Pagina:Cristoforo Colombo- storia della sua vita e dei suoi viaggi - Volume I (1857).djvu/51: differenze tra le versioni

Utoutouto (discussione | contributi)
 
Utoutouto (discussione | contributi)
 
Stato della paginaStato della pagina
-
Pagine SAL 25%
+
Pagine SAL 75%
Intestazione (non inclusa):Intestazione (non inclusa):
Riga 1: Riga 1:
{{RigaIntestazione||{{Sc|introduzione}}|43}}
Corpo della pagina (da includere):Corpo della pagina (da includere):
Riga 1: Riga 1:
{{Pt|mulo|cumulo}} voluminoso de’ processi, successivamente orditi in Ispagna, per la successione dei discendenti di Colombo, credette di trovare un lume storico in una memoria tessuta a profitto di un certo Diego Colon y Lariategui, che d’altronde fu dichiarata apocrifa. L’avvocato aveva bisogno, a prò della sua causa, di attaccare retrospettivamente, a traverso i secoli, la legittimità del secondogenito di Colombo, don Fernando. Siccome questa prova d’illegittimità non risultava da verun documento ostensibile, da verun atto de’ processi anteriori o pendenti, l’astuto leguleio imaginò d’indurla, non da una espressione di cui valersi al suo intento, sibbene dalla ommissione di una parola, che pretendeva necessaria, quantunque non fosse neppur utile. Nel suo testamento, Cristoforo Colombo, raccomandava al suo erede di pagare una pensione a Beatrice Enriquez, madre del suo secondogenito don Fernando. Questa clausola era per sé chiarissima. Ma il testatore non aveva fatto precedere del titolo di sua moglie il nome di Beatrice. L’avvocato ne inferiva la non esistenza del legame matrimoniale, per conseguenza l’illegittimità di Fernando Colombo. Lo si crederebbe? Questa misera arguzia parve una dichiarazione a {{AutoreCitato|Gian Francesco Galeani Napione|Napione}}! quindi tessè una serie di ragionamenti, e presentò come una scoperta da lui fatta, rispetto allo stato civile di Colombo, questa miserabile induzione dovuta allo scartafaccio del povero licenziato Luiz de la Palma y Freytas. {{AutoreCitato|Gian Francesco Galeani Napione|Napione}} ebbe così a buon patto gli onori di spiritoso e felice investigatore.
iMnoDCZioNE 45

mulo voluminoso de' processi, successivamente orditi in Ispagna,
Nel 1809 l’antiquario e bibliografo Francesco Cancellieri, valente in raccogliere i fatti, ma assai manchevole di lucidezza filosofica, ripetè, senza esaminarla, la pretesa induzione di Napione, a cui, valga il vero, nessuno pose attenzione. Fino a quel punto questa temeraria affermativa, arrischiata in un’opera di mediocre importanza, non poteva recare alcun danno alla fama di Cristoforo Colombo. Ma secondo il volgare proverbio «che non si è mai traditi che da’ suoi,» alcuni anni dopo, un genovese, antico barnabita, il Padre {{AutoreCitato|Giovanni Battista Spotorno|Spotorno}}, stimolato da un vivo risentimento contro il secondogenito di Colombo, don Fernando, ch’egli accusava di aver seminato apposta dubbi sull’origine e il luogo delle nascita del proprio padre, accolse questa imputazione di bastardume che giovava al suo odio.
per la successione dei discendenti di Colombo, credette di tro-
vare un lume storico in una memoria tessuta a profitto di un
certo Diego Colon y Lariategui, che d'altronde fu dichiarata
apocrifa. L'avvocato aveva bisogno, a prò della sua causa, di
attaccare retrospettivamente, a traverso i secoli , la legittimità
del secondogenito di Colombo, don Fernando. Siccome questa
prova d' illegittimità non risultava da verun documento osten-
sibile, da verun atto de' processi anteriori o pendenti, l'astuto
leguleio imaginò d' indurla, non da una espressione di cui va-
lersi al suo intento, sibbene dalla ommissionedi una parola, che
pretendeva necessaria, quantunque non fosse neppur utile. Nel
suo testamento, Cristoforo Colombo, raccomandava al suo erede
di pagare una pensione a Beatrice Enriquez, madre del suo
secondogenito don Fernando. Questa clausola era per sé chia-
rissima. ]Vl!i il testatore non aveva fatto precedere del titolo di
sua moglie il nome di Beatrice. L'avvocato ne inferiva la non
esistenza del legame matrimoniale, per conseguenza l'illegitti-
mità di Fernando Colombo. Lo si crederebbe? Questa misera
arguzia parve una dichiarazione a Napione! quindi tessè una
Serie di ragionamenti, e presentò come una scoperta da lui fatta,
rispetto allo stato civile di Colombo, questa miserabile induzione
dovuta allo scartafaccio del povero licenziato Luiz de la Palma
y Freytas. Napione ebbe così a buon patto gli onori di spiritoso
e felice investigatore.
Nel 1809 l'antiquario e bibliografo Francesco Cancellieri,
valente in raccogliere i fatti, ma assai manchevole di lucidezza
filosofica, ripetè, senza esaminarla, la pretesa induzione di Na-
pione, a cui, valga il vero, nessuno pose attenzione. Fino a quel
punto questa temeraria affermativa, arrischiata in un'opera
di mediocre importanza, non poteva recare alcun danno alla
fama di Cristoforo Colombo. Ma secondo il volgare proverbio
« che non si è mai traditi che da' suoi , » alcuni anni dopo ,
un genovese, antico barnabita, il Padre Spotorno , stimolato da
un vivo risentimento contro il secondogenito di Colombo , don
Fernando , eh' egli accusava di aver seminato apposta dubbi
sull'origine e il luogo delle nascita del proprio padre, accolse
questa imputazione di bastardume che giovava al suo odio.