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La Confagricoltura organizzò, in anni remoti, una Federazione dell'impresa familiare: sembrava per strappare alla Coldiretti le imprese coltivatrici vitali. Ma l'orgoglio patrizio che alita nell'organizzazione insorse offeso: il contadiname non era gradito, e della Federazione si é parlato sempre meno.
 
La Confcoltivatori éè stata, tra le organizzazioni consorelle, quella che un cammino più lungo pare avere percorso, nelle dichiarazioni ufficiali, verso una concezione aggiornata del ruolo del coltivatore diretto e della sua impresa. Salvo smentire tutto facendosi paladina, nella riforma dei patti agrari, di quella leggi che per altri vent'anni impedirà, a chi non abbia beneficiato del trasferimento coatto della terra realizzato con la conversione della mezzadria, di stipulare consensualmente un contratto di affitto. Mettendo ai ceppi migliaia di potenziali imprenditori, i giovani coltivatori con voglia di lavorare, tante macchine e poca terra, che continuano a concupire vanamente il fondo vicino condotto in (cattiva) economia, o quello del coltivatore troppo vecchio. Che, saggiamente, non si fida.
 
Dal caleidoscopio dei luoghi comuni delle organizzazioni professionali si éè tenuto cautamente lontano il piano di Pandolfi, che l'interrogativo non lo ha neppure affrontato. La prudenza é sempre virtù da apprezzare, ma cosa si può pianificare se é proibito spiegare per chi?