credere che siano tutti inventati; le storie recenti di villaggi di pescatori o carbonari contengono particolari che si trovano in libri antichi, e rari, e scritti in latino o in greco.«Il carattere e il tipo delle apparizioni di fantasmi, dice Schopenhauer, è così determinato e speciale, che chi è esperto, al solo leggere una di queste storie, può giudicare se è inventata, o fondata su un’illusione ottica, o una vera visione.» E a questo proposito il Du Prel cita con ragione le parole scritte da un pezzo dal {{AutoreCitato|Joseph Glanvill|Glanvil}} nel suo ''Sadducismus triumphatus'': «Se fossero scherzi della fantasia, sarebbe però un caso raro, che la fantasia, che è la cosa più variabile del mondo, ripetesse un medesimo concetto un infinito numero di volte in tutti i tempi e paesi».
 
Quanto valore abbia questa tradizione, è difficile stabilire; ma certo una tradizione ostinata, generale e spesso concorde non si può calcolore come eguale a zero. Confesso che qualche anno fa era uno zero anche per me. Le testimonianze dell’antichità classica non mi pareva che pesassero sulla bilancia delle probabilità neppure un grammo; anche quelle poche che erano state fatte in buona fede non provavano che illusioni ed allucinazioni, le quali potevano aver avuto qualche pretesto nella realtà, cioè nei sogni o nei fuochi fatui, ma eran prodotte sopratutto da sentimenti ed immaginazioni esaltate. Le credenze popolari nostre eran naturalmante avanzi degli errori antichi, ossia supestizioni. Quanto all’antico Oriente, al medio evo ed ai selvaggi, non tentavo neppur di spiegarli, perchè erano come se non fossero. E perchè questo? perchè di casi di apparizioni io ne avevo letto, come gli altri, pochissimi e isolati, a gran distanza di tempo uno dall’altro, sicchè mi parevano ancora più pochi di quelli che erano. Questi racconti fanno presa su di noi soltanto quando se ne leggono delle collezioni, come la ''Mistica dei greci'' del Du Prel, o la ''Mistica cristiana'' del Görres, o il ''Sadducismus triumphatus'' del Glanvil, o ''Nightside of Nature'' della Crowe. Quando si leggono delle collezioni ordinate sistematicamente, quando si giunge a cinquanta casi di fila, somiglianti sebbene raccontati da persone di diversa condizione e carattere e coltura, di cui molte note alla storia, si comincia a sospettare che ci sia sotto qualche cosa di vero; se si giunge ai cento si comincia a crederlo. Ma le collezioni io non pensavo nemmeno a leggerle; un pò perchè non sapeva se ce ne fossero, e poi perchè ero convinto che non francasse la spesa di leggerle, non essendovi nulla da imparare. E perchè? perchè i morti non possono tornare, e quindi le collezioni non possono provare che tornano. Sicchè io avevo letto poco; e non volevo legger molto, perchè facevo un ragionamento che tutti fanno senza saperlo, ma che alcuni hanno formulato (v. Wallace, ediz. francese, p. 27) e che in questo caso suonerebbe così: «Se un uomo mi dice che una pietra ha parlato, io non gli credo; se cinquanta uomini mi dicono che una pietra ha parlato, io non credo; se un numero qualunque di uomini mi dice d’aver udito le pietre a parlare, io non credo; ora il Lombroso mi dice che far parlare i morti sarebbe come far parlare le pietre; dunque un esercito di testimoni non mi farebbe credere che i morti hanno parlato». E perchè facevo questo ragionamento? perchè ero convinto di due cose: primo, che in natura non si danno miracoli (e di questo sono convinto ancora, perchè per miracoli intendo infrazioni alle leggi di natura, e se Domeneddio, posto che ci sia, dovesse ogni tanto far delle eccezioni alle leggi fatte da lui stesso, e sopratutto se le facesse per ''raccomandazioni'' dei santi o d’altri, sarebbe un pessimo legislatore); e che il ritorno dell’anima di un defunto sarebbe un miracolo. Perchè mò lo credevo un miracolo? perchè dicevo che non si può camminare senza gambe, nè vedere senz’occhi, nè pensare senza cervello: una cosa immateriale non è niente. Ma non pensavo ancora che uno spirito può essere incorporeo senza per questo essere immateriale; che lo spirito può essere esteso, come lo concepirono anche i primi padri della Chiesa, per esempio Tertulliano, senza per questo essere tangibile. Confesso dunque che avevo torto, purchè il lettore ammetta che adesso ho ragione.
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Il terzo passo si comincia a fare, ed è quello di ammettere i fenomeni di telepatia, ossia le ''apparizioni dei viventi''; ossia che in certi casi un vivente diviene visibile, ed anche udibile o tangibile per un altro, a distanza come quelle fra Londra, Calcutta e New-York. Un vivente che appare a gran distanza dal suo corpo è quello che i Francesi chiamano ''double'', gli Inglesi ''wraith'', i Tedeschi ''doppelgänger'', i Greci ἔιδωλον, e che non so come si chiami in italiano. La tradizione e la credenza popolare sono ricche di esempi di queste apparizioni di viventi. Quando la Rhoda annuncia l’arrivo di S. Pietro, che i suoi amici credevano ancora in prigione, essi le dicono: «tu sei matta»; e poichè essa insiste, dicono: «sarà il suo angelo, o doppio» (''Atti degli Apostoli'', XII, 13-15). Molte sono le leggende di santi apparsi corporalmente in due luoghi nello stesso tempo, come {{AutoreCitato|Francesco Saverio|San Francesco Saverio}}; la Chiesa ammette il fatto sotto il nome di ''bilocazione''.
 
Fra gli altri sono relativamente frequenti i casi di persone che arrivano due volte, prima in effigie e poi personalmente; questa non è che un’esagerazione del fenomeno frequentissimo e noto a tutti, che quando si pensa a una persona senza motivo essa sta poco ad arrivare; in Norvegia l’apparizione di questa specie ha perfino il nome speciale di ''Forgiänger'', cioè ''che va innanzi''. Ma vi sono anche apparizioni di un vivente a sè stesso; leggete la ''Deuteroscopia'' di Horst. Göthe e Shelley hanno veduto il loro doppio; cercate nelle loro biografie. Pure a queste cose nessuno credeva; io non sapeva neppure che ci fosse anche questa superstizione. Ma ecco che alcuni bravi Inglesi della Società per le ricerche psichiche, società composta delle persone più serie che si possano desiderare, s’è messa all’opera di convincere il pubblico della realtà della telepatia, ed ha pubblicato due volumi, intitolati ''Phantasms of the Living'', in cui vi sono 679 (dico seicentosettantanove) casi di apparizioni; e non sono casi raccolti dai libri vecchi, dalle leggende dei santi e dalle capanne dei montanari; sono apparizioni avvenute a generali, magistrati, sacerdoti, artisti, signore, ancora viventi, dei quali i più hanno permesso agli autori del libro di pubblicare il loro nome col loro indirizzo, o di dirlo privatamente, e di verificare e documentare le loro asserzioni come se potessero esser sospette di malafede. S’intende bene che non hanno citato tutte le apparizioni, anche quelle che potevano essere puramente soggettive; altrimenti ne avrebbero citate delle migliaia: hanno citato soltanto le apparizioni che indicavano un fatto realmente accaduto al vivente, ed accaduto simultaneamente all’allucinazione o almeno prima che il fatto si potesse conoscere altrimenti, e che perciò dovevano esser prodotte da un’impressione esterna. Se (caso 341), il comandante Aylesbury, in pericolo di affogare, chiamava sua madre, e vedeva questa colle tre sorelle di lui, tutte sedute a lavorare, e se intanto la madre si sentiva chiamare da lui e mandava una delle figlie alla finestra a vedere se arrivasse, bisogna ammettere che tanto lui come la madre non hanno avuto una vera allucinazione, ma un’allucinazione vera (come il Taine definisce la sensazione stessa nel suo libro sull'''Intelligenza''); che se si può chiamarla, col Brierre de Boismont, allucinazione ragionevole, o, come la chiamano ora, allucinazione telepatica, si è solo perchè differisce dalle sensazioni ordinarie in quanto avviene a distanza maggiore dell’ordinaria; ma in realtà è una sensazione e non un’allucinazione. Ad ogni modo queste sensazioni a distanza o allucinazioni ragionevoli si cominciano ad ammettere da molti, e presto le ammetterranno tutti facilmente, perchè si spiegano fisicamente, come la suggestione mentale a distanza, coll’azione di un cervello su un altro, per mezzo di vibrazioni trasmesse dall’etere. La suggestione mentale da una parte e la lettura del pensiero dall’altra fanno comprendere, da una parte quella che chiamano ''Fernwirkung o far-working'', e dall’altra quella che chiamano telepatia. Infine anche Edison sta cercando una combinazione di un fonografo e di un fotografo che permetta di udire, non solo, ma anche di vedere un individuo a distanza, e di assistere allo spettacolo della Scala dalla propria stanza; la cosa è teoricamente possibile. Non è a stupire che la natura superi Edison quanto l’occhio supera la camera oscura. E di casi simili a quelli della collezione inglese io ne so parecchi da fonte privata, e credo che sarebbe facile fare una collezione italiana; dico facile, per l’abbondanza del materiale; sarebbe difficile perchè, per riguardi umani, pochissimi hanno il coraggio di firmare e pubblicare. E si comincierebbe dall’apparizione della madre di {{Ac|Giuseppe Garibaldi|Giuseppe Garibaldi}} a suo figlio, il giorno di sua morte; vedete la biografia del Guerzoni.
 
Lo spiritismo non troverà più ostacoli quando si sarà fatto un quarto passo, e si ammetteranno anche le apparizioni dei morti. Ma si ammetteranno molto difficilmente, perchè qui manca uno dei due cervelli, quello dell’agente; e bisognerebbe ammettere che colui che apparisce (o produce l’apparizione di un fantasma simile a lui), è uno spirito senza corpo. Ora si può egli dire che apparizioni di questo genere siano state constatate dei nostri giorni? Intendiamoci bene, perchè, volendo esser breve, devo esser preciso, affinchè non mi facciano dire più di quello che dico. Non affermo che si siano constatate apparizioni di morti. Dico che vi sono testimonianze odierne più che sufficienti per ammettere che vi sono apparizioni, se non di morti, certo di fantasmi dei morti, le quali, se non sono sensazioni, sono almeno allucinazioni prodotte da impressioni esterne, allucinazioni ragionevoli, allucinazioni in cui c’è qualche cosa di vero. Che vi siano delle apparizioni di fantasmi di morti non si nega. E non si nega neppure che siano ragionevoli e fondate; ma, siccome la maggior parte di queste apparizioni hanno luogo poco dopo la morte del vivente, così, anche quando si può provare che non sono soggettive (perchè il veggente non poteva sapere che l’originale del fantasma era morto), si può supporre che in realtà siano apparizioni, non di morti, ma di morenti, ossia ancora di viventi; non perchè l’impressione partita dal morente esiga del tempo per giungere al veggente (giacchè cento esempi provano che può giungere in un istante) ma perchè può esser rimasta latente nel paziente, finchè in un momento di raccoglimento è divenuta cosciente. Ma, prima di tutto, questa obbiezione non val nulla quando si tratta di apparizioni che indicano una morte già avvenuta, il cadavere già nella cassa, lo spirito già lieto della sua liberazione, o quando il fantasma di Mackenzie, per citarne uno, prega in sogno il suo padrone (che non sa ancora che egli sia morto) di non dar fede alla notizia che egli riceverà, che egli si sia avvelenato volontariamente. Poi questa spiegazione può valere per le apparizioni a un’ora di distanza dalla morte, a un giorno di distanza, ma non quando si tratta di mesi o di anni. Egli è vero che, per le apparizioni che avvengono lungo tempo dopo la morte, c’è un’altra difficoltà; se è facile mostrare che non sono apparizioni di viventi, diventa molto difficile provare che non sono tutte allucinazioni soggettive, e che ve ne sono di ragionevoli e fondate. Si può stabilire se sono ragionevoli e fondate le apparizioni di viventi, perchè in questo caso si può sapere se il fantasma rappresenta e dice il vero, informandosi di ''ciò che è accaduto al vivente al momento dell’apparizione''; ma non si può confrontare il fantasma del defunto col defunto stesso; pare che il fantasma del defunto non ci possa dar indizii che di cose accadutegli che sappiamo già, o di cose presenti che non possiamo verificare. Tuttavia vi sono dei confronti indiretti coi quali si può qualche volta controllare anche il fantasma del defunto:
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3° Ma questi esperimenti sono essi possibili? La tesi dello spiritismo è appunto che lo sono; che i fenomeni medianici sono evocazioni dei morti. Ora, che lo spiritismo abbia ragione, noi non possiamo ancora affermarlo senza fare un circolo vizioso, perché appunto stiamo esaminando se i fenomeni medianici si debbano spiegare coll’ipotesi spiritica, e finora eravamo giunti soltanto a questo risultato che le intelligenze occulte (cioè quelle che scrivono senza che il medio lo voglia e pensano senza che egli lo sappia), dicono quasi sempre di esser le anime dei morti; e domandavamo come si può spiegare questa concordanza nell’errore mediante la teoria dell’incosciente del medio? Si risponde: colla tradizione. Noi rispondiamo che è un ragionare a rovescio. Il fatto è che la testimonianza delle intelligenze occulte concorda colle testimonianze antiche e odierne sulle apparizioni dei defunti; e se da questo fatto si può argomentar qualche cosa, è che quelle son vere, e, non che questa è falsa. La concordanza non è sempre un segno sicuro di verità; ma è contro ogni logica il prenderla come indizio d’errore. Sarebbe stato giusto l’opporre all’ipotesi di Copernico che poteva esser suggerita dalla tradizione pitagorica, dall’astronomia di Filolao, di {{AutoreCitato|Ecfanto di Siracusa|Ecfanto}} e di Aristarco di Samo?
 
4° A costo di riuscir prolisso, voglio tornar da capo su questo argomento, esaminando una classe speciale di fenomeni spiritici. Parecchi anni or sono, quando non pensavo punto allo spiritismo, studiando il trattato del Brierre de Boismont sulle allucinazioni, vi lessi l’aneddoto raccontato dal Baronio: {{Ac|Marsilio Ficino|Marsilio Ficino}}, il famoso traduttore di {{Ac|Platone|Platone}}, dopo aver passato una sera discorrendo col Mercato sull’immortalità dell’anima, fece il patto con lui che quello dei due che fosse morto pel primo sarebbe tornato, potendo, a dir all’altro se ciò che si raccontava dell’altro mondo era vero. Parecchio tempo dopo, essendo il Mercato in altra città ché il Ficino, si sentì chiamar dalla via, corse alla finestra, e vide il Ficino, che passava correndo a cavallo e, salutandolo colla mano, gli gridava: ''Vera sunt illa!'' E in quell’ora appunto il Ficino moriva.
 
Io rideva, domandandomi come mai lo spirito del Ficino avesse trovato subito lo spirito compiacente di un cavallo. E pensavo: se ciò fosse succeduto una volta, sarebbe succeduto molte volte. Ma ecco che trovo nel libro del Calmet sulle Apparizioni che, in seguito a dubbi e promesse analoghe alle succitate, il marchese di Rambouillet è apparso al marchese di Précy, annunciandogli la sua morte e dicendogli che ''tout ce que l’on disait de l’autre monde était très certain''. Poi ecco che la Crowe mi cita dalle ''Accredited Ghost Stories'' la storiella di un signore, il quale, avendo spesso discorso con sua sorella sulla questione se ci fosse o no una vita futura, apparve a lei, mentre egli moriva in alto mare, nella cattedrale di York, e le disse: ''There is another world.'' Poi ecco che gli ''Annales des sciences psychiques'' mi citano un caso simile dalle memorie dell’abate di St-Pierre (IV, 57). E poi vengo informato che altri esempi di apparizioni, in seguito a promessa di dar notizie dell’altro mondo, si trovano nel libro del Glanville, ''Sadducismus triumphatus;'' senza contare che ho imparato a supporre che nei libri che non ho letto vi possono esser molti più casi dei pochini che ho letto.