Pagina:Deledda - La giustizia, Milano, Treves, 1929.djvu/239: differenze tra le versioni
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pian terreno, immaginò subito la gran cagione che lo spingeva là sopra; ma fu inesorabile, mentre le preghiere e le minaccie del vecchietto commovevano e impaurivano Maria. |
pian terreno, immaginò subito la gran cagione che lo spingeva là sopra; ma fu inesorabile, mentre le preghiere e le minaccie del vecchietto commovevano e impaurivano Maria. |
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— Sarà capace di tutto! |
— Sarà capace di tutto! — ella disse quando don Piane andò via indignato e barcollante. |
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— Faccia quel ch’egli vuole, ma ella deve andare via! |
— Faccia quel ch’egli vuole, ma ella deve andare via! — rispose Stefano, e uscì pian pianino per far attenzione a che il vecchietto non cascasse dalle scale. |
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E Serafina andò via, piangendo, strepitando, giurando vendetta; come ultimo trofeo, portò via tre posate d’argento, ma per non acuire lo scandalo, Maria pregò Ortensia di non rivelare a nessuno il fatto. |
E Serafina andò via, piangendo, strepitando, giurando vendetta; come ultimo trofeo, portò via tre posate d’argento, ma per non acuire lo scandalo, Maria pregò Ortensia di non rivelare a nessuno il fatto. |
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— Monsignora, disse Ortensia, guardando i muri, mentre invece voleva umilmente fissare il suolo, — se ho avuto qualche torto, mi creda, come è giusta l’anima di Dio, la colpa era di quella sciagurata... Ma vedrà d’ora in avanti, vedrà, monsignora, vedrà. E mi scusi e mi perdoni. |
— Monsignora, disse Ortensia, guardando i muri, mentre invece voleva umilmente fissare il suolo, — se ho avuto qualche torto, mi creda, come è giusta l’anima di Dio, la colpa era di quella sciagurata... Ma vedrà d’ora in avanti, vedrà, monsignora, vedrà. E mi scusi e mi perdoni. |
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Dopo di che ella diventò, almeno in {{Pt|apparen-|}} |
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