Pagina:Tozzi - Giovani, Treves, 1920.djvu/99: differenze tra le versioni

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Allora il marmista, posati gli occhiali come per una faccenda qualunque, cominciò a gridare:
Allora il marmista, posati gli occhiali come per una faccenda qualunque, cominciò a gridare:


— Tu fai la marmotta con me!... Ti voglio aprire la testa, per vedere che c’è dentro!... Lei pappa!... La pappa, c’è dentro!... Smetti di mangiare!... Tu mangi le mie fatiche!...
— Tu fai la marmotta con me!... Ti voglio aprire la testa, per vedere che c’è dentro!... La pappa!... La pappa, c’è dentro!... Smetti di mangiare!... Tu mangi le mie fatiche!...


Alfonso, per effetto dell’abitudine, intese soltanto le prime tre o quattro parole. Ma il marmista, accortosene, lo picchiò con i pugni chiusi su la testa, finchè non senti che si faceva male alle mani. Allora, mordendosi i polpastrelli arrossati, si riposò.
Alfonso, per effetto dell’abitudine, intese soltanto le prime tre o quattro parole. Ma il marmista, accortosene, lo picchiò con i pugni chiusi su la testa, finchè non senti che si faceva male alle mani. Allora, mordendosi i polpastrelli arrossati, si riposò.
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— Lasciami fare. Non mi picchiare.
— Lasciami fare. Non mi picchiare.


Ma la propria voce gli fece venire da piangere; e le lagrime caddero sul pane e dentro il piatto, mentre egli cercava di continuare a mangiare: come se non fosse avvenuto niente, E pensò: «Non gli basta che io pianga? Non vede che piango?».
Ma la propria voce gli fece venire da piangere; e le lagrime caddero sul pane e dentro il piatto, mentre egli cercava di continuare a mangiare: come se non fosse avvenuto niente. E pensò: «Non gli basta che io pianga? Non vede che piango?».