Pagina:L'asino d'oro.djvu/10: differenze tra le versioni
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Degno amico dell’Aretino si mostra il nostro Angelo per vari lochi delle sue prose e delle sue rime, massime in quel capitolo del guaiaco, o legno santo, e nell’altro delle campane. Se non che egli nel verso valeva meno, e le sue poesie non hanno il garbo, la leggiadria, la venustà delle prose. A darne un saggio valga questa imitazione d’una delle più graziose odi d’{{AutoreCitato|Quinto Orazio Flacco|Orazio}}: |
Degno amico dell’Aretino si mostra il nostro Angelo per vari lochi delle sue prose e delle sue rime, massime in quel capitolo del guaiaco, o legno santo, e nell’altro delle campane. Se non che egli nel verso valeva meno, e le sue poesie non hanno il garbo, la leggiadria, la venustà delle prose. A darne un saggio valga questa imitazione d’una delle più graziose odi d’{{AutoreCitato|Quinto Orazio Flacco|Orazio}}: |
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Chi è Pirra, quel leggiadro giovincello, |
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Per mille odor soave, |
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Che non provar di donna fede mai! |
Che non provar di donna fede mai! |
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Il pericol ch’io corsi |
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Nel tempestoso mar, nella procella</poem> |
Nel tempestoso mar, nella procella}}</poem> |