Il Principe/Capitolo VII: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica |
Nessun oggetto della modifica |
||
Riga 41:
E ritornatogli la reputazione, né si fidando di Francia né di altre forze esterne, per non le avere a cimentare si volse alli inganni; e seppe tanto dissimulare l'animo suo che li Orsini medesimi, mediante el signor Paulo, si riconciliorono seco: con il quale el duca non mancò d'ogni ragione di offizio per assicurarlo, dandoli danari veste e cavalli; tanto che la simplicità loro li condusse a Sinigaglia nelle sua mani. Spenti adunque questi capi, e ridotti li partigiani loro amici sua, aveva il duca gittati assai buoni fondamenti alla potenzia sua, avendo tutta la Romagna con il ducato di Urbino, parendoli massime aversi acquistata amica la Romagna e guadagnatosi tutti quelli popoli, per avere cominciato a gustare el bene essere loro.
E
Ma torniamo donde noi partimmo. Dico che
E questi furono e governi sua quanto alle cose presenti.
E questi furono e' governi sua quanto alle cose presenti. Ma, quanto alle future, lui aveva a dubitare in prima che uno nuovo successore alla Chiesia non li fussi amico e cercassi torli quello che Alessandro li aveva dato: e pensò farlo in quattro modi: prima, di spegnere tutti e' sangui di quelli signori che lui aveva spogliati, per tòrre al papa quella occasione; secondo, di guadagnarsi tutti e' gentili uomini di Roma, come è detto, per potere con quelli tenere el papa in freno; terzio, ridurre el Collegio più suo che poteva; quarto, acquistare tanto imperio, avanti che il papa morissi, che potessi per sé medesimo resistere a uno primo impeto. Di queste quattro cose, alla morte di Alessandro ne aveva condotte tre; la quarta aveva quasi per condotta: perché de' signori spogliati ne ammazzò quanti ne possé aggiugnere, e pochissimi si salvarono; e' gentili uomini romani si aveva guadagnati, e nel Collegio aveva grandissima parte; e, quanto al nuovo acquisto, aveva disegnato diventare signore di Toscana, e possedeva di già Perugia e Piombino, e di Pisa aveva presa la protezione. E, come non avessi avuto ad avere respetto a Francia (ché non gnene aveva ad avere più, per essere di già Franzesi spogliati del Regno dalli Spagnoli, di qualità che ciascuno di loro era necessitato comperare l'amicizia sua), e' saltava in Pisa. Dopo questo, Lucca e Siena cedeva subito, parte per invidia de' Fiorentini, parte per paura; Fiorentini non avevano remedio: il che se li fusse riuscito (ché li riusciva l'anno medesimo che Alessandro morí), si acquistava tante forze e tanta reputazione, che per sé stesso si sarebbe retto, e non sarebbe più dependuto dalla fortuna e forze di altri, ma dalla potenzia e virtù sua. Ma Alessandro morí dopo cinque anni che elli aveva cominciato a trarre fuora la spada. Lasciollo con lo stato di Romagna solamente assolidato, con tutti li altri in aria, infra dua potentissimi eserciti inimici, e malato a morte. Et era nel duca tanta ferocia e tanta virtù e sí bene conosceva come li uomini si hanno a guadagnare o perdere, e tanto erano validi e' fondamenti che in sí poco tempo si aveva fatti, che, se non avessi avuto quelli eserciti addosso, o lui fussi stato sano, arebbe retto a ogni difficultà. E ch'e' fondamenti sua fussino buoni, si vidde: ché la Romagna l'aspettò più d'uno mese; in Roma, ancora che mezzo vivo, stette sicuro; e benché Ballioni, Vitelli et Orsini venissino in Roma, non ebbono séguito contro di lui: possé fare, se non chi e' volle papa, almeno che non fussi chi non voleva. Ma, se nella morte di Alessandro fussi stato sano, ogni cosa li era facile. E lui mi disse, ne' dí che fu creato Iulio II, che aveva pensato a ciò che potessi nascere, morendo el padre, et a tutto aveva trovato remedio, eccetto che non pensò mai, in su la sua morte, di stare ancora lui per morire.▼
▲
Raccolte io adunque tutte le azioni del duca, non saprei riprenderlo; anzi mi pare, come ho fatto, di preporlo imitabile a tutti coloro che per fortuna e con l'arme d'altri sono ascesi allo imperio. Perché lui avendo l'animo grande e la sua intenzione alta, non si poteva governare altrimenti; e solo si oppose alli sua disegni la brevità della vita di Alessandro e la malattia sua. Chi, adunque, iudica necessario nel suo principato nuovo assicurarsi de' nimici, guadagnarsi delli amici, vincere o per forza o per fraude, farsi amare e temere da' populi, seguire e reverire da' soldati, spegnere quelli che ti possono o debbono offendere, innovare con nuovi modi li ordini antichi, essere severo e grato, magnanimo e liberale, spegnere la milizia infidele, creare della nuova, mantenere l'amicizie de' re e de' principi in modo che ti abbino o a beneficare con grazia o offendere con respetto, non può trovare e' più freschi esempli che le azioni di costui. Solamente si può accusarlo nella creazione di Iulio pontefice, nella quale lui ebbe mala elezione; perché, come è detto, non possendo fare uno papa a suo modo, poteva tenere che uno non fussi papa; e non doveva mai consentire al papato di quelli cardinali che lui avessi offesi, o che, diventati papi, avessino ad avere paura di lui. Perché li uomini offendono o per paura o per odio. Quelli che lui aveva offesi erano, infra li altri, San Piero ad Vincula, Colonna, San Giorgio, Ascanio; tutti li altri, divenuti papi, aveano a temerlo, eccetto Roano e li Spagnuoli: questi per coniunzione et obligo; quello per potenzia, avendo coniunto seco el regno di Francia. Per tanto el duca, innanzi ad ogni cosa, doveva creare papa uno spagnolo, e, non potendo, doveva consentire che fussi Roano e non San Piero ad Vincula. E chi crede che ne' personaggi grandi e' benefizii nuovi faccino dimenticare le iniurie vecchie, s'inganna. Errò, adunque, el duca in questa elezione; e fu cagione dell'ultima ruina sua.
|