In mezzo alle ragioni: differenze tra le versioni

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E diciamo bandire, poiché il temperamento preso di apprestare l’istruzione religiosa solamente a quei fanciulli, pei quali i genitori ne faranno espressa domanda, è del tutto illusorio. Non si riesce infatti a capire come gli autori della malaugurata disposizione non si siano avveduti della sinistra impressione, che deve fare sull’animo del fanciullo il vedere posto l’insegnamento religioso in condizioni cosi diverse dagli altri. Il fanciullo che per essere stimolato ad uno studio diligente ha bisogno di conoscere l’importanza e la necessità di ciò che gli viene insegnato, quale impegno potrà avere per un insegnamento, verso del quale l’autorità scolastica si mostra o fredda od ostile, tollerandolo a malincuore? E poi, se vi fossero (come non è difficile a trovarne) genitori che o per malvagità di animo, o molto più per ignoranza e negligenza, non pensassero a chiedere per i loro figli il benefizio dell’istruzione religiosa, resterebbe una gran parte di gioventù priva dei più salutari documenti, con estremo danno non pure di quelle anime innocenti, ma della stessa civil società. E stando le cose in tali estremi, non sarebbe un dovere di chi presiede alla scuola rimediare all’altrui malizia o trascurando? Sperando vantaggi senza dubbio men rilevanti, si pensò testé di rendere obbligatoria per legge l’istruzione elementare, costringendo anche con multe i genitori ad inviare i loro figli alla scuola: ed ora come si potrebbe aver cuore di sottrarre ai giovani cattolici l’istruzione religiosa, che indubitatamente è la più salda guarentigia di sapiente e virtuoso indirizzo dato alla vita? Non è crudeltà pretendere che questi fanciulli crescano senza idee e sentimenti di religione, finché sopravvenuta la fervida adolescenza si trovino in faccia a lusinghiere e violente passioni, disarmati, sprovveduti d’ogni freno, colla certezza di venire travolti nei lubrici sentieri del delitto? È una pena pel Nostro cuore paterno vedere le lagrimevoli conseguenze di quella sconsigliata deliberazione: e la Nostra pena s’inacerbisce, considerando che oggi sono più che mai forti e numerosi gli eccitamenti ad ogni sorta di vizi. Ella, Sig. Cardinale, che per l’alto suo ufficio di Nostro Vicario seguita da vicino lo svolgimento della guerra che nella nostra Roma si muove a Dio ed alla Chiesa, sa bene, senza che Noi ci tratteniamo a parlarne lungamente, quali e quanti siano i pericoli di pervertimento che incontra la gioventù: dottrine perniciose e sovversive di ogni ordine costituito, audaci e violenti propositi a danno e scredito d’ogni legittima autorità; finalmente l’immoralità, che senza ritegno procede sviatamente per mille vie a contaminare gli occhi ed a corrompere i cuori. Quando questi e somiglianti assalti si danno alla fede ed al costume, ciascuno può farsi ragione quanto opportunamente siasi scelto il momento per cacciare dalle pubbliche scuole la religiosa educazione. Si vuole per avventura con queste disposizioni, invece di quel popolo romano, che per la sua fede si celebrava in tutto il mondo fin dai tempi apostolici, ed era fino ai nostri giorni ammirato per l’interezza e la religiosa coltura dei suoi costumi, formare un popolo senza religione, dissoluto, e condurlo così a condizione di barbaro e di selvaggio? Ed in mezzo a questo popolo, con insigne slealtà pervertito, come potrebbe il Vicario di Gesù Cristo, il Maestro di tutti i fedeli, veder riverita la suprema sua autorità, tener con onore l’augusto suo Seggio, e attendere rispettato e tranquillo alle incombenze del suo Pontificai ministero? Ecco, Sig. Cardinale, la condizione, che in parte Ci si è già fatta e che Ci si apparecchia nell’avvenire, se Iddio pietoso non vorrà porre un limite a questo incalzare di attentati, l’uno più riprovevole dell’altro.
 
Ma finché la Provvidenza per i suoi giudizi adorabili lascia che duri questa prova, se non è in Nostro potere di mutare la condizione delle cose, è però debito Nostro di fare ogni sforzo per addolcirla, e perché tornino meno sensibili i danni. Quindi è d’uopo, che non pure i Parrochi raddoppino di diligenza e di zelo nell’insegnamento del Catechismo, ma che si supplisca con nuovi ed efficaci mezzi al vuoto che si fece per colpa altrui. Non dubitiamo che il clero di Roma neppur questa volta verrà meno ai sacri doveri del suo sacerdotal ministero, e si adoprerà con le cure più affettuose a preservare la romana gioventù dai pericoli che minacciano la sua fede e la sua moralità. Siamo certi altresì che le cattoliche Associazioni, fiorenti in questa Città con tanto profitto della religione, concorreranno con tutti i mezzi posti nelle loro mani alla santa impresa d’impedire, che quest’alma Città, perdendo il carattere sacro ed augusto di religione e l’invidiato vanto di essere la città santa, addivenga vittima dell’errore e teatro d’incredulità. Ed Ella, Sig. Cardinale, colla sagacia e colla fermezza, onde va adorna, procuri che si accrescano gli oratorii e le scuole, dove si raccolgano i giovanotti per essere istruiti intorno alla santissima Religione cattolica, nella quale per insigne grazia del cielo son nati. Cerchi, secondo che già si fa con buon frutto in qualche chiesa, che virtuosi e caritatevoli Laici, sotto la vigilanza di uno o più Sacerdoti, prestino l’opera loro per insegnare il catechismo ai fanciulli; e procuri che i genitori siano dai rispettivi Parrochi esortati ad inviarvi i loro figliuoli, e che sia loro ricordato anche il dovere, che a tutti incombe, di esigere nelle scuole pei proprii figli l’istruzione religiosa. Gioveranno altresì i catechismi agli adulti da stabilirsi nei luoghi, che si crederanno più acconci, affine di mantener sempre vivi negli animi i salutari ammaestramenti, che appresero sin da fanciulli. Non lasci giammai di rinfuocolar la pietà, e di avvivare sempre meglio l’impegno dei Sacerdoti e dei Laici, ponendo loro sott’occhio l’importanza dell’opera, i meriti che si acquisteranno presso Iddio, presso Noi, e presso l’intera società. Faccia altresì loro intendere, che Noi Ci studieremo di tenere nella dovuta considerazione i più operosi.
 
Non Ci sfugge da ultimo che a riuscire meglio nel Nostro intendimento occorre anche il sussidio dei mezzi materiali, i quali non rispondono in proporzione ai bisogni. Ma se Noi costretti a vivere dell’obolo dei fedeli, posti essi stessi in grandi angustie per i tempi che corrono torbidi e luttuosi, non potremo largheggiare quanto vorrebbe il Nostro cuore, non lasceremo però di fare tutto quel più che Ci sarà consentito, per istornare il danno
che dalla negletta educazione religiosa viene prima al fanciullo, e poi alla stessa civile società.
 
Del resto a tutti i disegni e sollecitudini Nostre è necessario mandare avanti l’invocazione del divino aiuto senza del quale è vana ogni speranza di riuscimento felice. Ci rivolgiamo pertanto a Lei, Sig. Cardinale, raccomandandole caldamente che esorti il popolo romano ad innalzare a Dio Signor Nostro fervide preghiere, che in questa santa Città mantenga intera la luce della fede cattolica, che pretenderebbero d’oscurare o spegnere affatto le sette ereticali accolte ad onore, e l’empietà, cospiranti insieme a rovesciare la fermissima Pietra, contro la quale, siccome è scritto, le porte dell’inferno non prevarranno. Nel cuore dei Romani è antica la devozione verso l’Immacolata Madre del Salvatore; ma adesso, incalzando vieppiù il pericolo, ricorrano e più spesso e con ardore più intenso a Lei, che schiacciò il serpe e vinse tutte le eresie. Nei giorni che riconducono la memoria solenne dei gloriosi Apostoli Pietro e Paolo, si prostrino riverenti nelle loro Basiliche, e li scongiurino ad intercedere presso Dio per la Città che santificarono del proprio sangue, e che lasciarono depositario delle loro ceneri, quasi a pegno della loro incessante protezione. Facciano dolce violenza di suppliche ai celesti patroni di Roma, i quali o col sangue, o colle opere del ministero apostolico, o coi santi esempi rendettero più ferma nel cuore dei loro Padri la fede che si vorrebbe strappare dal seno dei figli; e Dio si muoverà a pietà di noi, ne lascerà che sia fatta ludibrio di uomini malvagi la sua religione.
 
Intanto riceva, Sig. Cardinale, l’Apostolica Benedizione, che dall’intimo del cuore impartiamo a Lei, al clero, ed a tutto il Nostro dilettissimo popolo.
 
Dal Vaticano, li 26 Giugno 1878.
 
* Lettera In mezzo alle ragioni sull’insegnamento religioso nelle scuole, [Al Signor Cardinale Monaco La Valletta, Vicario generale di Roma], 26 giugno 1878
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