Pagina:I promessi sposi (1840).djvu/865: differenze tra le versioni

Accurimbono (discussione | contributi)
Nessun oggetto della modifica
 
Corpo della pagina (da includere):Corpo della pagina (da includere):
Riga 1: Riga 1:
“restano le fazioni quasi che intiere,„ il postero, che vi “restavano ancora le reliquie dell’antiche fazioni.„ È vero che, oltre queste piccole aggiunte o variazioni, si trovano anche in quel lunghissimo squarcio, come pezzi messi a rimendo, alcuni brani più estesi, che non son del {{AutoreCitato|Batista Nani|Nani}}. Ma, cosa veramente da non credersi, son presi da un altro quasi tutti, e quasi parola per parola: è roba di {{AutoreCitato|Domenico Parrino|Domenico Parrino}}<ref>Teatro eroico e politico de’ governi de’ vicerè del regno di Napoli, etc. Napoli, 1692, tom. 2°; Duca d’Arcos. Il testo del {{AutoreCitato|Batista Nani|Nani}} corre, con pochissimi e minuti cambiamenti, come abbiam detto, per sette capoversi del {{AutoreCitato|Pietro Giannone|Giannone}}, l’ultimo de’ quali termina con le parole: "si richiedevano, e per supplire altrove, e per difendere il regno, grandissime provvisioni". E lì entra il {{AutoreCitato|Domenico Parrino|Parrino}} con le parole: "Il vicerè duca d’Arcos, trovandosi angustiato dalla necessità del denaro", e via via, ''paucis mutatis'', al solito, per due capoversi, e per mezzo circa il seguente. Dopo, ritorna il {{AutoreCitato|Batista Nani|Nani}} e va avanti, prima solo, per un bel pezzo, poi alternato, e, per dir così, a scacchi, col {{AutoreCitato|Domenico Parrino|Parrino}}. E c’è fino de’ periodi, messi insieme bene o male, ma con pezzi dell’uno e dell’altro. Eccone un esempio: "Così in un momento s’estinse quell’incendio che minacciava l’eccidio al regno; e ciò che apporto maggior maraviglia, fu la subita mutazione degli animi, che dalle uccisioni, da’ rancori e dagli odj passarono immantinente a pianti di tenerezza, ed a teneri abbracciamenti, senza distinzione d’amici, o d’inimici ({{AutoreCitato|Domenico Parrino|Parrino}}, tom. II, pag. 425): fuorchè alcuni pochi, i quali guidati dalla mala coscienza, si sottrassero colla fuga, tutti gli altri restituiti a’ loro mestieri, maledicendo le confusioni passate, abbracciarono con giubilo la quiete presente ({{AutoreCitato|Batista Nani|Nani}}, parte II, lib. IV, pag 157 dell’ediz. cit.)". {{AutoreCitato|Pietro Giannone|Giannone}}, lib. XXXVII, cap IV, secondo capoverso.</ref>, scrittore (alla rovescia di molt’altri) oscuro, ma letto molto, e fors’anche più di quello che sperava lui medesimo, se, in Italia e fuori, è letta quanto lodata la "Storia civile del regno di Napoli", che porta il nome di {{AutoreCitato|Pietro Giannone|Pietro Giannone}}. Chè, senza allontanarci da que’ due periodi di storia de’ quali s’è fatto qui menzione, se, dopo le sollevazioni catalana e portoghese, il {{AutoreCitato|Pietro Giannone|Giannone}}, trascrive dal {{AutoreCitato|Batista Nani|Nani}} la caduta del favorito Olivares, trascrive poi dal {{AutoreCitato|Domenico Parrino|Parrino}} il richiamo del duca di Medina vicerè di Napoli, che ne fu la conseguenza, e i ritrovati di questo per cedere il più tardi che fosse possibile il posto al successore Enriquez de Cabrera. Dal {{AutoreCitato|Domenico Parrino|Parrino}} ugualmente, in gran parte, il governo di questo; e poi dall’uno e dall’altro, a intarsiatura, il governo del duca d’Arcos, per tutto quel tempo che precedette le sollevazioni di Palermo e di Napoli, e come abbiam detto, il progresso e la fine di queste, sotto il governo di D. Giovanni d’Austria, e del conte d’Oñatte. Poi dal {{AutoreCitato|Domenico Parrino|Parrino}} solo, sempre a lunghi pezzi, o a pezzettini frequenti, la spedizione di quel vicerè contro Piombino e Portolongone; poi il tentativo del duca di Guisa contro Napoli; poi la
“restano le fazioni quasi che intiere,„ il postero, che vi “restavano ancora le reliquie dell’antiche fazioni.„ È vero che, oltre queste piccole aggiunte o variazioni, si trovano anche in quel lunghissimo squarcio, come pezzi messi a rimendo, alcuni brani più estesi, che non son del {{AutoreCitato|Giovan Battista Nani|Nani}}. Ma, cosa veramente da non credersi, son presi da un altro quasi tutti, e quasi parola per parola: è roba di {{AutoreCitato|Domenico Parrino|Domenico Parrino}}<ref>Teatro eroico e politico de’ governi de’ vicerè del regno di Napoli, etc. Napoli, 1692, tom. 2°; Duca d’Arcos. Il testo del {{AutoreCitato|Giovan Battista Nani|Nani}} corre, con pochissimi e minuti cambiamenti, come abbiam detto, per sette capoversi del {{AutoreCitato|Pietro Giannone|Giannone}}, l’ultimo de’ quali termina con le parole: "si richiedevano, e per supplire altrove, e per difendere il regno, grandissime provvisioni". E lì entra il {{AutoreCitato|Domenico Parrino|Parrino}} con le parole: "Il vicerè duca d’Arcos, trovandosi angustiato dalla necessità del denaro", e via via, ''paucis mutatis'', al solito, per due capoversi, e per mezzo circa il seguente. Dopo, ritorna il {{AutoreCitato|Giovan Battista Nani|Nani}} e va avanti, prima solo, per un bel pezzo, poi alternato, e, per dir così, a scacchi, col {{AutoreCitato|Domenico Parrino|Parrino}}. E c’è fino de’ periodi, messi insieme bene o male, ma con pezzi dell’uno e dell’altro. Eccone un esempio: "Così in un momento s’estinse quell’incendio che minacciava l’eccidio al regno; e ciò che apporto maggior maraviglia, fu la subita mutazione degli animi, che dalle uccisioni, da’ rancori e dagli odj passarono immantinente a pianti di tenerezza, ed a teneri abbracciamenti, senza distinzione d’amici, o d’inimici ({{AutoreCitato|Domenico Parrino|Parrino}}, tom. II, pag. 425): fuorchè alcuni pochi, i quali guidati dalla mala coscienza, si sottrassero colla fuga, tutti gli altri restituiti a’ loro mestieri, maledicendo le confusioni passate, abbracciarono con giubilo la quiete presente ({{AutoreCitato|Giovan Battista Nani|Nani}}, parte II, lib. IV, pag 157 dell’ediz. cit.)". {{AutoreCitato|Pietro Giannone|Giannone}}, lib. XXXVII, cap IV, secondo capoverso.</ref>, scrittore (alla rovescia di molt’altri) oscuro, ma letto molto, e fors’anche più di quello che sperava lui medesimo, se, in Italia e fuori, è letta quanto lodata la "Storia civile del regno di Napoli", che porta il nome di {{AutoreCitato|Pietro Giannone|Pietro Giannone}}. Chè, senza allontanarci da que’ due periodi di storia de’ quali s’è fatto qui menzione, se, dopo le sollevazioni catalana e portoghese, il {{AutoreCitato|Pietro Giannone|Giannone}}, trascrive dal {{AutoreCitato|Giovan Battista Nani|Nani}} la caduta del favorito Olivares, trascrive poi dal {{AutoreCitato|Domenico Parrino|Parrino}} il richiamo del duca di Medina vicerè di Napoli, che ne fu la conseguenza, e i ritrovati di questo per cedere il più tardi che fosse possibile il posto al successore Enriquez de Cabrera. Dal {{AutoreCitato|Domenico Parrino|Parrino}} ugualmente, in gran parte, il governo di questo; e poi dall’uno e dall’altro, a intarsiatura, il governo del duca d’Arcos, per tutto quel tempo che precedette le sollevazioni di Palermo e di Napoli, e come abbiam detto, il progresso e la fine di queste, sotto il governo di D. Giovanni d’Austria, e del conte d’Oñatte. Poi dal {{AutoreCitato|Domenico Parrino|Parrino}} solo, sempre a lunghi pezzi, o a pezzettini frequenti, la spedizione di quel vicerè contro Piombino e Portolongone; poi il tentativo del duca di Guisa contro Napoli; poi la