Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.2, Milano, Treves, 1906.djvu/148: differenze tra le versioni

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<section begin="s1" />mani alla fronte; ma nella confusione non badò a collocarlo sul cencio nel quale usava stropicciarlo, e la lastra rovente abbronzò una manica di camicia, che, fresca di salda, si mise a stridere compassionevolmente, a quell’atto di sbadataggine inaudita.
mani alla fronte; ma nella confusione non badò a collocarlo sul cencio nel quale usava stropicciarlo, e la lastra rovente abbronzò una manica di camicia, che, fresca di salda, si mise a stridere compassionevolmente, a quell’atto di sbadataggine inaudita.

Gesummaria! borbottava intanto la donna. Che cos’è egli andato a fare là entro? E collo scricchiolio delle suola per giunta!...


- Gesummaria! - borbottava intanto la donna. - Che cos’è egli andato a fare là entro? E collo scricchiolio delle suola per giunta!...
In quel punto le vennero vedute sul pavimento le scarpe di Michele. Respirò un tratto; ricordò che le sue pantofole di cimosa non potevano far rumore, e infilò quell’uscio medesimo per dove era sparito Michele. E lo vide, passate due camere, il suo damo ribelle; egli era in fondo alla sala da pranzo, presso l’uscio che metteva allo studio del padrone, curvo sul fianco, l’orecchio alla toppa.
In quel punto le vennero vedute sul pavimento le scarpe di Michele. Respirò un tratto; ricordò che le sue pantofole di cimosa non potevano far rumore, e infilò quell’uscio medesimo per dove era sparito Michele. E lo vide, passate due camere, il suo damo ribelle; egli era in fondo alla sala da pranzo, presso l’uscio che metteva allo studio del padrone, curvo sul fianco, l’orecchio alla toppa.


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Non se ne dolgano i lettori; lasciamo Michele ad origliare il colloquio del padre Bonaventura col suo degno discepolo, Marianna a struggersi tra l’ansietà per quella imprudenza del suo damo e il rammarico della camicia abbronzata; e saltando una settimana, ce n’andiamo a San Silvestro, o per dire più propriamente, al monastero che si fregiava di questo gran nome, sull’altura di Castello, o Sarzano, come più talenta chiamarlo.
Non se ne dolgano i lettori; lasciamo Michele ad origliare il colloquio del padre Bonaventura col suo degno discepolo, Marianna a struggersi tra l’ansietà per quella imprudenza del suo damo e il rammarico della camicia abbronzata; e saltando una settimana, ce n’andiamo a San Silvestro, o per dire più propriamente, al monastero che si fregiava di questo gran nome, sull’altura di Castello, o Sarzano, come più talenta chiamarlo.


Sarzano e Castello, chi ben guardi, è tutt’uno. Sia che allegramente deriviate Sarzano da un pazzesco Arx Jani, o da un più ragionevole fundus Sergianus, in Sarzano, era la ròcca degli antichi Genoati, e intorno a lei, sulle falde<section end="s2" />
Sarzano e Castello, chi ben guardi, è tutt’uno. Sia che allegramente deriviate Sarzano da un pazzesco {{Spaziato|Arx Jani}}, o da un più ragionevole {{Spaziato|fundus Sergianus}}, in Sarzano, era la ròcca degli antichi Genoati, e intorno a lei, sulle<section end="s2" />
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