Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.2.djvu/9: differenze tra le versioni
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Giuseppe Balsamo, nato a Palermo l’8 giugno 1743 da Pietro Balsamo e Felicia Braconieri, aggregato ai Fatebenefratelli di Caltagirone, imparò un poco di chimica e medicina, e presto ne uscì per iscapestrarsi fra begli umori, tagliacantoni, attrici, duelli, bische, falsificazioni di cedole e di contratti. Per una truffa costretto a spatriare, associossi al greco Altotas, che pretendeva essere l’ultimo depositario delle scienze occulte, e che morì poi per esalazioni di suoi preparati: con esso girò la Grecia, l’Egitto, Malta, dove carpi i secreti d’un famoso chimico Pinto: e valeasi della scienza di Kircher e di Robertson, maneggiando gli specchi magici, usando la radomanzia, confezionando profumi inebbrianti, fabbricando drappi di lino che pareano seta, colorando stampe che spacciava per aquarelli, e indagando il grande segreto, cioè quello di convertire i vili metalli in oro. Conosceva gli uomini costui, sicchè contava sulla loro dabbenaggine. Variò nome secondo l’opportunità; conte Harat, conte Fenice, marchese dei Pellegrini, Belmonte, Melissa, infine prevalse quello di conte di Cagliostro. A chi volesse contezza dell’esser suo, rispondea ''Sum qui sum''; pure talvolta narrava d’aver conosciuto Abramo, assistito al supplizio di Cristo; oppure discendere da Carlo Martello; essere generato da un granmaestro di Malta in una principessa di Trebisonda, e altre baje ch’erano credute dal secolo, il quale non credeva più ai vangeli. Se si chiedeva la base del suo sapere diceva: ''In verbis, in herbis, in lapidibus''. Sposata una romana, la pose sulla mala via, sicchè, oltre guadagnare del proprio corpo, essa lo secondava abilmente vendendo polveri panurgiche, vino d’Egitto per ravvigorire i nervi, pomate ringiovanenti e rinverginanti; ed egli le diceva; — Io volto le teste a costoro, tu fa il resto». |
Giuseppe Balsamo, nato a Palermo l’8 giugno 1743 da Pietro Balsamo e Felicia Braconieri, aggregato ai Fatebenefratelli di Caltagirone, imparò un poco di chimica e medicina, e presto ne uscì per iscapestrarsi fra begli umori, tagliacantoni, attrici, duelli, bische, falsificazioni di cedole e di contratti. Per una truffa costretto a spatriare, associossi al greco Altotas, che pretendeva essere l’ultimo depositario delle scienze occulte, e che morì poi per esalazioni di suoi preparati: con esso girò la Grecia, l’Egitto, Malta, dove carpi i secreti d’un famoso chimico Pinto: e valeasi della scienza di Kircher e di Robertson, maneggiando gli specchi magici, usando la radomanzia, confezionando profumi inebbrianti, fabbricando drappi di lino che pareano seta, colorando stampe che spacciava per aquarelli, e indagando il grande segreto, cioè quello di convertire i vili metalli in oro. Conosceva gli uomini costui, sicchè contava sulla loro dabbenaggine. Variò nome secondo l’opportunità; conte Harat, conte Fenice, marchese dei Pellegrini, Belmonte, Melissa, infine prevalse quello di conte di Cagliostro. A chi volesse contezza dell’esser suo, rispondea ''Sum qui sum''; pure talvolta narrava d’aver conosciuto Abramo, assistito al supplizio di Cristo; oppure discendere da Carlo Martello; essere generato da un granmaestro di Malta in una principessa di Trebisonda, e altre baje ch’erano credute dal secolo, il quale non credeva più ai vangeli. Se si chiedeva la base del suo sapere diceva: ''In verbis, in herbis, in lapidibus''. Sposata una romana, la pose sulla mala via, sicchè, oltre guadagnare del proprio corpo, essa lo secondava abilmente vendendo polveri panurgiche, vino d’Egitto per ravvigorire i nervi, pomate ringiovanenti e rinverginanti; ed egli le diceva; — Io volto le teste a costoro, tu fa il resto». |