Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/216: differenze tra le versioni

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Avventura Ottava
Teneasi a lato, qual dicea: Chi dunque
In che modo Sifrido si recò
È costui che si forte i colpi mena
presso
Sovra le imposte? — Là dinanzi il prode
Di là ne andava al porto in su l’arena,
Sifrido, allor, mutò la voce e disse:
Dove rinvenne il navicel, ravvolto
Un cavalier son io. Deh! voi m’aprite
Nella sua cappa eroe Sifrido. Il figlio
Le porte, eh’ io potrei crucciarvi assai
Di Sigemundo vi scendea non visto
Oggi qui innanzi, e crucciar chi si giace
E ratto indi partia come se vento
Soffice e molle ed ha sue stanze acconce.
Dietro soffiasse. Niun vcdea chi fosse
Ebbe disdegno il guardian de le porte,
Il nocchier di quel legno, e il navicello
Come Sifrido favellò. Ma intanto
Agii scorrea per vigor de la mano
L’armi vestite avea, l’elmo sul capo
Sol di Sifrido, chè vigor possente
Erasi posto ardimentoso e fero
Era ben quello. Or, chi vcdea, pensava
Il gigante, e quest’ uom gagliardo e forte
Che vento impetuoso il navicello
Rapidamente tratto avea lo scudo

Spalancando le porte. Oh! com’ ei venne
Impetuoso allor contro a Sifrido !
Chi dal sonno destar, gridava il fero,
Tanti gagliardi osò? — Furono allora
Molti rapidi colpi di sua mano,
E l’inclito stranier studio ponca
In ripararli. Ma d’ un colpo solo
1)' una sbarra di ferro a brani attorno
148 I Nibelunghi
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