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{{Pt|porto|rapporto}} originario tra la cosa in sé e il fenomeno. Il pastore idilliaco dell’uomo moderno è meramente una contraffazione del complesso d’illusioni culturali che per l’uomo moderno vale come natura; laddove il greco dionisiaco vuole la verità e la natura nella sua suprema potenza; e si vede trasformato d’incanto in satiro.
CAPITOLO OTTAVO

porto originario tra la cosa in sé e il fenomeno.
Con tali disposizioni e conoscenze passa in giubilo la folla tripudiante dei servi di Dioniso; la cui potenza si trasmuta ai loro propri occhi, in modo che folleggiando credono di vedere sé stessi ripristinati in geni naturali, ritornati satiri. La costituzione posteriore del coro tragico è l’imitazione artistica di quel fenomeno naturale; con questo, che ora divenne necessaria la separazione tra gli spettatori dionisiaci e i coreuti affatturati da Dioniso. Solo che bisogna tener presente, che il pubblico della tragedia attica vedeva sé stesso nel coro dell’orchestra, e che in fondo non esisteva alcun contrasto tra il pubblico e il coro; giacché il tutto non era altro che un gran coro alto di satiri danzanti e cantanti, e di spettatori che si sentivano rappresentati in quei satiri. Perciò dalla parola di {{AutoreCitato|Wilhelm August von Schlegel|Schlegel}} si può spremere un senso più profondo. Il coro è «lo spettatore ideale», in quanto è l’unico {{spaziato|spettatore}}, lo spettatore del mondo di visioni evocato sulla scena. Un pubblico di spettatori quale è oggi il nostro, era ignoto ai greci: nei loro teatri, data la forma concentrica di costruzione a terrazza dello spazio riservato agli spettatori, ognuno era ben in grado di {{spaziato|astrarsi}}
Il pastore idilliaco.dell’uomo moderno è meramente
una contraffazione del complesso d’illusioni
culturali che per l’uomo moderno vale come
natura; laddove il greco dionisiaco vuole la verità
e la natura nella sua suprema potenza; e
si vede trasformato d’incanto in satiro.
Con tali disposizioni e conoscenze passa in
giubilo la folla tripudiante dei servi di Dioniso;
la cui potenza si trasmuta ai loro propri occhi,
in modo che folleggiando credono di vedere sé
stessi ripristinati in geni naturali, ritornati satiri.
La costituzione posteriore del coro tragico è
l’imitazione artistica di quel fenomeno naturale;
con questo, che ora divenne necessaria la separazione
tra gli spettatori dionisiaci e i coreuti
affatturati da Dioniso. Solo che bisogna tener
presente, che il pubblico della tragedia attica
vedeva sé stesso nel coro dell’orchestra, e che
in fondo non esisteva alcun contrasto tra il pubblico
e il coro; giacché il tutto non era altro
che un gran coro alto di satiri danzanti e cantanti,
e di spettatori che si sentivano rappresentati
in quei satiri. Perciò dalla parola di Schlegel
si può spremere un senso più profondo. Il coro
è «lo spettatore ideale», in quanto è l’unico
spettatore, lo spettatore del mondo di visioni
evocato sulla scena. Un pubblico di spettatori
quale è oggi il nostro, era ignoto ai greci: nei
loro teatri, data la forma concentrica di costruzione
a terrazza dello spazio riservato agli spettatori,
ognuno era ben in grado di astrarsi