Viaggio in Dalmazia: differenze tra le versioni

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rigidi e intrattabili dallo scalpello di chi volesse trarne lavoro men che grossolano. Sarebbe più atto a prender forma sotto l’artefice il terzo, ch’è assai compatto e ritiene bensì corpi marini, ma così infranti, o così compenetrati dalla sostanza lapidosa, che non si ponno per ignun modo sconnettere. Le sommità de’ colli d’Uglian sono di marmo calcareo, compatto, di parti impalpabili, istriano, dalmatino, o apennino che dir si voglia, da che l’impasto medesimo descritto più addietro come dominante in Ulbo, a vicenda colle breccie domina su le altezze di tutte queste provincie e in Italia. Il Donati, descrivendolo meno esattamente che il Linneo, lo chiama marmo opaco, di grana uniforme, di colore biancastro, ed ha creduto che fosse il traguriense degli Antichi, non so quanto bene apponendosib. Ho per la prima volta veduto su di quest’isola una curiosa spezie di kermes (se pur questo nome può convenirgli, e piuttosto non si dee formarne un nuovo genere)25sul fico e, non risovvenendomi d’aver letto alcuno autore che l’abbia descritta, né d’averne veduto la figura ne’ libri classici d’insettologia, l’ho voluta far disegnare. Questo insetto è differentissimo dal faux-puceron del signor di Reaumur, che non si è mai lasciato trovare da me su’ fichi della Dalmazia. Osservi l’Eccellenza Vostra il ramoscello di fico (Tav. I, Fig. A) su di cui stanno attaccate le galle, se pur con tal nome ponno esser senza improprietà chiamate queste crisalidi singolarissime. Egli non è de’ più carichi; v’ha tale albero, i di cui rami minori tutti ne sono così eccessivamente coperti che rassomigliano a un vaiuoloso pieno di pustole accavallate. La Figura B mostra la galla alcun poco ingrandita; ella è per certo uno de’ più eleganti lavori che l’insettologia possa offerire a’ curiosi. La sua cupola è striata, ma così minuta- mente, che non perde punto della levigatezza se sia guardata coll’occhio nudo. La sommità di essa è costantemente adornata da una papilla che ricorda quelle nelle quali stanno incastrate le spine degli echini. La parte inferiore intorno alla base è circondata
 
b Donati, Saggio d’istoria naturale dell’Adriatico, p, VIII.
 
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da otto papille, quasi del tutto simili alla superiore, che corrispondono ad altrettanti fermagli, co’ quali si è da prima attaccato per disotto l’animaluzzo alla corteccia. La grandezza di queste galle è inuguale: ve n’hanno di quelle che restano meschine e malfatte, per essersi fermato l’animaletto, dal quale tranno l’origine, troppo vicino a due o tre altri che hanno succhiato il latte della corteccia, col mezzo del quale anch’elleno dovean crescere. Non è da mettere in dubbio che dall’umore lattiginoso del fico, elaborato pe’ vasi del trasformato animaluzzo, non prenda giornaliero accrescimento la galla; da che, se per qualche disavventura esteriore ella venga guasta alcun poco, si riproduce la parte offesa facilmente, come usano di fare i gusci delle lumache. Questa particolarità sola par che possa bastare a costituirne un nuovo generea. La sostanza del di lei guscio è un cerume, o lacca, molto analoga al latte seccato dell’albero su di cui nasce e propagasi. Non si potevano distinguere le parti dell’animale, allora quando io l’osservai pella prima volta sull’isola d’Uglian e ne feci raccogliere buona quantità; in tutte le galle ch’io volli esaminare allora, trovai una sostanza mocciosa, di colore sanguigno, che tingeva di bellissimo rosso le dita. Ne portai a Zara nel mese di giugno un gran cartoccio; e da una picciola porzione di esso ritrassi per la via semplice della decozione un cerume di color incarnato; l’acqua in cui bollirono le galle restò tinta di rosso-giallognolo.
Io ne serbava parecchie, da me staccate con diligenza senza ferire l’animale nascostovi, in uno scatolino cui per vari giorni non badai punto, distratto da altre occupazioni. All’aprirlo trovai con mia sorpresa che n’erano usciti innumerabili granellini rossi i quali, esaminati sotto’l microscopio, mi si fecero conoscere per ova allungate a somiglianza dei boccioli de’ bachi da seta. Niun vestigio di verme o
a Parecchi scrittori non ignobili, fra’ quali Garzia dall’Orto, Bonzio, Montano, Amato Lusitano e Tavernier, hanno asserito che la lacca della China, del Giappone e del Pegu sia tratta dall’albero dettovi facoski, o namra, da una spezie di formiche alate. Potrebb’esser vero in parte, se non del tutto, da che un insetto più minuto e debole può estrarre un cerume dal fico. Il Cleyero fin dal 1685, stando a Nangasaki, scrisse al Mentzelio che questa era una favola, e che la lacca traeasi unicamente per incisione: ma fors’egli non avea potuto prender tutti i lumi necessari, V. Garziae ab Horto, Hist arom., l. I, c. 8; Jacobi Bontii, Medic. lnd.; Arnoldi Montani, Hist. Legat. Batav. Soc. lnd. Orient ad Imp. Japon; Amati Lusitani, in Dioscorid., l. 1; Tavernier, p. 2, l. 2.
 
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di mosca rinvenni nella scatola, né sospetto che potessero esserne usciti mi poté venire, perch’ella chiudevasi esattamente a vite, Riposi, avendola prima diligentemente chiusa, la mia scatoletta; e quattro o sei giorni dopo, riapertala, vidi un innumerabile esercito d’animaluzzi rossi che da prima mi parvero aver ali bianche, ma che poi esaminati colle lenti mi si fecero conoscere apteri, da sei piedi, e non ancora del tutto liberi dal guscio dell’ovo cui portavano su la schiena, in guisa d’ale sollevate ed unite. Io li rinserrai nella loro prigione dove morirono in pochi giorni di fame. Non si trovavano nelle campagne de’ contorni di Zara fichi popolati da quest’insetti; e quindi rinunziai al desiderio di veder più oltre. Poco tempo dopo ne rinvenni sull’isola della Brazza26, e in molte galle o crisalidi sorpresi un verme che mi fe girare il cervello: ma dopo d’avervi ben pensato, io pendetti a crederlo un usurpatore anzi che un abitator naturale della casa. E vie più in questa opinione mi confermai allora quando mi venne fatto di trovare gl’insettini rossi erranti pe’ rami, indi mezzo istupiditi e strettamente aderenti alla corteccia. Io mi prometto di riosservarli diligentemente, se mi si presenteranno di nuovo in opportuna stagione. E tanto più mi cresce la voglia di farlo, quanto che quelle ova rosse hanno di molta rassomiglianza colla grana del kermes tintorio. Io spero che stiacciandole e riunendole in massa prima che sbuccino, o dagli animaluzzi uccisi appena sbucciati, si avrà una pasta da farne qualche cosa di ragionevole. Il Quinquerano27, cent’ottant’anni sono, scrisse della grana del kermes circostanze che molto convengono a questa nuova grana del ficoa.
 
26 L’attuale Brač, più dettagliatamente descritta da Fortis nell’ultima lettera del Viaggio in Dalmazia.
27 Prelato e letterato francese, Pierre Quiqueran (126-1605) è noto soprattutto come studioso di storia naturale, in particolare per il trattato De laudibus Provinciae (1565), tradotto in francese coi titolo di La nouvelle agricolture (1613).
a «Has autem baccas quando vident in vermiculos abire velle illos aceto, vel aqua frigidissima ex puteo adspergunt, et in loco tepido supra fornacem, seu in sole lente exsiccant, donec moriantur. Aliquando animalcula ista a vesiculis relictis segregant, et extremitatibus digitorum leniter comprehendendo in pilam, seu massam rotundam efformant, quae multo pretiosior est granis, et ideo majori pretio a mercatoribus emitur». Quinqueran. ap. Cestonium, in Ep. mss. ad Vallisnerium Seniorem. Dove si dee notare che le voci vermis e vermiculus usavansi frequentemente in quel tempo per indicare un insetto qualunque.
 
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Non è antica né costante questa malattia de’ fichi pell’isole e lidi della Dalmazia. Se ‘1 verno freddo più dell’usato si faccia sentire in qualche distretto, il paese resta per quell’anno quasi totalmente libero dagl’incomodi insetti che fanno un vero danno alla provincia, dove i fichi formano un importante capo di commercio. L’albero, di cui questa genìa s’è impossessata, porta insipidi e schifosi frutti perché ricoperti anch’essi, come le foglie e i rami, della nuova generazione resavisi di già immobile e sepolta sotto la sua spoglia di lacca.
Quando però gli alberi abbiano sofferto per due o tre anni di seguito questa peste, la corteccia annerita e tutta cariosa si distacca dai rami che infracidiscono; l’aspetto loro è squallido anche nel fine di primavera, e finalmente il fracidume dall’estremità propagandosi sino alle principali diramazioni, il tronco medesimo ne resta offeso e perisceb.
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Zara, detta Jadera da’ Latini e Diadora ne’ bassi tempi, ch’era una volta la capitale della Liburnia, vale a dire della gran penisola che sporge in mare fra i due fiumi Tedanio e Tizio, ora conosciuti sotto i nomi di Zermagna e di Kerka28, dopo la decadenza dell’Impero romano è divenuta la capitale di una più estesa provincia. Il tempo, che ha fatto perdere sino alle vestigia della maggior parte delle città liburniche, ha sempre rispettato questa. Ella gode attualmente di tutto lo splendore che può convenire a una città suddita, e probabilmente ha guadagnato coi girare de’ secoli in vece di perdere. La società di Zara è tanto colta quanto si può desiderarla in qualunque ragguardevole città d’Italia; né vi
b Nel mese di settembre 1773, vale a dire un anno dopo ch’io avea scritto queste osservazioni, ritornato a Zara non trovai su’ fichi de’ contorni vestigio alcuno dell’insetto. Così Io cercai indarno sull’isole di Cherso, d’Ossero, di Veglia, d’Arbe e di Pago. Communicai quel poco ch’io ne ho osservato al celeberrimo naturalista sig. Carlo Bonnet, e questo illustre amico mi anima a proseguirne l’esame, come di cosa interessantissima pell’insettologia non meno che per le arti.
 
28 Le denominazioni slave dei fiumi sono ora Zrmanja e Krka, Al corso della Krka è dedicata la lettera a Vallisnieri.
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mancarono in verun tempo uomini distinti nelle lettere. Federico Grisogono, che visse nel bel mezzo del XVI secolo29, pubblicò un Discorso sopra le cause del fiusso e riflusso del mare, attribuendolo alla pressione del sole e della luna, Gianpaolo Gallucci, saloense, inserì per intero questo trattatello nella sua opera intitolata Theatrum Mundi et Temporis30, traendolo dal libro medico in cui l’avea posto l’autore. Simone Gliubavaz, gentiluomo zaratino31, lasciò molte preziose carte tendenti ad illustrare la nobile sua patria, e l’ampio territorio ch’ella possiede. Restaci di questo valentuomo un opuscolo manoscritto inedito, che illustra tutte le iscrizioni zaratine ch’erano state disotterrate sino alla metà del XVII secolo. Fra quelli che attualmente vi abitano, meritano distinta menzione l’amabile e coltissimo signor conte Gregorio Stratico32, e il signor Domenico Ballo, taciturno, modesto e forse troppo lucifugo gentiluomo, dalla onestà, cortesia e sapere de' quali gran vantaggi può ritrarre il viaggiatore. Delle antiche fabbriche romane che l’adornavano, miserabili vestigi vi si conoscono appena, le fortificazioni moderne essendovi state fatte a spese degli antichi rimasugli. Troverà Vostra Eccellenza agevolmente ne’ collettori33collettori le molte iscrizioni che vi si conservavano sino al principio di questo secolo. Elleno provano che questa città e colonia fu guardata con particolare affezione da molti Imperadori romani, e segnatamente da Augusto e dall’ottimo Traiano. Il primo meritò d’esser chiamato Padre della colonia jadertina, e di questo titolo resta il documento in una
29 Cosmografo e medico, nato in realtà alla metà del ‘400, insegnò astronomia e matematica a Padova, scrisse uno Speculum astronomicum, pubblicato a Venezia nel 1307, e un più fortunato trattato De modo collegendi, pronosticandi et curandi febres, necnon de humana felicitate, ac denique de fluxu et refluxu maris (Venezia, 1528), per quest’ultimo ricordato da Fortis.
 
30 Astronomo, nato a Salò, fu tra i primi membri dell’Accademia di Venezia (1593). autore di opere di cosmografia e di studi relativi agli strumenti astronomici e per la misurazione del tempo, nel 1588 pubblicò l’opera citata da Fortis.
31 Magistrato, vissuto tra il 1608 e il 1663, cultore di studi storici ed eruditi, frequentemente citato da Fortis per una sua opera manoscritta De situ Illyrici, utilizzata da Giovanni Lucio.
32 Letterato e Storico (1736-1806), ricoprì numerose cariche pubbliche per la Repubblica di Venezia, poi durante la dominazione austriaca e quella francese. Tracciò una storia della Dalmazia che fu utilizzata da Kreljanovich nelle Memorie per la storia della Dalmazia; altri suoi lavori di carattere storico-politico, commissionati dal Governo austriaco, rimasero inutilizzati per l’avvento dei Francesi.
33 Termine desueto per collezionisti, raccoglitori.
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pregevole lapida, il secondo fece fabbricare, o ristorare, un acquedotto che vi portava l’acqua di lontano, il che rilevasi da un frammento d’iscrizione tuttora esistente nella città. Io sono stato accolto a Zara con generosa ospitalità nella bella abitazione del signor dottor Antonio Danieli, dotto professore di medicina. Ella è adornata da vari pezzi di scolture antiche, fra’ quali distinguonsi quattro statue colossali di marmo salino, che a proprie esorbitanti spese questo zelante amatore dell’antichità fece trarre dalle rovine della vicina città di Nona34. Parecchie lapide colà portate da vari luoghi della Dalmazia vi si veggono, fra le quali la riguardevole iscrizione riferita anche dallo Spon35 com’esistente nella casa de’ signori Tommasoni, che dal 1675 in poi era stata nascosa da un intonaco di calce, e dal dottor Danieli fu scoperta e ridonata alla luce dietro alle traccie lasciatene dal viaggiatore francesea.