Pagina:Deledda - Il nostro padrone, Milano, Treves, 1920.djvu/148: differenze tra le versioni
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Egli intanto se ne tornò difilato sulla montagna, e non sapeva se doveva ridere o piangere delle sue avventure. Per sfogarsi imprecava ad alta voce, e dava calci ai sassolini che saltellavano un po’ sul sentiero scosceso e gli ricadevano sui piedi. Egli brontolava e pareva si rivolgesse ai sassolini. |
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— Sempre così, maledetti voi siate! Sempre così, maledetta la sorte che mi guida! |
— Sempre così, maledetti voi siate! Sempre così, maledetta la sorte che mi guida! |
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Appena arrivato andò nella dispensa e si fece dare un |
Appena arrivato andò nella dispensa e si fece dare un po’ d’acquavite; poi si sdraiò dietro la tettoia e si addormentò. Sognò di trovarsi nell’alberguccio, dove Marielène ancora piccola serviva gli avventori vestiti da rozzi borghesi e i negozianti di bestiame dal corpetto di velluto e i calzoni d’orbace. |
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Egli beveva acquavite, anzi ne aveva bevuta già tanta che non poteva più muoversi e neppure sollevare le palpebre. |
Egli beveva acquavite, anzi ne aveva bevuta già tanta che non poteva più muoversi e neppure sollevare le palpebre. Un’angoscia cupa gli pesava sul cuore. Udiva l’urlo del patrigno e sentiva i passi di Marielène che correva spaurita per {{Pt|avver-|}} |
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