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Capitolo V.
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Omero e Archiloco. -Il Urico: la musica come visione simbolica
{{Type|f=80%|t=1|v=1.5|w=3px|L=0px|{{indentatura}}{{AutoreCitato|Omero|Omero}} e {{AutoreCitato|Archiloco|Archiloco}}. - Il lirico: la musica come visione simbolica. — L’io lirico è l’io universale. — {{AutoreCitato|Arthur Schopenhauer|Schopenhauer}} e l’essenza del canto. - Il genio e l’artista primigenio del mondo.</div>}}
— L’io lirico è l’io universale. — Schopenhauer e

l’essenza del canto. - Il genio e l’artista primigenio del
Ci appressiamo ora al vero e proprio scopo della nostra ricerca, che mira alla conoscenza del genio dioniso-apollineo e del suo capolavoro, o almeno alla comprensione, piena di presentimento, del mistero di cotesta unione. E principiamo col chiederci dove mai nel mondo ellenico venga in luce la prima volta quel nuovo germe, che poi si svolge fino alla tragedia e al ditirambo drammatico. Su ciò l’antichità stessa ci dà effigiata la notizia, quando nelle sculture, nelle gemme e simili, ritrae l’uno accanto all’altro Omero e {{spaziato|Archiloco}} come progenitori e lampedefori della poesia greca, col fermo sentimento, che soli questi due erano da riguardarsi come le nature egualmente e pienamente originali, onde poi scaturì e si sparse una lava di fuoco su tutta la posterità greca. Omero, il canuto sognatore immerso in sé stesso, il tipo dell’artista apollineo, ingenuo, eccolo guardare stupito la testa passionata del battagliero alunno delle muse, Archiloco, fieramente incalzato tra le vicissitudini dell’esistenza: l’estetica moderna null’altro saprebbe chiaramente aggiungervi, se non che qui all’artista «obiettivo» è contrapposto
mondo.
Ci appressiamo ora al vero e proprio scopo
della nostra ricerca, che mira alla conoscenza
del genio dioniso-apollineo e del suo capolavoro,
o almeno alla comprensione, piena di presentimento,
del mistero di cotesta unione. E principiamo
col chiederci dove mai nel mondo ellenico
venga in luce la prima volta quel nuovo germe,
che poi si svolge fino alla tragedia e al ditirambo
drammatico. Su ciò l’antichità stessa ci dà effigiata
la notizia, quando nelle sculture, nelle
gemme e simili, ritrae l’uno accanto all’altro
Omero e Archiloco come progenitori e lampedefori
della poesia greca, col fermo sentimento,
che soli questi due erano da riguardarsi come
le nature egualmente e pienamente originali,
onde poi scaturì e si sparse una lava di fuoco su
tutta la posterità greca. Omero, il canuto sognatore
immerso in sé stesso, il tipo dell’artista
apollineo, ingenuo, eccolo guardare stupito la
testa passionata del battagliero alunno delle
muse, Archiloco, fieramente incalzato tra le vicissitudini
dell’esistenza: l’estetica moderna null’altro
saprebbe chiaramente aggiungervi, se non
che qui all’artista «obiettivo» è eontràpposto
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