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==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/117]]==
<poem>
Con sè recando la novella cura,
Hàgene ei fè chiamar co’ suoi fedeli
E indisse ancor che per Gernòt corresse
Altri al castel rapidamente. Allora
È Tutti si raccogliean quanti trovarsi
Più gagliardi campioni, ed egli disse :
E Con sue forte falangi in nostra terra
E Visitarci altri vuol. Questo vi sia
E Pensiero e cura. — E Gernòt rispondea,
E Nobile e forte cavalierCotesto
Impedirem co’ nostri ferri, ei disse.
E Muore soltanto chi è devoto a morte ;
E Morto giacer noi lascieremlo Intanto
E Scordar non deggio 1onor mio e questi
E Nostri nemici benvenuti a noi
E Esser pur dònno— Buon consiglio, disse
E Hàgene di Tronèga, a me cotesto
E Davver non sembra. Tracotanza assai
E Mostran Liudgasto e Liudegero, e noi
E In pochi di raccoglier non possiamo
E I nostri amici. — Disse poiDi tanto
E A Sifrido perchè non farem cenno ?
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/118]]==
<poem>
 
Ai messaggieri indetti fur gli alberghi
Per la città. Ben che nemici a lui
Fosser cotesti, re Gunthèr possente
Volle che cura altri di lor si desse
Per accoglienze oneste (e ciò si fea),
Per che gli amici intanto ei ragunasse
Che aitarlo dovean. Ma in tal pensiero
Aspro affanno si avea l’inclito sire.
Il vide così mesto un cavaliero
E nobile e gentil, che niuna cosa
Sapea di quanto gli av venia. Preghiera
Ei fece sì perchè di tanto a lui
Desse novella re Gunthero. Prendemi
Alto stupor, dicea Sifrido al prence,
Come di tanto il gaio aspetto vostro
Mutato abbiate voi, quel gaio aspetto
Che lungo tempo usaste aver con noi.
Gunthèr, l’inclito eroe, gli rispondea :
Non a tutte le genti il grave affanno
Poss’ io ridir qual deggio entro al mio core
In secreto portar. Del cor l’angoscia
Lamentando svelar si dee soltanto
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/119]]==
<poem>
 
A fidi amici. — A Sifrido si fea
Pallido e rosso il color dello gote.
Ei disse al prenceNulla i’ vi negai,
E ben deggio aitarvi ogni dolore
A discacciar da voi Se vi cercate
Amici attorno, un d’essi qui son io,
E si m’affido che farò cotesto
Fino alla morte con onor. — Mercede
Rendavi Iddio, prence SifridoSembrami
Onesto il vostro dir. S’anche di nulla
Il valor vostro in ciò m'aita, lieto
Del dir vostro men vò, perchè di tanto
Mi siate voi propenso. E allor eh’ io viva
Per alcun tempo ancor, premio saravvi
Di ciò renduto. Or vo’ che udiate voi
Per eh’ io tristo mi sto. Da messaggieri
De’ miei nemici intesi io si ch’ei vonno
Qui visitarmi con armate squadre;
Alcun guerriero ciò non le giammai
Fin qui venendo a questa terra. — Disse
Allor Sifrido Per cotesto, lieve
Pensiero abbiate voi. Pace rendete
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/120]]==
<poem>
 
19
All'alma vostra, e quel che v’accomando =
Tutto eseguendo, fate ch’io procacci
Onore a voi con frutto e a’ prodi vostri
Dite che vengan per aita. S’anche
Trentamila campioni in lor sostegno
Avessero cotesti si gagliardi
Nemici vostri, sempre a lor di contro
Io resterei, mille soltanto avessi
De’ miei guerrieri. E a me questo si lasci.
Sempre di ciò grazie vi rendo, disse
Prence Gunthero. — Fate adunque ch’io
Abbia mille de’ vostriecco, di dodici
Più non ho qui de’ miei. La vostra terra
Cosi difenderò, che di Sifrido
Sempre con le vi servirà la mano.
Hàgene ancor ci aiuti, Ortwin pur anco
E Dancwarto e Sindòlt, cotesti vostri
Cavalieri cortesi. Anche ne venga
Cavalcando con noi Volkero ardito,
Regga il vessillo ad altri io noi potrei
Meglio fidar. Ma, intanto, i messaggieri
Fate voi che cavalchino a lor case
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/121]]==
<poem>
 
Nella lor terra rendasi lor noto
Che ratto ei ci vedranno, onde la pace
Abbian pur sempre li castelli nostri.
E congiunti e guerrieri il nobil sire
Adunar fece allor. Ma di Liudgero
Vennero intanto i messaggieri in corte,
E perchè ritornarsi alla lor terra
Elli dovcan, n’avean letizia grande.
Ricchi doni lor fea prence Gunthero,
D’alma gentile, e scorta anche fornia
Per lor viaggio, ond’elli andavan fieri
E gioiosi del cor. Dite frattanto,
Dicea Gunthero, a que’ nemici miei
Ch’elli, per tal viaggio, a le lor case
Meglio potrian restar. Che se pur vonno
Qui visitarmi, ove attorno dispersi
Non vadano gli amici, alto travaglio
Parassi noto a lor. — Pei messaggieri
Altri apportava ricchi doni, e molti
A darne avea prence Gunthero. Quelli,
Di Liudgero fidati, ardir non ebbero
Di ricusarli, e preser lor commiati
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/122]]==
<poem>
 
E di là si partir gioiosi e lieti.
Quando giunsero i messi in Danimarca
E prence Liudegasto annunzio s’ebbe
Come tornati eran di là, dal Reno,
Quando ciò gli fu detto, ecco che tanta
Oltracotanza de’ Burgundi prenci
Duol verace gli fu. Dissero i messi
Che aveano i prenci assai gagliardi seco,
Fra cui visto elli avean starsi un campione,
E Sifrido era detto, un uom possente
Di Niderlànd. Liudgasto ebbe rancura,
Il vero annunzio come intese. Allora,
Quando cotesto udian ridir gli eroi
Di Danimarca, s’affrettar lor fidi
Tutti a raccòr quanti più a lor fu dato,
Finché tra i prodi suoi re Liudegasto
Ventimila gagliardi ebbesi pronti
Per suo viaggio. Intorno a sé pur anco
Prence Liudgero di Sassonia molti
Prodi raccolse, e n’ebbero quaranta-
mila e più assai. Con essi, cavalcando,
De’ Burgundi alla terra andar bramavano.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/123]]==
<poem>
 
Del fratei sud le genti e i suoi congiunti
Anche prence Gunthero alle sue case
Fece allora invitar, quanti ebber voglia
Di partir per assalti anche fùr chiesti
D’Hàgene i valorosi, e que' gagliardi
Alta spingea necessità. Ma intanto
Gustar dovean ne’ giorni che vernino,
Molti prodi la morte. — Egli al viaggio
Solleciti apprestarsi, e allor che accinti
Eran tutti a partir, Volkero ardito
{ Regger dovea fra tutti alto il vessillo,
Allora sì che da Worms fino al Reno
A cavalcar stavansi pronti. Duce
All’ampia schiera esser dovè quel forte
Hàgene di Tronèga. Anche Sindolto
Cavalcava con essi, Hunoldo ancora,
Quali merlar potean di re Gunthero
L’or degnamente. D’Hàgene il fratello
Dancwàrt fu di tal schiera, Ortwin pur anco,
Elli si, che potean con molto onore
] Annoverarsi in quel drappel d’eroi.
Prence signor, restate al vostro ostello,
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/124]]==
<poem>
 
Sifrido favellò, da che me vonno
I vostri prodi seguitar. Restale
Appo le donne e fate cor d’assai,
Ch’io sì m’affido e le dovizie e i beni
Di guardarvi con le. Quei che hanno brama
ì Di vedervi qui a Worms appo del Reno,
Meglio d’assai potrian, di ciò la cura
Vogl’io, restarsi alle lor case. Noi
I Tanto di cavalcar dentro a lor terra
Abbiam desio, che ratto in grave duolo
Si volgerà lor tracotanza stolta.
Dal Reno allor, pei campi d’Assia, seco
Cavalcaron gli eroi verso la terra
Ch’ è di Sassonia, e furo assalti poi
E battaglie, e la terra ei devastare
Con incendi e rapine. Ai due nemici
Prenci davver che con lor doglia poi
Ciò si fé noto E quei vernano intanto
È Là sul confine, e gli scudieri innanzi
I Andavano per essi. A far dimandi
Sifrido, l’uom gagliardo, incominciava:
Chi de’ compagni qui sarà di noi
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/125]]==
<poem>
 
A difesa? Davverche non si fece
Più fiera entrati in suolo di Sassonia !
Dissero gli altri Fate sì che guardi
I giovani guerrieri in su la via
Dancwarto ardito. Egli è d’ogn’ altro eroe
II più prestante, e noi però minore
Avrem iattura da le genti armate
Di re Liudgero. Fate si che restino
Alle schiere da sozzo egli ed Ortwino.
Io si cavalcherò disse l’eroe
Sifrido allora, e vo’ esplorar ben molto
Questi nostri nemici, in fin ch’io sappia
Veracemente ove son lor campioni.
Della leggiadra Sigelinde il figlio
Rapidamente allor s’armò. La gente
Ad Hàgen di Tronèga egli affidava,
Affidava a Gernòt, l’uom fiero e ardito,
Ch’ ei partir si volea. Di là ne andava
De’ Sassoni alla terra cavalcando,
E furono per lui ne’ dì che vennero,
Rotte le guigge a molti caschi. Ei vide
L’ampia schiera de’ Sassoni pel campo
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/126]]==
<poem>
 
Vasta giacer, vegliar con ardimento
Gioiosamente e con animo altero
Stava Sifrido a riguardar. Fra quella
Gente nemica un valoroso ancora
Era posto a la guardiae con gran cura
Ratto il scoverse, e lui scoverse il fiero
Prode pur anco, e l’un l’altro con ira
Gelosa imprese a rimirar. — Chi fosse
Io vi dirò costui, che vigilando
Stavasi intento, cui dinanzi al braccio
Stava uno scudo in fulgid’ or. — Costui
Era prence Liudgasto, ei, che de’ suoi
La schiera difendea. L’uom fiero e ardito
Superbamente e con nobil destrezza
Il palafreno fea balzar pel campo.
Anche Liudgasto con nemico sguardo
Stavasi l’altro a sogguardar. Ma poi
Ambo gli sproni conficcar ne’ fianchi
De’ lor destrieri e contro l’ampie targhe
Contro a lo stuol de’ suoi gagliardi. Elli erano
Quarantamila e più d’assai, ma intanto
Armato egli era. Principe Sifrido
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/127]]==
<poem>
 
L’aste inclinar di tutta forza. Allora
De’ Sassoni il signor, ricco e possente,
Oppresso fu da grave cura. Intanto,
Nel fiero cozzo, l’uno all’ altro accanto,
I due figli di re dai palafreni
Lungi fùr tratti, come se bufera
Là spirasse improvvisa. Or, poi che a dietro
Fùr per le briglie, con maestra mano,
Ritratti i palafreni, ambo provarsi
I due crucciosi con le spade in pugno.
Di tal guisa colpi prence Sifrido
Che tutto il loco n’echeggiò. Dall’elmo,
Come da vasto incendio, ecco che uscivano
Sotto la mano dell’eroe scintille
D’igneo color. Ciascun nell’ avversario
Emulo degno ritrovò. Sferrava
Anche prence Liudgàst colpi tremendi,
E vigor di ciascun forte si urtava
Nell’ opposto pavese. E già cotesto
Trenta guerrieri di Liudgàst notato
Avean da lungi, ma là scesi ancora
Non eran elli, che la sua vittoria
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/128]]==
<poem>
 
Già toccava Siindo, con le sue
Gravi ferite a re Liudgasto inflitte
La candida corazza attraversando;
Ottimo arnese eli’ era. Il sangue allora
Dalle piaghe profonde eruppe al sommo
Della spada nemica, e re Liudgasto
N’ebbe fiero dolor. Pregò che a lui
Fosse lasciata la sua dolce vita
E la sua terra offerse ancora e disse
Che Liudegasto ei s’appellava. Accorsero
I prodi suoi, che chiaramente visto
Avean da lungi quanto fra que’ due
Accadde al loco de la guardia. Volle
Sifrido trar con sè l’eroe caduto,
Ma ratto ben da trenta di que’ prodi
Ebbe un assalto. Il ricco prigioniero
Con fieri colpi difendea la mano
Di quel gagliardo, e più d’assai fé ad altri
Offesa e danno l’uom valente e forte.
A morte i trenta egli colpia con molta
Forza e vigorsoltanto uno lasciava
Alla sua vita, e quei rapido assai
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/129]]==
<poem>
 
Via cavalcando, le novelle a’ suoi
Recò di quanto là ne accadde. E il vero
Apprender si potea dall’ elmo suo
Rosso di sangue. A quei di Danimarca
Grave dolor fu ben cotesto, allora
Che s’annunziò giacersi ornai captivo
Il lor prence e signore. Al suo fratello
Ciò ancor fu detto, e quegli incominciava
Per gran disdegno a conturbarsigrave
Fu rancura per lui. Ma di Sifrido
Per volontà, Liudgasto eroe fu addotto
Di Gunthero ai gagliardi. Ei l’affidava
Ad Hàgen prence, e come detto fue
A quelli si eli’ egli era il sire, molto
Non ebbero dolor, ma gaudio e gioia.
D’avvincer le bandiere ecco fu ingiunto
A’ Burgundi campioni. Innanzidisse
Prence Sifrido, chè più assai da noi
Qui si farà prima che il giorno cessi,
Pur eh’ io mi resti in vita. Oh molte assai
Donne leggiadre avran cordoglio e duolo
De’ Sassoni nel suol Ma voi, del Reno
4.,
/ 59
Incl
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==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/130]]==
<poem>
iti eroi, a me volgete il guardo,
Ch’ io ben posso a le squadre di Liudgero
Tutti condurvi. Là vedrete voi
£ Di forti eroi da le possenti mani
Lor cimieri colpiti, e pria che indietro
Xe ritorniam, grave rancura e doglia
f Lor nota si farà. — Balzava in sella
Gernòt con tutti i suoirapidamente
Il vessillo gliermia prence Volkèro,
Bardo valente, e innanzi alle sue squadre
Veloce cavalcò. Superbamente
Tutti i compagni suoi furono allora
Accinti e pronti eppur, non più di mille
Adduceano con sè quei di Borgogna,
Oltre ai dodici eroi del pi o’ Sifrido,
Forti campioni. Ma la polve intanto
Già cominciava a turbinar per l'ampie
Strade a l’intorno, e quei nella nemica
Terra ne andavan cavalcando. Allora,
Si videro da lungi in bella guisa
i Luccicar molte targhe. Anche venuti
Eran con le lor genti e con lor spade
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/131]]==
<poem>
Acute in mano i Sassoni guerrieri,
Coita’io seppi dipoi. Fendean con forza
Nella man degli eroi gli acuti brandi,
Ch’ ei si volean difendere lor terre
Contro i nemici e lor castelli. Innanzi
La falange venia del maggior duce
De’ Burgundi campioni, e già venuto
Era Sifrido ancor co’ suoi guerrieri
Quali con sè recati avea da quella
Terra di Niderlànd. Nella battaglia
Di quel giorno, davver che molte mani
Furon tinte di sangueHunòlt, Sindolto
E Gemòt, nell’assalto, a molti eroi
Sferrar colpi mortali in pria d’assai
i Che fosse noto a’ miseri di quanto
Eran valenti que’ gagliardi. Molte
Ebbero a lagrimar donne leggiadre.
Hàgen, Volkero, Ortwin da Metze ancora,
Di molti caschi, nell’orrenda mischia,
Offuscamo il fulgore, essi gagliardi,
i E grandi fùr le oprate meraviglie
Da principe Dancwarto. E prova intanto
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/132]]==
<poem>
 
Fean di lor man di Danimarca i prodi,
Es' udian risuonar pei fieri colpi
Molli scudi compatti e acute spade
Che altri forte vibrò. Grave sterminio
I Sassoni facean valenti in guerra.
Ma quando s’avventar ne la battaglia s
Quei di Borgogna, fùr da loro aperte
Ampie ferite assai. Videsi allora
Sangue colar sovra gli arcioni in questi r
Guisa così pugnavan per l’onore
I buoni e forti cavalieri. Intanto
Alto in pugno s’udian de’ valorosi
Risuonar l’armi aguzze, e quelli tosto
Di Niderlànd fra le compatte schiere
Dietro al lor prence s'avventar. Veniano i
Con fermo core di Sifrido al fianco ;
Ma seguirli nessun fu visto allora
Di quei del Reno, e scorger si potea
Scorrer di sangue un rio su gli elmi fulgidi j
Sotto la mano di Sifrido, innanzi
A’ suoi compagni principe Liudgero
Fin ch’ei rinvenne. Per tre volte avea
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/133]]==
<poem>
 
Impeto fatto per l’avversa schiera
Fino a l’estremo ed or venia con lui
Hàgen, che aita gli recò, la sua
Ira a sfogar ne la battaglia. Molti
Dovettero perir nel tristo giorno
Cavalieri pugnaci. Or che Liudgero
Forte e valente rinvenia Sifrido
E vedea come in alto entro la mano
Ei recava Balmùng, la buona spada,
Onde molti ei colpia, cruccioso e tristo
Si fè d’assai, il fiero prence. Un impeto
Era intanto selvaggio e un alto strepito
Di ferri, che fra lor forte si urtavano
I combattenti, e più d’assai provavansi
Ambo gli eroi. Ma già le schiere Sassoni
A cedere cominciano e là destasi
r Ira maggior con odio. E detto allora
i Fu de’ Sassoni al re eh’ era captivo
Il fratei suo. Grave dolor cotesto
Al cor gli venne, ed ei sapea che l’opra
Del figlio questa fu di Sigelinde,
Che di Gemòt altri diceama il vero
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/134]]==
<poem>
 
Si riseppe dipoi. Di re Liudgero
Vernano i colpi si possenti e forti,
Che a Sifrido piegò sotto la sella
Il palafreno ma poiché novella¬
mente levossi il nobile destriero,
Assunse ne la pugna il prò’ Sifrido
Spaventoso un aspetto. E gli porgeva
Hàgene aita, anche Gernòt, ancora
E Volkero e Dancwarto, e però molti
Giacquero estinti. Ed eravi Sindolto
Ed Hunoldo ed Ortxvin l’eroe gagliardo, :
Elli sì, che nell’orrida battaglia
Molti uccisi potean stendere al suolo.
Ma nella pugna i due prenci guerrieri
Non separarsi mai. Fur visti allora
Sovra gli elmi volar molti lanciotti,
Da la man degli eroi, le targhe fulgide
Attraversandoe fùron visti assai
Ricchi pavesi colorati in rosso.
Nell’aspra mischia molti eroi giù caddero :
Da’ lor destrieri, e l’un dell’altro incontro ;
Correansi intanto e Sifrido valente
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/135]]==
<poem>
 
E re Liudgero. Giavellotti acuti
Si videro volar con aste molte.
Dello scudo le fibbie a re Liudgero
Via schiantar sotto a un colpo che la mano
Di Sifrido scagliò, si che pensava
De’ Sassoni gagliardi, in cui ben molti
Feriti si vedean, toccar vittoria
H sir di Niderlànd. Oh quante furo
Le maglie che spezzò lucenti il forte
Dancwarto allora Ma poiché sull’ ampio
Scudo, alla mano di Sifrido innanzi,
Vide prence Liudgero una dipinta
Corona, tosto s’avvisò che quello
Era l’uom si gagliardo. A’ suoi compagni
Alto a gridar si le l’eroe Deh voi
Tutti, compagni miei, da la battaglia
Vi ritraete Di Sigmundo il figlio
Ho visto qui. Sifrido valoroso
Io riconobbi. H diavolo maligno
Fra i Sassoni il mandò — Fece i vessilli
Nella battaglia declinar. La pace
Chiese, e la pace gli fu data poi ;
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/136]]==
<poem>
 
Ma dovea rimanersi di Gunthero
Prigioniero alla terra. A ciò la mano
Di Sifrido gagliardo avealo astretto.
Di comune consiglio essi la pugna
Cosi lasciar. Forati caschi ed ampi
Scudi in mano recartinta di sangue
De’ Burgundi pei colpi avean quell’armi,
Quante si rivenian. Ma quale ei vollero,
Ffir captivo i Burgundielli ne aveano
Ampio poter. Via carreggiar frattanto
Ed llàgene e Gernòt, gli eroi valenti,
Fcano i trafittiei trassero sul Reno
A cinquecento i valorosi in ceppi.
Ma i vinti eroi tornaron cavalcando
In Danimarca. I Sassoni guerrieri
Già non avean con tal valor pugnato,
Che altri lodarli anche potesse. Ai forti
Grave duol fu cotestoebbero intanto
Lagrime di dolor dai dolci amici
I caduti campioni. Al Reno indietro
Fean riportar da’ lor valletti l’armi
Di Borgogna gli eroi, quali Sifrido
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/137]]==
<poem>
 
Gagliardo e forte conquistate avca
Co’ suoi compagni valorosi, oprando
Cose leggiadre inver. Ciò ben fu d’uopo
Che di Gunthero ogni uom là confessasse.
A Worms prence Gernòt altri inviava, :
Indicea di ridir nella sua terra
Ai dolci amici qual toccata a lui
i Fosse e a’ compagni lieta sorte. Egregie :
Opre davver I che avean gli eroi compiute i
Per onore acquistar Corsero intanto
Giovani messi, e i casi intravvenuti
Da lor fùr detti, e chi s’avea dapprima
r Doglia nel core, giubilò di gaudio
Per queste che lor vennero improvvise
Liete novelle. Molte inchieste ancora
Da nobili si fean donzelle intanto
r Qual fosse degli croi del re possente
Esito lieto. E vollesi pur anco
Un de’ messi a Kriemhilde innanzi addurre;
i Ma in secreto si fè, che apertamente
Ella già non osò, poi che del core
Il suo amico diletto era fra i prodi.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/138]]==
<poem>
 
Venirne a le sue stanze il messaggiero
Allor che scorse, dolcemente disse
Kriemhilde bella Lieto annunzio adunque
Or dammi tu, ch’io ti darò del mio
Oroe se tu il farai senza menzogna,
Amica sempre ti sarò. Deh come
Dalla pugna uscì fuori il fratei mio
Gernòt e gli altri amici miei ? Qualcuno
Là moriva de’ nostri ? Ovver, eli) fece
Il meglio là? Dirmi dèi tu cotesto.
Rapido il messaggier così rispose :
Nessun codardo avemmo noi. Nell’aspro
Assalto e nella pugna, o nobil donna,
Non cavalcò, poi che ciò dirvi io deggio,
Niun si valente come lo straniero
Di Niderlànd illustre. Alti prodigi
La destra le colà del valoroso
Sifrido, e ciò che fatto han nella pugna
Tutti i più forti, ed Hàgcne e Dancwarto
1£ altri campioni del re nostro, ancora
Ch’ ei combattean per gloria e onor, fu lieve
Cosa qual’ aura innanzi al prò’ Sifrido,
08 1
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/139]]==
<poem>
Figliuol di re Sigmundo. Elli atterraro
Morti ben molti valorosi eppure
Ridirvi io non potrei le prodigiose
Cose che fè Sifrido, allor eh’ ei venne
A pugnar cavalcando. Alto cordoglio
Ei fè a le donne de’ nemici invero
E a’ lor cognati. Anche restarvi estinti
Di molte donne là dovean gli amanti ;
E i colpi suoi si udian si forte agli elmi
Urtar di contro, che scorrente il sangue
Fean spicciar da le piaghe. In ogni pregio
Egli è davver, Sifrido, un cavaliero
Eletto e forte. Ma per ciò che oprava
Ortwin da Metze, quei che col suo brando
Egli giugnea, tutti dovean sul campo
Cader feriti, morti i più. Di tutti
Il fratei vostro la maggior rancura
Fe’ che in battaglia mai far si potesse
A cor nemico. E dire il ver n’ è duopo
De’ nostri eletti cavalieri. Opra
I Burgundi superbi hanno compiuta,
Onde seppero ci sì guardar l’onore
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/140]]==
<poem>
 
Dall'ignominia. E vidersi deserte,
Per lor colpi di man, di cavalieri
Molti le selle, e tutta risonava
La terra intorno de le spade fulgide
All’urto fiero. Oh sigli eroi sconfitti
Di tal foggia tornavansi dal Reno
Su lor cavalli, eh’ evitar per loro
I lor nemici era miglior fortuna.
Ma di Tronòga i valorosi un’ alta
Feccr rancura ai prodi avversi allora
Che s’incontrar, come irrompente folla,
Le falangi nemichee morti assai
D’Hàgen possente fè la mano, e in veto
Molto a narrar di ciò qui, de’ Burgundi
Nella terra, saria. Sindolto, Hunoldo,
Le genti di Gernòt, Rumoldo il prode,
Tanto oprar che per sempre alto cordoglio
Avrà Liudgero che a’ congiunti vostri
Venne sul Reno d’amistà l’antico
Patto a disdir. Ma l’assalto più fiero
Che là si fè, l’ultimo e il primo assalto
Che là si vide allor, con fiera voglia
70 /
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/141]]==
<poem>
Di Sifrido compia l’inclita mano;
Ricchi perciò alla terra di Gunthero
Captivi ei trae con sè. L’uom bello e forte
Col suo vigor li iè soggetti, e danno
Perciò n’ avrà sire Liudgasto ancora,
Ancor n’avrà quel fratel suo Liudgero
De’ Sassoni dal suol. La mia novella
Udite adunque, o nobile regina.
Ambo la mano di Sifrido in ceppi
I.i pose, nè giammai tanti captivi
Altri condusse a questa terra, e solo
Di lui per l’opra fino al Reno ei scendono.
Non mai più dolce simile novella
A Kriemliilde venia. — Ma qui s’adducono
Aggiunge il messo, cinquecento in ceppi,
O più, captivi, intatti ancora, e ottanta
Traggonsi di feriti onuste bare,
Tinte di sangue (ciò sappiate, o donna,)
A questa nostra terra. I più trafitti
Ha la man di Sifrido valoroso;
E quei che oltracotati in riva al Reno
Disdicean l’amistà, di re Gunthero
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/142]]==
<poem>
 
Or prigionieri star si dènno. Addotti
Con nostra gioia in questa terra ei sono.
Allor, com’ ella udi verace annunzio,
Qual porporino fior della fanciulla
Il color si accendea candido in pria.
Il suo bel volto d’un color di rosa
Copriasi ratto poi che dal tremendo
Fra l’armi perigliar, di lei per gaudio,
Uscia cosi l’eroe gagliardo e bello,
Sifrido giovinetto. Anche gioia
Pe’ suoi più cari, e con ragion cotesto.
Bene parlasti a me, cosi dicea
L’amorosa fanciulla, e per mercede
Avrai però da me pomposa veste
E dieci marchi d’or, ch’io qui ben tosto
A te recar farò. — Davverche a ricche
Donne con pronta voglia in cotal guisa
Ridir si ponno simili novelle!
La sua mercede gli fu data, l’oro
E la veste pur anco. Alle finestre
Corsero allor molte fanciulle vaglie,
Guardavan elle in su la via fùr visti
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/143]]==
<poem>
 
Molti allor de’ più nobili e gagliardi
In quella terra di Borgogna a dietro
Cavalcando tornar. Venian gl’intatti,
I feriti venian, che dagli amici
Potean senza vergogna ed ignominia
Udir saluti. E l’ospite regale,
Prence Gunthero, a quegli ospiti suoi
Incontro venne con gran gioia. In festa
II suo grave dolor così linia.
Oneste a’ suoi fè le accoglienze, ancora
Le fè oneste agli estrani. A ricco sire
Nuli’altro s’addicea fuor che sue grazie
Render cortese a chi per lui venia,
Chè presa quei si avean con molto onore
La lor vittoria nella pugna. Intanto
Volle Gunthero che de’ suoi fidati
Altri dicesse le novelle e quale
Andando colpo ebbe mortai. Ma soli
Sessanta prodi egli perdea. Fùr pianti
Questi sì, come suolsi incliti eroi
Pianger caduti. Incolume chi venne,
Molte portò con sè targhe squarciate ,
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/144]]==
<poem>
 
Là, nella terra di Gunthero, e molti
Elmi infranti e disfatti. Ecco, scendea
Da’ suoi destrieri, innanzi dal palagio
{ Regai, la gente, e udironsi gioiose
Grida colà per le accoglienze oneste.
Ma gli alloggi apprestarsi a’ cavalieri
Si fean per la città. Volle Gunthero
{ Che quegli ospiti suoi con molta cura
Altri guardasse, e cenno (è che intento
• Altri attendesse a ogni ferito e il tutto
l Agevole rendesse ed approntasse;
E videsi qual fosse alta di lui
Verso i nemici suoi virtù sincera.
Egli disse a Liudgasto E siete voi
Il benvenuto a mePer cagion vostra
Ebb’ io gran danno, di cui poscia, lieta
Se fia la sorte, avrò l’ammenda. Intanto
i Ricompensimi Iddio gli amici miei,
Chè per me con amore elli operaro.
Bene a ragion, risposegli Liudgero,
Render dovete lor grazie cortesi.
Niun re giammai vincea, si come voi,
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/145]]==
<poem>
 
Tanti illustri captivi. Or noi ben grande
Per onesto trattar darem compenso,
Perche voi de’ nemici abbiate cura
Intenta e buona. — Liberi vogl’io,
Rispondea re Gunthero, ambo lasciarvi
Andar di qui. Ma perchè meco resti
Chi m’è nemico, sicurtà mi bramo,
E non mai senza vènia e piacimento
Lasci ’l nemico prigionier la terra.
Porse Liudgero allor la mano. Intanto,
Fùr recati i trafitti a’ lor riposi,
Agevole ogni cosa a lor con cura
Altri rendea. Giacenti allor si videro
I feriti su letti acconciamente,
E agli incolumi tutti un vin gagliardo
E idromele fu dato. Or, quella gente
Mai aver non potè maggior letizia.
Altri portò lor trapassati scudi
Per custodirli, e v’erano pur anco
Molte selle di sangue intinte assai,
Quali s’ingiunse di celar, le donne
A lagrimar perchè non fosser tratte,
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/146]]==
<poem>
 
Mentre, stanchi dell’armi, fean ritorno
Molti gagliardi cavalieri. Il sire
Con grandezza ed onor gli ospiti suoi
Tutti curava, e di ben note genti
Era piena la terra e di straniere.
Ei si, con molto amor, volle che cura
De’ più gravi feriti altri prendesse;
E tracotanza lor, qual cosa vile,
Umiliata fu. Ricca mercede
Anche fu data a chi di medie’arti
Perito si dicea, copia d’argento
Senza peso notarne, oltre a lucente
Oro, perchè agli eroi, dopo distretta
Della battaglia, guarigion recata
Fosse per essi. Anche a le genti sue
Coli raccolte fè gran doni il sire,
E a quei che ritornarsi a lor dimore
Volcano ancor, pregando altri si volse,
Come suol farsi a’ dolci amici, ond’clli
Rimanesscr pur anche e il re venia
A consigliarsi per qual foggia mai
Dovrebb’ei compensar le genti sue,
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/147]]==
<poem>
 
Ch’elle con molto onore il suo comando
Avean compiuto inver. Ma disse allora
Sire Gernòt Lasciarli è d’uopo ornai
Cavalcando partir. Noto si faccia
A tutti lor, fra settimane sei,
Che a una gran festa elli tornar qui dònno,
Poiché allor fia guarito ognun che intanto
Giace dolente per sue fonde piaghe.
Vènia al partir cercavasi pur anco
Sifrido re di Niderlànd. Ma tosto
Che re Gunthero il suo desio comprese,
Con molto amore sì ’l pregò che seco
Ancor restassenè ciò fatto avria
Re Sifrido giammai, se di Gunthero
Stato non fosse per la suora. Ed ei
Tanto era ricco, che nessuna cosa
Tolta si avria, ben che mcrtato assai
Egli avesse cotesto. Eragli il sire
D’animo grato, e grati eran con lui
I suoi congiunti. Aveano elli già visto
Ciò che per suo valor nella battaglia
Avvenne da que’ di. Ma quei soltanto,
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/148]]==
<poem>
 
Della vaga fanciulla per desio,
Di restar si pensò, quando pur dato
Di vederla gli fosse. E fu che poscia
Ei vederla potèqual fu sua brama,
Nota gli fu la giovinetta, e allora
Di Sigemundo alla paterna terra
Con molta gioia potè far ritorno.
Ospite regio, principe Gunthero,
A tutte l’ore armeggiamenti in cura
Di cavalieri aveagiovani prodi
Ciò fean con molto amor. Ma, perque’ giorni,
Dinanzi a Worms per la mobile arena
Ei iè seggi elevar per genti ancora
Che de’ Burgundi al suol sarian venute;
E intanto, poi che tosto elle venièno,
Kriemhildc vaga certo annunzio s’ebbe
Che nobil festa per i dolci amici
Re Gunthero indicea. Grande e solerte
L’opra fu allora di leggiadre donne
Per vesti e cuffie da recarsi a quella
Festa regale. Ute, possente e ricca,
Novelle udia ridir di croi superbi
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/149]]==
<poem>
 
A venirne vicini, e furon molte
Splendide vesti dagl'involti tratte.
Ed ella ancor pei dolci figli suoi
Vesti fece apprestar. Ne andar fregiate
Molte fanciulle e molte donne e molti
Giovani eroi della burgundia terra;
Anche per genti cstrane Ute regina
Splendide fè apprestar le vcstimenta.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/150]]==
<poem>
 
Avventura Quinta
In che modo Sifrido vide Kkiemiiildb
Cavalcar si vedea di giorno in giorno
Li, fino al Reno, chi venia bramoso
Alla festa regai. Molti destrieri
E molte vesti preziose intanto
Con mano liberal fùr date attorno
A quanti discendeano a quella terra
Per amor di tal re. Seggi fùr pronti,
Come fu detto a noi, per maggiorenti
E per illustri e per ben trenta e due
Prenci famosi della festa al tempo;
E di rincontro con industre gara
Molte si ornSr vaghe donzelle. Stanco
Gislhero giovinetto unqua non fue;
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/151]]==
<poem>
80 /
Egli e Gernòt c d’ambo csti gagliardi
I valorosi gli ospiti e gli amici
Accoglieano cortesi, e come suolsi
Per onore adoprar, lor fean saluti
Ambo i due prenci. Aurifulgenti selle
Recavan quelli ne la terra, e targhe
Dipinte e vesti preziose al Reno
Recavan seco per la festa. Molti,
Ancor feriti, vidersi a que’ giorni
Lieti e festanti, e chi giaceasi ancora
È In letto e per sue piaghe avea rancura,
Veramente obbliò quanto è la morte
§ E dura e trista. Gli egri ancor ccssaro
Da’ lor lamenti, e pei giorni alla festa
Regale indetti ebbero gaudio e gioia
Alle novelle. Oh si dolce la vita
Trarre ei volean nell’ospitai dimora;
E di là da misura alta letizia
Con gioia superante ebber le genti,
I Che là trovarsi, tutte. In quella terra
Di re Gunthero fùr sollazzi molti.
Ad un mattin di Pentecoste in folla
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/152]]==
<poem>
 
Fùr visti uscir gagliardi e valorosi
In vesti ricche, cinquemila e ancora
Incominciar sollazzi allegri. Il regio
Ospite inver questo vedea nel core
(Ciò gli era noto) con qual le costante
Amava il sir di Niderlànd la sua
Suora Kriemhilde, ben che ancor non vista, :
In cui ben si dovea su tutte l’altre
Giovinette notar beltà sovrana.
Al re cosi parlò principe Ortwino :
Se d’ onor con pienezza a vostra festa
Esser volete voi, fate che ammiri
Altri le vaghe giovinette nostre,
Che ben degne d’onor sono in Borgogna. :
Dell’uomo qual piacer, che la sua vita |
Gli allegri, vedi tu, che inclita donna
O vaga giovinetta a lui non faccia ?
Deh fate si che a’ vostri ospiti innanzi :
Passi vostra sorella— E tal consiglio |
Fu dato inver di molti eroi con gioia.
Più di cotesti assai, mossi alla regia
Festa bramosi, e in molti lochi a gara
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/153]]==
<poem>
 
Questo consiglio seguitò, dice»
Prence Gunthero. E chi n’avea l’annunzio
Molto in cor ne gioia. Ma donna Ute
Ebbe con la sua figlia per messaggio
Cortese invito, ond’ ella pur venisse
Con le sue ancelle a corte. E ne’ forzieri
Tosto si ricercar le ricche vesti,
Quante sì di tal gente e grande e illustre
Si rinvenian riposte. Armille assai
Con lor fermagli eranvi prontee intanto
Molte leggiadre giovinette adorne
Si fean con cura, e molti giovinetti,
Gagliardi in guerra, da que’ di pensavano
Che gioiosi ei sarian le vaghe donne
In rimirar, si che ciascun per nulla
Stimato avria di un gran signor l’impero.
Bramosamente assai venian cotesti
Le non conte fanciulle a rimirare.
Il nobile signor volle che mille
De’ suoi gagliardi con la sua sirocchia,
A servirla condotti, a lui cognati,
Cognati a lei, venisser tostoe questi
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/154]]==
<poem>
1 83
Avcan lor spade strette in pugno. Questo
Era di corte l’inclito servigio
Là nella terra di Borgogna. Intanto
Con cotesti venirne Ute fu vista,
La possente regina. Ella con seco
In compagnia vaghissime matrone
Aveasi prese, mille o più, che ricche
Avcan lor vesti, e dietro alla sua figlia
Venian pur anco molte giovinette
Leggiadre e vaghe. Tutte da una stanza
Uscir fur viste da la gente, e grande
Affollarsi fu allor di cavalieri
Che speme aveano in cor clic tanto almeno
Lor potesse accader, le giovinette
Illustri di mirar gioiosamente.
L’amorosa donzella ecco s’avanza
Come l’aurora fa da fosche nubi ;
E ratto chi l’avea recata in core,
E recata l’avea lunga stagione,
Da molto affanno or si disciolse. Ei vide
L’amorosa fanciulla in tutta sua
Bellezza là restar. Dalle sue vesti
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/155]]==
<poem>
È Molte splcndean nobili gemme, e il suo
Color di rosa delle guance avea
Tanto splendor che insinuava amore;
Per quanto brama un uom quaggiù, nessuno
Dir già potea che più avvenente cosa
Avea vista pel mondo. E come innanzi
Agli astri sta la bianca luna allora
Che tra le nubi mostrasi più chiaro
Il suo splendor, cosi, pari alla luna,
Ella stava dinanzi all’ altre donne
Tutta leggiadra. D’avvenenti eroi
In petto il cor balzò. Venirne a lei
Vedeansi innanzi le sue ancelle adorne
E gli altezzosi eroi non desisteano
Dall’ affollarsi per vederla intenti,
Amorosa fanciulla. Oh ma dolore
Ed’amor gioia avea prence Sifrido!
Egli pensava nel suo cor Deh come
Ì Avvenir ciò potea ch’io mi dovessi
Accendere di te? Speme fu questa
D’inesperto garzon. Ma s’io dovessi
Da te partirmi, con desio più dolce
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/156]]==
<poem>
 
10 mi morrei. — Per questi suoi pensieri
Più fiate ei si fe’ rapidamente
Acceso in volto e pallido. K si stava
In tale atto d’amor di Sigemundo
11 vago figlio, qual se immagin fosse
D’abil maestro dalla man dipinta
Su pergamena ad arte. E si dicea
Da la gente di lui che si leggiadro
Mai non fu visto armigero guerriero.
Ma chi venia con le matrone, ratto
Scender fea dalla via da tutte parti
I circostantie fecero cotesto
Molti guerrieri. Le donzelle adorne,
Di fiero cor, di gioia e di contento
Furon cagione, e furon viste allora
Donne leggiadre assai pomposamente
Di vesti ornate. Di Borgogna intanto
Dicea sire Gernòt Quei che vi offerse,
Gunthèr, dolce fratello, il suo servigio
Tanto cortese, cortesia da voi
Abbiasi agli altri cavalieri innanzi,
Tutti, ned io giammai di tal consiglio
86 /
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/157]]==
<poem>
Avrò vergogna. Fate sì che venga
Da mia sirocchia principe Sifrido,
Perchè il saluti la fanciulla. Sempre
Gioia avrem noi di ciò. Lei che guerrieri
Unqua non salutò, costui saluti;
E noi quel prode valoroso e bello
Acquistato ci avrem per tal favore.
Dell’ospite regai vennero allora
Tutti i congiunti là ’ve l’uom gagliardo
Rinvennero. Hi dicean questa parola
Di Niderlànd al valoroso Invito
11 re vi fa perchè venirne in corte
Tosto vi piaccia. Vi farà un saluto
La sua sirocchia. Ad onor vostro è questo !
Di ciò ben fu gioioso in fino all’ alma
Il giovinetto sireci ne recava
Gioia nel cor senza rancura, intanto
Che vicino a mirar d’Ute leggiadra
Fra la figlia, ed ella si dovea
Sifrido salutar con un dolce atto.
Quand’ ella innanzi a sè vide arrestarsi
L’altero garzoncel, ratto del viso
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/158]]==
<poem>
 
Le si accese color. Voi benvenuto,
Prence Sifrido, la fanciulla disse
Avvenente e leggiadra, o cavaliero
Nobile e prode- L’alma del garzone
A quel saluto si elevò. Dinanzi
A lei chinossi con bramoso intento
Il giovin sire ed ella con la destra
La destra gli prendea. Con la fanciulla
In quale atto d’amor costui ne andava !
E allor, con riguardar d’occhi amorosi,
Miravansi l’un l’altro i giovinetti,
Il sire e la donzella e ciò si fea
Nascostamente inver. Ma se talvolta,
Per dolce amor del cor, la bianca mano
In caldo atto d’amor fu stretta al seno,
A me noto non è. Non però credere
Anche poss’ io che ciò si tralasciasse,
Che tanto ei far potean rapidamente
In lor dolce desìo. Ma nella estate
E nei giorni di Maggio egli in suo core
Mai non portò cosi gran gioia, quale
Ebbesi allora, poi che accanto a lui
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/159]]==
<poem>
 
Quella appunto venia eh’ egli d’amore
Bramava posseder. Molti gagliardi
Fean tal pensiero in cor Deh m’accadesse
Ch’io pur anco venissi a lei da presso,
Come Sifrido ho visto or orPosarmi
Accanto a lei deh potess’ io Davvero !
Che far ciò lascierei senza rancura')
A regai donna mai non fe’ migliore
Servigio un cavalier. Ma da qualunque
Terra di prenci gli ospiti venièno,
Tutti egualmente a rimirar soltanto
Stavano intenti i due garzoni. A lei
Vènia fu data di baciarsi in fronte
V uom si avvenente, e in terra mai non fue
Per lui più dolce cosa e più gradita.
Di Danimarca il principe dicea :
In questi alti saluti, e tristi e grami
Già molti stanno (e ben di ciò m’avveggo)
Per la man di Sifrido. Oh nella terra
Detto con ironia. Cioè con gran dispiacere.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/160]]==
<poem>
 
Del regno mio non voglia mai l’Eterno
Che ritorno egli faccia - In tutte parti,
In tutte parti allor via dal passaggio
Di Kriemhilde leggiadra a ognun fu indetto
Di sgomberar. Molti campioni arditi
Fùr visti allor con atti onesti andarne
Alla chiesa con lei. L’uom sì avvenente
A quell’ ora da lei si separava.
Così ella andava al monastero, e dietro
Molte donne seguian. Della regina
Tanto era adorna la persona bella,
Che andavane frustrato ogni più alto
Desio d’altrui. Veracemente nata
Era costei qual pascolo di molti
Prodi guerrieri agli occhi. A stento attese
Allor Sifrido che le sante preci
Fosser cantate. Egli potea pur sempre
Alla fortuna sua render sue grazie,
Che tanto fosse a lui quella propizia
Ch’ ei recava nel cor. Ma, con ragione,
Inchinevole ei pur ver la leggiadra
Era per caldo amor. Quand’ ella uscìa
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/161]]==
<poem>
Dal monastero (uscito erane primo
Il giovinetto), a lui, gagliardo e prode,
Fu indetto ancor di porsele daccanto;
E l’amorosa giovinetta a rendergli
Ratto sue grazie incominciò la prima,
Ch’egli con tal valor dinanzi ai forti
Pugnato avea. Prence Sifrido, disse
La bella giovinetta, Iddio signore
Vi ricompensi, che mertato aveste
Che ogni più forte, d’ora in poi, com’io
Sento narrar, fedele a voi si serbi
Con anima leal. - Con molto amore
Donna Kriemliilde ei cominciò intento
A riguardar. Degg’io sempre servirvi,
Disse quel prode, e a questo capo mio
Riposo non darò, fin ch’io non aggia,
Per quanto mi vivrò, la grazia vostra
Mertata, o donna mia. Per compiacervi,
Ciò si faccia da me, donna Kriemliilde.
Dodici giorni ancora, e in ciascun giorno,
Degna di tutta laude accanto al prode
Starsi fu vista la fanciulla, intanto
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/162]]==
<poem>
 
Ch’ella andarne solea, dinanzi a’ suoi
Congiunti, in cortee al giovane guerriero
Con molto amor prestavasi dagli altri
Fedel servigio. Cosi fu che innanzi
Di Gunthero alle sale, ad ogni giorno,
E dentro e fuori ancor, gioia e tripudio
Ed echeggiar d’allegre voci assai
Per molti si sentir valenti e prodi,
Ed Hàgene ed Ortwin meravigliose
Opere incominciar. Gli eroi gagliardi,
Con vigor pieno e piena voglia, a tutte
Cose eran pronti quante alcun mortale
Osa tentar quaggiù. Questi, e valenti
E prestanti in virtù, fùr noti allora
A’ lor ospiti, e tutta e sol per essi
La terra di Gunthèr si fea più bellr.
Chi ferito giacea, fu visto allora
Venirne innanzi. Ognun volea co’ suoi
Soci e compagni aver sollazzi e feste,
Farsi difesa con le targhe e molti
Giavellotti avventar. Molti in aita
Venian per essi, chè gran gente seco
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/163]]==
<poem>
 
Avean pur anco. Ma nei di giocondi
Di tante feste, con elette dapi
Tutti fe’ intrattener l’ospite regio,
Che ogni biasmo evitar, quanti si prende
Un re talvolta, egli volea. Fu visto,
Antico in atto, a quegli ospiti suoi
Venir dinanzi. O nobili guerrieri,
Disse, i miei doni di pigliar vi piaccia
Pria d’andarne di qui. Sta in me pur sempre
Questo pcnsier, perch’io vi serva sempre.
Non disdegnate il mio possesso, ch’io
Vo’ spartirlo con voi. Questo sol bramo.
Quelli parlar di Danimarca allora:
Pria che di qui tornarne ai nostri tetti
In nostra terra cavalcando, ferma
Una pace vogliam. D’uopo è di pace
Ai nostri prodi, e noi qui morti abbiamo
Pei vostri eroi molti diletti amici.
Fra Liudgasto di sue piaghe ornai
Venuto a guarigiondopo la pugna
De’ Sassoni guaria pur anco il duce,
F davver che sul campo alcuni morti
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/164]]==
<poem>
 
Egli ebbero a lasciar. Là ’ve Sifrido
Rinvenne, andava allor prence Gunthero.
Ei disse al prodeCiò clic far degg’io,
Tu mi consiglia. Cavalcar dimani
Al primo albor, di qui partendo, vonno
Questi nostri nemici, e ferma pace
Chiedon con meco e con le genti mie.
Or mi consiglia, eroe Sifrido, quale
A te in questo parrassi opera bella
Ch’ io far mi deggia. Quanto a me offerendo
Vanno i prenci, vo’ dirti. Ei volentieri
A me daranno quanto in oro lian possa
Di carreggiar, se liberi li sciolgo,
Cinquecento cavalli. - Ohciò sarìa
Opra non bella assai disse quel forte
E valente Sifrido. E si v’è d’uopo
Via lasciarli partir liberamente
Da questa terra e per che i prenci illustri
Guardinsi bene un di che da nemici
Ei non vengan più mai qui cavalcando,
Fate si che di ciò d’ambo que’ prenci
Vi dia la mano sicurezza e pegno.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/165]]==
<poem>
Questo consiglio seguirò. - Con questo
Andavan elli, e a’ lor nemici intanto
Noto si fe’ che niun volea quant’essi
Oro offrivano in pria. Ma i lor diletti
E cari amici, nel paterno ostello,
D’essi, di pugne stanchi, avean desire.
Colme targhe recavansi frattanto
Dal tesoro del re. Senza bilancio
Spartiva in copia a’ suoi diletti il sire
Fin cinquecento, e più ne dava ancora,
Fulgidi marchi. A re Gunthèr cotesto
Gemòt ardito consigliava. Intanto
(Elli andarne volean) prendean commiato
Tutti, e fùr visti allor gli ospiti innanzi
A Kriemhilde venirne, anche ove assisa
Donna Ute si stava. Oh mai non ebbero
Miglior commiato cavalieri e prenci !
Ma quand’ei si partir, vuoti rimasero
Tutti gli ostelli, e sol restò co’ suoi,
Nobili invero e valorosi, il sire
Gentil di Niderlànd. Egli co’ suoi
Andarne si vedea di giorno in giorno
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/166]]==
<poem>
 
Appo donna Kriemliilde. Eppur, volea
Chieder vènia al partir Sifrido ancora,
L’eroe valente. Di ottener colei
Che in core ei si recava, oh non avea
Fidanza certama poiché già uclia
Prence Gunthero, per ciò che altri disse,
Che partirsi ei volea, dal suo viaggio
Giselhèr giovinetto a dietro il tenne.
Sifrido inclito assai, dove pertanto
Volete cavalcar? Qui vi restate
Appo i nostri gagliardi (oh fate voi
Ciò ch’io vi chieggo!), presso a re Gunthero,
Presso i campioni suoi. Donne qui sono
Leggiadre assai, quali vorrà ciascuno
Volentieri mostrarvi. - I palafreni,
Disse Sifrido valoroso, voi
Lasciate adunque. Cavalcando volli
Di qui partir, ma da cotal disegno
Mi traggo a dietro. Anche i pavesi nostri
Dentro portate. Alla natal mia terra
Io tornarmi volea, ma Giselliero
Impegnando sua fè vinsemi ’l core.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/167]]==
<poem>
 
Per amor degli amici, in questa guisa
Là si rimase il valoroso. In altra
Terra giammai non fe’ soggiorno il prode
Con tanta gioiae da quell’ora in poi
Avvenne si che ad ogni giorno sempre
La leggiadra Kriemhilde egli vedea.
Così, per tal beltà che non avea
Misura, il sire in quella terra ancora
Restava a soggiornar. Fra molti e vari
Sollazzi l’ore trapassar que’ prodi
Vedeano intanto, e sol amor di lei
Era cruccio a Sifrido. Aspro tormento
Amor gli davae per l’amor quel forte
Giacquesi poi miseramente estinto.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/168]]==
<poem>
 
Avventura Sesta
In che modo Guntheko andò in Islanda
per BrUnhii.de
Nuovi racconti levansi sul Reno,
E si dicea che v’ erano leggiadre
Fanciulle assai. Di queste una pensava
Di far sua donna il buon prence Gunthcro,
Si che al prode signor l’anima tutta
Esaltavasi. E inver, di là dal mare,
Una regina fea soggiorno, e niuno
Altra che l’uguagliasse, in nessun loco
Vedea giammai. Più in là che da misura
Era leggiadra, grande il vigor suo,
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/169]]==
<poem>
 
Ch’ ella solca con agili guerrieri,
Accesi in lei d’amor, dardi e saette
Lungi avventar. Lungi le pietre ancora
Ella scagliava, e dietro poi gittavasi
A le pietre d’ un balzo. Or, chi l’amore
Di tal donna si ambia, vincer tre giochi
Senza fallo dovea su cotal donna
D’inclito nascimento, e il capo suo
Perdea l’audace, se in un sol de’ giochi
Fallia la prova. Ma ciò fatto avea
Molte fiate la fanciulla, quante
Contar non si potean. Ciò seppe ancora
Là presso al Reno un cavalier valente *)
Che volse l’amor suo ver la fanciulla
Vaga e leggiadra. E per costei la vita
Perder dovean dipoi molti gagliardi.
Disse il prence del Reno Io giuso al mare
Discender vo’ fino a Briinhilde, avvenga
Ciò che avvenir mi può. Per l’amor suo
Vo’ rischiar la mia vitae perderolla,
Il re Gunthero.
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/170]]==
<poem>
 
Se quella non si fa la donna mia.
Io da ciò vi sconsiglio, rispondea
Prence Sifrido. Si crudel costume
Ha la regina, che chi cerca e ambisce
L’amor di lei, grave n’ ha poi la pena.
Tal viaggio evitar, prence, v’b. d’uopo.
Questo i’ consiglio a voi, Hàgen soggiunse,
Che il grave carco a sostener preghiate
Prence Sifrido. Il mio consiglio è questo,
Da che ben noto gli è come van cose
Appo Britnliilde. - K vuoi tu darmi aita,
Nobil Sifrido, disse il re, la donna
Amorosa a cercar? Se ciò mi fai
Di che ti prego, e se di me amante
Si fa per te l’innamorata donna,
Pel tuo dolce piacer l’onor, la vita,
Io rischierò. - Di Sigcmundo il figlio,
Sifrido, rispondeaSe tu mi dai
La tua sirocchia, ben farò cotesto,
La tua sirocchia, l’inclita regina,
Kriemhilde bella. Per la mia fatica
Più in là di questa altra mercè non bramo.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/171]]==
<poem>
 
Sifrido, in la tua man, disse Gunthero,
Io ti promettoe se Briinhilde adorna
In questa terra a me verrà, la mia
Sirocchia a te darò per donna tua.
Con lei, si vaga, possa tu per sempre
Viver beato - E fean lor sacramento
Ambo gli eroi molto prestanti. Allora
Ben più d’assai maggior fu lor travaglio
Pria di menar del Ren fino a le sponde
La fiera donnai giovani gagliardi
Grave a portarsi in cor n’ebber la cura.
E Sifrido recar dovea la cappa
Con sè, qual già l’eroe, prestante, ardito,
A un nano tolta avea con gran travaglio,
Quale Alberico si dicea. Ma intanto
Al viaggio apprestavansi gli eroi
Possenti, ardimentosi. Allor che seco
La cappa avea Sifrido valoroso,
In essa avvolto, tanta forza avea,
Oltre al suo corpo ancor, quanta pur n’ hanno
Dodici prodi. E fu perù ch’ei vinse
L’inclita donna con molt’artc. Ancora
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/172]]==
<poem>
 
Di tal foggia composta era la veste,
Che ogn’ uom ravvolto in lei fea quante cose
Ei più bramava, e niun vedealo. Intanto
Cosi vinse Briinhilde il valoroso,
Onde gl’incolse poi grave sventura.
Eroe Sifrido, pria che avvenga questo
Viaggio mio, perchè possiam discendere
Là fino al mare con perfetto onore,
Dimmi tu se dobbiam nosco menarne
Alquanti eroi di Briinhilde alla terra.
Trentamila campioni in breve tempo
Qui chiamati saranno. - E sia qualunque
La schiera che vogliam nosco menarne,
Sifrido rispondea, tale ha costume
La regina e selvaggio e paventoso,
Che per sua tracotanza ognun de’ nostri
Perir dovrà. Dcgg’io cosa migliore
Consigliarvi però, buono e prestante
Campione in guerra. Scendere da noi
Si dee pel Reno, costume serbando
Di cavalieri, ed io dirò pur anco
Chi nosco esser dovrà. Giù fino al mare
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/173]]==
<poem>
102
1
Quattro discenderem valenti e prodi,
Conquisterem, qualunque cosa poi
Accader voglia, la fanciulla. Uno
Io sarò de’ compagni esser tu dèi
L’altro ed Hàgene il terzo (oh n’usciremo
Incolumi!) eDancwàrt, l’uom prode assai,
11 quarto sia. Dawer che non potranno
I Altri mille resisterci in battaglia !
Io volentieri apprenderei, soggiunse
ì Prence Gunthero, pria che là ne andiamo
(E ben lieto n’andrei), quali dinanzi
A Briinhilde avrem noi che ben si addicano,
Le vestimenta. Ciò ridir dovete
A re Gunthero. - Vesti che fra tutte
Rinvengonsi migliori, ad ogni tempo
§ Di Briinhilde in la terra usa la gente.
Ricche vesti perciò dinanzi a lei
l Recar dobbiam, sì che disdoro alcuno,
Quando s’ udrà narrar cotesta istoria,
Noi non ne abbiamo. -
Il buon guerrier soggiunse :
Cosi vogl’io dalla mia dolce madre
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/174]]==
<poem>
 
Andarne tosto, se poss’ io da lei
Tanto ottener che ci porgano aita
Sue vaghe ancelle in apprestar le vesti,
Quali recar vogliam con molto onore
Per l’inclita fanciulla. In cortese atto
Hàgene di Tronèga allor dicea:
Perchè vorreste di cotal servigio
Vostra madre pregar? Fate che intenda
Ciò che bramate la sorella vostra,
E tal servigio in buon punto vi fia
Per che n’andiate a quella corte. - Allora
Alla sirocchia sua fe’ dir quel prence
Ch’ei di vederla avea desiò, che ancora
Ciò disiava principe Sifrido.
E quella, prima che cotesto fosse,
Avvenente e leggiadra, erasi ornata
Con arte molta. Oh fu per lei di doglia
Parca il venir di questi ardimentosi •)
4) Detto con leggiera ironia. Essa nc ebbe
gran dolore perche il suo Sifrido stava per
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/175]]==
<poem>
 
Le compagne di lei, qual s’addiceva,
Erano ornate e come quella intese
Che ambo i prenci venian, ratto levossi
In piè dal seggio, e con atto cortese
La s’avanzò ’ve nell’ospite illustre
E nel fratello s’incontrò. Deh sia
Benvenuto il fratello e il suo compagno,
Disse la giovinetta. Io volentieri
Intendere vorrei ciò che da voi,
Prenci, si brama, da che andar volete
Ad altra corte. Udir mi late adunque
Di voi, nobili eroi, che son novelle.
O donna, io vel dirò, prence Gunthero
Allor rispose. Ben che grande sia
Animo in noi, è d’uopo a noi ben grave
Una cura portar. Lungi, a una terra
Straniera andremo noi, vaghe fanciulle
A corteggiar. Per tal viaggio è d’uopo
Che vesti abbiamo noi pompose e belle.
Dolce fratello mio, dehv’assidete,
Disse colei, figlia di prenci, e fate
Ch’io bene ascolti quali son fanciulle
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/176]]==
<poem>
 
Che bramate cercar, per l’amor vostro,
D’altri monarchi nella terra. - Intanto
Ambo gli eletti cavalier per mano
La fanciulla prendea. Con essi al loco
Andava in che seduta eli’ era in pria,
Su guanciali pomposi (io ben cotesto
Conoscer bramo), di leggiadre immagini
Adorni tutti, e con bei fregi in oro.
Daccanto a la fanciulla ebbero i prodi
Gioia e sollazzo e furono amorosi
Sguardi e un mirarsi con amor per gli occhi,
E fu cotesto in ambo i giovinetti
Sovente assai. Recava lei nel core
Prence Sifrido, e qual la dolce vita
Kriemhilde era per lui. Fu da quel tempo
Donna eletta a Sifrido valoroso
La leggiadra Kriemhilde. Il re possente
Le disse allor Dolce sorella mia,
Senz’aita di te nulla da noi
Potrà compirsi. Aver sollazzi e feste
Vogliamo noi di Briinhilde in la terra,
E dinanzi a colei vesti pompose
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/177]]==
<poem>
 
Recar ci è d’uopo. - E a lui la giovinetta:
Dolce fratello mio, quanto per l’opra
Di me può farsi in tale intento, a voi
Offro del core e a ciò pronta son’ io ;
S’altri vi niega alcuna cosa, grave
Dolor saria per Kriemhilde. Voi,
Qual chi un affanno ha in cor, me non dovete
Pregar cosi, prestanti cavalieri,
Ma con atto cortese un cenno farmi
E comandar. Per ciò che piaccia a voi
Nell’opra mia, per voi son pronta e farlo
Volentieri vogl’io. - Così dicea
L’avvenente fanciulla. - E vogliam noi,
Cara sorella mia, leggiadre nosco
È Portar le vesti. In ciò compir, soccorso
ì Porti la vostra man nobile e sperta ;
E Finiscan l’opra, si che a noi le vesti
Leggiadramente stian, le ancelle vostre,
È Chè di ritrarci da cotal viaggio
Alcun desìo non abbiam noi. - Quel ch’io
Or vi dirò, notate voi, rispose
La giovinetta. Serici broccati
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/178]]==
<poem>
 
Ho qui con mecoor fate voi che targhe
Altri ci porti ricolme di gemme,
E noi le vesti comporrem. - Gunthero
E Sifrido pur anco assentimento
Dicro al desio de la fanciulla. E quali,
La regina dicea, sono i compagni
Che a quella corte in tali vesti ornate
Verranno vosco ?-Ei disseIl quarto io sono.
E a quella corte due de’ miei verranno,
Hàgen, Dancwàrt, con me. Voi ben dovete,
Donna, ciò ch’io dirò, notarvi in mente.
Io quarto vo’ portar ne’ quattro giorni
Tre di vesti, e leggiadre sian le vesti,
Mute diverse ad ogni di, chè noi
Senza vergogna qui tornarci a dietro
Dalla terra vogliam ch’è di Brunliildc.
Per cortese commiato ambo que’ prenci
Di là partian. E tosto fra le ancelle
Trenta fanciulle da lor stanze interne
A se chiamò regina Kriemhilde,
Quante sì per tali opre aveano ingegno
E destrezza d’assai. Si come neve
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/179]]==
<poem>
 
Bianche sete d’Arabia e ben composte
Sete di Zazamànc, d’un color verde
Qual di trifoglio, di lucenti gemme
Adornar le fanciulle, indi fùr tratte
Buone le vestimenta, e Kriemhilde,
Essa medesma, l’inclita donzella,
Tagliar le volle. I soppanni con arte
Composti in pelli di stranieri pesci,
Quali venian dal mar d’estranie genti,
Quante aversi potean, coprian le ancelle
Di rilucenti sete, e i cavalieri
Tali dovean recarle. — Udite intanto
Meraviglie narrar d’este si belle
Vestimenta da eroi. - Serici drappi,
I più belli che mai figli di regi
Possedessero un giorno, aveansi in copia,
Di Marocco e di Libiae ben lasciava
Kriemhilde apparir che buon volere
Ella pei prenci avea. Poi che bramato
Avcan essi cosi l’alto viaggio,
Indegne anche estimar le bianche pelli
Degli ermellini, e neri quanto è scheggia
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/180]]==
<poem>
 
Di carbon fosco poser le fanciulle
Altri velli sui primi. Ai baldi eroi
Bene ciò s’addicea per tanta festa.
E d’Arabia su 1’ or molte brillavano
Gemme lucenti, e non pxciolo invero
Fu de le ancelle il faticar. Le vesti
Di sette settimane entro a Io spazio
Furon compiute e l’armi ancor Mr pronte,
Tutte, per questi croi buoni e gagliardi.
Ratto cll’ei furon pronti, e fu costrutto
Subitamente a navigar sul Reno
Un forte navicel che lino al mare
Dovea recarli. Ma stanchezza molta
Alle nobili ancelle era venuta
Per l’opra assidua. Ai cavalieri intanto
Altri dicea che le pompose vesti
Ch’elli recar dovean, eran compiute,
A lor desio conforme. Ei rimanersi
Più lungo tempo non volean sul Reno.
A’ lor compagni di viaggio un messo
Fu allor mandato, s’elli mai le nuove
Lor vestimenta rimirar voleano,
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/181]]==
<poem>
 
Sia che lunghe agli croi fosser soverchio,
Sia di soverchio brevi. Oh ma in perfetta
Misura cll’eran tutte, e rcser grazie
I valorosi a le fanciulle. A quanti
Per le vesti venian, d’ uopo fu allora
Asseverar che miglior cosa in terra
Veduta ei non aveanperò alla corte
Volentieri potean recarle attorno,
Che niuno favellar di più pompose
Vesti potea di cavalieri. Grazie
Grandi d’assai non fur niegate allora,
E i baldi eroi cliieser commiato, e questo
In atto ci fean di cavalier ben degno.
Ma di pianto ad alcun torbidi e molli
Si fcr gli occhi lucenti, e Kriemliilde
Così dicea Diletto fratei mio,
Deh che potreste ancor qui rimanervi
E altre donne cercar (questa i’ direi
Opra ben degna ), nè in si gran distretta
Vostra viti saria. Ben più vicino
Nobil fanciulla ritrovar potreste.
Io credo si che lor diceva il core
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/182]]==
<poem>
 
Ciò che avvenne dipoi. Tutti e in eguale
Maniera elli piangean, per quante cose
Altri dicesse, e impallidia sul petto
A le lagrime lor l’auro lucente,
A le lagrime sì, che giù dagli occhi
Cadeano in copia. Disse allor Kriemhilde :
Prence Sifrido, e per fede e per grazia
Lasciate voi che a voi si raccomandi
Il caro fratei mio, perchè noi tocchi
Di Briinhilde in la terra alcuna offesa.
Ne fè promessa di Kriemhilde in mano
L’uom destro e baldo. Fin che il viver mio
Mi resti, favellò quel valoroso,
Donna, dovete voi libera e sciolta
D’ogni pensiero andar. Qui fino al Reno
Incolume addurrollo ancora a voi ;
Ciò per certo v’abbiate. - Fila incliinavasi,
L’avvenente fanciulla. F gli aurei scudi
Altri frattanto su le aperte arene
Andò recando e là portò le vesti,
Tutte a quel loco. I palafreni ancora
Furono addotti, che partir voleano
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/183]]==
<poem>
 
Dis'iosi gli eroi, si che da donne
Leggiadre allor si iè gran pianto assai.
1 Le fanciulle amorose alle finestre
Stavano intente, e ratto un’aura forte
l Mosse la nave con la vela. Tutti
Posar del Reno sovra l’onde insieme
I baldanzosi, e re Gunthero disse:
Chi nocchiero sarà ? - Vogl’ io cotesto,
Disse Sifrido, eh’ io su l’onde posso
(Nobili eroi, questo sappiate) al loco
Addurvi ratto. Bene a me son note
Le dritte vie dcll’acque. - Ecco gioiosi
Elli partian dalla burgundia terra.
Rapidamente un legno si pigliava
[ Prence Sifrido, e l’uom gagliardo e forte
A puntar cominciò sovra la sponda;
ì Guntlièr medesmo arditamente in mano
£ Si tolse un remo, e abbandonar la spiaggia
r I cavalieri baldanzosi e forti,
È Degni di laude. Elli rccaron seco
Eletti cibi e vin gagliardo ancora,
II miglior vino che dal Reno intorno
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/184]]==
<poem>
 
Rinvenir si potea. Lor palafreni
E Bene si stanno, ch’elli lian tutti gli agi,
E lor nave sen va rapida e piana,
E niun travaglio han quelli. E di lor vele
Forti furono allor stese le sarte,
Ed essi andarno, pria che notte fosse,
Con buon vento scendendo inverso al mare
Ben venti miglia. Ma cagion di duolo
Fu poscia il faticar per que’ gagliardi.
Al mattin dodicesmo, in quella guisa
Che udimmo raccontar, laggiù recaronli
Rapide l’aure ad Isenstein di contro,
Di Brunhilde in la terra, e niun quel loco,
Se ne togli Sifrido, conoscea.
Ma re Guntlièr, quando il castello vide
E suoi ampi ricinti, oh come e tosto
GridòMi dite voi, Sifrido amico,
Se pur v’ è noto, di chi son le mura,
Ancora di chi son le ricche terre.
Sifrido rispondeaCiò mi è ben noto.
Genti son queste e terra di Brunhilde,
Isenstein è il castel, quale soventi
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/185]]==
<poem>
 
Mi udiste ricordar. Potrete voi,
Oggi pur’anco, rimirar leggiadre
Fanciulle assai. Un mio consiglio intanto,
Eroi, darovvi, perchè abbiate voi
Un sol pensiero, perchè ognun di voi
Egual favelli. E buona cosa intanto
Farmi cotesto. Poi che andremei innanzi
Oggi a a Brunhilde, alla regina illustre
Starci innanzi dovrem guardinghi e intenti.
Ratto clic vedrem noi co’ suoi consorti
L’amorosa fanciulla, un motto solo,
Incliti croi, per voi si dicae sia
Mio signore Gunthero, io suo vassallo.
Cosi, com’egli vuol, tutto farassi.
A prometter conforme ch’egli volle,
Essi fùr pronti, e d’assentir nessuno
Allor lasciò, benché superbotutti,
Com’ei volea, disser concordi. Intanto
Bene ciò avvenne, c principe Gunthero
Veder potè Brunhilde bella. Tanto,
Dicea Sifrido allor, nè fo nè dico
Per l’amor tuo, ma sol per la tua suora,
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/186]]==
<poem>
 
L’avvenente fanciulla. A me colei
E qual l’anima mia, quale pur anco
La mia persona. E volentieri in questo
Io vo’servir, perch’ella sia mia donna.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/187]]==
<poem>
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/188]]==
<poem>
 
Avventura Settima
In che modo Guntiikro vinse Brunhilde
Divenuti frattanto era lor nave
Là di sotto al castello, e già vedea
Prence Gunthero in alto a le finestre
Molte leggiadre giovinette. E cruccio
Era questo per lui che a lui ben nota
Nessuna fosse. Ei dimandò a Sifrido,
Al suo compagno ei dimandò Di queste
Fanciulle che di là guardano in basso
Ver noi su l’onde, conoscenza alcuna
Forse che avete voi? Qualunque dicasi
Lor prence, si davverche alti hangli spirti!
Accortamente sogguardar dovete
A le fanciulle, principe Sifrido
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/189]]==
<poem>
 
Allor rispose, e dirmi poi qual d’esse
Pigliar volete voi, se pur di tinto
Avete potestà. - Farò cotesto,
Disse Gunthero, il cavaliere ardito
E baldanzoso. E veggo a una finestra,
In vesti bianche come neve intatta,
Una donzella. E d’inclite fattezze,
E lei, per l’aitante sua persona,
Scelgono gli occhi mici. S’io di cotesto
Avrò possanza, ella sarà mia donna.
Ben giustamente fe’ per te la scelta
Degli occhi tuoi la luce. Essa è la nobile
Brunhilde, la leggiadra giovinetta,
A cui l'anima tua, la mente e il core
Anelano pur sempre. - E gli atti suoi
Piacqucr d’assai a re Gunthero. Intinto
Volle sì che le nobili sue ancelle
Da le finestre si levasser tutte
La regina, chè niuna a riguardare
Restar dovea gli estrani prodi. In questo
Ad obbedirle eran sì tutte pronte,
Ma quanto feano allor, più tardi a noi
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/190]]==
<poem>
 
Altri narrava. Per gl’ ignoti eroi
Elle si ornar della, persona in quella
Guisa cosi secondo hanno costume
Leggiadre donne ognor. Vennero poscia
Là da le feritoie, i prodi estrani
A rimirar, chè per veder soltanto
Ciò per esse si fea. Ma quattro soli
Scendean di quelli a terra, e su l’arena
Trasse un destrier Sifrido ardimentoso,
E ciò vedean da le finestre anguste
Le vezzose donzelle. Onor pensavasi
D’aversi in questo principe Gunthero ■).
Sifrido inver per le ritorte briglie
Tenea del sire il nobile destriero,
Buono e leggiadro e forte e grande assai,
Fin che prence Gunthero alto in arcioni
Assidero potè. Cotal servigio
Sifrido gli prestò ma troppo il sire
Ciò si scordò di poi. Dal navicello
Dell’essere servito da Sifrido che voleva
passare per suo vassallo. Vedi più sopra.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/191]]==
<poem>
 
Il suo destriero si adduce» pur anco,
E tal servigio rade volte assai
Compiuto avea, perch’ci si stesse mai
1 Presso la staffa d’alcun prode. Intanto
Da lor finestre ciò vedean le donne
Leggiadre e fiere. E veramente, ad una
Foggia soltanto, i prodi alteri e baldi
ì Simili avean fra lor lor bianche vesti
H E lor cavalli come neve bianchi
E lor pavesi ben costrutti. Lungi
Essi lucean de’ prodi ardimentosi
Da le destre possenti. E le lor scile
Eran di gemme adorne, e i pettorali
Piccoli, e quei venian verso a le sale,
In cavalcando, di Briinhilde. In fulgido
Oro pcndean dai colmi pettorali
I sonagli e frattanto elli venièno
Di Briinhilde alla terra, in quella guisa
Che l’ardir li spingea, con le lor lancie
Novellamente cuspidate e i brandi
Ben costrutti, che agli uomini leggiadri
Fino agli sproni discendcan. Que' brandi
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/192]]==
<poem>
 
Recavano gli eroi ardimentosi
E acuti ed ampi. E ciò vedea Brunhilde,
La nobile fanciulla. Appo Gunthero
Venian pur anco ed Hàgene e Danewarto.
Noi udimmo ridir come esti eroi
Recavano pomposa, e d’una tinta
Qual di penna di corvo, ogni lor veste,
Come buone e leggiadre ed ampie e grosse
Eran lor targhe. Si vedean que’ prodi
Gemme portar d’indica terra, e questo
Diceasi ancor che rilucean le gemme
Su le lor vesti. Là su 1’ onde azzurre
Il navicello abbandonar gli eroi
Senza custodia, e mossero al castello
Su’ lor destrieri, essi gagliardi e buoni.
Ottanta elli vedeano e sei pur anco
Erigersi là dentro altere torri
E tre grandi palagi ed una sala
Ampio costrutta in nobil marmo, verde
Come un’ erba virente. Ivi co’ suoi
Avea sua stanza l’inclita Brunhilde.
Fu dischiuso il castello, ampie le porte
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/193]]==
<poem>
 
Furon dischiuse, c corsero all’incontro
Di Brunhilde le genti e ne la terra
Di cotol donna gli ospiti venuti
Accolsero. Fu detto i lor destrieri
Di governar, di togliere gli scudi
Da la man degli croi. Disse un valletto :
Darci dovete i brandi e le lucenti
Corazze ancora. - Ciò non fia concesso,
Hàgen rispose di Tronèganoi,
Noi medesmi portar vogliam quest’armi.
Ma il vero incominciò prence Sifrido
Cosi a ridirCostume in tal castello
È questo si, questo vogl’io narrarvi,
Che niun ospite qui l’armi si rechi.
Via lasciate portarle e ciò per voi
Sarà ben fatto. - Assai di mala voglia,
Hàgen, l’uom di Gunthero, untai consiglio
Seguivae intanto agli ospiti novelli
Altri indisse recar giocondo un vino
E tutte cose provveder. Fùr visti
Molti leggiadri eroi, con vesti attorno
Degne di prenci, accorrere da tutte
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/194]]==
<poem>
 
Partì alla cortema d’assai più grande
Era agli ospiti arditi il riguardare ■ ).
A regina Brunhilde allor fu detto
Che ignoti prodi in veste signorile,
Scorrendo sovra l’onde, eran venuti,
Ed ella sì, l’avvenente fanciulla,
Incominciava a dimandar. Mi fate,
Udir mi fate, la regina disse,
Chi mai esser potranno esti campioni,
Ignoti assai, che fieramente stannosi
Nel mio castello, e di che mai per voglia
Fin qui venian gli eroi. - De’ suoi consorti
Uno allor favellòPoss’io ben dirvi,
Donna, che niun di loro unqua non vidi,
Se pur togli che un v’ è che di Sifrido
Ha somiglianza. A lui v’è d’uopo intanto
Liete far le accoglienze. E questo il mio
Consiglio in tutta fé. L’altro compagno
È pur degno di lode, e s’egli avesse
Più che agli altri ei-oi, si guardava agli
stranieri allora venuti.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/195]]==
<poem>
 
Poter di ciò, di principi su molte
Ampie terre ei saria signor possente,
Quando acquistar se le potesse, tanto
Ei si vede appo gli altri in signorile
Atto restar. Ma de’ compagni il terzo
È tremendo d’assai, ben che leggiadro,
Regina illustre, della sua persona,
Tremendo in ver pel volger degli sguardi
Ch’ei fa sovente. D’indole feroce
Egli è nell’alma sua, com’io mi penso.
Il più giovane d’essi è degno assai
Di molta lode. Inver, di giovinetta
Costume ei serba, e vegg’ io si restarsi
L’uom possente e gagliardo in amoroso
Atto con dolce il portamento. Noi,
Tutti dovremmo noi di ciò temere
Che altri l’offenda in cosa alcuna. Eppure,
Ben che si dolce abbia costume e rechi
Tanto avvenente la persona, a piangere
Addurre ei ben potrà, quand’ei s’adiri,
Molte donne leggiadre. E di tal guisa
Suo vago aspetto, ed egli, in tutti pregi,
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/196]]==
<poem>
 
È baldo e ardito cavalier d'assai.
Disse allor la reginaOr mi si porti
La mia corazza, e se venuto è il prode
Sifrido qui nella mia terra, amore
Da me cercando, va della sua vita.
Tanto noi temo inver per ch’io diventi
La donna sua. - Rapidamente allora
Brunhilde bella si vesti l’arnese,
E seco ne venian leggiadre assai
Molte donzelle, cento e più, di fregi
Ornate attorno alla persona. Queste
Donne vezzose ben volean gli strani
Ospiti rimirar. Ma con le donne
Venian pur anco i principi d’Islanda,
Di Brunhilde gli eroi, quali nel pugno
Recavan spade, ed eran cinquecento
Elli e di più. Ciò fu rancura agli ospiti,
E da' lor seggi si levar d'un moto
Arditi e baldi i cavalieri. Intanto,
Ratto che la regina il prò’ Sifrido
Scoverse, volentieri udrete voi
Ciò che a lui disse la regai fanciulla:
126 1
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/197]]==
<poem>
Sifrido, in questa terra il benvenuto
Mi siete voi. Ma che vuol dir cotcsto
Viaggio vostro? Volentier da voi
Intenderlo vorrei. - Grazie d’assai,
Donna Brunhilde mia, che vi degniate,
Voi si, di prenci liberal figliuola,
Me salutar pria di costui che innanzi
A voi si sto, nobil guerrier. Chè sire
Egli è di me. Cotesto onor pertanto
Ricuso volentier. Nato sul Reno
È cotal sire. Or che di più dirovvi ?
Solo per l’amor tuo siam qui venuti,
Ed ci ben volentier, venga qualunque
Cosa da ciò, porrebbe in te l’amore.
Or tu frattanto con te pensa. Nulla
Fia che il mio prence ti condoni. Detto
Egli è Gunthero ed 6 monarca illustre,
E nulla in più desia, se l’amor tuo
Acquistarsi potrà. Volle che seco
Io qui venissi il nobile guerriero ;
Ma s’avess’io di tonto ricusarmi
Potere avuto in me, ben volentieri
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/198]]==
<poem>
 
Lasciato avrei cotesto. - Ed ella disse:
Poi ch’è tuo sire e tu se’ l’uom di lui, ;
Nel gioco ch’io gli pongo e ch'egli ardisce !
Pi sostener, s’egli ha vittoria certa,
Io son la donna sua ma se eh’ io vinca =
1 Avvien, per tutti voi ne va la vita.
Hàgenc allora di Tronèga disse:
Donna, fateci almen questi tremendi
I Vostri giochi veder pria che vittoria
Gunthero, il mio signor, confessi a voi,
Che ciò male saria. Ma si avvenente
Giovinetta davverch’ei vincer spera !
La plttra ei dee scagliar, dietro la pietra
Avventarsi d’un balzo e lanciar meco
Lanciotti acuti. Ma di tanto voi
Non v’aflrettate Perder qui potreste
E la vita e l’onordi ciò pertanto
Pensicr vi date, - favellò in tal guisa
L’amabil donna, e al suo signor frattanto
Si fea da presso principe Sifrido
Ardimentoso e gl’ indicea sommesso
Ch’ci volesse dinanzi a la regina
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/199]]==
<poem>
Tutto ridire il suo voler, del core
Sé da ogni affanno disciogliendo A lei,
A lei dinanzi voi degg’io difendere
Con l’arte mia.-Dicea prence Gunthero :
Regina illustre, c’ impartite adunque
Ciò che più v’attalenta. E se maggiore
Cosa fosse pur anco, io mi sobbarco
A tutto si per cotesta persona
Di voi leggiadra. E perdere vogl’ io
Questo mio capo, se mia donna voi
Non divenite. - Come queste sue
Parole intese la reina, il gioco
Indisse d’affrettar qual s’addicea f
Cenno fe’ di recar la sua di guerra
Veste leggiadra, splendida lorica
In fulgid’oro e d’un pavese il disco.
Tutta di seta una guerresca veste
La fanciulla si pose, e in niuno assalto
Arma nessuna non avea tal veste
Squarciata mai, di libica leena
Inclita spoglia. Acconciamente ell’era
Composta ad arte, di bei fregi adorna
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/200]]==
<poem>
 
Che scintillar vedeansi lunge. Intanto,
Agli eroi ino’ venuti alte minaccie
Si fean per vano ardirn’eran turbati
Ed Hàgene e Dancwarto, e questo in core
Avcan grave pensici- quale del sire
Esito avria l’ardita impresa. A noi,
Elli pensar, non fia giocondo assai
Questo nostro viaggio in questa terra.
Ma l'uom leggiadro, principe Sifrido,
Pria che alcun s’avvedesse, era frattanto
Tornato al navicello in che la sua
Cappa rinvenne alto riposta. Ratto
Alla persona ei la gittava attorno,
E niun di ciò s’avvide. Ei ritornavasi
Rapido a dietro e molti prodi accolti
Là rinvenìa dove a’ suoi aspri ludi
Già s’apprestava la regina. Venne
(Per sottil’arte ciò accadea) di tutti
Invisibile al guardo, e niun di tanti
Là intorno accolti lo scoverse allora.
Già segnato era il cerchio ove dinanzi
A molti arditi eroi, che furo addotti
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/201]]==
<poem>
 
Questo a mirar, dovea compirsi ’l gioco,
Ed eran più d’assai che settecento
Che si vedean i’armi portar. Cotesti
Incliti eroi di qual de’ contendenti
Esito avesse il periglioso gioco,
Asseverar dovean. Ma già venuta
Era Brflnhilde. Armata ella fu vista
Come se per la terra d’un gran sire
Eli’avesse a pugnar. Sovra la seta
Molti recava in or fregi lucenti
Intrecciati con arte eppur, sott’essi
Nobil candor del volto si mostrava
Meraviglioso. Gli alleati suoi
Venian pur anco. D’un pavese il disco
Tutto di fulgid’or portavan elli
Alto nel pugno, con fibbie d’acciaio,
Ampio e grande d’assaisotto quel disco
Volea suoi giochi la leggiadra donna
Così compir. Ma dell’ampio pavese
Era su la correggia un nobil fregio
Di passamano, e su quel fregio stavano,
Verdi com’erba, preziose gemme,
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/202]]==
<poem>
131
Che contro a l’or, con inclito splendore,
Luceano in varie guise. Oh ben gagliardo
Esser colui dovea cui simil donna
Saria propizia e amica Era la targa,
Come fu detto a noi, là sotto al culmo
Di tre spanne in grossezza, e la fanciulla
Sorreggerla dovea, d’oro e d’acciaio
Ricca e grave d’assai con tre consorti
Carreggiarla poteva un de’ valletti
A stento invcr. Ma come l’ampio scudo
Hàgene il forte là recarsi vide,
Ei, l’eroe di Tronèga, in corrucciata
Anima disseo re Gunthero mio,
Dove siam noi? Noi qui perdiam la vita !
Quella che amar cercate voi, del diavolo
È la mogliera - Questo udite ancora
Delle sue vesti, ch’ella avea si ricche.
Di seta d’Azagouc ella portava
Nobile e forte un arnese di guerra,
Su cui splendean le gemme preziose
Fra un luccicar di tinte. Alla donzella
Altri portava ponderoso e grande
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/203]]==
<poem>
 
E cuspidato un giavellotto, quale
In ogni tempo ella scagliar solea,
Immane e forte, sposso ed ampio. In guisa
{ Orrenda inver con la sua punta acuta
• Squarci inferia l’arma tremenda. Intanto
Udrete voi del pondo di quest’arma
Cose narrar meravigliose. In essa
Ben quattro masse in fulgido metallo
f Furon battute, c la recamo a stento •
Tre de' valletti di Briinhilde. Allora
Grave cura ad averne incominciava
Gunthero illustre, onde in suo cor :
Deh questo
Che mai sarà? pensò. Come, dehcome
Di qui scampar, ben che d’inferno uscito,
Il diavolo potria? Che s’io ritorno
Di Borgogna nel suol con la mia vita,
Lunga stagione assai dovrà costei
i Libera andar dall’amor mio - Quel prode
Dancwarto allora, d’ Hàgene fratello,
Cosi parlò Mi tocca un pentimento
Del cor per questo mio viaggio in corte.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/204]]==
<poem>
 
Forti noi sempre ci chiamammoc intanto :
Di qual mai foggia perderem la vita,
Noi, cui trarranno in manifesto esizio
In questo suol le donne E mi corruccia |
L'alto dolor che addotto qui mi sia.
Che se avesse nel pugno l'armi sue
Hàgen fratello ed io m’avessi l’armi,
Con dolcezza dovrian in loro orgoglio
Di Briinhildc le genti comportarsi
Tutte davver Sappiate voi di certo
Che in guardia clli starian. S'anche ben mille :
Giuramenti avcss'io per questa pace
Giurati qui, pria che morir vedessi
Il mio dolce fratei, dovria la vita
Perder cotesta si leggiadra donna.
Liberi e sciolti questa terra noi
Potremmo abbandonar, cosi rispose
Hàgen fratello, se gli usberghi nostri
Avessimo, di cui, nella distretta,
Abbiam necessità, coi nostri brandi
Acuti e buoni. Mansueto allora
Di tal virago si faria l’orgoglio.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/205]]==
<poem>
 
Ciò che disse il guerrier, l'inclita donna 1
Bene ascoltar potè, si che rivolta
Indietro alquanto, con ridente bocca,
Poi clic si forte ei si presume, disse,
L’usbergo suo si gli recate. In pugno
Date agli eroi lor armi acute assai.
Tosto che racquistati aveano i brandi |
Si come indisse la fanciulla, in volto
Per molta gioia si fe rosso il prode
Dancwarto. Or qui si giochi, ci disse allora, \
L’uom baldo c ardimentoso, or qui si giochi [
Ciò che più si desia. Gunthero è invitto, £
Poi clic abbiam noi quest’armi nostre. -
Grande :
Virtù mostrassi di Briinhildc. A lei,
r Li dentro al cerchio, ponderosa e immane ;
E grossa e tonda e smisurata assai
Fu recata una pietra, e la recavano
Dodici a stento valorosi e prodi
Guerrieri suoi. Scagliato il giavellotto,
Ad ogni tempo ella solca l’immane
Pietra avventar cosi avventa che grande |
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/206]]==
<poem>
 
Fu corruccio ai Burgundi. Ohper le mie
Armi, Hàgene disse, il mio signore
Qual donna mai si fece amante Certo
Ch’ella dovea laggiù, nel buio inferno,
Al diavolo maligno andarne sposa!
Alle candide braccia ella frattanto
I bracciali si cinse, e incominciava
L’ampio scudo a brandir, levava in alto
II giavellotto, e l’orrida tenzone
Al principio venia. Già di Brunhilde
Temean lo sdegno e Sifrido e Gunthero,
E se accorso in aita allor non fosse
Prence Sifrido, a re Gunthèr la vita
Fila rapita avria. Furtivamente
Ei s’accostò, la man toccògli, e il sire
Con suo sgomento assai di tale astuzia
S’avvide allor. Chi mi toccò? pensava
L’uom valoroso e guardavasi attorno
Da tutte parti, nè vedea che alcuno
Là si stesse davver. Disse Sifrido :
Sifrido mi son io, l’amico tuo
Diletto c caro. Ben dèi tu, dinanzi
Iti ili •••••• UH II III I Il HI ♦
136 /
Alla
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/207]]==
<poem>
regina, da ogni affanno e cura
Andar disciolto. Porgimi lo scudo,
Lascia ch’io ’l rechi e nota con tua cura
Ciò che dir m’udirai. Tu del trar colpi
Fa i gesti e gli atti, ch’io la gran faccenda
Da solo compirò. - Come s’accorse
Chi veramente quei si fosse, n’ebbe
Prence Gunthero molta gioia. - Questa
i Astuzia mia tu dèi celar, soggiunse
Prence Sifrido, e nulla dime. E poco
Vampo davver potrà su te menarne
Questa regina, anche se il voglia. Vedi
Ch’ella innanzi ti sta senza paura!
L’inclita giovinetta un fiero colpo
Sferrò contro uno scudo ampio e di nuova
Foggia ed immane, cui recava in braccio
Di Sigelinde il figlio, e ratto il fuoco
Scintillò dall’acciar come se vento
Entro soffiasse. Del lanciotto immane
L’acuta punta attraversò lo scudo,
Si che la fiamma lampeggiar fu vista
Là per gli anelli. Vacillar di sotto
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/208]]==
<poem>
Al fiero colpo gli uomini gagliardi,
E morti elli sarìan, se ivi mancata
Fosse la cappa di Sifrido. Il sangue
Dalla bocca del prode usciva in copia ;
Ma tosto ei rilevossi. Il valoroso
Il lanciotto afferrò che attraversando
L’ampio pavese già scagliò la donna,
E la man di Sifrido inclito e forte
L’arma le rese. Ma pensava in pria :
Non vo’ ferir la bella giovinetta !
Cosi la punta del lanciotto immane
Egli a dietro rivolse, e sol con l’asta
L’usbergo a lei colpi. Sotto a quel colpo
Della man poderosa, alto di lei
L’armi guerresche risuonàr. Schiantaro
Vive scintille dagli anelli, come
Se vento là soffiasse, e forte invero
Mandò quel colpo di Sigmundo il figlio,
Nè quella già potè l’impeto fiero,
Con sua fermezza, sostenerne. Tanto
Fatto mai non avrìa prence Gunthero !
Ma rilevossi rapida la bella
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/209]]==
<poem>
 
Briinhilde e disseNobil cavaliero,
Gunthero prence, grazie di tal colpo !
Ella credea che in suo vigor scagliato
Re Gunthero l’avesse. Ohma d’accanto
Furtivamente s’era posto a lui
Uom d’assai più valenteElla n’andava
Rapidamente, e n’era il cor sdegnoso.
Una pietra levò l’inclita donna
E lungo assai dalla sua man gittolla
Con forza immane. Alla rotante selce
Ella dietro avventassi, e l’armi sue
Tutte su lei romereggiàr. Caduta
Più che dodici braccia era lontana
L’immane pietra, ma con un sol balzo
L’agii fanciulla superato avea
Della pietra il gittar. N’andava intinto
Prence Sifrido ov’essa giacque, e un poco
La smosse re Gunthèr, ma chi gittolla
Fu Sifrido gagliardo. Era Sifrido
Ardimentoso cd alto e forte assai,
E più lunge d’assai lanciò la pietra
E dietro le balzò più lunge ancora,
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/210]]==
<poem>
 
K per l’arti sue belle ebbe di tanto
In si vigor, che nell’ardito salto
Prence Gunthèr portò con sè. Ma il salto
Era compiuto, ma la pietra immane
Là si giacca, ne altri si vide allora
Fuor che Gunthero valoroso e prode,
Ond’è che in volto si fi rossa e accesa
Per disdegno Brunhilde. Allontanata
Di re Gunthero avea l'acerba morte
Per tal’arte Sifrido e la fanciulla,
Ratto che vide a l’estremo del cerchio
Incolume l’eroe, con alta voce
A’ suoi consorti così disseVoi
Rapidamente v’accostate, voi
Congiunti e amici mici. Tutti dovete
Farvi soggetti a principe Gunthero.
Gli ardimentosi dalla man lasciaro
Cader loro armi, ed uomini valenti
A’ piè gittàrsi di Gunthero illustre,
Della burgundia terra. Elli credeano
Che compiuto egli avesse il fatai gioco
Col vigor di sua mano. E il nobil prence,
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/211]]==
<poem>
 
E cortese e gentil, pieno d’affetto
Li salutava, e lui prendea per mano
L’inclita giovinetta e concedea
Che là sire egli fosse. Oh ne gioia
Hàgene allora, l’uomo ardito e baldo.
Ella pregò chc il nobil cavaliere
Seco ne andasse all’ampio suo palagio.
Fatto cotesto, altri apprestò servigi
Al nobil re migliori assai. Dancwarto
Ed Hàgene con lui senza rancura
Dovean di ciò piacersi. Ohma d’assai
Accorto era Sifrido agile e bello!
La sua cappa egli avea lunge recata
Per riporla, e tornavasi a quel loco
La ’ve sedute cran donzelle molte,
E al suo sire dicea (questo egli fece
Accortamente assai) Deh che attendete,
O mio prence e signor ? Perche non date
Principio al gioco ornai quale v’ imparte
Qui la regina? Dehveder ci fate
Ratto in qual foggia il compirete voi.
Come se nulla ei ne sapesse, l’uomo
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/212]]==
<poem>
 
Comportavasi accorto, e la regina
Cosi parlòDehcome avvenne adunque
Che visto il gioco non abbiate voi,
Prence Sifrido, quale or qui compia
Di Gunthero la man ? - Cosi rispose
Hìigene allor della burgundia terra :
Poi che, o donna, egli disse, a noi turbata
L’anima avete e mentre al navicello
Sifrido si tenea, l’uom buono e forte,
Del Reno il sire sopra voi si vinse
Il fatai gioco ed è per ciò ch’è ignoto
Questo a Sifrido. - Cosi l’uom parlava
Di re Guntheroe principe Sifrido:
Ben mi vien questo annunzio,
onde abbassata
Sia di cotanto l’alterezza vostra
Che tal viva quaggiù che di voi sia
Prence e signor. V’è d’uopo in fino al Reno
Di qui seguirci, nobile fanciulla.
L’inclita donna rispondeaNon questo
Ancora esser potrà. Dònno di tanto
Aver contezza li congiunti miei,
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/213]]==
<poem>
 
mici consorti nè poss’ io per lieve
Ragion così lasciar questa mia terra.
È d’uopo sì che i miei più lidi amici
Qui sian raccolti in pria. - Da tutte parti
Ella fe’ cavalcar suoi messaggieri,
Gli amici suoi raccolse ed i congiunti
Ed i consorti suoi. Volle che ratto
E senza indugi ad Isenstein venissero,
r E ricche a tutti fe’ donar le vesti
E pompose d’assai. Ad ogni giorno
Quelli veniali, venian da mane a sera
Di Briinhilde al castello a torme a torme.
Ali ah che fatto abbiam qui noi, gridava
Hàgene intantoMale assai che gli uomini
Venisser qui da la vaga Brunhilde,
Noi stemmo ad aspettar Che s’clli vengono
Con lor schiere alla terra (ignota è a noi
La volontà della regina, e tutti
Perduti siam s’ella s’adira), è nata
I Per il nostro dolor, per nostra cura
Grave ed acerba l’inclito fanciulla!
Io questo impedirò, dicca Sifrido,
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/214]]==
<poem>
 
Eroe gagliardo nè vogl’ io che avvenga
Che cruccio alcuno abbiate voi. Recarvi
In questa terra di campioni eletti,
Ignoti ancora a voi, bramo l'aita.
Nulla di me per voi si cerchi, ed io
Di qui ne andrò. Per questo tempo Iddio
Custode sia dell’onor vostroIntanto,
Ritornando fra breve, io mille prodi
Qui v’addurrò, di tutti i forti in guerra
I migliori d’assai ch'io mi conosca.
Non v’ indugiate lungo tempo, allora
II prence favellò. Di vostr’aita
Lieti siam noi veracemente. — Disse:
Fra pochi giorni assai farò ritorno.
Che m’inviaste voi, dite a Brunhilde.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/215]]==
<poem>
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/216]]==
<poem>
Avventura Ottava
In che modo Sifrido si recò
presso
Di là ne andava al porto in su l’arena,
Dove rinvenne il navicel, ravvolto
Nella sua cappa eroe Sifrido. Il figlio
Di Sigemundo vi scendea non visto
E ratto indi partia come se vento
Dietro soffiasse. Niun vcdea chi fosse
Il nocchier di quel legno, e il navicello
Agii scorrea per vigor de la mano
Sol di Sifrido, chè vigor possente
Era ben quello. Or, chi vcdea, pensava
Che vento impetuoso il navicello
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/217]]==
<poem>
 
Via sospingesse. Oh nodi Sigelinde
Leggiadra il sospingea l’inclita prole!
Nel tempo che restò di tal giornata,
E nella notte che seguì, divenne
A rcgi'on Sifrido inclita e forte,
Ampia di mille miglia e più d’assai,
(Abitatori ), dove
Ei possedea tesori ingenti. Solo
Venne quel forte ad un’isola, ed ampia
Era l’isola assai. Rapido il forte
E nobil cavalier legò alla sponda
Il navicello e venne al monte, dove
Stava un castello, e chiese ospizio, come
Fanno le genti dal viaggio stanche.
Venne adunque alle porte, ed eran chiuse,
Difendenti l’onor, sì come fanno
Oggi ancora le genti. Or, l’uomo ignoto
Incominciava di sonanti colpi
Le imposte a tempestar, ma ben difese
Eran le imposte, e l’inclito guerriero
S’avvedea che da sez/.o era un gigante
Che guardava il castello, e sempre l’armi
- f
/ 147
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/218]]==
<poem>
Teneasi a lato, qual diceaChi dunque
È costui che si forte i colpi mena
Sovra le imposte? — Là dinanzi il prode
Sifrido, allor, mutò la voce e disse:
Un cavalier son io. Dehvoi m’aprite
Le porte, eh’ io potrei crucciarvi assai
Oggi qui innanzi, e crucciar chi si giace
Soffice e molle ed ha sue stanze acconce.
Ebbe disdegno il guardian de le porte,
Come Sifrido favellò. Ma intanto
L’armi vestite avea, l’elmo sul capo
Erasi posto ardimentoso e fero
Il gigante, e quest’ uom gagliardo e forte
Rapidamente tratto avea lo scudo
Spalancando le porte. Ohcom’ ei venne
Impetuoso allor contro a Sifrido !
Chi dal sonno destar, gridava il fero,
Tanti gagliardi osò? — Furono allora
Molti rapidi colpi di sua mano,
E l’inclito stranier studio ponca
In ripararli. Ma d’ un colpo solo
una sbarra di ferro a brani attorno
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/219]]==
<poem>
 
Fe’ de le porte l’orrido custode
I gheroni cader, sì che all’eroe
Grave distretta era cotesta e in parte
Incominciava a paventar la morte
Si/rido inver, che forti i colpi suoi
Di quelle porte il guardlan menava ;
Eppure, ei nera ancor nel suo desire
Satisfatto, chè all’orrido custode
Sifrido era signor. Pugnaron elli
Di cotal foggia che il castello intorno
Tutto ne risuonò. De’
Tutta echeggiar s’udìa la sala, e il prode
Di tanto superò quel de le porte
Ardito guardlan, che di catene
II fe’carco. Davverche la novella
Per la terra n’andò de!
Lungi, per la montagna, udì frattanto
L’orrida pugna un selvatico nano,
Alberico animoso. Ei vestì l’armi
Velocemente e là correndo scese
Ove rinvenne l’ospite, l’illustre,
Inclito assai, che avea di ceppi carco
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/220]]==
<poem>
 
Il gigante gagliardo. Era Alberico
Fiero c forte davver. L’elmo ei portava
E la corazza alla persona e in pugno
Una sua sferza grave e di molt’oro
Lucente. Ei corse là, ratto e veloce, '
Dove in Sifrido s’incontrò. Pendeano
Da quella sferza sette nodi gravi,
E con essi Alberico all’ uom valente
Colpi si forte innanzi da la mano
L’ampio pavese, che in frammenti attorno
Il fe’ cader. Già l’ospite gagliardo
Viene in rancura per la dolce vita.
Via gittò dalla man l’infranto scudo,
Il brando, lungo assai, nella guaina
Rimandò ancor, chè a morte ei non volea
Trarre il suo servo. Gli atti suoi contenne,
Nobil costume suo come allor volle.
Con le forti sue mani egli avventossi
Ad Alberico. Per la barba ei prese
L’uom vecchio assai e trasselo di foggia
f Ruvida si, che quei le voci sue
Alte d’assai levò. Quel trar feroce
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/221]]==
<poem>
 
Del giovinetto eroe fe’ ad Alberico
Rancura gravee il nano ardimentoso
Cosi gridava intanto Oh mi lasciate,
Ohmi lasciate illesoE s’io potessi
Farmi d’ altrui senza un altro guerriero
Al qual già feci sacramento io stesso
D’essergli schiavo, prima ch’io morissi
Vostro sefvo sarei. — Cosi dicea
L'astuto, e quegli incatenava intanto
E Alberico e il gigante, e grave doglia
Lor fca la forza di Sifrido. Il nano
Fe’ tal principio alle domande sue ;
Qual nome avete voi? — Detto son io
Sifrido, ei disse, e credo ancor che noto
Io ben vi sia. — Disse Alberico, il nano :
Buona per me questa novella, ed io
Esperienza fei per l’opre vostre
Di cavalier eh’ esser dobbiate voi
Di buon diritto in questa terra il sire.
Ciò che bramate, io vi farò, illeso
Pur che voi mi lasciate. — Ora v’ è d’uopo,
Disse prence Sifrido, irne veloce
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/222]]==
<poem>
 
E qui addurmi gli eroi, quali abbiam noi j
Migliori in guerra, mille .
Ei dènno qui vedermi. — E niuno intese È
Allor da lui perchè gli eroi bramasse.
Così disciolsc ad Alberico i ceppi
E li sciolse al gigante, ed Alberico
Rapido corse ove rinvenne i prodi.
Ei, con gran cura, eroi
Destando, disse Eroi, sorgete Voi
Tutti a Sifrido andar di qui dovete.
Balzaron dai giacigli e furon presti
Rapidamentemille si vestirò
Agili cavalieri c sceser tostò
Là ’ve Sifrido ei rinvenian. Cortesi
Furon saluti, anche con opre in parte, *) |
E furo accese molte lampe e indetta
Fu la bevanda attorno, e perchè ratto
Elli eran giunti, a tutti il valoroso
Rendea sue grazie. Ora v’è d’uopo, ei disse, :
>) Cioè anche con atti di ossequio, inginoc¬
chiand
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/223]]==
<poem>
osi.
Di qui partirvi sovra l’onde. — Accinti
E pronti ei ritrovò gli eroi valenti.
Ben tremila gagliardi eransi attorno
Là in brev’ ora adunati, e furon presi
Mille soltanto de’ migliori. A questi
Fùr portati lor elmi e loro arnesi,
Da che alla terra di Briinliilde insieme
Andarne elli dovean. Disse quel prode :
O buoni cavalieri, ecco vogl’ io
Dirvi sol questo, perchè voi pompose
Vesti d’assai rechiate a quella corte,
Da che d’uopo è che vegganci ben molte
Amorose fanciulle. Or, la persona
Ornar v’è d’uopo di assai vesti buone.
Ad un mattino, al primo albor, levarsi
D’un moto. Si davver che agili e pronti
I compagni rinvenne il prò’ Sifrido !
Buoni destrieri e vestimenta ricche
Elli portar con sècosì ne andavano,
Di cavalieri in nobile costume,
Di Brunhilde alla terra. Agli sporgenti
Merli del borgo si vedean fanciulle
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/224]]==
<poem>
1
153
• Amorose guardar, ma la regina,
Qualcun sa forse, dimandò, chi mai
I Son cotesti eh’ io veggo là sul mare
Cosi da lungi navigar? Egli hanno
Neve son bianche. — Così disse allora
Del Reno il prence Ei sono i prodi miei
Ch'io nel viaggio prossimi lasciai,
A’quali or feci invitoed elli, o donna,
Son giunti intanto. — Agli ospiti preclari
Grandi fecersi allor segni d’onore.
Videsi ancor con sue vesti pompose
Sifrido starsi nella nave e seco
Starsi altri prodi, e la regina disse :
Signore il re, dir mi dovete voi
Se accoglier deggia gli ospiti venuti
0 il saluto niegar. — Disse A incontrarli
Fuor del palagio si dovete voi
Muovere, o donna. Intendan essi ancora
Che volentier li vediam noi. — Ben fece
Come il re volle la regina, e solo
Con diverso saluto ella fra gli altri
Ampie le vele, che più assai d’intatta
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/225]]==
<poem>
 
Sifrido distingue». ■) Lor si apprcstaro
Acconci ostelli e di lor vesti ancora
Altri cura si prese e tanti in quella
Terra allor disccndean ospiti in folla,
Che insiem da tutte parti in moto alterno
Urtavansi fra lor. Già di tornarsi
Ai loro alberghi di Borgogna in core
Avean desire i più gagliardi. Allora
La regina parlòD’animo grato
Esser vo’ per colui che attorno a’ miei
Ospiti e a quelli del mio re pur anco
Sappia l'argento mio spartir con l’oro
Che in gran copia posseggo. — E le rispose
Dancwarto allor, di re Gislhero il fido :
Nobil regina assai, fate eh’ io m’abbia
Cura alle chiavi de’ tesori, ed io
Di spartir si m’affido. E se, dicea
Lo salutò diversamente, perchè Sifrido
si era detto servo di Gunthero, ovvero per-
che essa l’aveva conosciuto prima. Intorno a
ciò, vedi l’Introduzione premessa da noi al
Poema.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/226]]==
<poem>
 
Il nobil cavalier, vituperosa
Cosa ne vien, ch’ella sia mia, vogliate.
E perchè liberal ne’ doni suoi
Egli era, ei ben di ciò fe’ nobil mostra.
Poi che a l’ufficio delle regie chiavi
Il fratei d’Hàgen cosi attese, molti
Incliti doni attorno diè la mano
Del nobile guerrier. Chi disiava
Un marco, ebbe da lui dono in tal copia
Che vita allegra ben potean menarne
I poverelli tutti. Ad infiniti
Ei donò quasi mille libbre, e molti
Andar per l’aula con si ricche vesti
ì Che si nobili panni unqua in lor vita
Non recamo davver. Seppe cotesto
ì La donna, e vero duol le fu cotesto.
Signore il re, di ciò ben io vorrei,
La regina parlò, mancanza avermi,
Che niuna di mie vesti a me reliquia
II vostro servo lasciar voglia. Tutto
Egli disperde l’oro mio. Per sempre
D’alma riconoscente io per colui
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/227]]==
<poem>
Sarò, che questo cessi. Ei si copiosi
I doni spande, che pensar mi sembra,
Questo guerrier, eh’ io in’ abbia fatto invito
Alla mia morte. *) Or io più lungo tempo
L’oro mio vo' curar penso che ancora
Spender poss’ io ciò che lasciommi il padre.
Davver che la regina unqua non ebbe
Più liberale camerlingo — Disse
Hàgene di Tronèga A voi sia detto,
Donna regai, che tant’oro sul Reno
E tante vesti da donarsi attorno
Ha il nostro re, che bisogno non tocca
A noi di qui recarci alcuna veste
Che di Britnliilde sia. — Nola regina
Cosi rispose pel mio amor lasciate
Ch’io venti scrigni facciami di drappi
Serici e d’or ricolmi, onde poi doni
Questa mia man ne dia, ratto che giunti
Saremo noi di Gunthero alla terra !
Cioè come se io volessi morire e perciò
donassi tutto ciò che posseggo.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/228]]==
<poem>
 
Altri frattanto le colmò gli scrigni
Di preziose gemme, e seco andarne
Dovean gli stessi camerlinghi suoi,
Ch’ella fidanza non avea nell'uomo
Di Giselhcro. A rider di cotesto
Gunthero ed Hàgen fer principio allora. \
Ma la regina disse A chi frattanto
Lascierò la mia terra? K la mia mano
E la vostra pur anco ordine in pria
In ciò porranno. — Or fate voi, rispose :
Il nobil sire, che qui venga alcuno
Che a tal fin più vi piaccia, e noi farcmlo ;
Vostro vicario qui. — La donna allora
Vide al suo fianco un de’ congiunti suoi ;
Più prossimi (fratello era alla madre
Costui della regina), e la fanciulla
Disse al congiunto suoVogliate voi
Che affidati vi sian questi castelli
E la mia terra ancor, fin che comando
Abbia quaggiù di re Gunthèr la mano.
Da’ suoi consorti venti volte cento
Uomini scelse, quali fra i Burgundi
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/229]]==
<poem>
 
Seco andarne dovean. Mille guerrieri
De’ de la terra aggiunti
i Furon pur ancoed al viaggio tutti
S’apprestar, chè fùr visti in su le arene
Cavalcando partir. Menaron seco
Ottanta donne e sei, cento pur anco
Fanciulle, di cui molto era avvenente
La persona leggiadra. Ecco, indugiarsi
i Non molto tempo ancor, ch’elli partirne
Voleanma quelli che restar, dehquanto
Feron principio al lagrimarLasciava
La patria terra l’inclita fanciulla
In nobile costume, e tutti intanto
i Gli amici suoi più prossimi baciava,
Quanti a sè accanto ella trovò. Sen vennero
Con onesti commiati al mar su l’onde,
Ma la fanciulla non tornò più mai
De’ suoi padri alla terra — Ecco, s’udivano
Lungo l’andar vari concenti egli ebbero
D’ogni sorta sollazzi. Al lor viaggio
Vento di mar si aggiunse amico, ed elli
Dalla sponda partir con molta gioia.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/230]]==
<poem>
 
Ma la regina il suo signor non volle |
Nel suo viaggio compiacer d'amore,
Ch’ella volea sì gran contento in fino
A l’ostello serbar, di Worms in fino
Al castel, di sue nozze in fino al tempo, |
Quand’elli vi giugnean ricchi di molta
Gioia e letizia co’ lor prodi in guerra.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/231]]==
<poem>
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/232]]==
<poem>
 
Avventura Nona
In che modo Sifiìido fu mandato a Worms
Poi ch'elli viaggiar per nove interi
Giorni sul mare, cosi disse primo
Hàgene di TronègaOra ascoltate
Ciò ch’io dirovvi. Troppo lungo indugio
Avemmo noi con le novelle nostre
A Worms, al Reno, da inviarsi. Eppure
I vostri messi già dovrian la terra
Aver toccata de' Burgundi. — Allora
Prence Guntliero così disseVoi
Detto m’avete il ver. Ma niun più acconcio
Per tal viaggio ne saria di voi,
Hagèn diletto. Alla mia terra adunque
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/233]]==
<poem>
 
Piacciavi cavalcar. Niuno agli amici
Meglio potria di voi questo viaggio
A quella corte render noto. — Acconcio
Ed atto messaggier, no, non son io,
Hàgene rispondea. Fate che ufficio
10 curi sol di camerlingo, eh’ io
Qui rimaner su l’onde vo’, d’accanto
A le donzelle, e custodir lor vesti,
Fin che addurle potrem là ne la terra
Ch’è di Borgogna. Voi pregate intanto
Prence Sifrido che il messaggio rechi.
Ei tale ufficio con virtù sovrana
Adempier vi potrà. Che s’egli a dietro
Da tal viaggio si ritrae, con dolce
Atto ed amicamente e per l’amore
11 dovete pregar di vostra suora.
Cosi del prode fe’ ricerca il sire,
E venne il prode, ratto che qualcuno
Rinvenirlo potè. Disse Gunthero:
Poi che vicini a casa, alla mia terra,
Ci facciam noi, degg’io miei messaggieri
Alla diletta mia sirocchia, a mia
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/234]]==
<poem>
 
Madre ancora, inviar, che noi pel Reno =
Ci avviciniamo. E di cotesto voi
Prego, o Sifrido. Questo mio desire
Dehmi compite, perch’io sempre poi
Vi sia devoto. — Cosi disse il prence,
Eletta spada. Ma Sifrido, ci forte
Ardimentoso, ricusando stette,
Fin che Gunthero a supplicar d’assai
Incominciò. Per l’amor mio, dicea,
E di Kriemhilde per l’amor, la vaga
Fanciulla, perchè poi meco devota
f Ella vi sia, la nobile donzella,
Partir v’è d’uopo cavalcando. — Ratto j
Che udì cotesto principe Sifrido,
Accinto e pronto fu al viaggio il prode. =
Or m’imponete ciò che più v’è a grado, |
Chè nulla a voi si negherà. Cotesto
Io volentier farò per la fanciulla
Leggiadra tanto. Ricusarmi a quella
Che porto in cor, come potrei ? Qualunque f
Cosa per lei chieggiate voi, d’un tratto ;
Sarà compiuta. — Alla mia madre adunque, :
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/235]]==
<poem>
 
Ute regina, dite voi che in questo
Nostro viaggio d’animo giocondo
Ed alto siamo noi. Fate che sappia
Il fratei mio come per noi raggiunta
Sia la metae v’ò d'uopo està novella
A’ nostri amici anche ridir. Nascondere
Nulla dovete a mia sirocchia bella,
A lei la servitù di me dovete
E di Bninhilde annunziar. Ancora
A’ miei consorti, a le mie genti tutte,
Narrate voi qual esito felice
Ebb’ io per quello, a cui questo mio core
Forte anelava. E dite al mio diletto
Nipote, Ortwino, che gli scanni appronti
A Worms, là presso al Reno. Ad altri miei
Congiunti ancora udir si faccia ch’io
Celebrar vo’ con tutta pompa queste
Nozze mie con Brùnhilde. Anche direte
Alla mia suora ch’ella si, nel tempo
Che appreso avrà eh’ io son giunto alla terra
Con questi ospiti miei, la donna mia
Diletta accolga con amor sollecito,
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/236]]==
<poem>
Con molta cura, per ch’io poi devoto
A Kriemliilde mi sia per tutto il tempo.
Sifrido, il sire ardimentoso, ratto,
Come a lui s’addicea, prese da donna
Brunhilde allora e da’ consorti suoi
Commiato e cavalcò lunghesso il Reno.
Esser già non potea messo migliore
Su questa terra. A Worms ei cavalcava
Con ventiquattro valorosie detto
Poiché fu allor che Sifrido redia
Senza il suo re, ciò fu rancura a tutti
Li suoi consorti con dolor. Torneano,
Temeano ei si che là rimasto fosse
Il lor prence e signor. Ma quei balzare
Da' lor destrieri, e superi» per gioia
Lor alma era d’assai. Rapido corse
Incontro a lor Gislhero, il buono e giovane
Prence, e Gernòt, fratello a lui. Deh quanto
{ Ei concitato favellava, ratto
] Che appo Sifrido re Gunthèr non scorse !
Il benvenuto siate voi, Sifrido.
E farmi udir dovete voi il mio
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/237]]==
<poem>
 
Fratello, il re, dove lasciaste. Tolte»
Ce l’ha Briinhilde vigorosa, credo !
Cosi saria qucll’amor suo superbo
Addivenuto in nostro danno assai !
Ogni affanno lasciate A voi, a tutti
Li suoi congiunti esti compagni miei
Recano il suo saluto. E illeso e incolume
Io pur anco il lasciai. Qui m’inviava
Per eh’ io con le novelle in vostra terra
Gli fossi messaggicr. Ma d’uopo è intanto
Che voi ratto di questo abbiate cura,
Onde si avvenga che veder concesso
La regina mi sia con la sorella
Vostra pur anco. Annunziar dcgg’io
Ciò che per me lor chiedono pregando
E Gunthero e Briinhilde. Alto e giocondo
È stato d’ambedue. — Cosi rispose
Giselhèr giovinetto E però è d’uopo
Che a lor ne andiate voi, che a mia sirocchia
Cosa feste ben cara •) ed ella intanto
Venendo per il primo a dar novelle.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/238]]==
<poem>
 
Grave porta dolor pel fratei mio.
V'olentier la fanciulla (io ve ne sono
Mallevador) vi rivedrà. — Per quanto
Io servirla potrò, prence Sifrido
AUor soggiunse, ciò sarà di piena
Voglia fatto e con lì. Ma chi a le donne
Or dirà che da lor vogl'io recarmi?
Gislhero, l’uom leggiadro ed avvenente,
Fu allora il messaggiero. — Alla sua madre
Aitante Gislhero e alla sirocchia,
Là 've ambo ei le vedea, cosi parlava :
A noi venne Sifrido, il forte eroe
Di Niderlind, e qui mandollo al Reno
Gunthero il fratei mio. Novelle intanto
Egli ci apporla come va faccenda
Del nostro prence. Or d’uopo è si che voi
Gli concediate ch’egli venga in corte.
Le novelle veraci egli d’Islanda
Qui vi dirà. — Grave dolor toccava
Le donne illustri ancora, ond’elle tosto
A lor vesti balzar, le cinser tosto,
E pregar che venisse incontanent
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/239]]==
<poem>
 
Sifrido in corte. Ed ei ben fea di buona
Voglia cotesto, ch’ei vedea le donne
Volentieri d’assai. Kriemhilde illustre
Graziosa gli disse Oh benvenuto,
Sifrido, siate voi, buon cavaliero
Degno di lode Ov’ è il fratello mio,
Gunthero, il nobil re, possente e ricco ?
Di Brunhilde per man, la vigorosa,
Perduto l’abbiam noi, credo. Fanciulla
Misera che son io, qual venni al mondo!
L’ardimentoso cavalicr rispose :
Or la mercè di messaggier mi date !
Voi, leggiadra donzella, oh voi per nulla
Vi state a lagrimar. Illeso e incolume
f II lasciaie cotesto io qui vi rendo
E manifesto e noto. A voi con queste
Novelle m’invìaro. Egli e la sua
Donna diletta con amor del core,
£ Nobil regina, v'ofiron graziosa
Lor servitù. Lasciate adunque il pianto,
Che giunger tosto ei vonno. — In lungo tempo
Più gioconda novella unqua non ebbe
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/240]]==
<poem>
La giovinetti. Con un lembo, candido
Quant’ è la neve, di sue vesti, i begli
Occhi, dopo le lagrime, tergea,
Indi, per tale annunzio che venia,
A render cominciava al messaggicro
Sue grazie molte. L’alto suo cordoglio
Allor cessò col lagrimar costante.
Ella pregò che il messaggier sedesse,
E volentieri egli si assise. Allora
L’amorosa fanciulla cosi disse :
Grave non mi saria s’io vi dovessi,
Qual guiderdon di messaggiero, il mio
Oro donarvi. Ma soverchio voi
Ricco siete per ciò. Grata sarovvi
Per sempre adunque. — S’io soltanto avessi
Trenta terre, ei dicca, dalla man vostra
Io pur sempre torrei ben volentieri
Un vostro dono. — E ciò si faccia, disse
Quella, ricca di pregi e fe’ comando
Che ne andasse un valletto incontinente
I Pel guiderdon del nobil messaggiero.
pietre buone ventiquattro anelli
un inni
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/241]]==
<poem>
 
EUa gli dava in guiderdon. Ma l'alma
Di quel gagliardo anche era tal, che nulla
Ei tener volle. A’ suoi consorti prossimi
Che nell’aule ei trovò, tutto ci donava
Ratto, a l'istante. Suoi servigi ancora
Graziosa gli oflria di lei la madre,
E l’uomo ardito le diceaPiù assai
I' ri dirò di quanto il re vi prega
Tosto che al Renoei giunga. E se voi, donna,
Ciò gli farete, in ogni tempo a voi
Devoto egli sarà. Udii che questo
Egli desia che agli ospiti suoi ricchi
Facciate oneste le accoglienze ancora
Conceduto gli sia che a Worms innanzi
Uscir vogliate cavalcando voi
Al loro incontro su le sabbie. Intanto
Di ciò voi siete con fede perfetta
Ammonite dal prence e supplicate.
A ciò pronta son io, gli rispondea
L’amorosa fanciulla. E diniegata
Cosa non gli sarà, di che servigio
Io far gli possae con amica fede
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/242]]==
<poem>
Ciò per lui si farà. — S’accrebbe in lei
Color del volto, qual per gioia assunse.
Accolto mai non fu messo regale
Me’ di prence Sifrido. E s’ella osato
Baciarlo avesse, ben ciò fatto avria
L’inclita donna. In qual atto d’amore
Vero c perfetto da le donne il prode
Prese commiato allor Ma di Borgogna
Facean gli croi quanto indicca Sifrido.
Sindolto e Hunoldo e Rumoldo guerriero,
Quali dovean d’assai pensieri e cure
Aver l’incarco, su le sabbie, innanzi
A Worms, drizzarno i seggi, c allor si videro
Molti del prence maggiordomi intenti
A molti uffici. Ortwin e Gere, e questi
Nulla volean lasciar, per loro amici
Mandar da tutte parti, e a’ loro amici
Annunziar le nozze che ben tosto ^
Esser dovean. Per queste s’adornaro
Molte leggiadre giovinette. Allora,
Per gli ospiti venienti, in ogni parte
Il palagio adornossi e le pareti
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/243]]==
<poem>
 
Pur anco s’adornàr. Di re Gunthero
L’aula con arte s’impalcò da molti
Artefici stranieri, e con gran gioia
Cominciavan cosi l’inclite nozze.
Corsero cavalcando ogni sentiero
Di quella terra dei tre re i congiunti,
Che altri inviò perchè aspettar dovessero
Chi là venir bramavae da’ forzieri
Vesti fùr tratte assai pompose. Allora
Dato fu annunzio che vedeansi ornai
Cavalcando venir gli amici tutti
Di Briinhilde regina, e si levava
Del popol fra le turbe alto un tumulto
Per la burgundi» terra. Oh quanti eroi
Vidersi allor d’ambe le parti accolti !
Kriemhilde bella favellòVoi tutte,
Ancelle mie, che meco esser bramate
Là ’ye accórrem gli ospiti nostri, fuori
Da’ cofani traete ogni migliore
Veste che abbiate. E dagli ospiti intanto
Laude con molto onor darassi a noi.
Vennero i prodi ancora. Elli fean cenno
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/244]]==
<poem>
 
Di là recar dipinte in fulgid'oro
L’inclite selle, che montar le donne
Doveano a AVorms, là presso al Reno.
Oh mai
Veder non si potean più belle e acconcie
Equine bardeOhquant’oro lucente
Sui palafreni sfavillò Splendeano
Molte nobili gemme in su le briglie,
E i dorati sgabelli in su lucenti
Strali di seta altri a recar fu pronto
Per le fanciulle. D’anima gioiosa
EU’erano davver Già stavan pronti
In corte, per le nobili fanciulle,
Coni’io v’ho detto, i palafreni, e questi
Recar là si vedean piccoli e belli
Lor pettorali nel più bello e ricco
Drappo di seta che alcun dir vi possa.
Anche fùr viste ottantasei matrone
Uscir, cheavcan ghirlande. Appo Kriemhilde
Venian coteste assai leggiadre e vesti
Sgabelli per montare a cavallo (Bariseli). :
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/245]]==
<poem>
Recavano lucenti. Anche venièno
Molte vezzose giovinette, adorne
In ricca foggia, ed eran di Borgogna,
Cinquantaquattro. Ell’eran le più vaghe
Che altri veder potea. Con lor capelli
Biondi sotto a fetuccie aurifulgenti,
Avanzar si vedean. Fatto fu allora
Con cura inver ciò che bramava il sire.
E recavan le nobili fanciulle
Pomposi drappi, che trovar migliori
Poteansi allor, dinanzi a’ cavalieri
Estrani che venian, molte magnifiche
Vesti pur anco, quali a lor bellezza
Grande ben s'addicean. — D’anima vile
Saria colui che acerbo e riottoso
Contro ad alcuna fosse stato — E molte
Si rinvennero allor vesti pregiate
Di zibellino e d’armellin ben molte
E braccia e mani s’adornàr d’anelli
E di smanigli in sui drappi di seta
Ch’elle recar dovean. Ma niuno invero
Potria tal cura in sino al fin narrarvi.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/246]]==
<poem>
 
Cintole molte, artificiose e ricche
E lunghe assai, su le vesti lucenti
Furono avvinte allor da molte mani,
I lembi a rattener nobili e ricchi
Di ferrandina in arabica seta,
E l'inclite fanciulle avena di tanto
Alta letizia assai. Molte leggiadre
Fanciulle ancora, graziosamente,
Eran succinte in fibbie e ciò polca
Esser d’affanno a lor che in su le pinte
Vesti non tanto rilucesse il vivo
Color de le lor gote. Ohsi leggiadro
Corteggio ora non ha di regi un figlio !
Poi che vestite le amorose donne
Ebber lor vesti, vennero a l’istante
Ampio stuol di gagliardi ardimentosi
Che guidar le dovean. Molte pur anco
Aste di legno di compatta quercia
Altri apportava con pavesi e scudi.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/247]]==
<poem>
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/248]]==
<poem>
Avventura Decima
In chc modo BkuNHH.de fu ricevuta a Worms
Di là dal Reno, con alquante squadre
E con gli ospiti suoi, verso la sponda
Il re fu visto avvicinarsi. Ancora
I cavalier fur visti per le redini
Le fanciulle guidar. Tutti eran pronti
Quei che accòrli dovean. Ma quando giunsero
Sui navicelli quei d’Islanda e quelli
De’ ancor, uomini addetti
A principe Sifrido, elli ne andarno
Ratto alla terra (infaticata assai
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/249]]==
<poem>
 
Era lor man possente), ove, su l’altra
Sponda, gli amici si vedean del prence.
Ora ascoltate ancor questa novella
D’Ute, regina assai possente, in quale
Guisa ella addusse fuor da quelle mura,
Ov’ella cavalcò, la giovinetta,
La 've acquistar dimestichezza molti
Cavalieri e fanciulle. — E per le redini
Duca Gore guidò fino a le porte
Soltanto del castel Kriemhilde adorna,
Indi Sifrido ardimentoso lei
Guidar dovè più innanzi. Una leggiadra
Fanciulla era colei. Di ciò quel prode
Ebbesi guiderdon dalla fanciulla.
Ortwin gagliardo presso a donna Ute
Cavalcando venia, molti con lui
In bella compagnia venian pur anco
E cavalieri e giovinette. Mai,
In accoglienze così grandi (e questo
Ci è d’uopo asseverar), non furon viste
Donne cotante insiem raccolte. Allora
Molti là si vedean armeggiamenti
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/250]]==
<poem>
 
Guidar gli croi degni di lode (male
Altri cotesto tralasciato avria), >)
Là, nel cospetto di Kriemhilde adorna,
Dinanzi a’ navicelli. Altri frattanto
Molte levò di sella a’ palafreni
Donne leggiadre ed avvenenti assai.
Già di qua co’ più degni ospiti suoi
Era giunto il signor. Dehquante forti
Aste di prodi a le donzelle innanzi
Furono infrantee ben s’udia nell’urto
Fragor di molti scudi. Ohquante colme
Sporgenze di pavesi al fiero scontro
Alto romoreggiàrMa là sul porto
Stavano le donzelle innamorate,
E con gli ospiti suoi prence Gunthero
Di nave discendca, guidando ei stesso
Di sua mano Briinhilde. Allor le gemme
Vivacemente e le vesti pur anco
L’une con l’altre scintillar di contro.
Sarebbe stato sconveniente il tralasciar
questi armeggiamenti, perchè erano d’uso
nelle accoglienze solenni.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/251]]==
<poem>
 
Donna Kriemhilde in nobile atto venne
Là 've Brunhilde e li consorti suoi
Accolse, ed altri allor gittarsi a dietro *)
Vide con bianche man le lor ghirlande,
Che anche le donne si baciar. Conforme
A nobile costume era cotesto.
E disse allora graziosamente
Kriemhilde giovinetta Oh voi dovete
Esserci benvenuta in questa terra
Per me, per la mia madre e pei fedeli
Amici, quanti ne abbiam noi — Si fece
Da Brunhilde un inchino. Ambe le donne
Forte si strinser fra le braccia allora,
Nè mai d’altri s’udi cosi amorosa
Accoglienza qual feano ambe le donne,
Ute e la figlia, alla sposa novella.
Forte e sovente ne la dolce bocca
Elle baciarsi. Come poi discese
Tutte fùr su le arene di Brunhilde
Insiem le donne, in atto grazioso
Indietro dalla fronte.
/ 181
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/252]]==
<poem>
Fùr prese per la man da valorosi
Eroi ben molte donne adorne e belle,
E si vedean le vaghe giovinette
Appo donna Brunhilde. E lungo invero
Tempo trascorse pria che lor saluti
Ne venissero al fin. Molte toccaro
Bocche rosate molti baci e intanto
Che stavansi vicine ambe le ricche
Figlie di re, molti gagliardi, degni
Di molta lode, in contemplarle aveano
Piacere e gioia. E chi narrar già udia
Che donne vaghe si com’ ambo queste
Non vide alcun giammai, con occhi intenti
Or riguardavae l’a!Termava intanto
Senza menzogna, nè vedca per tutta
La lor persona alcun inganno. •) E quelli
Che giudicar sapean donne leggiadre
E persone avvenenti, alto lodavano
Per sua beltà di Gunthero la donna,
Cioè bellezza procurata ad arte con bel¬
letto c pittura.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/253]]==
<poem>
 
Ma ognun più esperto, che miglior veduta
Ebbesi allor, che preferir poteasi
A Briinhilde Kriemhilde asseverava.
Giovinette e matrone un’al'ra volta
Assembravansi, e molte e bene adorne
Persone allor ftìr viste. Eran dintorno
Tende seriche apposte e molti ancora
Padiglioni leggiadri, e n’era pieno
Tutto lo spazio innanzi a Worms. Intanto
Impeto li si fea da’ consanguinei
Di re Gunthero, e però cenno alcuno
Fece a Briinhilde, il fe’ a Kriemhilde ancora,
D'andame in luogo, con lor donne tutte,
Là 've trovar poteasi un’ombra, e i forti
Della burgundta terra ivi le addussero.
Tutti gli ospiti intanto a’ lor destrieri
Eran tornati, e molte giostre fecersi
Pomposamente con gli scudi. Il campo
A sollevar la polve incominciava
Come se tutta in un incendio ardesse
Ampia la terra. Ma i veraci croi
Si conobbero allor. Molle fanciulle
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/254]]==
<poem>
 
Ciò che feano armeggiando i cavalieri,
Stavansi a rimirarconstami intanto
Che dinanzi a le tende assai ritorni
Fe’ cavalcando principe Sifrido
Co’ suoi guerrieri. Egli adducea ben mille §
] Gagliardi eroi d. Allora
ì Hàgene di Tronèga, a ciò che indisse
I.’ospite suo regai sè conformando,
I Là nel mezzo venia. L’aspra tenzone
E Divise amicamente il valoroso
Di foggia tal, che da la polve intatte
Lasci&r le vaghe giovinette i prodi,
E, da gli ospiti accolti, volentieri
E Di lui consiglio si seguia. Parlava
Sire Gemòt frattanto I palafreni
Starsi lasciate qui, fin che cominci
L’aria fresca a venir. Potremo allora
z Incominciar cosi le vaghe donne
A servir noi, menandole rimpetto
l All’ampio ostel del sire. E allor che voglia :
È II sire cavalcar, siate voi pronti.
I Poi che disciolta fu per tutto il loco
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/255]]==
<poem>
 
L’aspra tenzone, sotto a molti vennero
Eccelsi padiglioni a sollazzarsi
I cavalieri, ei si, d’alta letizia
Appo le donne per desio. Ma quando.
Poco prima del vespro, allor che il sole
Già tramontava e fresca già si fea
L’aria a l’intorno, perché a lungo ancora
Altri là non restasse, ecco levarsi
Al borgo per tornar uomini e donne,
E con occhi guardavasi amorosi
Di cavalieri, di leggiadre donne
L’avvenente persona. E molte vesti
Fur da valenti eroi, qual è costume
Di quella terra, in cavalcar squarciate,
Fin che dinanzi dal palagio il sire
Scendendo si fermò. Cosi a le donne
In quella guisa che d’anima altera
Fanno gli eroi, prestavasi servigio.
Anche si separar le’due possenti
Regine allora, e donna Ute e quella
Figlia sua, con le ancelle, in ampie stanze
Insieme ritornar. S’udiano intorno .
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/256]]==
<poem>
 
Da tutte parti altissimi di gioia
Strepiti e voci. Furon pronti i seggi,
E con gli ospiti suoi volle accostarsi
Alla mensa il gran re. Vista fu allora
Starsi daccanto a lui vaga Briinhilde,
E portavasi in fronte in quella terra
Di re Gunthero un diadema. Assai
Ricca e possente eli’era. Anche ben molti
Seggi fùr posti per la gente umile
E deschi ampi d’assai colmi di cibi.
Di ciò ch’ei dènno aver, deh quanto poco
Allor fu manco E si vedeano attorno,
Daccanto al re, molti ospiti possenti,
E dell’ospite regio i famigliati
In coppe in fulgid’or l’acqua alle' mani
Recavano. Dawerch’egli saria
Leggiero fallo, se dicesse a voi
Qualcuno mai che fu miglior servigio
D’altri principi in feste. Io non vorrei
Detto con ironia. Cioè sarebbe un gran
fallo.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/257]]==
<poem>
 
Creder cotesto inver Ma pria che l’acqua
Si prendesse alle man del Reno il sire,
Ciò che a lui si addicea, fe’ prontamente
Prence Sifrido, e a re Gunthèr la sua
Fè rammentò, quale affermò con lui
Pria che in Islanda ei Brunhilde vedesse,
Là, nell’ostel di lei. Cosi dicea :
Pensar v’ è d’uopo a ciò che mi giurava
La mano vostra, che a me data avreste,
Quando venuta in questa terra fosse
Donna Brunhilde, la sorella. Or dove,
Dove n’ è ito il giuramento ? E invero
10 mi son preso nel viaggio vostro
Assai travaglio— All’ospite rispose
11 prence alloraDi cotesto voi
Ben giustamente mi ammoniste. Mai,
Mai non sarà che in ciò spergiura sia
Questa mia mano. Porgere vogl’ io
Aita a voi, pel meglio eli’ io mi possa,
Cotesto a conseguir. — Kriemhilde bella
Ratto fu chiesta allor, perchè dinanzi
A re Guntliero ella venisse in corte.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/258]]==
<poem>
 
Con molte vaghe giovinette andava
AUa sala Kriemhilde, allor che d’alto,
Dall’un de’ gradi in giù, balzò Gislhero :
E disseOr fate voi che le fanciulle
Tornino a dietro. Mia sirocchia sola
Esser qui dee daccanto al re. — Fu addotta
Kriemhilde li, dove rinvenne il sire,
E v’eran pur di molte e principesche
Terre a l’intorno cavalieri illustri.
Li, nella sala spaziosa, indetto
Fu di restarsi alla regai fanciulla
In silenzio, e venuta era frattanto
Alla mensa regai donna Briinhilde.
Prence Gunthero cosi disse allora :
Sorella mia diletta assai, deh solvi
Un giuramento mio con la tua stessa
Alta virtùCon giuramento a un prode
Io ti promisi. Ov’ei di te si faccia
Inclito sposo, con perfetta fede
Di me la volontà compiuta avrai.
Disse l’illustre giovinettaMio
Fratei diletto assai, me non dovete
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/259]]==
<poem>
 
Per nulla supplicar. Di tale io sempre
Esser vo’, cui promesso abbiate voi;
E ciò fatto sarà. L’uom che vi piaccia
Darmi, o prence, a marito, io volentieri
Per mio reputerò. — Per sguardi accesi
D’occhi amorosi, rosseggiò colore
Di Sifrido nel volto. Il cavaliero
A servitù sò medesmo di donna
Kriemhilde profferìa, mentre un invito
A lor si Ica di starsene daccanto
Ambo in un chiuso giro. *) E fu richiesta
S’ella per sè volea l’uom valoroso.
Con tratto verginale, un cotal poco
Si vergognò. Ma fu sorte felice
E amico fato di Sifrido allora,
Ch’ella non volle ricusar l’uom prode
In quell’ istante. E lei qual donna accolse
Di Niderlànd il nobile signore.
Ratto che il prode sposa sua la disse
Fu segnato un circolo in terra, entro al
quale si doveano tenere i due fidanzati.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/260]]==
<poem>
 
E la fanciulla lui, la giovinetta
Amorosa cosi fu da le braccia
Di Sifrido raccolta. Eravi pronto
Il valoroso, e la bella regina
Degli eroi nel cospetto ebbesi un bacio.
La compagnia si separava. E accadde
Che fu visto sedersi appo Kriemhilde
Prence Sifrido al seggio di rincontro.
Molta gente il serviavedeansi andarne :
seco. Or, li di contro
Con Briinhilde fanciulla era seduto
Prence Gunthero, ed ella (oh si gran doglia :
Non le fu data mai ) appo Sifrido
Seder vedea Kriemhilde. Incominciava
A lagrimargiù per le bianche gote
Molte le discendean lagrime calde. •)
L’ospite disse della terra Oh dunque :
Che gli 6, mia donna, che splendor de' vostri :
Intorno agli antecedenti amori di Brìi*
nhilde e di Sifrido, ai quali qui oscuramente
si accenna, vedi l'Introduzione al Poema.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/261]]==
<poem>
 
Occhi lucenti si turbate? Voi
Ben dovreste allegrarvi a bello studio
Da che la terra mia, li miei castelli,
Sottomessi vi son con molti prodi.
A bello studio lacrimar degg' io,
Rispose a lui la vergine leggiadra,
Chè intorno al cor mi sta grave un dolore
r Per la sirocchia vostra. E qui la veggo
Seder vicina a un de’ famigli. Sempre
ì Degg’ io pianger però, ch'ella è di tanto
Umiliata e offesa. — E re Gunthero
Cosi le disse Or voi silenziosa
Restatevi di ciò. Vogl’ io narrarvi
Questo racconto in altro tempo, o donna,
Perchè mai la mia suora al prò’ Sifrido
Io concedessi. Viversi mai sempre
Felice ella potrà col valoroso.
E quella disse Cruccianmi ad ogn' ora
La sua bellezza e il far cortese. Lungi,
Fin che dato mi fosse, io volentieri
Fuggirei, perchè mai non dovess’io
Starmi appo voi, quando dirmi non piaccia
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/262]]==
<poem>
 
Per qual modo a Sifrido è Kriemhilde
Amante e sposa. — E il nobile signore
Cosi le rispondeaCotesto adunque
Renderò noto. Egli ha castelli assai
Quant’io pur anco, e vaste regioni.
Questo sappiate con certezza. Ricco
E possente egli è un sire. Acconsentii
Per questo, o donna, ch’egli a l’avvenente
Fanciulla offrisse amor con molta lode.
Per quanto il sire a lei dicesse, torbida
L’anima sua serbò. Molti prestanti
Cavalieri ne andar lungi dal desco;
Tal fragor elli fean, aspro e sonante,
Che n’echeggiò tutto il castel. Rancura
Grave d’assai per gli ospitati suoi
Avea l’ospite regio. [) Ei si pensava
Che appo la donna sua leggiadra e beila
Più dolcemente avria posato, e in core
Non di tanto era libero da questo
Alto desio, che bella d’amor prova
Perchè tardavano a partire.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/263]]==
<poem>
 
Venula gli saria dalla sua donna.
Briinhilde sua con amoroso sguardo
A guatar cominciòfe’ cenno poi
Che tralasciasse ogni ospite i graditi
Giochi dell’armi. Con la donna sua
Andarsi a letto volle il sire, e allora,
Là dai gradini della sala, insieme
li Kricmhilde e Brunhilde s’incontraro.
Odio non anche era fra lor. Convennero
Lor consorti e famigli, e alcuno indugio
Non fecer elli, e nobili valletti
Loro apprestar le lampe. I cavalieri
D’ambo gl’incliti re si separaro,
li molti eroi con principe Sifrido
Andarne altri vedea. Là ’ve giacersi
Ambo dovean, sen vennero i duo prenci,
li ciascun si pensò vincer la sua
Donna amorosa per amor. Cotesto
Dolce d’ognun l’alma rendeama gioia
Grande fu quella di Sifrido. Ratto
Che d’accanto a Kriemhilde si posava,
L’inclito duce fea dell’amor suo,
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/264]]==
<poem>
 
Nobile e grande, omaggio a la fanciulla =
In dolce atto d’amor, fu sua la bella
È Di lei persona. Ohnon avriasi prese,
1 In loco d’esta sola, il giovinetto
Mille altre donne — Più di ciò non dico j
Per qual foggia Sifrido alla sua donna
Rese omaggio d’amore. Udite intanto
Questo racconto, come giacque il sire,
Prence Gunthero, appo Brunhilde. Presso ;
È Ad altre donne l’inclito signore
Giaciuto si saria meglio d’assai !
Di là tutta la folla si sbandava,
Uomini e donne, e le stanze secrete
Chiudeansi tosto. Ben credette il prence ì
Di posseder della sua donna alfine
La persona leggiadra. Oh da cotesto
[ Lungi egli era d’assai, pria che sua donna ;
Divenisse colei N’andava al letto
Brunhilde in veste di candido lino,
Veste notturna, eintantoOhch’io posseggo,
Il nobil cavalier pensava in core,
Quanto in tutti i miei di cercai bramoso
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/265]]==
<poem>
E veramente a lui per sua beltade
Piacer dovea la vergine leggiadra.
A celar cominciò del re la mano
La lampada notturna, indi si mosse,
L’ardito cavalier, là ’ve la sua
Donna rinvenne. A lei vicin s’addusse,
E la sua gioia fu ben grande. Il prode
Con le sue braccia ricingea colei
D’amor ben degna, e dolci atti d’amore
Incominciati avrìa, se ciò sofferto
La nobil donna avesse. Ella di tanto
S’adirò, che di questo ebbe corruccio
Prence Gunthero. Si pensò d’amanti
Atti ed opre toccare, ebbesi invece
Odio qual di nemici. Ed ella disse:
Nobile cavalier, tutto cotesto
Lasciate ornai. Ciò che bramaste voi,
Avverarsi non può. Vergine sempre
Io vo’ restar (ben ciò saper dovete),
Fin eh’ io da voi narrar del ver non oda.
D’anima ostil si fece a lei Gunthero. -
Eppure ei si balzò dietro l’amore
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/266]]==
<poem>
 
Di lei con forza e tutta le scompose
La veste sua notturna. Ella afferrava,
[ L’ardimentosa giovinetta, un cinto,
Ed era il cinto un forte arnese, e fibbie
Avea, quale dintorno a’ fianchi suoi
Recar solca. Gran male assai con questo
Ella fe’ al sire, che le mani e i piedi
Forte e insieme gli avvinse, indi l'addusse
A un chiodo e alla parete alto il sospese.
Perch'egli i sonni le turbò, l’amore
A lui quella interdisse, e per la forza
Di lei gagliarda a morte egli venia
Prossimo assai. Chi si credea signore,
A far preghiera incominciò Deh questi
Vincoli miei scioglietemi, regina
Inclita e illustreA vincervi più mai,
Donna leggiadra, più non pongo il core,
E si vicino a voi ben raramente
D'oggi in avanti giacerò. — Ma quella,
Da che molle d’assai posava in letto,
Non si curò stato di lui qual fosse,
Ed ei tutta la notte in fino al giorno,
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/267]]==
<poem>
 
Fin che mostrassi fulgida l'aurora
Per le finestre, là dovette appeso
Restar costante. Se vigore egli ebbe.
Poca forza or gli resta alla persona !
Or voi mi dite, principe Guntliero,
Disse la vaga giovinetta, alcuna
Doglia se in voi sarebbe questa, allora
Che i vostri paggi dalla man di donna
Vi trovassero avvinto. — Ohmale assai,
Il nobil cavalier le rispondea,
Saria per voi cotesto - E anch’ io n’avrei
Onor ben poco veramenteaggiunse
L’uom generoso. Ma deh voi, per quella
Vostra stessa virtù, fate eh’ io torni
Da presso a voi Da che si gran travaglio
Di me vi dà l’amor, con le mie mani
10 mai non toccherò le vostre vesti.
Ed ella ratto il disciogliea, ponendolo
Fermo su’ piedi suoi. Tomossi al letto
11 cavaliere con la donna sua,
Ma tanto lungi si tenea, che raro,
Ohraro assai, ne rasentò le vesti,
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/268]]==
<poem>
 
E di cotcsto ebbe cura e pensiero
Ella pur anco. Vennero i famigli,
E novelle recflr le vestimenti,
E molte assai per la novella aurora
Eran gii pronte. Allor, per quanto lieto
Altri si fosse, de la terra il sire
Cruccioso e tristo si mostrò, corona
Ben ch’ei portasse per quel giorno in fronte.
Per costume che avean, quale seguièno
Ei per giusta ragion, lungo non ebbero
Indugio allora e Gunthero e Briinhilde;
Vennero al monastero, ove una messa
Altri cantò. Venne Sifridó ancora,
E gran folla adunossi. Entro la chiesa,
Per costume regai, tutto apprestato
Quanto recar dovean, corona e ammanto,
Stavasi in vista. E furono sacrate
Ambo le donne, e come ciò si fea,
Vider le genti sotto a le corone
Con molta gioia starsi i quattro sposi.
Molti garzoni, e furono seicento
E più di tanto, assunsero le spade,
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/269]]==
<poem>
Dei regi per onor. *) Ciò voi dovete
Intendere e saper. Grande levossi
La gioia allor per la burgundia terra,
E s’udian tintinnar l’aste lucenti
Ai valorosi in pugno. Alle finestre
Giovinette sedean leggiadre e belle,
Vedean di molte targhe a sè dinanzi
La luce scintillar. Ma da sue genti
Stava in disparte re Guntheroil videro
Là rimanersi desolato c tristo
Per quant’ altri facesse. Era diverso
Core in Sifrido e in lui, ma di cotesto
H nobil cavalier, prence Sifrido,
Avea scienza. Ond’ ei, venendo al sire,
A dimandarlo incominciò Deh come
Passò la notte a voi Saper tal cosa
Deh voi mi fate— Dell’ostello il sire
A quell’ospite suo cosi rispose :
Danno e vergogna ho in me. Nella mia casa
Il diavolo maligno ho addotto meco !
Furono armati cavalieri.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/270]]==
<poem>
 
E perch’io mi credea goder d'amore,
Ella forte m’avvinse. Ella mi trasse
[ Fino ad un chiodo e mi sospese in alto
A una parete. Angoscioso stetti
Di là pendente, per la notte in fino
Al nuovo di, pria che da’ lacci mici
£ Ella mi discioglicsse. E quanto molle-
mente colei giaceasi in lettoOhquesto,
Pel favor mio, da te si celi intanto
In forza d’amistà— Vero dolore
È cotesto per me, gli rispondea
i Sifrido, eroe valente. Eppur vogl’ io
In poter vostro addur colei, se questo
Far mi lasciate voi senza corruccio.
Io farò si che questa notte presso
Tanto ella posi a voi, che l’amor suo
Ella indugiar non faccia. — E re Gunthero,
Dopo il travaglio suo, si fe' per questi
Detti e gioioso e giubilante. Ancora
Prence Sifrido gli diceaTu lieto
Rimani adunque. E cred’ io si che a noi
Fu diversa la notte. A me più cara
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/271]]==
<poem>
 
Fa di me stesso la sirocchia tua,
Kriemhilde bellae questa notte ancora j
Forz è che sposa tua facciasi al fine
Donna Brunhilde. - Aggiunse poi Stanotte
Io verrò pure a le tue stanze, ascoso
r E non visto cosi per la mia cappa,
Che niuno intenderà di me l'astuzia.
Lascia tu allora a le lor stanze andarne
ì I tuoi famigli, ed io le lampe in mano
Spengo a'tuoi paggi. E perch’io son là dentro,
i Noto con ciò ti sia che a te servire
M’accingo volentier. La donna tua
A te sommetto di tal foggia, ratto,
Che tu stanotte ne godrai l'amore,
O io la vita perderò. — Eccetto
Che tu goda l’amor, dissegli ’l prence,
Della mia donna cara, io per tutt’altro
Son felice e contento, e ciò che vuoi,
Tu fa’, Sifrido. S’anche le togliessi
La vita, di cotesto io non vorrei
Darmi pensiero. EH’è terribil donna!
Questo mi tolgo sulla fede mia,
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/272]]==
<poem>
 
Sifrido rispondea, che opra d’amore
A lei non cercherò. Prima di tutte
Donne eh' io vidi, è si la tua sirocchia
Leggiadra e bella. — Piacquesi Gunthero
Di ciò che disse principe Sifrido.
Ansia con gioia è ne’ sollazzi intanto ;
Ma dovunque vietassi ogni tumulto,
Ogni frastuon, perchè le donne insieme
Tornassero alle sale. Eccoi famigli
A le genti indicean via da’ passaggi
Di trarsi a dietro. Allor, da palafreni
E da genti raccolte iva disgombra
La regai corte. Un vescovo adducea
Ogni matrona perchè là, dinanzi
Al re sovrano, si assidesse ognuno
Alla mensa regale. Ampio seguia
De’ famigli il corteggio, incliti e forti
Uomini assai. E con gioconda speme
Prence Gunthero là si assise. A quella
Di Sifrido promessa egli pensava,
E quel di gli sembrò quanto son trenta
Giorni e lento e tardivo. Al dolce amore
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/273]]==
<poem>
 
Della sua donna il pensier suo costante
Era pur sempre. Con rancura attese
Fin che tutti lasciar la regai mensa,
E ratto, di lor quiete ambo a le stanze, \
Furono addotte e Briinhilde leggiadra
E Kriemhilde con lei. — Deh quanti prodi ;
Fùr visti allor, prestanti cavalieri,
Andarne innanzi a le regine — Intinto, l
Con gioia, sciolto da ogni cruccio, assise |
Prence Sifrido appo la donna sua
Leggiadra, ed ella con sue bianche mani ;
Le mani gli stringea, fin che dagli occhi |
Ei le spari, nè del rapido istante |
Ella s’avvide. Ratto che giocando
Ella con seco si tenea, nè poscia
Più vederlo potè, disse a le ancelle
La regina cosiGran meraviglia
Toccami, dove mai ne andava il sire!
Chi tolse la sua man dalla mia mano ?
Interruppe il suo dir. Ma quegli intanto |
Ito era lungi, ove ben molti paggi
Starsi trovò con lampade. Principio :
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/274]]==
<poem>
 
Ei fe’ a spegnerle in man de’ giovinetti,
E fu noto a Gunthèr che giunto al loco
Era prence Sifrido. Ei ben sapea
Ciò che volle Sifrido, e indisse allora
Che uscissero di là donne e fanciulle.
Fatto cotesto, il nobil re possente
Chiuse, ei stesso, le porte, ed a le porte
Rapido appose due gagliarde sbarre;
Indi, con pronta man, la lampa ascose
Da sezzo a le cortine, ed a l’istante
(Né v’era scampo inveì) terribil gioco
Incominciar Sifrido ardimentoso
E la vaga fanciulla. A re Gunthero
Gioia e rancura insiem parve cotesto.
Appo la giovinetta si condusse
Prence Sifrido, e quella disse allora:
Questo lasciate, re Gunthèr, per quanto
Esser caro vi possa, onde nessuno
Travaglio abbiate voi si come in pria.
Male d’allora in poi fece la donna
A Sifrido valente. Egli nascose
La voce sua, nè disse Verto. Intanto,
:
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/275]]==
<poem>
 
Ben che nulla di lui chiaro vedesse,
Gunthero udiva, chiaro udia che cose
Là non si fean secrete ed intime. Elli
Scarso riposo avean sul letto Come
Se re Gunthero ei veramente fosse,
Gunthèr possente e ricco, il valoroso
Comportavasi. Ei cinse de le braccia
La leggiadra fanciulla, ed ella fuori,
Fuor dal letto il cacciò sovra d'un banco
E di tal foggia, che la fronte sua
Alto suonò d’uno sgabel nell’urto.
Novellamente con le forze sue
In piè levossi l’uom gagliardo. Ei volle
Più assai tentarma com’ei fe’ principio
Violenza a inferirle, alto ne venne
Malanno a lui nè cred’ io già che mai
Maggior difesa da fanciulle o donne
Si facesse. E poiché non volle il forte
Dilungarsi da lei, levossi in piedi
La giovinetta e disse Oh non dovete
La mia veste notturna in bianco lino
Cosi scompormi E siete voi villano !
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/276]]==
<poem>
 
Ciò vi sarà cagion di duol. La prova
Ben io darovvi — Cosi disse quella
Avvenente fanciulla, e il nobil sire
I Ella frattanto ne le braccia sue
Fortemente serrò. Volealo avvinto
Come il re là gittar, perchè sul letto
Dato le fosse di toccar riposo :
[ E perchè la sua veste aveale scissa
Il cavaliere, alta pigliar vendetta
La fiera donna ne volea. Che giova,
Che giova al cavalier la sua gran forza?
§ La sua molta virtù? Di sua persona
l Manifestò la maestria possente
Ella a quel prode, chè di forza il trasse
(Accader ciò dovette) e con villano
1 Impeto giù il cacciò tra la parete
Ed un forziere. Oimè pensava il prode,
Se per donzella perdere degg' io
f Questa mia vita, d’oggi in poi e sempre
Contro a’ mariti lor le donne tutte
Tracotanti e superbi avran gli spirti
Quanto non fecer mai— Tutto ascoltava
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/277]]==
<poem>
 
Prence Gunthero, e per l’uom si dolea.
Ma Sifrido più assai si vergognava
E a muover l’ira fea principio. A lei
Con sua forza potente ei si fe’ incontro,
E in estremo periglio aspra tenzone
Con Brunhilde tentò. Parve ben lungo
A Gunthero quel tempo anzi che il prode
La regina domasse. Ella a Sifrido
Strinse le mani di tal foggia e guisa,
Che da l’ugne gli usci, per tanta forza
De la fanciulla, if sangue. Al valoroso
Grave doglia fu questa Oh ma dipoi
A smentir la sua dura volontade
Ch’ella dissegli in pria, la fiera donna
Da lui fu addotta. Udia prence Gunthero
Cotesto, ben che nulla il valoroso
Dicesse intanto. Di tal foggia incontro
Al letto ei la cacciò, che alto diè un grido,
Forte e grave dolor le fe’ del prode
Il possente vigor. Ma quella intanto
Al fianco l’afferrò, là 've il suo cinto
Trovò di passamano e avvinto il prode
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/278]]==
<poem>
 
Cercò ratto d’aver. Di lui la mano
Ciò ben difese, e scricchiolar di lei
L’ossa e con l’ossa la persona. Allora
L’aspra tenzon divisa andonne, e quella
Fu veramente di Gunthèr la sposa.
Deh nobil re, disse colei, la vita
Tu dèi lasciarmiE ciò che ti fec’ io,
Ratto mi si perdoni Io d’ora innanzi
Del nobile amor tuo schiva mostrarmi
Non vorrò, cliè davversperimentai
Ch’esser puoi tu di donne alto signore !
Di là si trasse, come se le vesti
Trar si volesse, principe Sifrido,
Giacer lasciando la fanciulla. E in pria,
Di guisa tal che l’inclita regina
Sentore non avca, cavolle un aureo
Anello da la man, le tolse ancora
Il cinto, ed era con grand’arte intesto
A passamano. — Inver non so, cotesto
S’ei fe’ per tracotanza e per ardire. —
Alla sua donna il diè Sifrido, e poi
Cagion gli fu di doglia il fatai cinto.
208 /
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/279]]==
<poem>
L’uno dell’altro si giaceano al fianco
Prence Gunthero e la fanciulla adorna,
E quei si con l’amor la consolava,
Come addiceasi a lui. Cosi dovea
Dissimular la sua vergogna e l'ira
La giovinetta, e pallida si fea
Un cotal poco a l’intimo e fidente
Starsi col suo signor. Deh per l’amore
Quanta forza e virtù da lei disparve!
D’altra donna più forte anche non fuc
Da quel giorno Brunhilde, e re Gunthero
Con molto amore alla bella persona
L’accarezzava, e s’ella ancor volea
Resistere e tentar, qual mai potea
Toccarne frutto? Con l'amor suo grande
Ebbesi questo re Gunthero. Ohcome
In dolce atto d’amor presso le giacque,
Fino al chiarir del di, con caldo affetto!
Era tornato principe Sifrido,
Là 've fu accolto da una dolce sposa.
Ei si l’inchiesta indovinò, che in mente
Ella pensata aveama lungo tempo
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/280]]==
<poem>
 
Ei le volle celar quanto per essa
Avea recato, fino al di che, cinta
Di corona regai, ne andò alla terra
Di lui la bella sposa. Oh quanto poco
Ciò che darle dovea lasciò negletto !
Al mattili che seguì, l’ospite regio
D’alma più lieta che non fosse in pria,
A tutti si mostrò. Perciò fu grande
La gioia e buona per cotanti illustri
A cui fe’ invito alle sue case. A lui
Incliti si prestar servigi e ossequi,
E fino al di che fu quattordicesmo.
Andar le feste nuziali, quando,
Tutto quel tempo, non cessò frastuono
Di sollazzi e tripudi in ogni guisa
Che altri volle tener. Computo in alto
Ne andò dawer de’ dispendi del sire!
A’ congiunti di lui, ospite illustre,
Ironico. Cioè egli non trascurò di dare
a Kriemhilde l’anello e il cinto rapiti a Brìi-
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/281]]==
<poem>
 
Com’egli indisse, a’ viaggianti molti,
Oro fulgido assai, per l’onor suo,
Fu dato e vesti, ed argento pur anco
E palafrenie quei che disiavano
Doni cospicui, ne partir beati.
Sifrido, il re di Niderlànd, a’ suoi
Mille guerrieri >) donar volle quante
Vestimenta ei rccàr là fino al Reno,
Anche i destrieri con le selle ci porse,
Onde potean viversi ricchi. Intanto,
Pria che gl’ incliti doni intorno a tutti
Fossero dati, parve lungo il tempo
A chi di ritornarsi avea desirc
Alla sua terra. Maggior cura ad ospiti
Non fu data giammai. Venne a sua fine
Cosi la festa nuzial cotesto
Volle Gunthero, il prence ardimentoso.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/282]]==
<poem>
 
Avventura Undecima
In che modo Sifrido ritornò con la sua sposa
Ratto che si partìan gli ospiti accolti,
A’ suoi consorti cosi disse il figlio
Di SigemundoAnche dobbiamei noi
Tosto apprestar nella natal mia terra
A far ritorno. — Caro fu cotesto
Alla sua donna come ciò da lui
Chiaro ella intese. Quando mai, dicea
Cosi allo sposo, quando mai dovremmo
Di qui partir? Ben io vorrei frattanto
Questo evitar che presto di soverchio
 
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/283]]==
<poem>
 
N’andassimo di qui. D'uopo è che prima
Dividano con me li miei fratelli
La terra di Borgogna. — E fu cagione
Questa a Sifrido di corruccio, allora
Ch’egli udi da Kriemhilde està parola.
Vennero i prenci a lui, tutti parlando,
Tutti e tre. Dehsappiate, elli diceano,
Prence Sifrido, che sacrati a voi
Sempre, fino alla morte, e in tutta fede
Son li nostri servigi. — Ei s’inchinava
A’ prodi innanzi, poiché tale a lui
Facean profferta graziosamente.
Anche dobbiamo noi, disse Gislhero
Il giovinetto, spartir vosco e terre
E borghi ancor che nostri son. Di quanto
Dell’ampio regno sta soggetto a noi,
Egregia parte con Kriemhilde vostra
Toccar v’ è d’uopo. — A’ principi rispose
Di Sigemundo il figlio, allor che questa
Intese e scorse volontà dei duci:
In sempiterno lasci Iddio la vostra
Eredità felice, insiem con quante
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/284]]==
<poem>
 
Genti vi sono. Ricusar la mia
Donna diletta l’assegnata parte
Può si, qual darle disiate. Il serto
Debbe recar di regnatrice, e quando
Viver dato mi sia, ricca più assai
D’ogni vivente ella esser dee pur anco.
Ma per ciò che da voi mi verrà ingiunto,
Di tutti qui son io servo fedele.
Donna Kriemhilde così disse Allora
Che ricusar v’ è caro esto retaggio,
Non così lieve per gli eroi Burgundi
Sen va cotesto, perchè un re con seco
Volentier non li adduca alla sua terra.
Così adunque dividali la mano
De’ miei dolci fratelli. — E tu, dicea
Sire Gernòt, quale più vuoi ti prendi.
Mille ti darem noi di trentamila
Uomini prodi, e siano alla tua casa
Addetti e ligi. — Incominciò Kriemhilde
Messi a inviar da Ortwin, d’ Hàgene ancora
Ch’è di Tronèga, s’elli e lor congiunti
Esser vorrìan ligi a Kriemhilde. Assunse
 
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/285]]==
<poem>
Fiero un aspetto di corruccio allora
Hàgene e disse Principe Gunthero
A nessun per la terra abbandonarci
Mai non dovrà. Ma de’ consorti vostri
Fate che altri vi segua. Anche v’ è noto
Qual di quei di Tronèga è legge e norma,
E dobbiam noi restarci in questa corte
Qui, presso al re. Chi ovunque seguitammo.
Lungamente servir dobbiamo ancora.
Cotesto allor si tralasciòma intanto
S’apprcstò la partenza. Incliti e nobili
I suoi consorti si prcndea Kriemhilde,
Due e trenta donzelle e cinquecento
Uomini prodi. Seguitò Kriemhilde
Di là conte Eckewardo, e quei si presero,
E cavalieri e fantaccini, e donne
E fanciulle, commiato, e venia insieme
Cosi com’era d’uopo. Ei separarsi
Baciandosi l’un l’altro, e da la terra
Di principe Gunthero uscir contenti.
Ma i lor congiunti accompagnarli assai,
Lontano per la via. Fu indetto ovunque
*
/ 215 j
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/286]]==
<poem>
Ostelli d’apprestar là 've ciascuno
Gli ebbe più cari, per la notte, in tutta :
Di Gunthero la terra e messaggieri
Fùro inviati a Sigemundo ancora
Per ch’egli, e Sigelinde insiem con lui,
Saper dovesse ornai che si redia
Da Worms eli’ è al Reno, il figlio suo
con quella
Di donna Ute celebrata figlia,
L’assai bella Kriemhilde. Oh non poteagli
Esser più grata la novella Ei disse :
Felice appicn, che tanto son vissuto |
Fin che qui ne verrà Kriemhilde bella, :
Incoronata Eredità eh’ è mia,
Alto onore n’ avrà. Sire qui debbe
Essere il figlio mio, nobil Sifrido !
E donna Sigelinde assai donava
Cose lucenti al messaggier,. d’argento
E d’oro un grave pondo, e fu cotesta
Mercè che a lui serbò. De la novella
Ch’ebbe da lui, si rallegrava, e intanto, :
Quanto più s’addicea, le ancelle sue
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/287]]==
<poem>
 
Prendean fulgide vesti. E le fu detto
Chi col figlio venia nella sua terra,
Si ch’ei drizzSr le sedie al destinato
Loco, ove innanzi ai radunati amici
1 Ir dovean con corona ambo gli sposi.
Ma di re Sigemundo i valorosi
• Mossero incontro cavalcando, e cosa
ì È ignota a me se alcun fu meglio accolto,
Meglio di questi eroi, famosi ed incliti,
} Là nella terra di Sigmundo. Ancora
È Con donne assai, leggiadre e belle (e alquanti
{ Cavalieri seguian, cortesi, a lei)
Sigelinde avvenente, alta in arcioni,
Iva incontro a Kricmhilde, in fin che lungi
Gli ospiti si vedean, per tutto intero
Il Viaggio d'un di. Grave soffrirò
Disagio invcr congiunti e strani, in tanto
Ch’elli giunsero alfine appo un castello
I Ampio, che detto era Santèna. Quivi,
ì D’allora in poi, corona ebber gli sposi.
Con bocca sorridente e per lung’ora
i Baciaron Sigemundo e Sigelinde,
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/288]]==
<poem>
 
Con molto amor, Kriemhilde bella e ancora
Con lei Sifrido. Cosi fu che tolto
Ogni affanno lor venne. E benvenuti
Furono anche d’assai d'ambo gli sposi
I consorti novelli. Entro la sala
Fu ingiunto allor di principe Sigmundo
Gli ospiti di condur. Da’ palafreni
Altri allora levò, scender fe’ a terra
Le vaglie giovinette, e molti invero
Furon gli uomini là, 've incominciossi
Con molta cura a le donne leggiadre
I servigi a prestar. Quantunque grandi
Fosser note le feste là sul Reno,
Anche migliori fùr le vesti, date
Ai raccolti guerrieri, e quali al certo
Mai non recar del viver lor ne’ giorni.
1£ si potean dir molte meraviglie
Delle ricchezze di quei re. Ma quando
In lor alta onoranza ebber soggiorno
Là satisfatti, quante vesti in oro
Lor consorti recar, quante pregiate
Gemme puranco, sovra il panno intesto!
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/289]]==
<poem>
 
Sigelinde cosi, la nobil donna,
Di tutti si prendea solerte cura.
Disse agli amici suoi prence Sigmundo :
A tutti, che a Sifrido son cognati,
Io rendo noto che la mia corona
Ei recar dee dinanzi a questi eroi.
E quei di Niderlind ben volentieri
Udian ridir cotesto annunzio. Intanto
Al figlio suo lasciò la sua corona
r Col suo diritto il re, con la sua terra,
E da quel di per tutto fu sovrano
Prence Sifrido. Quanto giusto ei vide,
Quanto ci dovè ordinar col suo diritto,
Tanto da lui si fece, onde le genti
Temean d’assai di Kriemhilde leggiadra
I.’ inclito sposo. In così grande onore
Visse, egli è vero, e governò pur anco
Sotto alla sua corona in fino al decimo
Anno, quando acquistò la sua leggiadra
Donna un figliuol. Conforme a volontatc
De’ congiunti del re ciò accadde invero.
A battezzarlo ei s’affrettamo e dato
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/290]]==
<poem>
 
Anche un nome gli fu, Gunthèr, conforme
Al nome del suo zio. Di ciò l’infante
Onta aver non dovea. Che se a’ congiunti
Ei somigliava, ciò saria per lui
Stata sorte felice. E quei con cura
Si l’allevàr, ciò che si fea pur anco
Per debito da lor. Nel tempo istesso
E donna Sigelinde si moria,
E su tutto ebbe possa della nobile
Ute la figlia, come a donne addicesi
Ricche e potenti su contrade. Assai
Fu pianto il tristo caso, or che la morte
Rapia colei. Ma là pur anco, al Reno,
Cosi a dire udiam noi, presso il potente
Gunthero un figlio partorì la bella
Briinhilde, in suolo di Borgogna. Detto
Ei fu Sifrido per l’amor del prode. *)
Con qual cura d’assai, che il pargoletto
Si guardasse, fu ingiunto E balii volle
Il nobile Gunthero, ei, che allevarlo
L’altro Sifrido, sposo di Kriemhilde.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/291]]==
<poem>
 
Un uom potean destro e gagliardo. E poi
Deli quanti amici il rio destin gli tolse !
Ad ogni tempo si dicean novelle,
Novelle assai, quanto con lode piena
Di Sigemundo ne la terra, a tutte
L’orc del di, vivesscr que' gagliardi
Cortesi e illustri. Ma ciò fea pur anco
Gunthèr famoso coi congiunti suoi,
Di simil foggia. Ancor de’
Servisi la terra a principe Sifrido
(E niuno inver più ricco era di lui
Fra i suoi congiunti), e gli servian pur anco
I valorosi di Schilbungo e tutta
Di quelli e di costui l’ampia ricchezza;
Per ciò più fieri e più superbi spirti
N’ebbe quel prode. L’uom gagliardo e forte
Ebbe un tesoro più d'assai copioso
Di quanti un prode s’ebbe mai, que’ soli
Tolti che prima il possedean. Dinanzi
A un monte l'acquistar le mani sue
Forte pugnando, e molti cavalieri
A morte egli atterrò gagliardi e illustri.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/292]]==
<poem>
 
Onore egli ebbe al suo desio conforme;
E se nulla accadea, dovea ciascuno
Il nobile guerricr per vero dritto
Proclamar tale che miglior di lui
Niun si posò su palafreni. Intanto,
Altri temea la sua possanza, e questo
Con giustizia d’assai lacca la gente.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/293]]==
<poem>
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/294]]==
<poem>
 
Avventura dodicesima
In che modo Gunthero invitò Sifrido alla festa
Di Gunthero la donna in ogni tempo
Cosi pensava E perchè mai si altera
Porta Kriemhilde la persona? Eppure
Sifrido, l’uom di lei, uno è de’ nostri
Servi addetti, e ci fe’ per lungo tempo
Servigi scarsi— E quella si recava
l Cotesto in core e si tacca pur anco ;
Grave rancura a lei che i suoi congiunti
Sì le fossero estrani e che si raro
È Altri servisse a lei da quella terra
Di eroe Sifrido. Volentieri assai
Conosciuto cll’avria donde cotesto.
Al re ne fe’ ricerca onde potesse
Questo
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/295]]==
<poem>
avvenir ch'ella dovesse ancora
I Veder Kriemhilde. E favellò in secreto
Di ciò ch’ella volea. Ala i detti suoi
Poco d'assai pan erò grati al sire.
Il re possente cosi disse Oh come,
Come potremmo a questa nostra terra
Traggerli noi? Non possiam noi cotesto!
Troppo lungi hanno stanza, ed io non oso
Invitarli pur qui. — Gli rispondea
Briinhilde allor con mente accorta assai :
Per quanto d’alcun re gli uomini addetti
Sian forti e ricchi, tralasciar non dénno
Ciò che il lor prence comandar si piace,
i E re Gunthero sorridea, cotesto
E Mentr’ella disse, ch’ei non volle mai,
Quantunque volte egli vedea Sifrido,
Chieder servigi a lui. Dolce mio prence,
Ella intanto dicca, deh tu m' aita
Nel piacer mio perchè alla nostra terra
Vengan Sifrido e la sirocchia tua,
Si che qui noi possiam vederli. E nulla
E Avvenir mi potrìa veracemente
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/296]]==
<poem>
 
Di più caro c gradito. Allor eh’ io penso
Di tua scrocchia il far cortese e gli alti
E generosi spirti, ohquanto dolce
A me ritorna il ricordar quel tempo
In che insieme assidemmo, al di che in pria
Tua donna diventai Con molto onore
Amare ella ben può Sifrido il forte!
Ella si a lungo supplicò, risposta
Fin che le diede il re Ben voi sapete
Che ospiti non vid’ io si volentieri
Come cotesti. E pregarmi v’ è d’uopo
Più dolcemente, ch’io gii vo’ i miei messi
Appo quelli inviar, si ch’ellr a noi
Vengan sul Reno. — Anche dovete voi,
La regina dicea, dirmi chi mai
Mandar vorrete, c in quali giorni ancora
A questi terra i dolci nostri amici
Venir potranno. Or, chi mandar volete,
Fate che noto anche mi sia. — Cotesto,
Rispose il prence, ben farò. De’ miei
Trenta vogl’io che cavalcando partano. —
E questi innanzi a sè chiamò, per essi
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/297]]==
<poem>
 
Di Si/rido alla terra egli inviava
Le sue novelle, e volentier Brunhilde
Lor diè vesti d'assai belle e pompose.
Voi, valorosi, disse allora il prence,
Come s’io stesso favellassi (questo
Non si taccia da voi), per me direte
A Sifrido gagliardo e a quella mia
Sorella ancora che nessuno in terra
D'elli più caro esser mi può. Ancora
Si gli pregate ch’ambo a noi sul Reno
Vengano, chè vogl’io con la mia donna
È Esser per sempre a’ lor servigi. Innanzi
I Al vicino solstizio egli, Sifrido,
I E gli armigeri suoi molti gagliardi
Qui potranno veder che a lui con grande
Onor dònno venir. Li mici servigi
Anche offerite a re Sigmundo, e eh’ io
I Sempre a lui, con cotesti amici mici,
Son devoto e fedel. Dite pur anco
Alla sirocchia mia ch’ella non lasci
Di venir cavalcando appo gli amici,
Che altra festa non fia di lei più degna.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/298]]==
<poem>
 
227
Ute e Briinhildc c quante donne ancora
Altri là rinvenia, tutte proffersero
Lor servigi a le donne d’amor degne
E ai valorosi, ch’eran molti, in quella
Di Sifrido contrada. Ecco, levarsi,
Degli amici del re dopo il consiglio,
I messaggieri. Elli n'andar, costume
Qual è di viandanti, e vestimcnta
Furon fornite e palafreni. Uscirò
Dalla terra cosibene avanzava
II lor viaggio al loco ov’ei d’andarne
Avean disegno, e i messaggieri suoi
Di difendere ingiunse il nobil prence
Con una scorta. Cavalcando vennero
Là nella terra (e fùr tre settimane),
E nel castedi Nibelungo, in quella
Di Norvegia frontiera, ove mandati
liran elli, ei trovar Sifrido eroe.
Per il lungo viaggio erano stanchi
De’ messaggieri i corridori. Intanto
A Sifrido, a Kriemhilde, altri dicea
Ch’eran venuti cavalieri, .quali
228 1 Nibelun
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/299]]==
<poem>
Recavano le vestì in quel costume
Che in Borgogna si adopra. Oh da un suo
letto
Ove giaceasi a riposar, Kriemhilde
Scese balzando, e che n’andasse, volle,
I Una fantesca a le finestree quella
Vide arrestarsi nella corte il prode
I Gère e i compagni suoi, quali inviava
I Prence Gunthero. Contro al suo dolore
I Deh qual gradito annunzio ella
apprendea*)
Al re cosi parlò Deh voi notate
Là 've si stanno quei che a questa corte
Venian con Gère il fortea noi mandolli
Giù per il Reno il fratei mio Gunthero.
Esserci dènno i benvenuti, ratto
Sifrido il forte cosi disse. — E tutti
I I famigli correan là 've fur visti
I messaggieri, e ciascun d'essi a parte
Il miglior detto che ciascun potea,
Per il doloridi star lontano da casa.
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/300]]==
<poem>
A’ messaggieri con atto cortese
Rivolse allora. Principe Sigmundo
Fu lieto assai di lor venuta. Intanto
Ebbesi alloggi coi compagni suoi
Gère, e s’indisse di prestar le cure
Ai palafreni. Ed ecco die venièno
Là ’ve presso a Kriemhilde si assidea
Prence Sifrido, i messi. E fu cotesto
Concesso a lor d’andarne in corte appunto
Fean questo i prenci. L’ospite regale
Ratto levossi in piè con la sua donna,
E degnamente fu per loro accolto
Gère dal suol eh’ è di Borgogna, insieme
A’ suoi compagni, gli uomini fidati
Di re Gunthero. Indetto fu che andasse
Gère possente e ricco ad una sedia.
Nostro messaggio concedete voi
Pria che a sederci andiam, disse quel saggio.
Concedete che in piè restiamo noi,
Ospiti stanchi, per il tempo, in cui
Dirvi dobbiam quali v’ invian novelle
E Gunthero e Briinhilde. E loro stato
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/301]]==
 
<poem>
Buono ed alto è davvcr. Diremo ancora
Ciò che la madre vostra impose a noi,
Ute reginae Giselhèr garzone
E principe Gernòt ed i congiunti
Vostri migliori c’inviàr. Da quella
Burgundia terra ci v’offrono servigi.
Gli ricompensi Iddio, dicea Sifrido,
Ch’ io credo in lor bontà veracemente
Ed in lor fede, qual pur verso amici
L’ uom deve, e questo fa di simil guisa
La lor sirocchia. Ora dovete a noi
Novelle riferir se animo franco
Ed alto in loro ostelli hanno que’ nostri
Diletti amici. Da che noi partimmo,
Nessuna offesa fece mai qualcuno
A’ mici congiunti ? Concedete voi
Ch’io mi sappia cotestoIo vo’ pur sempre |
Loro aita recar con molta fede,
Finché, per miei servigi, alti lamenti
Lor nemici faran. — Gère margravio,
Valoroso guerrier, cosi rispose :
Per tutte lor virtù, d’anima franca
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/302]]==
<poem>
Ed alta ci son davver. Fannovi intanto
Un invito, sul Reno ad una festa.
Che volentieri assai, siate di tanto
Voi senza dubbio, ci vi vedranno. E pregano
Questa signora mia che venga vosco
Ratto che tocchi l’invernai stagione
Il termin suo. Vedervi ei dènno prima
Del vicino solstizio. — E rispondea
Sifrido il forteCiò potria davvero
A gran stento accader— Ma Gère disse,
Ei, del suol di Borgogna Anche vi pregano
Ute, la madre vostra, e Gisclhero
E Gernòt, nè potete in niunii guisa
Cotesto ricusar. Perchè voi séte
Lungi cotanto, ad ogni dì li sento
Io muover lagni. Ma Briinhilde, mia
Inclita donna, ed ogni ancella sua
Gioia si avran di tal novella, quando
Possa avvenir che vi riveggan anche,
Ciò che lor donerà forza a lo spirto.
A Kricmhilde leggiadra està novella
Buona e lieta sembrò. Congiunto a lei
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/303]]==
 
<poem>
Era Gère, e d’assidersi gl’ ingiunse
L’ospite suo regai. Volle che fosse
Vino mesciuto agli ospiti raccolti,
Nè ciò fu a lungo tralasciato. Intanto,
Ratto che vide i messi, era venuto
Anche prence Sigmundo. Amicamente
A’ Burgundi parlò l’antico sire :
Voi benvenuti, o valorosi, voi
Uomini di Gunthero. Oh da quel tempo
Che il figlio mio Sifrido ebbesi in donna
Kriemhilde, si dovea ben più sovente
In questa terra voi veder, se pure
Amicamente a noi parlar volete !
Dissero ch’ei verrian, quand’ei bramasse,
Ben volentieri, e intanto, in quella gioia,
Li grave lor stanchezza si scemava.
Ai messaggieri di recar fu ingiunto
Il cibo, e cibo fu recato, e volle
Sifrido si che a quegli ospiti suoi
Si desse in copia. Nove giorni ancora
Là fu d’uopo restarsi, e veramente
I cavalieri valorosi n’ebbero
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/304]]==
 
<poem>
Lamenti poi, ch'ei non poteano ancora
Alla lor terra far ritorno. Intanto
Appo gli amici suoi mandava un cenno
Prence Sifrido. Ei richiedea che mai
Consigliassero a lui, s'elli con seco
Laggiù al Reno verrian Per una festa
Gunthèr, l’amico mio, co’ suoi congiunti
Appo me qui mandò. Se la sua terra
Lungi tanto non fosse, io si v’andrei
Volentieri d’assai. Pregano ancora
Kriemhilde mia perdi’ io con me l’adduca.
Or consigliate voi, diletti amici,
Com’ella andarne là potrebbe. Ancora
Se a trenta regioni andar dovessi
Per li cognati miei, ben volentieri
Di Sifrido la man li servirebbe.
Dissero allora i suoi guerrieri Quando
Voglia per tal viaggio abbiate voi
A quella festa, ciò che far v’ è d’uopo,
Vi consigliamo. Cavalcar con mille
Vostri gagliardi fino al Ren dovete,
E dato allor vi fia con molto onore
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/305]]==
 
<poem>
Andarne fra i Burgundi. — Allora disse
Di Niderlànd il re, Sigmundo antico :
Se alla festa n'andate, oh perchè mai
Ciò non mi fate aperto? E se cotesto
Non disdegnate, cavalcando anch’io
Fin là verronne. Cento valorosi,
Ond’io voglio aumentar le vostre schiere,
Io menerò. — Se cavalcar con nosco
Volete voi, diletto padre mio,
Disse Sifrido valoroso, lieto
Son io di tanto assai. La terra mia
Dopo dodici giorni avrò lasciata.
A tutti quelli che bramar cotesto,
Furon dati cavalli e vestimenta.
Ratto che il nobil sire ebbe desio
Di quel viaggio, a’ buoni e valorosi
Messaggieri fu indetto, cavalcando,
Di ritornar. Ma principe Sifrido
Ingiunse loro in pria che a’ suoi cognati,
Là sul Reno, ei dicessero che assai
Volentieri alla festa egli verria.
E Sifrido e Kriemhilde in quella guisa
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/306]]==
 
<poem>
Che udimmo raccontar, tanti fèr doni
A’ messaggeri, che recar que’ doni
Già non potean lor palafreni a casa
Nella lor terra. Principe Sifrido
i Era ricco d’assai. Cosi que’ messi
Spingean gioiosi innanzi a sè pel calle
Lor robusti somieri. E la lor gente
Vestiano intanto e Sigmundo e Sifrido;
Conte Eckewarto indisse ancor per donne
Vesti cercar quali più belle alcuno
Trovar potè, quali acquistar per tutta
La terra si potean di re Sifrido.
Selle e pavesi ad apprestar frattanto
S’incominciò. Quanto più alcun bramava,
Perchè nulla mancasse, a cavalieri,
A donne anche si diè, quali col sire
Dovean partirsi. Ei volle incliti gli ospiti
Cosi menarsi appo gli amici suoi.
Affrettavansi intanto i messaggicri
D’assai per la lor via. Come ne venne
Là fra i Burgundi Gère valoroso,
Bene fu accolto assai. Scesero tutti
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/307]]==
 
<poem>
Da’ lor cavalli e palafreni al suolo,
Di re Gunthero per entrar nell’aula,
Cosi come fa l’uom, vennero allora
i Garzoni e vecchi a dimandar novelle,
E il nobil cavalier cosi dicea:
Ratto udirete ciò che al mio signore
Dirò. — Cosi n’andò co’ suoi consorti
I Là ’ve Gunthero ei rinvenia. Balzava
Per molta gioia dal suo seggio il prence,
I E perchè cosi tosto erano i messi
Di là tornati, Brunhilde leggiadra
Grazie a tutti rendea. Lor disse intanto
Prence Gunthero Oh come sta Sifrido,
Da cui tanta d’amor vennemi prova?
Rosso per gioia egli si fe’, rispose
Gère avveduto, e si fe’ rossa pure
Vostra sirocchia. Nessun uom giammai
Cose si belle ed amorose indisse
Ai dolci amici, come a voi le indisse
Prence Sifrido e il padre suo pur anco.
La sposa allor del nobile signore
Cosi disse al Margravio Ora mi dite
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/308]]==
<poem>
Se a noi viene Kriemliilde. E serba ancora
La persona sua bella alcun dei tratti
Ch’ella spiegar potea? — Veracemente,
Disse Gère gagliardo, ella scn viene !
Ute pregò che innanzi a lei venissero
Subitamente i messaggieri. Questo
Da sue domande agevolmente assai
Intender si potea che volentieri
Udito avria se Kriemhilde leggiadra
Era ancor sana di personae Gère
Le disse allor come trovolla e come
Fra breve tempo ella vcrria pur anco.
Nè da lui per la corte si celaro
Doni che diègli principe Sifrido,
E fùr recate vestimenta ed oro
De’ tre regi dinanzi ai valorosi
A contemplar. Per la munificenza
Grande assai di Sifrido, a lui si resero
Inclite grazie. Ed Hàgen disse Tanto
Donar del suo agevolmente ei puote;
Nulla mancar gli può, s’anche in eterno
Egli vivesse. La sua mano ha chiuse
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/309]]==
<poem>
De’ le ricchezze. Oh un giorno
De' Burgundi alla terra elle venissero !
Dopo cotesto, s’allegraron tutti,
Perchè i prenci venissero, i famigli,
E da mane e da sera infaticati
Furo i consorti dei tre re. Principio
Fecesi a collocar diversi c molti
Seggi regali. Hunoldo ardimentoso
E Sindolto guerrier non ebber quiete
Veracemente. Elli doveano intanto
Questo curar che palchi si levassero,
Elli, scalchi e coppieri. E porse aita
Ortwin pur anco, e di ciò rese grazie
Prence Gunthero. Oh quanti fe’ comandi
Rumoldo, capo alla rcgal cucina,
A’ suoi soggetti E quanti là rinvennersi
E laveggi e caldai, quante e diverse
Pentole vaste Cibi s’apprestavano
Per quelli si che vennero alla terra.
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/310]]==
<poem>
AVVENTURA TREDICESIMA
In clic modo andarono siila festa
Or lasciam noi di questi ogni fatica
E diciam come venner su pel Reno,
De dalla terra, e donna
Kriemhilde e le sue ancelle. Unqua si ricche
Vesti non trasportar li palafreni.
Ma per la via ben molti s’invi'aro
Forzicr da somae cavalcò Sifrido
Gagliardo, allor, co’ suoi diletti amici,
La regina pur anco, olii che speme
Avean di gioia. Ma d’allora in poi
Tutto per grave angoscia a lor si fece.
A casa abbandonar quel pargoletto
Di Sifrido, ligliuol di Kricmhilde,
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/311]]==
 
<poem>
E questo esser dovea. Ma dal viaggio
i A quella corte grave la sciagura
Nacque, e mai più non vide il pargoletto
Il padre suo, la madre sua. Ne andava
Fra essi ancora principe Sigmundo.
Che se giusto ei sapea ciò che più tardi
Ne la festa gli accadde, oh quella festa
Veduta ei non avrìaDoglia maggiore
Mai non gli venne appo diletti amici.
Furon mandati messaggieri innanzi
Le novelle a ridir. Tosto con ampia
Schiera e pomposa incontro a chi venia
Mossero cavalcando amici assai
D’Ute ed uomini assai di re Gunthero.
L'ospite regio a darsi pronta cura
Incominciò per gli ospiti. Scn venne
Appo Brùnhilde ove trovolla assisa.
Come v’accolse la siroccliia mia,
Disse, allor che veniste a questa terra?
Similemente accogliere v’è d’uopo
Di Sifrido la donna. — E volentieri
Farò cotesto, ella risposea lei
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/312]]==
<poem>
Debitamente la persona mia
È addetta con amor. — Di gran mattino,
Dimani, disse il nobile signore,
Egli verranno. Or, se bramate voi
Gli ospiti accòrre, v’affrottate intanto,
Che aspettarli non debbasi da noi
Qui, nel castello. In nessun tempo mai
Ospiti più graditi a me non vennero.
All’ istante indicea che le sue ancelle,
Che le sue donne, buone ricercassero
Le vestimenta, quali era concesso
Di rinvenir migliori, e quali innanzi
Agli ospiti dovean li suoi consorti
Recar. Cotesto volentier le donne
Fecero, e questa agevol cosa è a dirsi.
Anche aflrettàrsi in lor servigi tutti
Gli uomini di Gunthero, e a sè raccolse
L’ospite regio i valorosi suoi
Tutti, e in gran pompa cavalcando mosse
La regina pur anco. Ai dolci ospiti
Molti e d’assai si fecero i saluti.
Deh con qual gioia ci fiiro accolti Parve
31
m imi miiiMiiiiiiimiiii imi imi imi minmi mimi
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/313]]==
<poem>
Che cosi lieta in la Burgundia terra
Donna Kriemhilde non avesse donna
Briinhilde un giorno accolta. A chi non vide
In pria cotesto, si fe’ noto allora
Che fosse d’allegrezza un nobil senso.
Anche venuto co' gagliardi suoi
Era prence Sifrido. E furon visti
Andarne qua e colà, da tutte parti
Del campo, i prodi, con lor schiere molte
Ed infinite, onde evitar nessuno
Potea la polve e l’accalcarsi. Ratto
Che l’ospite regai Sifrido scorse
E con lui Sigemundo, ohfavellando
Quanto affetto mostrò Deh che voi siete
A me, dicea, li benvenuti assai
E a questi amici mieiFieri e superbi
Saremo noi per che veniste in corte !
Sigmundo, l’uom che avea l’onore in cura, :
Rispose Iddio vi ricompensi intanto !
Dal giorno che Sifrido, il figlio mio,
Voi per amici s’acquistò, pensava
Sempre l’anima mia ch’io vi dovessi
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/314]]==
<poem>
Vedere un giorno. —E re Gunthcro allora
DisseM’avvenne in ciò cosa ben dolce!
Come a lui s'addicea, prence Sifrido
A grande onor fu accolto. E niuno a lui
Mostra-vasi cruccioso, e con gran cura
Adopràrsi perciò Gernòt, Gislhèro,
E credo si che mai non si accogliessero
Ospiti in guisa tanto onesta. Allora
S’avvicinò dei due monarchi questa
A quella sposa, e vuote si restaro
Subitamente molte selle, e molte
Persone allora di leggiadre donne
Da le man degli eroi, tolte d’arcioni.
Furon deposte sovra l’erba. Oh quanti
Infaticati erano là, che donne
Volentieri servian Moveansi incontro
Ambe le donne d’amor degne allora,
E molti cavalieri ebber di tanto
Letizia assai, perchè sì bello fue
Lor scambievol saluto. Anche fflr visti
Starsi da presso a le fanciulle molti
De’ più gagliardi. I nobili famigli
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/315]]==
<poem>
Per la man si prendeanma l'inchinarsi
In un atto cortese (e quale in copia
Ognuno allor toccò), ma l’amoroso
Baciarsi qual si fea da donne assai,
Cose a vedersi furon dolci a tutti
Gli uomini di Gunthero e di Sifrido.
Non indugiarsi lungamente, e tosto
Vennero al borgo cavalcando. Quivi
L’ospite regio di mostrar fe’ cenno
A quegli ospiti suoi che volentieri
Elli eran visti alla burgundia terra,
E molti rinvenian torneamenti
Pomposi e ricchi a le fanciulle innanzi
Le genti accolte. Che valenti egli erano,
Fecero allora manifesto e chiaro
Hàgene di Tronèga e Ortwin pur anco.
Niuno ardia trascurar ciò che cotesti
Ingiugnere volean. Grandi i servigi
Furon fatti per essi ai cari ospiti,
E intanto, da le porte di quel borgo,
Molti s’udian sotto punture e colpi
Forti scudi suonar. Lungo indugiossi
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/316]]==
<poem>
Con gli ospiti là innanzi il nobil sire,
Prima ch’entrar potessero. Ma l’ora
Con gran sollazzo trapassò per essi.
Alfine, ei cavalcar con molta gioia
Li dal palagio sontiioso, e molti
Artificiosi e ben tagliati vai
Pendere si vedean delle matrone
Giù dagli arcioni ben composti, in tutte
Parti a l’intorno. Giunsero frattanto
Gli uomini di Gunthero. Ecco, fu indetto
Gli ospiti di menar subitamente
Ai loro alloggi, e fu vista frattanto
Brunhilde sogguardar donna Kriemliilde,
Che bella era d’assai. Color di lei
Contro a l’or sostenea pomposamente
Il suo vivo splendor. Ma già s’udiano
Di Worms per la città da tutte parti
Vociar famigli. Principe Gunthero
A Danc'varto indicea, suo maniscalco,
Ch’ei di lor si curasse, ed egli tosto
A collocar come addiceasi allora
Incominciò i famigli. Klli fùr posti
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/317]]==
<poem>
E fuori e dentro a banchettar, nè mai
D’ospiti estrani s'ebbe in alcun tempo
Cura migliore. Quanto ei più bramavano :
Era pronto per essi, c di tal guisa
Opulento era il re, che nulla a nullo
Fu diniegato allor. Si fean servigi
Amicamente ad essi e senz’alcuno
Astio del core, e con gli ospiti suoi
L’ospite regio assise a mensa. Tosto
Di sedersi fu indetto a re Sifrido
Là ’ve in prima sedette, e venner seco
A que’ sedili molti valorosi.
Dugcnto prodi a un circolo sedièro
A quella mensa, e Brunhilde regina
Pensava intanto eh' uomo ad altri addetto :
Esser più ricco non potea. Vèr lui
Inchinevole tanto era del core,
Che volentieri incolume lasciollo.
In quella sera, come il re si assise,
Molte pel vino vestimenta ricche
Andaron molli, chè dovean gli scalchi
Per le tavole andar. Con molta cura
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/318]]==
<poem>
Pieno servigio si prestò. Sia quando
Per lung’ora cosi da lor si attese
A quella festa, a le donne leggiadre,
A le fanciulle, altri indicea d’andarne
È A’ lor riposi, e donde che venissero,
Lor compiacea l’ospite regio. A tutti
Con vero onor fu dato in copia. E allora
Ch’ebbe fine la notte e che mostrassi
E II dì novello, fuori da’ forzieri
Molte splendean nobili gemme e varie
In su le ricche vestimenta, quali
Man di donne toccò. Vesti pompose
É Molte e d’assai furon cercate allora.
Prima che appien facesse di, sen vennero
Là per la sala molti cavalieri
E famigli pur anco. E si levava
Alto un tumulto pria che mattiniera
Cantata per il re fosse una messa.
E Giovani eroi là venner cavalcando
Sì che il nobil signor grazie dicea
E Di questo a tutti. Fieramente assai
È Molte eclieggiaron trombe, e fu di corni
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/319]]==
<poem>
Tanto grande il fragor, di flauti ancora,
Che per esso echeggiava alto a l’intorno
Worms ampiamente spaziosa. Tutti
Gli animosi guerrieri a’ lor cavalli
Vennero, e tosto incominciò in la terra
Di molti e buoni croi un fero gioco,
A’ quali assai mirò la gente e questo
Dava ardimento a’ giovinetti cuori,
Mentre sotto a’ pavesi assai gagliardi
Buoni e valenti si vedean. Si assisero
L’inclite donne a le finestre e molte
De le fanciulle vaghe. Adorna tutta
La lor persona ed elle i fieri giochi
Degli arditi vedean. Ma il re principio
Fe’ al cavalcar co’ suoi congiunti amici.
Cosi quell’ore ei trapassar, che lunghe
Lor non parvero intanto. E già s’udia
Là dal duomo un frastuon di varie squille,
E venner tosto i palafreni. Amiamo
Cavalcando le donne, e molti prodi
Seguìan da sezzo l’inclite regine.
Sull'erba elle scendean dal monastero
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/320]]==
<poem>
In arrestarsi, c a quegli ospiti suoi
Inchinevol dell’alma era d’assai
Brunhilde ancora. Con un serto in capo
Entrar la vasta cattedrale. — Amore
S’interruppe dipoiciò cagionava
Grande un’ invidia. - Poiché messa udièno,
Con gran pompa di là si ritornaro,
E si videro allor lieti e gioiosi
Tutti andarne alla mensa. E la lor gioia
Per la festa regai non tacque mai,
Fin che non venne l’undicesmo giorno.
minai inni un mi imi
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/321]]==
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/322]]==
<poem>
Avventura quattordicesima
In che modo le regine fecero contesa
Un di, prima del vespro, alto levossi
Un fragor quale accadde per alquanti
Prodi nel regio ostello. Armeggiamenti
Di cavalieri ei fean, di sollazzarsi
Nella speranza, ed a mirarli corsero
Uomini molti assai e donne ancora.
Anche là si assidean le due possenti
Regine insieme, ad ambo i lor guerrieri
Kriemhilde bella cosi disseUn uomo
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/323]]==
<poem>
Le risponde». Se niun vivesse in terra,
Lui sol togliendo e te, potriano allora
Essergli i regni sottomessi. Intanto
Che re Gunthero vive, in niuna guisa
Può cotesto accader. — Disse Kriemhilde :.
Vedi tu com’ei sta, dinanzi a’ prodi
Com’egli vien da gran signore in quella
Guisa che fa dinanzi a l'altro stelle
Bianca la luna? Ora degg’io, con molta
Ragione inver, portarne alto concetto.
Per quanto ei sia leggiadro, rispondea
Donna Brilnhilde allor, per quanto bello
E valoroso, innanzi a lui pur sempre
Lasciar tu dèi Gunthèr guerriero, il tuo
Kobil fratello. Intendi tu ch'ei puote
Ir veramente a tutti i prenci innanzi.
Ma Kriemhilde diceaTanto gli è degno
Sifrido mio, che non senza ragione
Io fei sue laudi. In molte cose assai
È grande l’onor suo. Credi, Briinhilde;
A Gunthero egli è ugual. - Deh che non dèi
Intendermi cosi, Kriemhilde mia,
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/324]]==
<poem>
Ho io colai, che in mano sua dovriano
Star questi regni tutti. - Ohcome dunque
Accader ciò potria? donna Brunhilde
In mala parte, chè la mia parola
Non pronunciai senza ragione. Allora
Che in pria li vidi •) e volontà del sire
l'icgossi all’amor mio, d’ambo cotesto
Io bene intesi asseverar. E quando
Di cavalier con bel costume vinse
Gunthero l’amor mio, Sifrido istesso
Affermava del prence esser vassallo.
Perciò vassallo anche l’estimo, ratto
Che ciò intesi da lui asseverarmi.
Kriemhilde bella così disse allora :
Male adunque m’accadde Oh come oprato
Avrìan dunque cosi li miei fratelli
Nobili e illustri, perch’ io donna fossi
D’uom eh’è vassallo? Deh Brunhilde mia,
Amicamente di questo i’ ti priego
Che per me sola e per atto cortese
Sifrido c Gunthero.
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/325]]==
<poem>
Questo sermon tu lasci. — E non poss* io
Lasciarlo mai, la regai donna disse.
A che dovrei di tanti cavalieri
Aver difetto, d’essi, che a’ servigi
Sottomessi mi son con quel gagliardo? I)
A concepirne gran disdegno assai
La leggiadra Kriemhilde incominciava :
E difetto di lui aver t’ è forza,
Chè alcun servigio in alcun tempo mai
Appo a te non farà Egli è più illustre
Di Gunthèr fratei mio, l’uom grande
e nobile.
Risparmiar mi dèi tu questo che intesi
Da te soltantoe meraviglia sempre
Ancor mi prende, se, poi ch’egli è tuo
Vassallo e poi che tanto su noi due
Hai tu poter, si a lungo abbia Sifrido
Il suo tributo ch’ei ti dee, tardato.
Io con ragione assai la tua superbia
Risparmiar mi vorrei. - Deh che soverchio
Sifrido.
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/326]]==
<poem>
T’innalzi tu, la regai donna disse.
Or io cotesto ben vedrò se tale
Alla persona tna onor si rende
Quale alla mia tributan altri. — Assai
Ambe le donne ebber sdegnoso il core.
Donna Kriemhilde cosi disse allora :
Cotesto esser potrà. Da che parlasti
Quid d’un vassallo del mio sposo, appunto j
dovranno d’ambo i re le genti
Cotesto giudicar, s’io l’ardimento
Centrarmi in chiesa avrò dinanzi a donna =
Sposa di re. Oggi veder tu dei
Ch’io mi son donna libera ed illustre,
Che molto e più d’assai che non è il tuo, |
È il mio sposo valentee per cotesto
Non vo’ ch’altri mi oltraggi. E tu vedrai, ;
In corte, innanzi di Borgogna ai prodi,
Questa eh’ è tua vassalla. Assai più illustre :
Io vo’ mostrarmi di qualunque donna
Regale altri vedea, che mai corona
Oggi stesso vedrai, come ne vada
Qui un di recasse. — Fra le donne invero
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/327]]==
<poem>
Grande un odio c d’assai levossi allora.
Ma Brunhilde diceaSe mia vassalla
Esser non brami, separarti è d’uopo
Con le tue donne da’ famigli miei
Ratto che al monastero andremo noi.
Davver che ciò farassi rispondea
Kriemliilde allor. - La donna di Sifrido,
Or voi, ancelle mie, cosi soggiunse.
VestiteviRestar la mia persona
Senza scorno qui dee. Ciò voi dovete
Chiaro mostrar, quando recar vi piaccia
Vesti pompose. Volentier Briinhilde
Brami così smentir ciò che affermava.
Agevolmente consigliar poteasi
Questo a le ancelle. Ricercar le vesti
Pompose, e tosto matrone e fanciulle
Ne fòro adorne. Venne allor la nobile
Donna del sire co’ famigli suoi,
Ma la persona di Kricmhildc bella
Era pur anco adorna assai con tante
Ancelle sue, quarantatre, che al Reno
Ella condusse. Elle recavan panni
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/328]]==
<poem>
Lievi di seta oprati già in Arabia.
1 Così venian l’inclito donne intanto
I Al monastero, e da la casa innanzi
(ìli uomini tutti di Sifrido accolti
Aspettavan Kriemhilde. Ebbe la gente
Meraviglia di ciò, perchè avvenisse
Che le regine si vedean di tale
Guisa disgiunte, che non ivan presso
i L’una dell’altra come in pria. - Da questo
A molti valorosi incolse poi
Sventura orrenda. — Stavasi dinanzi
Là dalla chiesa di Gunthèr la donna,
1 E molti cavalieri ebbero intanto
Sollazzo e gioia per femmine vaghe
l Che accoglier là dovean. Donna ICriemhilde
i Giugncva allor con sua pomposa schiera.
Quante recaron mai splendide vesti
Figlie di cavalieri incliti e illustri,
Eran, dinanzi a quelle ancelle sue,
Com’aura lieve, cosa lieveed ella
Era cosi di assai pregiate cose
E ricca e adorna, che di trenta regi
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/329]]==
<poem>
Le spose non potrian tinto mostrare
Quanto mostrò Kriemhilde allor. Se alcuno
Bramar questo dovea, mirar le vesti,
Anche affermar potea che unqua più ricche
Vesti e pompose ei non mirò di quelle
Che di Kriemhilde avean le donne. Speme
Se pel duol di Brflnhilde in lei non era,
La fiera donna ciò lasciato avria.
Dinanzi al vasto monastero insieme
Ambe venner le donne, e la regina,
Per odio grande, fieramente indisse
Di starsi cheta a KriemhildeCerto!
Non dee giammai dinanzi a rcgal donna
La vassalla passar— Rispose allora
Donna Kriemhilde (e n’era il cor sdegnoso) :
Se tacer tu potevi, era il tuo meglio.
Or danno Testi a tua bella persona
Per te medesmaCome adunque sposa
Esser potrìa di re la concubina
D’ogn’uomo? — E chi di’ tu la concubina?
Del re disse la donna. — Io questo dico,
Kricmhilde rispondea. Quel tuo bel corpo
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/330]]==
<poem>
Ebbe Sifrido in pria, l’uom che m’è caro, j
Nè fu già il mio fratei ch’ebbesi primo :
La tua verginità. Dove n’ andaro
I superbi tuoi sensi? E fu davvero
Un mal giuoco quel tuo Come soffristi, :
Poi eh’ è vassallo a te, che l’amor tuo
Sifrido avesse? — E aggiunseIo però j
intendo |
Che senza ogni ragion di ciò ti lagni. >) §
Davver Bruniiilde rispondea, che questo :
A Gunthèr io dirò — Deh che men cale ? :
La tua superbia t’ingannò tentasti
Di trarmi a te servir con tue parole,
E ciò mi fia, veracemente il sappi,
Sempiterno dolor. Non più inchinevole :
Ad amarti son io, nè a darti fede.
Pianse Briinhilde allor, nè s’indugiava :
Là Kriemhilde più a lungo. Ella, dinanzi :
Alla donna regai, con le sue ancelle
Al monastero entrò. Deh che levossi
Dell'essere stata chiamata concubina. ;
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/331]]==
<poem>
Odio immane fra lor. Ne fùr dolenti
E lagninosi poi molt’occhi fulgidi.
Per quanto a Dio là si compiesse il rito
E la gente cantasse, alla regina
Lungo soverchio parve il tempo. Affranta
Era d’assai la sua persona e l’alma
Afflitta e mesti, e ne dovetter poi
Molti eroi valorosi e di gran core
Portar la pena. Con le donne sue,
Andò Brunhilde al monastero innanzi
Ad aspettar. Pensava Ora più assai
Intender cose mi farà Kriemhilde,
Perchè mai, con favella ardita e fiera,
Me di tanto accusò. S’ella ne ha vanto,
Ne va la vita di Sifrido. — Ed ecco
Ora venirne con alquanti prodi
La nobile Kriemhildee a lei si volse
Donna Brunhilde in questi detti Voi
Qui v’arrestate. Concubina osaste
Appellarmi, e però fate ch'io ’l vegga.
A me grave dolor, tanto sappiate,
Pel dir vostro toccò. — Rispose allora
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/332]]==
<poem>
Donna Kriemhilde Anche potreste il passo
Cedermi innanzi, e farò chiaro il vero
Per questo anello d’or eh’ io reco al dito.
Mei porse un giorno il mio diletto sposo
Dopo la notte che appo voi si giacque.
Dawer che giorno più funesto e reo
Brvinhildc mai non visse - Eppur soggiunse:
Questo and prezioso e in fulgid’oro
Tolto invero mi fu, lunga stagione
Mi si tenne per mala opra nascosto ;
Or' io giungo a veder chi mel rapia.
Cosi venian le donne in gran corruccio,
E Kriemhilde diceaDonna clic ruba.
Io giammai non sarò. Meglio dovevi
Tu serbarne silenzio, ove l’onore
Stato caro ti fosse. Io vo’ mostrarti
Che non mentii, con questo cinto istesso
Ch’ ho a’ fianchi attorno. E fu dawer
l’amante
Di te Sifrido mio. — Ella recava
Quel cinto che di Ninive con seta
Era intessuto in preziose gemme,
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/333]]==
<poem>
Che leggiadro era inver. Come ciò vide,
A pianger cominciò donna Bi itnhilde ;
Oh si questo dovean Gunthero e gli altri
Gagliardi tutti di Borgogna intendere !
La regina gridò Fate clic venga
Del Reno il prence qui. Vogl’ io che intenda
Di qual foggia mi fe’ la sua sorella
Indegno oltraggio. Apertamente disse
Ch’io di Sifrido fui la donna un giorno.
Giugneva il re co’ suoi gagliardi. Vide
La sua diletta lagrimar. Deh quanto
Amicamente ci le parlò Mi dite,
Donna diletta, chi vi fea cotesto.
Al suo prence ella disseIo corrucciosa,
E n’ ho ben donde, qui mi sto. Di tutto
L’onor mio di gran cor la tua sirocchia
Me volle defraudar. Perciò dinanzi
L’accuso qui. Che l’uom di lei, Sifrido,
Ebbemi concubina, ella già disse.
Male questo ella fea, così rispose
Prence Gunthero. - Ma BrilnhildeUn mio
Cinto ch’io già perdetti, c l'anel mio
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/334]]==
<poem>
Fulgido qui recò. Deh che d’assai
Mi fa rancura eh’ io nascessi un giorno,
Se da tanta vergogna, o signor mio,
Non mi difendi tu. Sarà che allora
Io per sempre a te serva. — A noi ne venga
Sifrido qui per ciò, disse Gunthero.
S’egli di tanto si vantava, a noi
Intender faccia, o questo a noi smentisca,
Di Niderlànd il sire. — Eccoa l’istante
Indetto fu che là venisse il prode,
A Kriemhilde si caro. Allor che scorse
Prence Sifrido le crucciate donne,
Poi che nulla sapea, disse repente:
A che piangon le donne? Io volentieri
Apprenderei cotesto. Ovver, per quale
Cagione il signor mio qui m’appellava?
Re Gunthero diceaGrave dolore
E qui per me. La donna mia, Briinhilde,
Noto fecemi qui che ti vantasti
D’aveme un di la leggiadra persona
Goduta per amor. Disse cotesto
La sposa tua, donna Kriemhilde. - Allora
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/335]]==
<poem>
Disse prence SifridoE se tal cosa
Ella dicea, n’avrà, pria che da tanto
10 mi ritragga, e cruccio e duol. Ma innanzi |
A tutti i prodi tuoi, col mio più grande j
Giuramento vogl’io chiaro mostrarti
Ch’io di cotesto nulla dissi mai.
Del Reno il prence cosi disseA noi ì
Tu fa veder cotesto. E se tu avanzi
11 giuramento e il giurar tuo s’avvera,
Libero e sciolto d’ogni falsa accusa
Ti lascierò.- Fu ingiunto allor che in cerchio f
Di Borgogna gli eroi si radunassero,
Superbi e fieri e già stendea la mano
Sifrido ardimentoso al giuramento, i
Quando il nobile re cosi parlava :
Vostra grande innocenza, ecco, ben nota :
Per tal via mi si fa. Libero e sciolto
Io lascierowi che giammai tal cosa
Si facesse da voi quale di voi
La mia sorella afferma. - Oh s’ebbe gaudio, :
Sifrido rispondea, perch’ella il core
Di Brunliilde affliggea, la donna mia,
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/336]]==
<poem>
Ciò veramente a me saria dolore
Senza misura — I buoni cavalieri
Guardavansi l’un l’altro. E si dovria,
Dicea Sifrido valoroso intanto,
Questo a donne imparar perchè lasciassero
Lor parole oltraggiose. Alto divieto
Fanne, Gunthero, alla tua donna, ch’io
Alla mia donna il farò ancora. E invero
D’atti si tristi i’ mi vergogno assai.
Fùr separate, al cessar di que’ detti,
Le vaghe donne, ma d’assai crucciavasi
Brunhilde, e sdovean pietade averne
Di Gunthero gli amici. Ecco venia
Hàgene di Tronèga. Ei s’accostava
Alla signora sua, chiedea che mai
Avvenuto le fosse, or che piangente
Ei la rinvenne. E gli narrava aperto
Il tristo caso ella medesma. Allora
Hàgen promise che n’avria la pena
L’uom di Kriemhilde, o ch’egli stesso mai
Non avria gioia in sempiterno. Venne
A quel sermone Ortwin pur anco e venne
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/337]]==
<poem>
t, e già gli eroi •) si consigliavano
Sul morir di Sifrido. Anche sen venne
D’Ute nobile il figlio, Giselhero.
Ei, come udi parole, in questa guisa,
Con fedel core ed innocente, disse:
Voi, buoni cavalieri, ohperchè mai
Fate cotesto? E non merta Sifrido
Odio si grande inver, perch’ei ne deggia
Perder la vita. E son leggiere assai
Le cose onde fra lor donne s’adirano.
E dovrem noi bastardi, Hàgen dicea,
Allevar dunque ? E saria grande onore
Che avriano in ciò perfetti cavalieri !
Ma poi che troppo si vantò colui
Per la diletta mia signora, morte
Io vo’ piuttosto, se di lui la vita
Non ne va in ciò. - Disse il re stesso Nulla
Sifrido fece a noi che anche non fosse
Cosa buona ed onrata, e dee pur l’uomo
Hagcn e Gunthero che avevano segufto
Brunhildcvedi piti sotto.
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/338]]==
<poem>
Lasciarlo in vita. A me, deh che varrebbe
Se odiassi il prode ? Egli era a noi fedele
E questo ei fea per volontà devota.
E Ortwin da Metze valoroso Oh mai,
Disse, mai non potrà la sua gran forza
Recargli aita. E se il mio re acconsente,
Ogni gran mal farò a Sifrido. — A lui
L’amistà disdicean senza ragione
I gagliardi così. Ma niuno in questo
Pensiero seguitò, fuor che ad ogni ora
A Gunthero possente Hàgen consiglio
Ripetendo venia, che se giacesse
Spento Sifrido, sottomesse a lui
Molte sarian terre di prenci. Allora
A corrucciarsi incominciava il prode. ')
Cotesto intanto abbandonar. Fùr visti
A’ lor giochi guerreschi i valorosi,
E là, dinanzi al monastero, oh quante
Aste forti d’eroi ruppersi intanto,
Sotto agli occhi di lei, donna a Sifrido,
Gunthero.
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/339]]==
<poem>
E fin dentro a le sale. Oh ma d’assai
Gli uomini di Gunthero andar crucciosi !
Disse il reLa mortile ira lasciate.
I Nacque Sifrido a noi per nostra gloria
E per l’onore. Anche in tremenda guisa
L’uom prodigioso è forte. E s’ei di tanto
Avrà scienza, niuno a lui di contro
{ Di restarsi ardirà. — Non ei saprallo,
Hàgen rispose. In gran silenzio voi
Statevi intanto, ed io m’affido in tale
Acconcia guisa di guidar secreta
L’impresa mia, che di Britnhilde il pianto
Cagion di duolo gli sarà. Davvero !
Che d’ Hàgen sempre nimistà egli avrassi.
Come avvenir potria cotesto? disse
Prence Gunthero. — E quei dicea Vogl’ io
Farlo intendere a voi. Apertamente
L’alleanza a disdir, farem che vengano
In nostra terra a noi stranieri messi,
Cui nessun qui conosce. Innanzi ai vostri
Ospiti dite voi che voi con tanti
Vostri guerrieri, per far guerra, lungi
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/340]]==
<poem>
Andrete tosto. Fatto ciò, Sifrido
V’ofire l’aita sua, ed ei ne perde
Ratto la vita. Intendere vogl’ io
Di ciò modo e ragion del valoroso
Dalla sposa medesma. — E seguitava
Il nobil sire male in suo consiglio
Hàgen vassallo. A ordir, pria che nessuno
Conscio ne fosse, l’alto tradimento
I cavalieri eletti incominciaro,
E avvenne si che molti eroi, di due
Donne per vano querelar, perderonsi.
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/341]]==
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/342]]==
<poem>
Avventura Quindicesima
In clic modo Sifrido fu tradito
Alla quarta mattina, ecco, fur visti
A corte cavalcar trentadue prodi,
E noto intanto si rendea che sfida
Era cotesta al nobile signore,
Gunthèr possente. Al menzognero annunzio
Crebbe a le donne un fiero duolo. I messi
Ebbero vènia allor per eh’ ei del sire
Venissero al cospetto, e là diceano
Ch’egli eran gente di Liudgero, cui
Di Sifrido la destra un di già vinse
E trasse poscia come ostaggio in quella
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/343]]==
<poem>
Terra di re Gunthero. Il suo saluto
Fé’ il prence ai messi e cenno anche
di assidersi,
Ha un d’essi rispondea Deh ci lasciate,
Sire, in piedi restar, fin che per noi
Dicasi motto che per voi n’ è ingiunto.
Questo sappiate che di molte madri
Nemici i figli avete voi. I.iudgero
E Liudegasto l’amicizia ornai
Disdiconvi, chè molto, a questi giorni,
E grave duol lor cagionaste. Ei vonno
Con lor squadre venirne in questa terra.
Contro a voi cavalcando. — Incominciava
Gunthèr, poi che ciò seppe, a corrucciarsi.
Fu indetto allor che i falsi messaggieri
Fosscr tratti agli alberghi. Oh di qual guisa
Sifrido, o chi altri mai, potea guardarsi
Da questo ch’elli ordian? Ma tutto poi
Si volse in grave duol de’ rei medesmi !
Segretamente con gli amici suoi
Consigliavasi ’1 re, nè gli lasciava
Hàgene di Tronèga alcun riposo;
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/344]]==
<poem>
E ben che molti, lidi al re, ritrarsi
Volessero da tanto, il reo consiglio
Hàgene abbandonar non volle mai.
E un di Sifrido a consigliarsi accolti
Li ritrovò, si che principio a chiedere
Fece l’eroe di NiderlàndOhil sire
E questi amici suoi, dehperchè vanno
Di tal guisa crucciosi? A vendicarlo,
Se alcun gli fece alcuna cosa, aita
Io sempre gli darò. — Doglia ho nel core
Per cagion grave, disse re Gunthero.
Me disfidato c Liudgero e Liudgasto
Hanno, e venirne apertamente ei vonno
Alla mia terra cavalcando. — In questo,
Disse quel prode ardimentoso e fiero.
Di Sifrido la man, per l’onor vostro,
Daravvi aita con ardor. Chè a quelli
Eroi nemici quanto feci in pria
Anche farò. Lor campi e lor castella,
Pria che di là mi torni, in fiera guisa
Diserterò. Pegno vi sia di tanto
Questo mio capo. Ma restarvi intanto
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/345]]==
<poem>
Al vostro ostello co’ gagliardi vostri
V’ 6 d’uopo, e eh’ io, co’ prodi miei
che ho meco,
Parta in arcion, mi concedete. Quanto
Io volentier servigio presti a voi,
Vo’ addimostrarvi. Incoglierà sventura,
Ciò sappiate, per me a chi v’ t nemico.
£ Oh caro annunzio a me come se lieto
Di tant’nita veramente ci fosse,
Re Gunthero gridò. L’uom disleale
Giù s’inchinò con falso core, e intanto
Prence Sifrido questo aggiunse Voi
Ben lieve cura di cotesto abbiate.
Cosi quelli ordinar co’ lor sergenti
Il lor viaggio, e fean di cotal guisa
Percliò Sifrido co’ guerrieri suoi
Questo intanto vedesse. E d’apprestarsi
Fe’ cenno allor di Niderlànd ai prodi,
i E ratto di Sifrido i valorosi
Guerreschi arnesi dimandar. Dehvoi,
Padre mio Sigemundo, eroe Sifrido
Incominciò, qui rimanete. Ancora,
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/346]]==
<poem>
Se Iddio fortuna ci darà, verremo
In brev’ora tornando in fino al Reno.
Or voi, daccanto al re, qui vi restate
Con molta gioia. — Le bandiere avvinsero :
Qual se in punto d'andarne. E v’eran molti
Di re Gunthero che di ciò che accadde,
Nulla invero sapean. Molti famigli
Veder là si potean appo Sifrido,
Quali a’ destrieri lor corazze ed elmi
Avvinccan forte. A partir da la terra
Molti gagliardi cavalieri apprestansi.
Hàgene di Tronèga ove Kriemhilde
Rinvenne, si recò, pregò che vènia
Ella dèsse al partir. Già da la terra
Egli andarne dovean. Bene m’accadde,
Kriemhilde si dicea, per ch’io tal sposo
M’acquistai già, che ardisce a’miei diletti
Portar soccorso, come a’ cari mici
Suol far Sifrido, signor mio. — Per questo,
La regina soggiunse, anima altera
Assumere poss’ io. Ma voi frattanto
Pensatevi a cotesto, Hàgene amico,
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/347]]==
<poem>
Diletto a me d’assai, ch’io volentieri
A voi servigio prestai sempre e eli’ io
Astio giammai non ebbi a voi. Per tanto
Lasciate ancor che del mio caro sposo
Io diletto mi prenda e s’io pur feci
Cosa a Briinhilde, egli non dee di questo
Portar la pena. Oh di cotesto assai,
La nobil donna aggiunse ancora, ebb’io
Pentimento dipoi Questa persona
Forte Sifrido mi picchiò. Per eh’ io
Cosi parlai, si dols’egli nell’alma,
E quel gagliardo valoroso e ardito
Grave l’offesa vendicò. — Deh voi
Riconciliate 1) a questi di ben tosto,
Hàgen dicea, sarete Or voi, Kriemhilde,
Amabil donna, in che poss’ io giovarvi
Pel vostro, sposo, a me chiarir dovete.
Io volenticr farò tal cosa, o donna;
Meglio che a voi far non potrei cotesto
Ad altri mai. — La nobil donna disse:
Cioè Brfmhilde c Kriemhilde.
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/348]]==
<poem>
Senz’affanno sarei che altri potesse
Toglier la vita a lui ne le battaglie,
Quand’egli mai dell’ardor suo la foga
Secondar non volesse. Allor saria
Sempre sicuro l'uom gagliardo e prode.
Hàgene disse allorPoi che temenza,
O donna, avete voi che altri vi possa
Ferir lo sposo, fate almen eh’ io sappia
Per quali accorgimenti io si potrei
i E guardarlo ed assistere, che sempre,
Per custodirlo, andando e ritornando
Vo’ cavalcargli presso. — E quella disse:
Tu se’ congiunto a me, son io pur anco
Una de’ tuoi. Però, con molta fede,
Io t’accomando il mio diletto sposo,
Perchè tu guardi a me con molta cura
L’uom che m’è caro. — E disse cose intanto
Che meglio era lasciar. Lo sposo mio
È ardimentoso, ella dicea, gagliardo
Pur anco assai. Quanti’ei, vicino al monte,
Il dragone colpi, l’uom generoso
E chiaro assai bagnavasi in quel sangue,
lllllllllllllllll
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/349]]==
<poem>
lllllllllll
278 /
E da quel di, ne le battaglie sue,
Nessun’arma il ferisce. >) Eppur son io
In gran temenza quand’ei sta fra l’armi
E da la mano degli eroi continui
Volan gli strali, ch’io mi perda allora
L’uom che m’è caro. Deh qual doglia grave
Ebb’io sovente per SifridoIntanto,
Con fiducioso cor, diletto amico,
Poi che tu serbi a me questa tua fede,
10 ti dirò dove potria qualcuno
L’uom diletto ferirmi. E già cotesto
Intender ti faròciò per fidanza
Da me si fa. Come pertanto scorse
Da le ferite del trafitto drago
11 caldo sangue e il prode ardimentoso
In quello si bagnò, caddegli un’ampia
Foglia di tiglio assai fra le due scapule,
Al medio punto. Là potria qualcuno
Ferirlo, em'è per ciò grave l’angoscia.
Per questo drago, ucciso da Sifrido, vedi
l’Avventura Terza e i’Introduziono al Poema.
Il
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/350]]==
<poem>
re Gunthero.
=
/ 279 :
Hàgene disse di T ronèga A lui
Sopra le vesti piccola una croce
Cucite voi. Chiaro per ciò mi fia
Dove guardarlo mi sia d’uopo, allora
Che nell’assalto noi saremo. — E intanto |
Credeasi quella di far salvo il prode,
E ciò si fea per la sua morte sola.
Sulle vesti di lui, disse Kriemhilde,
Io cucirò, con poca seta, appena
Visibile una croce. E là, o guerriero,
Dovrà la destra tua di me lo sposo
Guardar nell’ora che accadrà la pugna,
Ratto ch’egli starà de’ suoi nemici
Ne la battaglia a fronte. — Oh dolce mia :
Donna, rispose, i’ ben farò cotesto !
Fede colei si avea che al suo diletto
Giovamento era tale, e in ciò tradito
Iva lo sposo di Kriemhilde. Prese
Commiato Hàgene allor. Di là partia
Lieto e contento, e a’ compagni del sire *)
I
2S0 /
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/351]]==
<poem>
Crebbe perù gioioso spirto. Credo
Che maggior tradimento unqua non fece
Un cavalier, come d’ Hàgene allora
Tradimento venia, da che regina
Kricmhilde si affidava alla sua fede.
All’altro di, gioiosamente assai
l’rencc Sifrido con suoi mille prodi
Cavalcando partia. Credea l'offesa
Dovess’ei vendicar dei fidi amici,
Ed Hàgen si daccanto gli si fece
In cavalcar, che ne mirò le vesti.
Come scoverse il convenuto segno,
Nascostamente due de’ suoi, che dissero
Altra novella, egli inviò. < Doversi
(Fu detto) in pace rimaner la terra
Di re Gunthero, averli a ciò inviati
Liudgero presso al re. -Dehquanto in mala
Voglia tomossi principe Sifrido
Senza che vendicata egli l’offesa
Degli amici si avesse A gran fatica
Di Gunthero le genti indi il ritrassero,
Ed ci ne venne al re. L’ospite regio
UHI MIMI •Ululili
inni ili
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/352]]==
<poem>
281
A render grazie fe' principio allora:
Or vi compensi Iddio, Sifrido amico,
f Di vostro buon volerPerchè di tanto
I Voi volentieri fate ciò eh’ io prego,
Vi servirò per sempre in quella guisa
È Che a ragione vi debbo. Io mi confido,
1 Fra tanti amici miei, in voi soltanto.
Ma poiché dell’andar fra l’armi in giostra
Or liberi siam noi, cinghiali ed orsi
Io cavalcando vo’ cacciar, com’io
1 Soglio sovente, in Waskenwild. — Cotesto
Hàgene consigliò, 1' uom tristo e infido.
A tutti ospiti miei questo frattanto
Dicasi, che partir di gran mattino
Vogliamo noi s’appresti chi ha desio
Di cacciar mecoe se qualcun qui brama
Con le donne restarsi alla mia corte,
1 Cotesto ancor mi sarà grato. — Allora
i Che ite a la caccia voi, con regale atto
I Disse prence Sifrido, io volentieri
Vi seguirò. Prestatemi un braccliiero
I E alquanti cani, ed io con voi nel bosco
*3
*
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/353]]==
<poem>
28’
/
Cavalcherò. —Nulla bramate voi
Fuor che solo un bracchier? subitamente
Dissegli ’l re. Quattro darovvi, allora
Che il vogliate, a cui son ben conosciuti
La foresta e i sentieri in che ne vanno
Le belve attorno. Ei non vorran che lungi
Dal loco in che s’adunan cacciatori,
Errando andiate voi. — Il nobil sire
Appo la donna sua ne andava allora,
E intanto al suo signore Hàgen gii detto
Ebbe di quale accorgimento vincere
L’uom gagliardo ci volca. Deh che giammai
Tradimento maggiore altri non fece!
4...
*
*
:
:
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/354]]==
<poem>
Avventura Sedicesima
In che- modo Sifrido fu ucciso
•t~
Gunthero ed Hàgen, valorosi e arditi,
Con anima infedel nella foresta
Una caccia apprestar. Con cuspidati
Lor giavellotti egli volean cinghiali
Cacciar, bufali ed orsi. Oh qual potea
lìsser cosa più ardita? — In regai foggia
Venia con essi anche Sifrido, e molti
Cibi di varie fogge altri con seco
In via recava. Ad una fresca fonte
Ei la vita perdea ciò gli ebbe ordito
Briinhilde in pria, di re Gunthir la donna.
*
*"
•*
/
Andava allora il nobil cavaliero
:
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/355]]==
<poem>
Là ’ve trovò Kriemhilde sua. Ma intanto
Di lui, de’ suoi compagni, altri sul dorso
Ponea de’ muli un nobile da caccia
E ricco arnese. Andarne egli voleano
Di li dal Reno. Oh non dovea Kriemhilde
Maggior doglia soffrir La sua diletta
In bocca egli baciò. Conceda Iddio
Che salva i’ ti rivegga, o donna mia,
E me riveggan gli occhi tuoiTu dèi
Co’ tuoi dolci congiunti a questi giorni
Intrattenerti, che restarmi a casa,
Qui, non poss’ io. - Pensò Kriemhilde allora
(E nulla osò ridir) ciò ch’ella in pria
Ad Hàgene ebbe detto. Incominciava
A lamentar la nobile regina
Perch’ella mai nascesse in vita. Pianse
Di principe Sifrido in là da modo
La nobile mogliera. Oh vostra caccia
Abbandonate al forte ella dicea.
Male sognai la notte, e come due
Feroci verri pel selvaggio loco
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/356]]==
<poem>
4*
1 285
Vi cacciavanorossi per il sangue
Del prato i fiori. E s’io piango si forte,
I Io n’ ho vera cagion. Temo d’assai
I Qualche trama funesta ove qualcuno
È Abbia offeso chi noi possa d’un odio
È Mortale perseguir. Deh signor mio
I Diletto a me, restate Io vel consiglio
Con tutta fede. — O mia diletta, ci disse,
Fra giorni brevi tornerò. Nò alcuno
Di questa gente so, che a me del core
i Porti alcun odio. I tuoi congiunti tutti
I Benevoli mi son, tutti ad un grado,
1 Nè da que’ prodi inver diverso affetto
Io mi merlai. — No, no, prence Sifrido !
H Io temo il tuo perirMale sognai
In questa notte, e come due montagne
1 Su te cadcan dall’alto, e come poi
I Non ti vidi mai più. Che se tu vai,
i Intima doglia ciò mi fa nel core.
Cinse de le sue braccia la preclara
f Donna Sifrido e la bella persona
Amoroso baciolle. Ei si prendea
*
286 /
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/357]]==
<poem>
Di là commiato in breve istante. Vivo
Ella noi vide più d’allora in poi!
Di là, per lor sollazzi, ad una fonda
Selva andar cavalcando, e molti prodi
Cavalieri seguian prence Gunthero
E i fidi suoi ma Gernòt e Gislhero
A casa rimanean. Di là dal Reno
Molti corsieri andaron carchi, e pane
E vino elli recavano a’ compagni.
Alla caccia raccolti, e carni e pesci,
Altre provviste e varie, onde ha dovizia
Per suo dritto un signor possente e ricco.
E quelli intanto per la verde selva
Loro ostelli assegnar contro le uscite
De le fiere selvaggio, essi, aitanti
E baldi cacciatori, or che la caccia
Dovean guidar per un vasto spianato.
Anche Sifrido là discese, e questo
Fu detto al re. Da tutte parti allora
Filr da’ compagni della caccia attorno
Poste le guardie, e l’uomo ardito e forte
Assai, Sifrido, cosi disseScorta
*
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/358]]==
<poem>
 
Chi ci sarà di voi, arditi e prodi
Guerrieri, per la selva e sopra l’orme
Delle belve selvaggie? — Oh vogliam noi,
Hàgene rispondea, pria separarci
Del cominciar la caccia qui, per ch’io
E questi che son qui, signori miei,
Riconoscer possiam chi tìa migliore
Cacciatore in cotesto andare attorno
Per la foresta. Spartirem le genti,
I cani spartiremcosi ne vada
Ciascun là 've più vuol. Chi meglio caccia,
Grazie avrà per cotesto. — I cacciatori
L’un presso all’altro non restar gran tempo.
Prence Sifrido disse allorDi cani
Io bisogno non ho, se un bracco togli
Qual già in tal guisa di ferino sangue
Gusto scntia, che de le belve i passi
Per la foresta ben conosca. — Noi,
L’uom di Kriemhilde soggiungea, di meglio
Cosi alla caccia andrem. — Si prese allora
Bracco sagace un vecchio cacciatore,
E in brev’ora il suo prence in loco addusse
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/359]]==
<poem>
 
:
Là 've trovar parecchie fiere, e quale
Via dal suo covo si balzava, i due
Sozi abbattean cacciando, in quella guisa
Che oggi anche fanno cacciatori esperti.
Ciò che il bracco scovava, ardito assai
Di sua mano abbattea prence Sifrido,
L’eroe di Niderlànd, e il suo destriero
Si rapido correa, che nulla al prode
Potea sfuggir, si che da tutti, in quella
Caccia, encomi ei toccò. Destro ed esperto
Egli era assai in tutte cose, e quella
Belva che a morte egli abbattè primiera
Con la sua mano, un forte cinghialetto
Fu veramente, ma ben tosto poi
Un immane leon rinvenne il prode.
Egli con l’arco sferrò un colpo, ratto
Che il can levò la fiera. Acuto strale
Vibravate di contro, e dietro al colpo
Di tre balzi soltanto il leon fero
Innanzi si movea. Grazie rendeano
A re Sifrido i suoi compagni, ed ei,
Dopo cotesto, un bisonte ed un alce,
'4
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/360]]==
<poem>
289
E quattr’ uri gagliardi ed un immane
Cervo atterrava, rapido. Si forte
Portavaio dovunque il suo destriero,
Che nulla gli sfuggìa. Dawerche a stento
Scampo s’avean da lui damme e cerbiatti !
Ha il can sagace ritrovò un gran verro.
Perch’ei la fuga incominciava, il sire
Della caccia venia su l’orme sue,
S’arrestava a l’istante, e contro al prode
Balzava il verro in gran disdegno. Allora '
Con la spada il colpìa l’uom di Kriemhilde
(Deh che cotesto non avrìa mai fatto,
In sì agevole guisa, un cacciatore !),
Ed altri il cane trattene.!, la belva
Poi che Sifrido ebbe atterrata. Assai,
Appo quei di Borgogna, conosciuta
Fu di Sifrido la copiosa caccia.
Diceano i cacciatori Ove ciò sia
In piacer vostro, dehlasciate ornai,
Prence Sifrido, incolume di queste
Fiere una parte Oggi ne fate voi
Disgombro il monte e la valle pur anco.
37
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/361]]==
<poem>
t
290
Il valoroso, ardito e baldo, a ridere
Incominciò. Ma d’ogni parte intorno
S'udian strepiti e grida. Era il fragore
Grande cosi di genti e di mastini,
Che la montagna e la foresta ancora
Con gli echi rispondean. Venti con quattro
Mute di cani avcano allor disciolte
I cacciatorie molte belve intanto
Perdere là dovean la cara vita,
E quelli avean pensier che tanto invero
l'atto avrian, che in quel di saria lor dato
II premio del cacciar, nè ciò avverossi
Ratto che al loco in che la vampa ardea, *)
Venir fu visto il prò'Sifrido. Intanto
Era andata la cacciaanche non era
Giunta al termine suo. Chi scender volle
Al loco de la vampa, ecco portava
Molte con sè pelli di fiere e uccise
Belve d’assai. Di ciò, deh quanta copia
Un fuoco acceso nella selva per comodo
«lei cacciatori e per cuocervi le vivande.
mi
-
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/362]]==
<poem>
291
Alla cucina de’ regi compagni
Allora si recò Ma re Gunthero
Noto fe’ intanto a’ cacciatori eletti
Ch’ei cibarsi volea. Ratto, a l’istante,
Dier fiato a un corno con sonante squillo,
E per esso n’andava a tutti noto
Che il nobile signore appo l’ostello
Rinvenir si potea de’ cacciatori.
E di Sifrido un cacciator dicea :
Prence, d’ un corno dal sonar, che d’uopo
È recarci a l'ostello, or ora ho inteso.
Io risponder gli vo’. — Dietro a’ compagni,
Dando fiato ne’ corni, assai richiami
Fecersi allor cosi. Noi pur la selva.
Disse prence Sifrido, or lascieremo. —
E il suo destrier portavaio leggiero,
E quelli seco si partìan. Ma intanto,
Col romor ch’elli fean, tremenda assai
Una fiera ei scovarno. Era cotesta
Un orso di foresta, e vólto a dietro
Così dicea quel valoroso I nostri
Compagni ad un sollazzo io vo’ serbare.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/363]]==
<poem>
4
*■
*!♦
292
 
Voi disciogliete i cani. Io qui mi veggo
Un orso, ed ci di qui fino a l’ostello
Verrà con noi. Se ratto egli non fugge,
Da noi guardarsi ei non potrà. — Disciolti
Furono i cani, c di là diede un balzo
L’orso feroce e tentò di raggiungerlo
L’uora di Krienihilde cavalcando. E quello
Ad un loco venia ’v’eran caduti
Alberi antichi, e del prode avverarsi
La voglia non potea. Là si credca
Da’ cacciatori incolume la forte
Belva restar. Balzò dal suo destriero
Il buono c ardito cavaliero e l'orrida
Belva rincorse. Ma perchè indifeso
L’orso si stava, non potea da lui
Sfuggir di tanto. A l’istante ei l’afferra,
Senza ferir per niuna guisa rapido
L’eroe l’avvince. Nè gradì, nè morsi,
Nulla potcan sul valoroso, ed ci
A l’arcione il legò, poscia, leggiero
Tornando in sella, cosi ’l trasse al loco
Del fuoco acceso, con sua molta lena,
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/364]]==
<poem>
293 •
De' compagni a sollazzo, ei valoroso
E buono c ardito. Oh come in tutta grazia :
Di prence e di signore ei cavalcava
All'ostello del boscoEra assai grande
Quell’asta sua, c grossa e forte, e un’arma :
Leggiadra gli scendea 6«o agli sproni.
Un bel corno portava il nobil prence
Con seco, in or, che forte luccicava.
Di miglior veste da cacciar non io
Udii cose narrarmi, e si vedea
Che un giustacuore egli recava attorno
Di nera pelle e un casco in zibellino,
Che ricco era d'assai. Deh quanti fiocchi :
Splendidi egli portava al suo turcasso !
Sovra il turcasso, per il dolce odore, ')
Una coperta in pelle di pantera
Indotta si vedea. Recava ancora
Un arco, e per ingegni altri dovea
*) Credevasi nel Medio-Evo che la pantera
mandasse un odore molto soave.
294 1
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/365]]==
<poem>
Incoccarlo, ove tendere il volesse,
Mentre Sifrido il fea da solo. Tutta
Era la veste sua di rilucente
Pelle di lontra, e dal capo a le piante
Su la pelliccia si vedean dispersi
D’altre pelli gli squarci, e sovra quella,
D’ambe le parti al nobile maestro
De’ cacciatori, molti risplendeano
E vari fregi d’or. Portava ancora
La sua Balmunga, un’ampia e bene adorna
Arma, ed ell'era di cotanto acuta,
Che ove qualcuno a un elmo la vibrasse,
Non si restava dal fenderlo. D’alma
Era intanto gioiosa il cacciatore
Nobile e vago. Ma poiché degg’io
Tutta esplicarvi questa istoria, l’inclita
Faretra sua di valenti saette
Colma era tutta, e avean le ghiere in oro
Que’ dardi suoi, quanto d'un uom la destra
Ampi nei ferri. Oh simorir dovea
Ratto colui che piaga ne toccava!
Ne andava allora il nobil cavaliero
mummimmmm
/
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/366]]==
<poem>
295 |
Fiero d’assai qual cacciatore, e lui
Miravano avanzar quei di Gunthero
Uomini accolti. Ad incontrarlo ei corsero j
E presergli il destrier. Deh che a la sella ;
E forte e grande un orso egli adducea !
Quand’ei discese dal destrier, la bocca :
E i piedi egli sciogliea da le ritorte
Alla belva feroce, e ratto e insieme
Alto i cani latrar, quand’ elli videro
L’orso disciolto. E volea ricacciarsi
La fiera al bosco, e le adunate genti
Forte ne avean rancura. Al fiero strepito |
L’orso correa ver le cucine. Ohquanti =
Famigli intenti alla regal cucina
Lungi balzar dal fuoco, e rovesciarsi
Molti caldai frattanto c andar dispersi
Tizzoni molti. Ohquante ne la cenere :
Fùr viste poi giacersi inclite dapi!
Da’ lor seggi balzar con le lor genti
I prenci allora, e a concepir disdegno
La fiera incominciòma il re fe’ cenno
Di sciolti liberar quanti alla soga
:
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/367]]==
<poem>
2% /
Erano cani, e se ciò a bene uscia,
Avuto quei si avrian beato un giorno.
Con lancie ed archi non a lungo invero
S’indugiar quelli essi correan veloci
LA 've l’orso fuggi vasi. Ma i cani
Poich’eran molti, cosi niuno ardia
Colpir con l’armi, e di grida di genti
Tutto il monte echeggiava. Ecco, a’ segugi
L’orso innanzi fuggiva, e niun potea,
Fuorchel’uomdi Kriemhilde, irgli da presso;
Egli ’l raggiunse con la spada, a morte
Egli ’l colpi. Di là recar le genti
L’orso ancora appo il fuoco, equei che videro
L’opra gagliarda, asseverar che forte
Uomo era quello, e feasi cenno intanto
A’ fieri sozi del cacciar d’andarne
Tosto a’ lor deschi. In dilettoso prato
Acconciamente elli a seder fùr posti;
Deh quante ricche dapi a’ cacciatori
Illustri furon dateEccosoverchio
Venian lenti i coppieri, essi, che il vino
Dovean recar, nò in miglior guisa eroi
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/368]]==
<poem>
IIMIMIIIIIMI
1 297
Ebbero mai tanti servigi. Falso
Animo in cor s’ei non avean, difesi
Erano i forti da ogni danno sempre !
Prence Sifrido allor diceaMi prende
Meraviglia di ciò, perchè se tanta
Provvigione s’invia dalla regale
Cucina a noi, non portino del vino
I coppieri. Oh, davverse a’ cacciatori
Miglior pensiero non si dà, compagno
Non sarò più a cacciar con voi. D'assai
Degno son io che alcun di me si curi.
Con mente falsa dal suo desco allora
II re gli dissePoi che abbiam disagio,
D’uopo è che a voi si faccia volentieri
Dovuta ammenda. Ciò avvenìa per colpa
D'Hàgen soltanto. Ei volentier ci lascia
Qui di sete morire. — Hàgene allora
Di Tronèga diceaDolce mio sire,
Io mi credca che oggi dovea la caccia
Ire in Spchtsharte, e il vino io limandai.
Se oggi sarem senza bevanda, oh quanto
Ad altra volta eviterò cotesto !
298 /
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/369]]==
<poem>
 
Disse prence Sifriilu Oh per cotesto
Grazie da me voi non avrete Sette
Carchi di vin claretto e d'idromèle
Qui recar si dovean. Che se non era
Modo a far ciò, allogarci alcun dovea
Là presso al Reno. — Cavalieri illustri
K ardimentosi, di Tronèga disse
Hàgcnc allora, qui vicin d'assai
Conosco un fonte d'acque fresche, in ira :
Per clic andar non vogliate. Or là dovremmo :
Correr noi tutti. - Per acerba cura
:
Di molti prodi inver si diè il consiglio :
Ma rancura di sete il prò’ Sifrido
Forte crucciava, e però volle il desco
Rimuovere più presto. Kgli volea,
Per la fontina, andarne al monte, e dato
Sol per inganno fu dal cavaliere ■)
Questo consiglio. Sopra i carri allora
Ingiunto fu di trasportar per quella
llagcne.
:
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/370]]==
<poem>
i
/ 2Vt |
Terra le fiere che colpite e sfatte
Avea la mano di Sifrido, e intanto,
Quando alcun le vedea, molte eran dette •
D’onor parole a lui ma la sua fede
Hàgen, duro soverchio, a lui rompe».
Poi che andarne volean là, sotto ai tigli |
Della fontanaMi fu detto assai,
Hàgene disse di Tronèga intanto,
Che ninno inseguir può, s’egli andar vuole, ;
L’uom di Kriemhilde. Ei voglia almcn |
cotesto |
Qui lascinrci veder — Disse quel forte |
Sifrido allor di Niderlànd Cotesto
Provar voi ben potete, ove con meco
Sino alla fonte correre vi piaccia,
Gareggiando con me. Ciò di tal guisa
Facciasi, che si dia sua giusta laude
A chi si vegga vincere la prova.
Anche di ciò farem la prova, disse
Hàgene, incliti spada e questo aggiunse
Sifrido il forteEd io, per ciò, dinanzi
A’ vostri piedi, sovra l’erba verde,
300 I N
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/371]]==
<poem>
ibelunghi
Posar mi vo’. ■) — Come cotcsto udia
Prence (ìunthero, quanto dolce cosa
Questa venne al suo corMa il valoroso2)
Arditamente disseIo più d’assai
Anche vo’ dirvi. Le mie vesti tutte
Vo’ con meco portar, l’asta e la targa
Insieme e del cacciar l’arnese mio.
Rapidamente assai la sua faretra
Egli avvinse alla spada, e quelli,3) intanto,
Le vesti si traean dalla persona,
E in due bianche camicie ambo vedeansi
Là rimaner. Correano poi su l’erba
Come due fiere di selvaggia vita,
Ma primo al fonte giungere fu visto
Sifrido valorosoegli toccava
In tutte cose, innanzi agli altri tutti,
L’onor del premio. Là disciolsc ratto
Io staro seduto, mentre altri si spiccherà
alla corsa, e ciò per dargli vantaggio c vin¬
cerlo ancora.
■) Sifrido.
“I lagene e Gunthero.
t
/
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/372]]==
<poem>
301
La spada c là depose la faretra
E la forte sua lancia al tronco d’uno
Di que’ tigli appoggiò. Stava da presso
Al zampillar de la fontana il prode,
Straniero in quella terra. Oh ma ben grande |
Era di lui la cortesiaLa targa
Al suol depose ove scorrea la fonte,
E ben che sete il tormentasse forte,
L’eroe non bevve già, pria che bevuto
Non avesse Gunthero. Oh per cotesto
Male costui gli rese grazia poi!
Fresca, limpida e buona era la fonte
E Gunthòr si chinava a quel zampillo;
Di là, poi che ne bevve, ci si rizzava,
E volcntier ciò fatto avrìa pur anco
Sifrido ardimentoso>) egli la sua
Cortesia pagò cara. E ferro ed arco
Via di là gli furava Hàgene intanto
E cacciavasi ancor là ’ve del forte
•) Di levarsi cioè carne Gunthero. Ma non
potè.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/373]]==
<poem>
« ••• ♦
"*r
/
I.’asta rinvenne, e sogguardava a quella
Immagine di croce in su la veste
Del valoroso. E poiché già bevea
Prence Sifrido olla fontana, lui
Di tal foggia ei colpi per quella croce,
Che d’ Hàgene a le vesti, per la piaga
Spruzzando, di quel core il sangue ascese.
Deh clic si gran misfatto unqua non fece
Un valorosoE l’asta il manigoldo
Givi fino al cor giunger gli fea, ma poi,
Dinanzi ad uom, non volse in fuga mai
Hàgen quaggiù si come allora. Quando
Si riebbe da l’orrida sua piaga
Prence Sifrido, si levò dal fonte,
Egli signor, qual forsennato, e ancora
Lungo d’in fra le scapule dell’asta
Il legno gli sporgea. Credea la spada
E l’arco di trovar l’inclito sire,
E allora, oh sitoccar la ricompensa
Hàgen potea de’ inerti suoi La spada
Poi che il ferito di profonda piaga
Là non rinvenne e nulla fuor che l’ampio I
"•limi imi
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/374]]==
<poem>
303
Giro egli avea del suo pavese, il tolse
Dalla fontana ed Hàgene rincorse;
Deliche sfuggirgli l’uomo non potea
Di re Gunthèr Ben che piagato a morte,
Egli ’l colpi di tal vigor, che molte
Via schiantar dal pavese inclite gemme
E parte d’esso anche si ruppe. Allora
Vendicato si avria l’ospite illustre
Volentieri d’assai. Da quella mano
Hàgene a terra andò, si che al vigore
Del fiero colpo forte risuonava
Il loco agreste. Se alla mano avea
Prence Sifrido la sua spada, morto
I-Iàgen era davver. Doleasi il forte
Di sua ferita intanto, e già il prendea
Veramente per essa alta rancura.
Pallido è il suo color, nè più potea
In piè starsi l’eroe. Già da quel corpo
Fuggìa vigor, da che i segni di morte
Egli del viso nel color portava
Che livido si fea. — Pianto fu poi
Da molte donne adorne e vaghe. - Intanto
304 1
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/375]]==
<poem>
Là, sui fiori, cadea l’uom di Kriemhilde,
E uscir fu visto dalla sua ferita
In copia il sangue. Incominciò, che grave
La rancura l’astrinse, alta rampogna
A chi la morte consigliò di lui
Per tradimento. L’uom ferito a morte
Cosi dicea Deh voi codardi assai,
Che mi valsero adunque i miei servigi,
Per che ucciso m’avete ? Io fui leale
E fido a voi perciò ne pago il fio !
Feste gran male a’ consanguinei vostri,
E chi un di nascerà, vergogna ed onta
Si avrà da questo. Sulla mia persona
Grave soverchio vendicaste voi
Lo sdegno vostro. Discacciati un giorno
Sarete voi da’ buoni cavalieri
Con ignominia. — Ove ei giacea ferito,
Accorrean tutti i cavalieri intanto,
E fu quello per lor veracemente
Giorno scevro di gioia. Egli era pianto
Da chi fede anche aveadi ciò era degno
Il cavalier cortese e valoroso.
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/376]]==
<poem>
305
Piangeva intanto di Borgogna il sire
Di lui la morte. Oh dissegli il ferito.
Non è bisogno in ciò che il grave danno
Pianga quei che l'ordì. Merta colui
Gran vitupero, e meglio era cotesto
Abbandonar— Non so davver, diceva
Hàgen feroce, a che per voi si pianga.
Han fine insiem le nostre cure e tutti
Li nostri affanni, e pochi d’ora in poi
Troverem che di tanto abbiano ardire
Di resisterci in campo. E me beato !
Da signoria di lui tutti v’ ho sciolti !
Agevolmente, disse allor Sifrido,
Gloriarvi di ciò potete voi.
Vostra mortale intenz'ion spiata
Avess’ io, chè da forte innanzi a voi
Difesa avrei questa mia vita Eppure
Non mi accoro di ciò quanto per donna
Kriemhilde, sposa mia. Misericordia
Abbiami Iddio perche mi nacque un figlio,
A cui, ne’ tardi tempi, altri cotesto
Rimprovero farà che i suoi congiunti
39
5 306 /
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/377]]==
<poem>
Un di lor sangue hanno ferito a morte,
S’io ciò potessi (disse ancor Sifrido),
Pianger dovrei di ciò più giustamente.
1 Pietosamente assai cosi parlava
L’eroe ferito a morte O nobil sire,
S’anclie vi piace a tal fede serbare
Quaggiù nel mondo, deh lasciate voi
Che a vostra grazia accomandata sia
La sposa mia diletta. Ella di tanto
Godasi almen perch'è sorella vostra.
Con ogni pregio di regai signora,
Con fè, si stette presso a voi. Olia lungo
Attender mi dovranno il padre mio
E i miei fedeli Oh per diletto amico
Maggiore affanno di cotesto a donna
Giammai non si recò — Da tutte parti
Eran del sangue suo bagnati i fiori,
Ed ei lottava con la morte. A lungo
Non fé’ cotesto, chè profonda assai
La mortifera punta il lacerava,
E l’uom gagliardo, valoroso e bello,
Nulla più dir potò. Ratto che i prenci
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/378]]==
<poem>
Vider morto l’eroe, sovra una ta^a
307
Che d’oro risplendea, sì l’adagiavano
E a consiglio venian di qual mai guisa
Avverarsi potea che si celasse
Ciò che Hàgen fatto avca. Diceano molti:
Male ci accadde Ora celar v’ è d’uopo
Tutto e del pari asseverar che lui,
L’uom di Kriemhilde, uccisero i ladroni,
Mentr’egli andava per la selva, allora
Che solo a caccia cavalcar volea.
Hàgene disse di Tronèga Io solo
Il recherò a la terra. È lieve cosa
Per me che noto ciò si renda a lei
Che di Briinhilde in cosi fiera guisa
L’anima rattristò. Poco d’assai
Di quanto piangerà, dawerm’impor
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/379]]==
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/380]]==
<poem>
Avventura Diciassettesima
In clic modo Kriemhilde pianse il suo sposo :
come egli fu sepolto
EUi aspettar fino alla notte e il Reno j
Indi passar. Non si potea da eroi
Di peggior guisa aver cacciato, e quella j
ì Nobile fiera che atterrar, fu pianta
Da donne illustri poi. Scontar di tanto
Dovetter poscia molti eroi valenti
Dovuta pena. — D’un’audacia grande,
{ D’orribile opra di vendetta, voi
Udir dovete favellar. — Fe’ cenno
Hàgenc allora di portar l’estinto
1 Sifrido, nato in suol de’ ,
1*““' —-T——<
310 1 Nibelun
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/381]]==
<poem>
ghi
Là da presso a le stanze ove Kriemhìlde
Rinvenir si potea. Secrctamente
Ei fe’ appostarlo prossimo a la porta,
Perchè là il ritrovasse ella nel tempo
Che per la messa mattutina uscia,
Pria che spuntasse il di, chè ciò di rado
Omettere solea donna Kricmhilde.
Alto sonò, com’era consueto,
La squilla al monastero, e molte ancelle
Donna Kricmhilde, la leggiadra e vaga,
Destava intanto. Volle si recasse
Una lampada a lei con le sue vesti,
Quando un famiglio suo di là passava
Dove Sifrido ei ritrovò. Di sangue
Tinto egli ’l vide, e n’eran molli tutte
Le vestimenta ancor, ned ei conobbe
Ch’era pur quello il suo signor. La lampa
Ei di sua man recava entro a le stanze,
Quella, per cui donna Kricmhilde s’ebbe
Annunzio molto doloroso. Allora
Ch’ella volea con quelle ancelle sue
Andarne al monasteroOr v’arrestate,
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/382]]==
<poem>
311
Disse il famiglio. Presso de la stanza
Si giace un cavalier colpito a morte.
Senza modo o ragion, pietosamente
Incominciava a piangere Kriemhilde.
Prima che veramente ella cercasse
S’era quello il suo sposo, alla dimanda
A pensar cominciò che Hàgen le fea,
Di qual mai foggia egli potea guardarlo
Da ogni periglio e questo fu primiero
Dolor che la toccò. Cosi da lei
Ogni gioia quaggiù si ripudiava
Per la morte del prode. A terra cadde
E nulla disse, e là giacersi allora
Altri vedea la vaghissima donna
Senza conforto. Di Kriemhilde i lai
Fùr di là da misura alti e dolenti,
Ch’ella in tal guisa, al tornar de la mente,
Gridò, che n’echeggiàr le stanze tutte.
I famigli dicean Che dunque, un ospite
S’cgli è? — Ma il sangue da la bocca uscia
A lei, del core per lo schianto, ed ella:
Sifrido egli è, dicea, l’uom che m’è caro!
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/383]]==
<poem>
Ciò consigliò BrOnhildc c ciò compia
Hàgen per lei— Si fe’ condur la donna
Là dove il prode ritrovò. La bella
Testa ne sollevò con le sue mani
Bianchissime, e di sangue anche se Unto,
Ella ratto il conobbe. Ecco, giacca
Miseramente assai l’eroe gagliardo
Del suol de’ , e con gran dòglia
Cosi gridava la regina, lei
Di cuor si dolce Ahimè pel mio dolore ;
Ed è qui la sua targa e non di spada
EU’ è forata, e tu cadesti ucciso.
Dehs’io saprò chi fe’cotesto, sempre, i
Sempre di lui starò ad ordir la morte !
E piangeano e gemcan tutti i famigli
Con la lor donna caraaspro dolore
D’essi era questo per il nobil sire
Che perduto elli avean. Forte davvero
Hàgen lo sdegno di Brunhilde avea
Vendicato cosi. La dolorosa
Diceva intantoDi qui andar dovete :
Di Sifrido a destar subitamente
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/384]]==
<poem>
 
Gli uomini tutti. A Sigemundo ancora
Il dolor mio direte voi, s’ei pure
Vuol darmi aita a piangere del prode
Suo Sifrido la morte. — Andava il messo
Rapido là 've gli uomini rinvenne
Giacersi, di Sifrido i valorosi,
Del suol de’ . Egli lor gioia
Cosi togliea col tristissimo annunzio,
E quelli non volcan, fin clic s’udirò
Pianti e lamenti, dargli fede. Ancora
Andava il messo concitato al loco
Ove il sire giacea. Non anche il sonno
Principe Sigemundo aveasi preso,
Ch’io credo che il suo cor gli predicesse
Ciò che gli accadde. Ei non dovea più mai
Vivo mirar quel figlio suo diletto.
Su, vi destate, prence Sigemundo!
Volle Kriemhilde donna mia ch’io tosto
Qui venissi per voi. Le è dato affanno
Quale a voi pur, dinanzi ad ogni doglia,
Al core scenderà. Ciò v’ è ben d’uopo
Aitar altri a piangere, che voi
=
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/385]]==
<poem>
i Tocca vicino assai. — Rizzossi allora
Sigmundo c disse Che son mai gli affanni
Di Kriemhilde leggiadra, onde tu meco
Parola festi ? — E il messaggier rispose
Col pianto Oh non poss’ io questo celarvi !
Certo che ucciso è il re di Nidcrlande,
i Sifrido ardimentoso — Oh lascia, lascia
Questo gioco, dicea prence Sigmundo;
Lascia pel cenno mio queste novelle
i Triste cotanto, per che voi diciate
Ad alcun ch’egli è ucciso. Io penso e credo
Che cessar non potrei, lino alla morte,
Di piangerlo. — Se a me, per quel che a dire
M’udite qui, voi creder non volete,
V’ è d’uopo udir, voi stessi, di Sifrido
Pianger la morte Kricmhilde e con lei
I famigliari tutti. — Alto sgomento
Sigemundo n’avea. Di ciò il toccava
Alta rancura, e tosto dal suo letto
§ Egli balzò con cento de’ suoi fidi.
È Questi in man si togliean le lunghe e acute
Armi rapidamente e dietro a’ pianti
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/386]]==
<poem>
315
Correan con molla doglia. Anche venièno
Mille guerrieri, gli uomini fidati
Del prò’ Sifrido. Alcuni allor, che piangere
Udir le donne di si fiera guisa,
Pensar ch’elli dovean pigliar le vesti.
Ma non potean, per l’improvvisa doglia,
Lor mente governar. Grave d’assai
Era discesa in core a lor l’ambascia.
Re Sigemundo là ne andava intanto
Ove Kriemhilde ritrovò. Dicea:
Ahimè per tal Viaggio in questa terra !
E chi mai di tal guisa orrida e fera,
Presso d’amici buoni tanto, voi
Orbar potè del vostro dolce sposo
E me del figlio mio? — Deh s’io potessi
Conoscerlo, dicea l’inclita donna,
Nè di persona, nè di cor più mai
Benigna gli sarei Tale un affanno
Io gli ordirei, che piangerne per sempre
Dovrian gli amici suoi per mia cagione !
Re Sigemundo in braccio si togliea
L'estinto prence, e cosi grande allora
316 1
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/387]]==
<poem>
Fu degli amici suoi la doglia acerba,
Che al fiero lamentar stanza e palagio
E di Worms la città pure a l’intorno
Di quel pianto echeggiava. Oh ma nessuno
Consolar di Sifrido la dolente
Sposa potea Fuor da le vesti intanto
Altri del sire la bella persona
Poi ch’ebbe tolta, ne lavò le piaghe
E l'adagiò sovra un feretroe quello
Di gran pianto fu doglia alle sue genti.
Dissero allora que’ gagliardi suoi
Del suol de’ Ecco, lui sempre
Vendicherà con ferma volontate
La nostra mano. Chi ciò fea, si cela
In questo borgo. — E correvano a l’armi
Gli uomini tutti di Sifrido. Vennero
I prodi eletti con pavesi, ed erano
E mille e cento eroi. Prence Sigmundo
Aveano a capo di lor schiera, ed ei
Volea di gran desio punir la morte
Del figlio suodi ciò debito vero
Forte il toccava. Ma di quelli alcuno
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/388]]==
<poem>
317
Anche non conoscea contro chi mai
Dovea starsi pugnando e se cotesto
Ei far dovean contro Gunthero e contro
Gli uomini suoi, che principe Sifrido
Con essi a caccia cavalcò. Li vide ,
Kriemhilde in armi, e ciò le fu dolore
Grave d’assai. Ben che fiera la doglia
E grave fosse la rancura, forte
Ella temea de’ suoi,
Del fratei suo per gli uomini, la morte,
E in mezzo venne ad impedir. Con dolci
Parole gli ammonta si come fanno
I dolci amici ai loro amici. Disse
La donna ricca di sventure O mio
Signore Sigemundo, a qual mai cosa
Volete voi por mano ? E non è il vero
A voi ben noto. Principe Gunthero
Ha molti prodi valorosi, e tutti
Vi perderete voi se con cotesti
Gagliardi e fieri contrastar bramate.
Era in essi desio della battaglia,
Mentre alzavan gli scudi. Oh ma pregava
318 I
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/389]]==
<poem>
SibetuHgUi
La nobile regina, anche ingiugnea
Che dovesser cotesto i valorosi
Prodi evitarperchè lasciar l’impresa
Ei non volean, ciò fu dolor per lei
Vero, ch'ella diceaPrence Sigmundo.
Tal disegno lasciate in fin che meglio
Ciò convengasi a noi. Soltanto allora
Vendicherò con voi lo sposo mio,
Per sempre. E se di tanto io sarò certa,
A chi a me lo rapi, d’alta rovina
Io cagione sarò. Qui, presso al Reno,
Molto v’ha di spavaldo, e non vogl’io
Consigliarvi per ciò scontri e battaglie.
Contro un solo di noi trenta gagliardi
Hanno costoro. Faccia Iddio che tale,
Quale mertàr, tocchino il fineIntanto
Voi restar qui dovete e qui con meco
Quest’angoscia portar. Tosto che aggiorni,
Voi, cortesi campioni, il mio diletto
Sposo a por m’aitate in sepoltura. —
Ciò sarà fatto, rispondean gli eroi.
Non potria dirvi alcuno interamente
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/390]]==
<poem>
Meraviglia di ciò, di qual mai guisa
Udirsi allora cavalieri e donne
Piangere e lagrimar, si che la genie
§ Ebbe sentor di lamenti e di lai <
Anche per la città. Venian correndo
I cittadini illustri. Ei con gli estrani
Piangean, chè forte era di lor l’angoscia,
E niuno intanto lor dicea ragioni
Di Sifrido, perchè perder sua vita
Dovesse il nobil prence. Anche il piangeano
De’ buoni cittadini insiem le spose
Con quelle ancelle di Kriemhilde. Intanto
A’ fabbri s'indicea d’ accorrer tosto,
D’oro e d’argento, molto forte e grande,
Un’arca ad apprestar. Forti cerniere
D’acciaio ch’era buono, anche s’indissero,
E l’alma intanto de le accolte genti
Era di tanto dolorosa e mesta.
Passata era la notte e si dicea
Che fra poco aggiornava. Al monastero
La nobil donna di recar fe’ cenno
Prence Sifrido, l'uom diletto assai.
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/391]]==
<poem>
Deh che fùr visti accorrere piangenti
Quanti amici egli aveaCome portato
L’ebbero al monastero, ecco che assai
Sonar campane, e cl’ogni parte udirsi
Molti preti cantar. Venne pur anco
Co’ suoi gagliardi re Gunthero, ancora
Hàgen feroce a tanto affanno corse.
Disse Gunthero Dolce mia sorella,
Oh qual dolore il tuo, perché noi tutti
Evitar non potemmo il grave danno!
Sempre, deh sempre piangeremo noi
Di Sifrido la vita — E ciò voi fate
Senza ragion, dicea la dolorosa.
Che s’era in voi dolor di tanto, tanto
Accader non potea. Voi m’obliaste
(Questo affermar degg’ io), quand’ io
per sempre
Fui separata dal mio dolce sposo.
Dio volesse (Kriemhilde soggiungea)
Che ciò a me fosse fatto — E lor menzogna
Forte quei sostenean. Kriemhilde allora
IncominciòQuale di voi si estima
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/392]]==
<poem>
 
Scevro di colpa, ciò veder ne faccia.
Egli innanzi a la gente e presso all’arca
Vada, perchè ciascun per via spedita
Intenda ratto il vero. — Un gran prodigio
§ È questo, e ben sovente accade ancora
Che ove qualcuno appo l’estinto vegga
L’omicida, fan sangue le ferite.
È Anche allora ciò avvenne, e però vista
Fu in Hàgene la colpa. Assai di sangue
Mandar le piaghe più che in pria non fèro,
È E più grande fu il duol di chi piangea
Si forte in pria. Ma re Gunthero disse :
Io vo’ che questo voi sappiate. Lui
Hanno ucciso ladroni, e ciò non fece
Hàgene mai. — Ben noti, ella dicea,
Sono a me que’ ladroni. Oh voglia Iddio
È Ciò vendicar, ciò vendichi la destra
De’ suoi amici. O Hàgene e Gunthero,
Questo faceste voi — Fiero un desìo
Avcan di pugna i forti di Sifrido,
Ma Kriemhilde dicea Di ciò con meco
Avete voi necessità. — Sen vennero
il
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/393]]==
<poem>
Là ’ve trovar l'estinto, ambo cotesti,
i Gernòt, fratello di Kriemhilde, e ancora
Giselhèr giovinetto. Ei veramente
ì Piangean con gli altri il prode, elli nell’intimo
Piangean l’uom di Kriemhilde. Ora la messa
ì Dovea cantarsi, e d'ogni parte intorno
} Corsero al monastero e donne e infanti
Ed nomini con essi anche chi poco
Avea danno in cotesto, il prò’ Sifrido
Allor piangeva, e Gcmùt e Gislhero
Cosi dicean Sorella mia, se questo
I Esser debbo cosi, dopo la morte
Di lui ti racconsola, e noi di tanto
Vendicarti vogliam per tutto il tempo
Che vivrem noi. — Ma niuno il suo conforto,
In tutto il mondo, render le potea.
A mezzodì fu l’arca preparata,
E tosto da la bara ove giacca,
r Egli fu tolto. E non volea la donna
■ Lasciarlo seppellir, si che gran doglia
Di tanto aver dovean le genti tutte.
Ma, poscia, avvolto in ricchissimo drappo
/
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/394]]==
<poem>
323
Fa il prence estinto. Credo che nessuno
Là si trovò che non piangesse. Ancora
Ute piangea di cuore, inclita donna,
E tutti insieme i famigliari suoi
Piangean con lei quella persona bella.
Come si udi che là, dal monastero,
Cantavasi e che il prode iva rinchiuso
Entro quell’arca, un affollar di genti
Si fece tosto. Oh quante, per suffragio
Dell’alma sua, portarsi offerte Egli ebbe,
Oltre a’nemici, buoni amici assai.
E Kriemhilde tapina a le sue ancelle
Cosi diceaQuei che a lo sposo mio
Aveano amore e sono a me benigni,
Dènno rancura sopportar per questo
Amor di me. Per l’alma di Sifrido,
L’oro di lui dividasi frattanto !
Se v’era alcun fanciullo, anche piccino,
Che intendimento aver potea, venirne
Eragli d’uopo a far l’offerta. Ohprima
Che fosse il prode in sepoltura, assai
Più che cento cantavansi in quel giorno
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/395]]==
<poem>
324
/
Messe per lui. Assembramento grande
D'amici v’era di Sifrido. Allora
Che fu cantato, si levò la gente
Di li d’un tratto, e cosi disse donna
KriemhildeIn questa notte, oh !
s Da sola qui vegliar quest’ uomo eletto
Nella persona sua. Vogl’ io ch’ci resti
Qui tre notti e tre giorni, ond’io mi sazi :
Di contemplar lo sposo mio diletto
A me cotanto. E vorrà Iddio che morte :
Me ancor si prenda, e finirà ogni doglia :
Di me Kriemhilde poveretti allora !
La gente di città si ritornava
Alle sue case, ma volea colei
i Che sacerdoti e monaci restassero
Co’ famigliali suoi, perch’ella intanto
Cura si avesse dell’eroe. Ben trista
Ebber la notte e fastidioso assai
Il dì con essa, chè a quel loco molti,
Senza mangiare e senza ber, si stettero.
I
I
non lasciatemi
:
:
:
 
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/396]]==
<poem>
1 325
Eppure, altri fe’ noto a chi volea
Prendersi cibo, che in gran copia dato
Altri gli avria, che questa di Sigmundo
Era la cura. Gran travaglio intanto
A si fe’ noto allora.
Per quello spazio di tre dì, cotesto
Così udimmo narrar, quanti sapeano
Canti da chiesa, molte a sopportare
Avean fatiche oh quante a lor si diéro
Copiose offerte E ricco divenia
In bastante misura ognun che assai
Era meschino, e quanti si rinvennero
Poverelli a l’intorno, essi che nullo
Avean possesso, altri chiamò al divino
Sacrifizio con l'or che si ritrasse
Del morto sire dal tesoro. Vivere
Di più non gli è concesso, e però intorno
Molti fiir dati per l'anima sua
Marchi a migliaia. Ancora, in quella terra,
Di campi concedea la nobil donna
I proventi e spartia là ’v’eran genti
Povere e monasteri. Anche danari
•iiiiMimiiiimiiiiiiMiiiiiimnMiiiiiiuiiMimiiiiiuutuiati
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/397]]==
<poem>
f*
32b
E di vesti gran copia a’ poverelli
Data fu in dono. Ella cosi mostrava,
E Chiaro mostrava che al diletto sposo
i Fido pensier serbò. Ma nel mattino
Che fu terzo, e nel tempo che si cantano
Messe, dinanzi al monaster, di genti
Di quella terra che piangeano assai,
i L’ampio sacrato si fe’ pieno. A lui
E Cosi servìan, dopo la morte sua,
Come suol farsi per diletti amici.
Ne’ quattro giorni, cosi allor fu detto,
i A’ poverelli, per l’alma di lui,
Marchi fùr dati, e forse più d’assai,
A trentamila, e la sua gran beltade
E la persona là giaceasi in terra
Qual spregevole cosa. Allor che a Dio
Fu servito e compiessi ogni cantare,
Con immenso dolor là s’affollava
Molto popolo intornoe si fe’ cenno
Di portar ne la fossa il prence estinto
Fuori del monastero, e chi da lui
Non volentier si separava, a piangere
 
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/398]]==
<poem>
E a lamentar fu visto. Alto gemendo
Il popolo n’andava appo l’estinto,
E niuno inver, non uom, non donna, allegro
Là si mostrò. Fu letto e fu cantato
E Ohquanti a quell’avello erano intorno
Buoni cherci affollati Or, pria che giungere
Di Sifrido la donna a quella tomba
Cosi potesse, con sì gran dolore
Ebbe a lottar quel corpo suo fedele,
Che del fonte più volte a lei sul viso
Furon l’acque spruzzate. Era ben forte,
E Grande soverchio, quell’angoscia sua,
E E alto prodigio fu davver che i sensi
È Potesse ricovrar. Molte là presso
E Erano ancelle sue, piangenti e triste,
E E la regina cosi disseVoi,
Uomini di Sifrido, a me dovete
E Sola una grazia per la fede vostra !
Deh concedete che piccola gioia
E Dopo il mio duol mi tocchi, ond’ io quel suo
E Leggiadro capo anche una volta miri !
Pria che quel forte in sepoltura andasse;
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/399]]==
<poem>
Si lungamente ella pregò con forte
Sentimento di duol, che la pomposa
ì Arca infranger fu d’uopo, e là fu addotta
Ove giacente il ritrovò costei,
Sua sposa, che levò fra le bianchissime
Mani quel capo si leggiadro. Un bacio
lilla diè ancora al nobil cavaliero,
Morto cosi. Que’ fulgid’occhi suoi
Piansero per dolor stille di sangue.
Ma doloroso il separarsi avvenne.
Altri di là via la condusse, ed ella
Camminar non poteapriva di sensi
L’inclita donna fu veduta, e a morte
Parca ceder dovesse in tant’ angoscia
Quell’avvenente sua persona. Ratto
Che fu sepolto il nobil sire, chiaro
Si vide allora immenso duol menarne
Quanti de’ eran venuti
Dalla terra con lui. Ma Sigcmundo
Raro davver fu scorto andar gioioso;
Anche fra quelli, per tre lunghi giorni,
Alcuni, per la doglia acerba e grave,
329 :
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/400]]==
<poem>
Non bevvero o cibar. Di questa guisa
Scordar del corpo non potean la cura
Sempre, e nutrirsi poi di qualche cibo =
Con nuovo amor, come sovente accade.
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/401]]==
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/402]]==
<poem>
Avventura Diciottesima
In clic modo Sigemundo ritornò al suo paese
Di Kriemhilde lo suocero sen venne
Là 've incontrolla. Ei disse a la regina:
Noi torneremo in nostra terra. Credo
Che ospiti disamati qui siam noi
Presso al Reno. Venite, o donna assai
Cara, Kriemhilde, al mio paese. Un core
Sleal poi che ci rese in questa terra
Orbi del vostro inclito sposo, a voi
Portar la pena anche non tocca. E voglio
Per quella vita del mio dolce figlio
Esser fedele a voi. Su ciò v’è d’uopo
Andar di dubbio sciolta. E la possanza
Tutta avrete pur anco, o donna mia,
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/403]]==
<poem>
 
Qual vi die già Sifrido, ardila spada,
La corona e la terra a noi soggette ;
E volentieri serviranno a voi
Gli uomini di Sifrido. — Ingiunto allora
Fu a’ famigliari ch’ei partir doveano,
E grande si fe’ un correre d’assai
A’ palafreni, chè dolor per quelli
Era abitar presso i nemici forti
E truculenti. A donne ed a fanciulle
Anche fu indetto di cercar lor vesti
Per viaggiar. Poi che di là partirsi
Volea re Sigemundo, incominciaro
Donna Kriemhilde a supplicar li suoi
Congiunti, al fianco della madre sua
Per ch’ella si restasse. E rispondea
L’inclita donna Egli avverrà cotesto
Difficilmente assai Quello, per cui
A me povera donna incolse tanto
Aspro dolor, come potrei con questi
Occhi sempre veder ? — Dolce mia suora
Disse Gislhero giovinetto, accanto
Alla tua madre rimaner tu dèi
</poem>
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/404]]==
<poem>
Per la tua fede. E non t’ è d’uopo a quelli :
Che t’ han fatto dolor, l’anima tua
Ilan conturbata, dimandar servigi.
Di mia ricchezza vivrai tu. — Cotosto
Avvenir non potrà, disse colei
Ai cavaliero. S’io veder dovessi
Hàgene ancora, mi morrei d’affanno.
Dolce sorella mia, sciolta di tanto :
10 ti farò. Presso al fratello tuo,
Giselliero, tu resta. Io de la morte
Dell’uomo tuo vo’ consolarti. —E quella, :
Poverella di Dio, cosi rispose :
Di Kriemhilde è cotesto alto bisogno !
Poiché, con tal bontà, sì la pregava
11 giovinetto, Ute e Gernòt e quelli
Suoi congiunti fedeli incominciare
A supplicar. Ch’ella restasse ancora,
Pregavan essi e niun congiunto invero :
Di Sifrido tra i prodi ella si avea.
Gernòt cosi diceaTutti là sono
Stranieri a voi, nè tanto vive alcuno,
Anche se forte, che non giaccia estinto. :
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/405]]==
<poem>
 
§ Pensate a ciò, sorella cara, e il vostro
Animo consolate. Appo gli amici
È Restatevi, e cotesto fia per voi
] Benefizio verace. — Ella a Gislhero,
Che restarsi volea, promise allora.
Di Sigemundo agli uomini i destrieri
[ Giii sono addotti, chè partirsi ei vònno
De’ per la terraancora
De’ cavalieri vanno ammonticchiate
Su le some le vesti. Innanzi venne
l Là da Kriemliilde principe Sigmundo
E cosi le parlò Presso a’ cavalli
Di Sifrido la gente aspetta voi !
Noi di qui partirem, chè assai di mala
Voglia presso i Burgundi io fo dimora.
Disse donna Kriemliilde A me consigliano
Gli amici mici, quelli che ho qui fedeli,
Ch’ io con essi qui resti. Io, nella terra
De’ , non ho alcun congiunto.
Dolor fu questo per Sigmundo, allora
Che ciò scorse in Kriemhilde. Ohnon lasciate
Che altri ciò dica, disse il nobil prence.
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/406]]==
<poem>
Dinanzi a’ miei congiunti il diadema
Con tal possanza quale usaste in pria,
Voi porterete in capo, c già non vuoisi
Che, se qui noi l’eroe perdemmo, a voi
Tocchi averne la pena. Anche pel vostro
Picciolo infante ritornar con noi
Piacciavi, quale non potete, o donna,
Orfanello lasciar. Come cresciuto
Sarà quel figlio vostro, egli dell’alma
Conforto vi darà. Fino a quel giorno
Molti guerrieri serviranno a voi,
Arditi e buoni. — Principe Sigmundo,
lìllà dicea, di qui partir non deggio.
Io qui mi resterò, qualunque cosa
Avvenir possa, appo i congiunti miei,
Che a piangere cosi daranmi aita. >)
 
Nota il Bartscii a questo punto che il
credere che le lagrime date dai congiunti ai
morti siano assai pifi valevoli di quelle degli
estranei, è una prova del saldo affetto di fa-
miglia nella coscienza degli antichi Tedeschi.
— Noi osserviamo clic ciò andrà benissimo
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/407]]==
<poem>
A’ buoni cavalieri incominciava
Cotesto annunzio a dispiacer. Diccano
Ei tutti insieme Or si, che possiam noi
Questo affermar che ci accadde rancura
Di tutt’altre più grave, or che restarvi
Qui «Usiate coi nemici nostri.
Nessun gucrrier per tanto all'anno mai
Di re alle corti viaggiò— Partirvi,
A Dio fidati e senza affanno o cura,
Voi si potete. Buona scorta intanto
Di qui vi si darà fino alla terra
Di Sigemundo, e si farò che altrui
Ben vi protegga. Accomandato a voi,
Per vostra grazia, o nobili guerrieri,
E il mio caro bambino. - Allor che udirò
Ch’ella andar non volea, piansero tutti
por i Tedeschi, ina dalla gente clic ha sensi
umani, come può approvarsi che Kriemhilde
dica di non avere in Niderland alcun con¬
giunto, mentre vi ha un figlio, che essa di¬
mentica molto facilmente? — Vedi l’Introdu¬
zione al Poema.
Gli
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/408]]==
<poem>
uomini di Sigmundo. Oh Sigemundo
Con qual giusto dolor si separava
Da regina Kriemhilde Angoscia vera
Nota allor gli si fe’. Dehsciagurata
Festagridò l’inclito sire. Mai
Non accade in tripudi o passatempi,
Quanto ci accadde, a principe od a’ suoi
Regi cognati Appo i Burgundi alcuno
Mai più non mi vedrà. — Dissero allora
Apertamente di Sifrido i prodi:
A questa terra avverarsi potrìa
Il viaggio per noi, tosto che. il reo
Veramente ritrovisi per noi
Che il sire ci uccidea. Fra’ lor congiunti,
Forti nemici avranno i tristi e assai !
Baciò Kriemhilde Sigemundo. Oh quanto
Pietosamente ei favellò, restarsi
Poi ch’essa volle, ed ei ciò vide ancora
Veracemente A casa, egli dicea,
In nostra terra, cavalcando andremo,
Senza conforto. Qui soltanto in pria
Ogni mia doglia mi fu nota. — Andaro
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/409]]==
<poem>
Da Worms al Reno senza scorta. Andarne :
Sicuri dii potean dell’alme loro,
Anche sorpresi in un nemico assalto,
Chè bastava de’ fort
A difender la mano. Ei da nessuno
Prendean commiato, e furon visti intanto :
Venir con molto affetto a Sigemundo
E Gernòt e Gislhero. Il danno suo
Era dolor per essi, e questi eroi,
Magnanimi e cortesi, apertamente
Il mostravan da l’intimo. Con dolce
Atto dicea prence GernòtIddio
Ben sa dal ciel che colpa non ebb’ io
Di Sifrido alla morte, ove ridirmi
Udito avessi chi nemico gli era.
Per giustizia degg’io piangerlo intanto. :
A’ viandanti buona scorta diede
Gislhero giovinetto. Ei dalla terra,
Con molta cura, principe Sigmundo
Co’ suoi guerrieri, a casa, in Niderlande, :
Condusse. Oh quanto pochi il vecchio sire E
U trovò de’ congiunti allegri e lieti !
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/410]]==
<poem>
Ciò che allora accadea dirvi non posso.
A Worms pianger s’udia Kriemliilde afflitta,
Ad ogni istante, e niun poteale il core
E l’alma confortar, se ciò non fea
Prence Gislhero. Buono, e a lei fedele
Ei si serbò. Brunhilde bella in sua
Oltracotanza, stava assisa, e allora
Che Kriemliilde piangeva, erale questa
Ignota cosa. A quella anche da lei
Più non fu data sua fidanza buona,
Ma dolor, che le andò fin dentro al core,
Donna Kriemhilde poi le cagionava.
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/411]]==
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/412]]==
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Avventura Diciannovesima
In che modo il tesoro de
fu trasportato a Worms
Poi die in tal guisa vedova si fea
Donna Kriemliilde, con le genti sue
Conte Eckewardo appo lei si rimase
In quella terra. Suoi servigi a lei
Ogni giorno prestava, egli la sua
Donna regale a piangere il suo sire
Aitava sovente. A Worms, accanto
Al monastero, le fu eretto c cinto
Ampio e grande un ostello, ingente e ricco,
Là Velia stette ad abitar co' suoi
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/413]]==
<poem>
Consorti, senza gioia. E volentieri
Alla chiesa ella andava, e ciò ella fea
Di lieta voglia assai. Là ’ve sepolto
Fu il suo diletto, con turbato core
Ogni tempo ne andava, e raro assai
Ella questo lasciò. Pregava allora
Iddio buono che l'anima accogliesse
Del caro estinto, e pianto fu l’eroe
Con fedel core assai. Ute e i consorti
Lei confortarno a tutte l’ore sempre,
Ma quel cor di ferita si profonda
Era piagato, che recarle aita
Nulla potea, per quanto le recasse
Altri sue cure. Altissimo desìo
Ell’avea sempre del diletto amico,
Quale donna giammai pel suo diletto
Sposo non ebbe. La virtù di lei
Manifesta vedersi in ciò potea,
Ch’ella così, fino alla morte sua,
Fin che vita durò, Sifrido pianse. —
Poscia costei, la donna di Sifrido
Ardimentoso, la vendetta sua
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==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/414]]==
<poem>
Con gran forza pigliò. - Ma (ciò gli è vero)
Ella intanto tre anni si sedea,
Mezz’anno ancor, dell' uom suo per la morte
È In acerbo dolor, nè un motto solo
È A Gunthero ella disseHàgene ancora,
ì Nemico suo, non vide essa in quel tempo.
Hàgene di Tronèga allor dicea:
Forsecliè tanto far concesso è a voi
Che aver possiate la sorella vostra
i Ancora amica? In questa terra, allora,
Di Nibelungo verria l’oro, e molto
Lucro fareste voi, quando a noi fosse
La regina propizia. — E di cotesto
Noi farem prova, disse re Gunthero.
Accanto a lei si stanno i miei fratelli,
E pregheremli noi che tanto adoprino
E Per ch’ella amica a noi si faccia, e tanto
z Per noi si ottenga che di giusta voglia
Ella veda cotesto. — Io non confido,
Hàgene disse, che ciò avvenga mai.
É Fe’ cenno che venisse allora in corte
l Gere Margravio e Ortwino. E come tanto
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==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/415]]==
<poem>
Cosi si fea, Gernòt fu addotto c quello
Giovinetto Gislhero, e amicamente
Ei supplicar donna Kriemhilde. Allora
Disse Gernòt fra quelli di Borgogna :
Donna, la morte di Sifrido assai
Troppo a lungo piangete. A voi desia
Il prence addimostrar ch’ei non l’uccise;
Altri frattanto ad ogni tempo voi
Piangere intende di gran doglia acerba.
Nessuno, ella dicea, questo gli addossa.
D’ Hàgen la destra lo colpi. *) Quand’ci
Seppe da me dove potea qualcuno
Lui di spada ferir, come potea
Io creder questo, che persona in terra
L’avesse in odio mai? —DehPavess’io
Evitato, che mai la sua persona
(La regina soggiunse) io non tradissi!
Or io potrei, misera donna, il pianto
Gli del verso antecedente si riferisce a
Gunthcrolo a Sifrido. Così nel testo, e ha
maggior forza.
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==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/416]]==
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1 345
Abbandonar? Ma d'anima benigna
VOr chi ciò mi Iacea, non sarò mai!
Gislhero incominciò, l’uom si avvenente,
A supplicar, per ch’ella disseH prence,
Io si, saluterò. — Com’ella disse,
Dinanzi a lei co’ suoi miglior congiunti
Fu visto il re. Ma non osò dinanzi
Hàgene andare a lei. Come sapea
La colpa sua, dolor le avria cotesto
Recato inver. Poi ch’ella volse allora
Lasciar suo cruccio contro a re Gunthero,
Miglior consiglio ciò saria che lei
1 Fàgen baciasse e quando angoscia tanta
Non le venisse d’ Hàgcn per la frode,
Andarne egli potea senza sgomento
I-à, di Kriemhide nel cospetto. Mai
Conciliazion per lagrime cotante
Non si fe’ tra congiunti. Anche le fea
Grave doglia il suo dannoeppur, con tutti,
Tolto un sol d’essi, ella fe’ pace. Niuno,
Se Hàgen noi fea, potea Sifrido uccidere.
Lunga d’assai non fu stagione, e allora
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==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/417]]==
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Tanto ci fean, che di là, da quella terra
De’ , riscattò e condusse
Donna Kriemliilde in lino al Reno il suo
Tesoro ingente. Egli era il nuziale
Dono >) di lei e il giusto suo possesso.
E Gislhero e Gernòt per esso andavano,
E ad uomini ottocento indisse allora
Donna Kriemliilde ch’ei dovean, celato
Là ’ve si stava, togliere il tesoro,
Qual custodia co* suoi miglior consorti
Alberico gagliardo. Allor che quelli
Pel tesoro fiìr visti in su dal Reno
Avvicinarsi, a que’ consorti suoi
Saggio disse Alberico Or, del tesoro
Nulla confidiam noi di averci ancora,
Da che il richiede qual suo nuziale
Dono la nostra nobil donna. Eppure
Ciò non saria giammai, disse Alberico,
Ove perduto malamente noi
Dotem non uxor marito, sed uxori mi-
ritus offcrt (Tacit. Gemi. 1S).
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==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/418]]==
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Non avessimo, insieme al prò’ Sifrido,
La sua buona Tamkappeegli solea,
Di Kriemhilde leggiadra il fido sposo,
Recarla ad ogni tempo. Ora incoglieano
Tristi mali a Sifrido. •) Il prode un giorno
La Tamkappe ci tolse, e questa terra
[ Tutta dovette a lui servir. — Ne andava
[ Il tesorier cosi là’ ve rinvenne
Le chiavi del tesor. Stettero innanzi
Alla montagna di Kriemhilde gli uomini,
Anche una parte de’ congiunti suoi,
E al mar fu carreggiato, al. navicello,
Il tesoro cosi. Traeanlo a monte
Del Reno, sovra Tacque.2) - Ora v’ è d’uopo
Udir prodigi a raccontar per esso,
Chè dodici carrette alto colmate,
In quattro notti e in quattro di, dal monte
Trasportarlo dovean. Tre volte al giorno
La maledizione che pesa sul tesoro. Vedi
l'Introduzione al Poema.
Rimontavano il Reno.
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==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/419]]==
<poem>
D’esse ognuna tornavac di nnll’altro
Era il tesor fuor che d’auro e di gemme.
Che se alcuno acquistato avesse il mondo
Cosi per esso, d’un sol inarco il pregio
Scemar non ne poteane disiato
Hàgen l’avea senza ragione. In esso
Più disiata cosa si giacca,
Una verghetta d’or. Chi a riconoscerla
Giugnea, sul mondo inter, sovra ciascuno
Degli uomini quaggiù, potea signore
Addivenir. — Ma con Gernòt andavano
Molti congiunti d’Alberico assieme.
Come quelli toccar l’ampio tesoro
Di re Guntliero nella terra e d’esso
Ebbe possesso la regina intero,
Colme d’esso ne andar camere e torri,
Nè si udì mai narrar, più di cotesto,
Prodigio grande. Ma se mille volte
Stato fosse il tesoro anche maggiore,
E stato fosse principe Sifrido
Sano e forte al suo fianco, ivi appo lui
Stata saria con vuote ambe le mani
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==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/420]]==
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Donna Kriemliilde. *) Più fedele sposa
Deh che non ebbe mai prence guerriero !
Poi che il tesoro ebbe in sua mano, addusse
Molti in la terra cavalieri ignoti.
Tanto donava di costei la mano,
Che mai non vide alcun più assai di questa
Munificenza grande. Ella d’assai
Esercitava sue virtudi, e tanto
Affermar si potea della regina.
A poveri ed a ricchi ella in tal guisa
A far suoi doni incominciò, che questo
Hàgen iva dicendo Ov’ella ancora
Viva alcun tempo, tanti a’ suoi servigi
Uomini condurrà, che a noi venirne
Dovrà gran doglia. — Principe Gunthero
Così rispose È sua quella dovizia
E la persona. Or, di qual guisa'mai
Avrebbe preferito la povertà con lui al
tesoro senza di lui. I1JÌAKTSCU interpreta dif¬
ferentemente. Il verso che segue mi dà ragione.
Anche Laveleye intende cosi.
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/421]]==
<poem>
350 /
Stornar potrei quant’ella fa ? Con molto
Stento, davvero ebb’ io ch’ella mi fosse
Ancor di tanto amica, c non è d’uopo
Rattristarci però, s’ella spartisce
I. argento suo con l’or. - Ma l’uomo accorto,
Hàgene disse al re, si gran tesoro
Lasciar non debbe in potestà di donna,
lilla, co’ doni suoi, fino a tal giorno
Ci menerà, che di Borgogna i prodi
Assai di ciò si pentiranno. — Disse
Re Gunthero Io giurai un giuramento
Per ch’io mai non le rechi alcuna doglia
Ne’ di venturi, e ciò vogl’ io d’assai
Osservar di mia fede. Ella è pur sempre
La mia sorella. — Oh ma di ciò colpevole
Me, me lasciate, Hàgene disse, e solo!
Così ne andar di alcuni *) fra costoro
i
Di alcuni (nel testosumdìclcr) è iro¬
nico, per dir di tutti, compreso lo stesso Gun¬
thero che violò il giuramento. Il I.aveleyk
non h:» inteso bene.
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/422]]==
<poem>
Non osservati i giuramenti. Tolta
Alla vedova donna incontanente
Fu l’ingente doviziaHàgen di tutte
Le chiavi si fe' sire, e n’ebbe sdegno,
Come ciò seppe veramente, quello
Fratei di lei, Gernòt. Hàgen, dicea
Prence Gislhero intanto, alla mia suora
Dolor fe’ grande, e ciò stornar vogl’io.
Che s’ei non fosse mio congiunto, oh allora
Di lui ne andria la vita I — Ora, la donna
Del prò’ Sifrido rinnovò il suo pianto.
Dicea sire Gernòt Pria che dogliosi
Andarne sempre per quest’oro, noi
Ingiungere dobbiam che tutto al Reno
Ei sia gittata, onde in eterno alcuno
Mai noi possegga. — Con gran doglia allora
A Gislhero dinanzi, al fratei suo,
Kriemhilde stette e disseOra, o fratello
Diletto a me, di me dàtti pensiero !
Esser dèi tu di mia persona e ancora
Di mia dovizia difensor. — Rispose
Quegli alla donnaCome sarem noi
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/423]]==
<poem>
Cui di ritorno, si farà cotcsto,
[ Chi intanto abbiam di cavalcar desio. *) |
Prence Gunthero coi congiunti suoi,
I Quanti lii si trovar fra gli altri tutti
I più prestanti, abbandonò la terra,
Tolto Hiigene soltanto. Ei restar volle
Per l’odio clic a Kriemhilde anche portava, ;
E ciò egli fe’ ben volentieri. Innanzi
Che di ritorno fosse il re possente,
Hàgene, intanto, quello per sé tolse
Ricco tesoro e tutto presso a Loche
§ Nel Reno l’affondò. Credea goderne
Un giorno poi, nè ciò potè giammai
1 Avverarsi per lui. Ma fean ritorno
i I prenci intanto con uomini seco,
Molti d’assai, c ratto incominciava
I II suo gran danno a piangere Kriemhilde
Con sue donne ed ancelle. Era cotesto
Grave dolor per lei ma Giselhero
Non si sa il perche ma Hagene appro¬
fitta dell’assenza degli altri per celare il tesoro.
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/424]]==
<poem>
Con tutta fede era là pronto. Insieme
Elli dicean Male egli ha latto - E quei *)
L’ira dei prenci ad evitar si pose
Fin che lor grazia racquistò. Lasciàrlo
Incolume cosi. Ma più nemica
Esser giammai non gli potè Kriemhilde.
Innanzi che Hàgen di Tronèga in questa
Guisa il tesor celasse, egli e Gunthero
Con forti giuramenti avean fermato
Questo si, che stana quello nascosto
Fin che un d’essi vivea. Cosi, spartirlo
Ei fra lor non potean, non darlo ad altri.
Ma di nuovo dolor l'alma gravata
Fu di Kriemhilde, per l’acerbo fato
Dell’uom di lei, per che le avean rapita
La sua dovizia, ancor. Pace non ebbe
Il suo lamento mai nel viver suo,
Fino a l’estremo de’ suoi dì. Gli è il vero
Ch’ella tredici anni ancor si visse,
Dopo la morte di Sifrido, in molti
</poem>
 
==[[Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/425]]==
<poem>
E molti affanni, che scordar la morte
Mai non potè di quel gagliardo. A lui
Fedel mai sempre si serbò, e cotesto
Sen va concorde in affermar la gente.
 
==no match ===
 
COLLEZIONCINA DIAMANTE HOEPLI
 
BOITO C. L’Animadiun Pittore. 1885,un voi.
<pages index="I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu" from=117 to=425 fromsection=s2 />
in-04, eleg. lcg. in tela e oro L. 3 —
BYRON. Lara, traduzione di A. Maffei. 1882,
un voi. in-04, eleg. lcg. in tela e oro. L. 3 —
— Mazeppa, traduzione di A. Maffei. 1883,
un voi. in-04, eleg. leg. in tela e oro. I- 3 —
— Giaurro, traduzione di A. Maffei. 1884,
un voi. in-04, eleg leg. in tela e oro. L. 3 —
— Cielo e terra, la sposa promessa d’Abido,
trad. di A. Maffei. 1887, un voi L. 3 —•
— Misteri e canti, Parisina, traduzione di
A. Maffei. 1882, un voi. in-04 L. 3 —
CARCANO G. Dolinda di Montorfano. I fan¬
ciulli di Valsugana. 1880, un voi. in-04, eleg.
leg. in tela e oro L. 3 —
— Elvezia. Dal Verbano. 1884, un voi. in-04,
eleg. leg. in tela e oro ‘. L. 3 —
DICKENS. Cantico di Natale. Prima tradu¬
zione italiana di F. Vekdinois. 1888, un voi.
in-04, eleg. leg. in tela e oro ..... L. 3 —
GOETHE. Arminio e Dorotea. Tr.di A.Maf-
fei. 1884, voi. in-04, el. leg. in t. e oro L. 3 —
— Elegie, Idilli. Traduzione di A. Maffei.
1885, un voi. in-04, el. leg.in tela e oro. L. 3 —
— Ifigenia in Tanride. Trad. di A. Maffei.
1885, un voi. in-04, eL leg. in t. e oro L. 3 —
— Cariti d’amore e poesie vaiie. Traduzione
di A* Zardo. 1880, un vói. in-04, eleg. leg. in
tela e oro t L- 3 —