Pagina:Il Baretti - Anno II, n. 9, Torino, 1925.djvu/4: differenze tra le versioni

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Non lo si vuol offendere se si rileva che «il problema della realtà» com’egli lo intende, ci sembra un indizio d'una violenza iniziale, d’un ordine imposto e, noi si direbbe, anche più meritorio, ma il quale non si stanca di suscitare consensi, quasi aspirasse a un’armonia che non la devon decidere le opere e la coscienza, ma che richiede soccorsi esteriori e puntelli. Il fervore del proselitismo è di solito un privilegio degli eretici, che rompono la tradizione e quindi non sentono certezza in sè, se non è garantita dall’eco degli adepti.
Non lo si vuol offendere se si rileva che «il problema della realtà» com’egli lo intende, ci sembra un indizio d'una violenza iniziale, d’un ordine imposto e, noi si direbbe, anche più meritorio, ma il quale non si stanca di suscitare consensi, quasi aspirasse a un’armonia che non la devon decidere le opere e la coscienza, ma che richiede soccorsi esteriori e puntelli. Il fervore del proselitismo è di solito un privilegio degli eretici, che rompono la tradizione e quindi non sentono certezza in sè, se non è garantita dall’eco degli adepti.


Nel fuggire se stessi, in questa ricerca d’un mondo, di una realtà che vien ricostruita secondo una forma prediletta, e noi diciamo romanticamente, c’è un sintomo d’impazienza. La solitudine di Pascal non garba a Jacques Maritain, che di Massis si può forse considerare maestro. L’appello alla ragione, la fiducia in essa, lo sperato consenso degli altri entro la precisa Autorità della Chiesa: la libertà delle anime ragionami che stanno al loro posto ordinato e fanno parte del corpo comune con coscienza tranquilla, più che esser deduzioni, o verità direttamente insegnate dalla Scienza, posson parere un’opinione, un riparo umano di spiriti che son rimasti scossi e vinti da aspetti o da ombre di quella realtà che vorrebbero così ridurre. Per salvare la realtà, essi accusano gli uomini, il tempo; una lunga e pertinace deformazione, un irrazionale abbandono di principi che ha condotto a successive catastrofi, che ora pesa quasi come una necessità formale dalla quale pochi sanno liberarsi: pochi, ma questi tanto illuminati da farne la diagnosi imperterriti e punto timorosi d’esser soggetti alla stessa passione.
Nel fuggire se stessi, in questa ricerca d’un mondo, di una realtà che vien ricostruita secondo una forma prediletta, e noi diciamo romanticamente, c’è un sintomo d’impazienza. La solitudine di Pascal non garba a Jacques Maritain, che di Massis si può forse considerare maestro. L’appello alla ragione, la fiducia in essa, lo sperato consenso degli altri entro la precisa Autorità della Chiesa: la libertà delle anime ragionanti che stanno al loro posto ordinato e fanno parte del corpo comune con coscienza tranquilla, più che esser deduzioni, o verità direttamente insegnate dalla Scienza, posson parere un’opinione, un riparo umano di spiriti che son rimasti scossi e vinti da aspetti o da ombre di quella realtà che vorrebbero così ridurre. Per salvare la realtà, essi accusano gli uomini, il tempo; una lunga e pertinace deformazione, un irrazionale abbandono di principi che ha condotto a successive catastrofi, che ora pesa quasi come una necessità formale dalla quale pochi sanno liberarsi: pochi, ma questi tanto illuminati da farne la diagnosi imperterriti e punto timorosi d’esser soggetti alla stessa passione.


Il primo medicamento predicato non è la fede, ma l’uso dell’intelletto. Che la fede sia concessa a rari spiriti e come un loro privilegio, costoro lo ammettono anche troppo facilmente; non sanno le parole, forse illogiche, forse poco plausibili, che son capaci di suscitarla; non si contentano della virtù dell’esempio, che è cosa santamente «gratuita», e potenza da poterla esercitare senza orgoglio il più umile cristiano. La critica che Maritain rivolge a Pascal, non limitandola, al solito, a un ufficio di spiegazione, magari di complemento, ma come giudizio dottrinario e condanna inappellabile d’un suo «male» è notevole: «En fait néanmoins, il serait puéril de ne pas l’avouer, il n’est pas parvenu au plein équilibre doctrinal, et n’a pas su se maintenir parfaitement dans cette pure ligne formelle à laquelle tendait l’instinct de sa foi. Défaillances accidentelles, déficiences et scories humaines qui sont précisément ce qu’aiment et lui des esprits qu’il aurait haïs, car ils n’aiment pas la vèrité, mais l’homme, et ne cherchent dans les grandes àmes qu’ils admirent qu’à s’aimer eux-mêmes avec plus de concupiscence et «le délectation».
Il primo medicamento predicato non è la fede, ma l’uso dell’intelletto. Che la fede sia concessa a rari spiriti e come un loro privilegio, costoro lo ammettono anche troppo facilmente; non sanno le parole, forse illogiche, forse poco plausibili, che son capaci di suscitarla; non si contentano della virtù dell’esempio, che è cosa santamente «gratuita», e potenza da poterla esercitare senza orgoglio il più umile cristiano. La critica che Maritain rivolge a Pascal, non limitandola, al solito, a un ufficio di spiegazione, magari di complemento, ma come giudizio dottrinario e condanna inappellabile d’un suo «male» è notevole: «En fait néanmoins, il serait puéril de ne pas l’avouer, il n’est pas parvenu au plein équilibre doctrinal, et n’a pas su se maintenir parfaitement dans cette pure ligne formelle à laquelle tendait l’instinct de sa foi. Défaillances accidentelles, déficiences et scories humaines qui sont précisément ce qu’aiment et lui des esprits qu’il aurait haïs, car ils n’aiment pas la vèrité, mais l’homme, et ne cherchent dans les grandes àmes qu’ils admirent qu’à s’aimer eux-mêmes avec plus de concupiscence et de délectation».


«Que dirons nous ici? Pascal, et c’est le principe de toutes ses faiblesses, a une incurable défiance à l’égard de la métaphysique». Strana fissazione: le anime sperdute, che si cercano e si ripiegano continuamente, magari follemente perchè non han trovato appoggio di verità son qui prese a consacrare come dei mostri d’egoismo, che non possono provare amore e desiderio della parola altrui senza che v’entri la volontà perversa di trovar consonanze inattese e di bearsi della propria eco. Quelli che l’hanno letto, quasi tutti hanno letto il Vangelo ignoranti, e molti sfiduciati, della metafisica; non staremo qui a dire quale virtù ne hanno tratta. Saranno deboli, ma, appunto, più di tutti han bisogno d’una norma convincente e vicina. E quale forza dimostra chi, eleggendosi a maestro, nella sua aridità li respinge e li sconosce e non si ritiene mai abbastanza logico e pronto nel condannarli, forse per la paura o per il rimorso della sua debolezza non bene guarita?
«Que dirons nous ici? Pascal, et c’est le principe de toutes ses faiblesses, a une incurable défiance à l’égard de la métaphysique». Strana fissazione: le anime sperdute, che si cercano e si ripiegano continuamente, magari follemente perchè non han trovato appoggio di verità son qui prese a consacrare come dei mostri d’egoismo, che non possono provare amore e desiderio della parola altrui senza che v’entri la volontà perversa di trovar consonanze inattese e di bearsi della propria eco. Quelli che l’hanno letto, quasi tutti hanno letto il Vangelo ignoranti, e molti sfiduciati, della metafisica; non staremo qui a dire quale virtù ne hanno tratta. Saranno deboli, ma, appunto, più di tutti han bisogno d’una norma convincente e vicina. E quale forza dimostra chi, eleggendosi a maestro, nella sua aridità li respinge e li sconosce e non si ritiene mai abbastanza logico e pronto nel condannarli, forse per la paura o per il rimorso della sua debolezza non bene guarita?
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Guardato con occhi attenti, che cosa ci rappresenta un siffatto tentativo, così fiducioso in un bene già costruito da imparare razionalmente, così accanito contro il fatale danno delle singole libertà e autonomie? Là dove mira all’arte, non la sfiora nemmeno, scambiandola con una dottrina e una disciplina che, se pesano nell'opera poetica, vuol dire che l’autore noti le possiede. Perciò l’asserita sua base filosofica non riesce a impregnare il pensiero o il sentimento cattolico nelle deduzioni a cui giunge. Chi vuol conoscere un pensiero ortodosso, che quasi sembra ispirato da quelle fonti da cui Massis si stacca con disdegno, ne troverà l’esposizione chiara e definita in un recente opuscolo di monsignor Mario Sturzo intorno alla estetica di Benedetto Croce. Il dissenso, necessario per un cattolico, dai fondamenti delle teorie crociane, vi è segnato; ma non toglie la riconoscenza dell’autore a Croce, il favore all’opera sua di svecchiamento e di rinnovamento culturale, una pratica adesione ai risultati della sua critica, espressa con parole anche più calorose di quelle del suo ideatore. All'identità d'intuizione — espressione monsignor Sturzo premette qualche cosa d’inespresso, ma di fondamentale: un’ispirazione, un «primum» che non è certo logico ma nemmeno fantastico, che si specificherà poi nelle ulteriori manifestazioni dell’animo, modificandosi e perdendo. L’intuizione pura perciò è per lui innaturale; l'arte è l’elaborazione ideale d’un dato momento della vita. L’arte pura è prosa o poesia, secondo il modo come lo spirito, che è uno, agisce; perciò lo spirito ha una sua realtà, che precede l’arte. La poesia è «vita cantata». «Questo canto non è solo il verso; prima del verso è tutta la tonalità del pensiero».
Guardato con occhi attenti, che cosa ci rappresenta un siffatto tentativo, così fiducioso in un bene già costruito da imparare razionalmente, così accanito contro il fatale danno delle singole libertà e autonomie? Là dove mira all’arte, non la sfiora nemmeno, scambiandola con una dottrina e una disciplina che, se pesano nell'opera poetica, vuol dire che l’autore noti le possiede. Perciò l’asserita sua base filosofica non riesce a impregnare il pensiero o il sentimento cattolico nelle deduzioni a cui giunge. Chi vuol conoscere un pensiero ortodosso, che quasi sembra ispirato da quelle fonti da cui Massis si stacca con disdegno, ne troverà l’esposizione chiara e definita in un recente opuscolo di monsignor Mario Sturzo intorno alla estetica di Benedetto Croce. Il dissenso, necessario per un cattolico, dai fondamenti delle teorie crociane, vi è segnato; ma non toglie la riconoscenza dell’autore a Croce, il favore all’opera sua di svecchiamento e di rinnovamento culturale, una pratica adesione ai risultati della sua critica, espressa con parole anche più calorose di quelle del suo ideatore. All'identità d'intuizione — espressione monsignor Sturzo premette qualche cosa d’inespresso, ma di fondamentale: un’ispirazione, un «primum» che non è certo logico ma nemmeno fantastico, che si specificherà poi nelle ulteriori manifestazioni dell’animo, modificandosi e perdendo. L’intuizione pura perciò è per lui innaturale; l'arte è l’elaborazione ideale d’un dato momento della vita. L’arte pura è prosa o poesia, secondo il modo come lo spirito, che è uno, agisce; perciò lo spirito ha una sua realtà, che precede l’arte. La poesia è «vita cantata». «Questo canto non è solo il verso; prima del verso è tutta la tonalità del pensiero».


Se qui si riscontra una premura di fondar l’arte realisticamente estranea al pensiero crociano, si tratta però d’un realismo del soggetto, che si stacca definitivamente dalle preoccupazioni oggettive. La parola «imitazione» che ricorre, sebbene con cura circospetta, in Lasserre e Massis, è respinta espressamente dallo Sturzo, il quale nega il modello estetico, i canoni, le regole: e nega altresì il valore esemplare e normativo delle rappresentazione artistica, chiodo nel cervello dei suddetti realisti. Per non toglier nulla della sua secchezza al discorso, riportiamo; «Pure l’arte ha il suo valore... La vita ha anche bisogno dell’arte. E quando sono i momenti della poesia forte, viva, esuberante si cerca l’arte come mezzo per perpetuare quei momenti, o per dirli agli altri, o per dar sfogo alla piena dei cuore, come avviene col canto. Ma da sola l’arte non vale la vita, da sola la poesia... è come la storia; la storia non vale l’azione, dei resto non ne e che la memoria; la poesia dell’arte strettamente dipende dalla poesia della vita, e tanto è più grande, quanto più a quella si accosta».
Se qui si riscontra una premura di fondar l’arte realisticamente estranea al pensiero crociano, si tratta però d’un realismo del soggetto, che si stacca definitivamente dalle preoccupazioni oggettive. La parola «imitazione» che ricorre, sebbene con cura circospetta, in Lasserre e Massis, è respinta espressamente dallo Sturzo, il quale nega il modello estetico, i canoni, le regole: e nega altresì il valore esemplare e normativo delle rappresentazione artistica, chiodo nel cervello dei suddetti realisti. Per non toglier nulla della sua secchezza al discorso, riportiamo; «Pure l’arte ha il suo valore... La vita ha anche bisogno dell’arte. E quando sono i momenti della poesia forte, viva, esuberante si cerca l’arte come mezzo per perpetuare quei momenti, o per dirli agli altri, o per dar sfogo alla piena del cuore, come avviene col canto. Ma da sola l’arte non vale la vita, da sola la poesia... è come la storia; la storia non vale l’azione, del resto non ne è che la memoria; la poesia dell’arte strettamente dipende dalla poesia della vita, e tanto è più grande, quanto più a quella si accosta».


Si osservi come le parole, in sè esuberanti e infiammate, sono qui contenute e ridotte secondo un’opinione misurata, che non si lascia ingannare dal vago L'arte non vale la vita; e perciò, anche se vi si scopre qualche fondamento, sono inutili e pericolose le effusioni, le imprecazioni di un Massis. Non può esser angelica, non e diabolica: l’arte è cosa umana, d'un'umanità che in essa dimentica le cure e purifica i sentimenti, limitando: in una forma precisa.
Si osservi come le parole, in sè esuberanti e infiammate, sono qui contenute e ridotte secondo un’opinione misurata, che non si lascia ingannare dal vago L'arte non vale la vita; e perciò, anche se vi si scopre qualche fondamento, sono inutili e pericolose le effusioni, le imprecazioni di un Massis. Non può esser angelica, non e diabolica: l’arte è cosa umana, d'un'umanità che in essa dimentica le cure e purifica i sentimenti, limitando: in una forma precisa.
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A trovare la scusa e la spiegazione d'un tale atteggiamento lo stesso Massis ci aiuta, e in un modo che sembra irrefutabile. Bisogna, anche qui, riferire:
A trovare la scusa e la spiegazione d'un tale atteggiamento lo stesso Massis ci aiuta, e in un modo che sembra irrefutabile. Bisogna, anche qui, riferire:


«Toutes lés litteratures ne créent pas ce milieu bien tempéré, et il n’est pas établi que de toutes un ordre se degagé. Peut-on vraiment parler, par exemple, du genie traditionnel de la littérature anglaise? Le genie n’y est rien qu'individuel. Il jaillit en personnalités hardies, excentriques de leur nature, et par là même dune variété déconcertante; échantillons disparates d'une même race san doute, mais où tout semble créé à chaque coup, le style, la composition et jusqu'à la langue. Chaque oeuvre surgit comme une aventure que rien ne laissait prévoir, anormale et quelque peu monstrueuse. Aussi bien n’exerce-t-elle pas d'influence au sens où nous l’entendons; et n’existe-t-il pas de culture anglaise à proprement parler. Des oeuvres, des individualités exceptionelles, sans action sur la societé, sinon sans disciples... Ausi la littérature anglaise... se retranche du public».
«Toutes lés litteratures ne créent pas ce milieu bien tempéré, et il n’est pas établi que de toutes un ordre se dégage. Peut-on vraiment parler, par exemple, du genie traditionnel de la littérature anglaise? Le genie n’y est rien qu'individuel. Il jaillit en personnalités hardies, excentriques de leur nature, et par là même d’une variété déconcertante; échantillons disparates d'une même race san doute, mais où tout semble créé à chaque coup, le style, la composition et jusqu'à la langue. Chaque oeuvre surgit comme une aventure que rien ne laissait prévoir, anormale et quelque peu monstrueuse. Aussi bien n’exerce-t-elle pas d'influence au sens où nous l’entendons; et n’existe-t-il pas de culture anglaise à proprement parler. Des oeuvres, des individualités exceptionelles, sans action sur la societé, sinon sans disciples... Aussi la littérature anglaise... se retranche du public».


Tolte alcune esagerazioni d’una visione preconcetta, o indotte dalla cattiva fede, non si ritrova in queste parole la precisa figura dell'artista, quale noi lo si immagina? Poteva dir le stesse cose, o poco meno, dell’Italia; facendo il debito onore inoltre alla nostra tradizione retorica, sulla quale anche il più balzano dei futuristi deve (e sa) contare. Si vede dunque definirsi un contrasto che pareva ideale come un contrasto dell'indole di due nazioni; ogni volta che nel corso di questi appunti s’e usato dir «noi», si era mossi da un istintivo e intimo senso che ci appartiene come italiani. Non si pensava d'impostare un’opposta tendenza battagliera, ma di svolgere una considerazione pacata, d'esprimere un giudizio spassionato e normale su alcune quistioni molto scottanti per i nostri vicini d'oltr’Alpe; rassicurati ancora da questo vantaggio: che siccome le varie nostre impressioni non si compongono in una teoria di difesa nazionale, siamo perciò più vicini a un criterio giusto e applicabile universalmente.
Tolte alcune esagerazioni d’una visione preconcetta, o indotte dalla cattiva fede, non si ritrova in queste parole la precisa figura dell'artista, quale noi lo si immagina? Poteva dir le stesse cose, o poco meno, dell’Italia; facendo il debito onore inoltre alla nostra tradizione retorica, sulla quale anche il più balzano dei futuristi deve (e sa) contare. Si vede dunque definirsi un contrasto che pareva ideale come un contrasto dell'indole di due nazioni; ogni volta che nel corso di questi appunti s’e usato dir «noi», si era mossi da un istintivo e intimo senso che ci appartiene come italiani. Non si pensava d'impostare un’opposta tendenza battagliera, ma di svolgere una considerazione pacata, d'esprimere un giudizio spassionato e normale su alcune quistioni molto scottanti per i nostri vicini d'oltr’Alpe; rassicurati ancora da questo vantaggio: che siccome le varie nostre impressioni non si compongono in una teoria di difesa nazionale, siamo perciò più vicini a un criterio giusto e applicabile universalmente.
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6. {{Sc|R. Franchi}}: ''La Maschera'' » 5
6. {{Sc|R. Franchi}}: ''La Maschera'' » 5


I primi tre volumi sono usciti. Gli altri tre usciranno entro giugno. Si spediscono franchi di perle contro voglia di L. B. Tatti gli abbonati agli "Scrittori" del "Baretti" avranno diritto a scegliere un volume fra le altre mostre edizioni letterarie, che sarà loro inviato franco di porto.
I primi tre volumi sono usciti. Gli altri tre usciranno entro giugno. Si spediscono franchi di porto contro vaglia di L. B. Tutti gli abbonati agli "Scrittori" del "Baretti" avranno diritto a scegliere un volume fra le altre nostre edizioni letterarie, che sarà loro inviato franco di porto.


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{{A destra|'''Lettere Inglesi.'''}}
{{A destra|'''Lettere Inglesi.'''}}
{{ct|f=140%|t=.5|v=.5|'''Hamlet al Haymarket'''}}
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''Mi recai alla agenzia teatrale dove pagai sei scellini e mezzo per andare presso a poco al logione. Ho il sospetto mi abbiano rubato mezzo scellino. La sera del lunedì mi vestii del meno indecente tra i miei abiti; presi una automobile di piazza e mi recai a vedere ed udire Hamlet, il mio dolce e giovane amico.''
''Mi recai alla agenzia teatrale dove pagai sei scellini e mezzo per andare presso a poco al loggione. Ho il sospetto mi abbiano rubato mezzo scellino. La sera del lunedì mi vestii del meno indecente tra i miei abiti; presi una automobile di piazza e mi recai a vedere ed udire Hamlet, il mio dolce e giovane amico.''


''Egli riviveva nell'arte di un celebre attore. Anglo-sassone di cui per lungo tempo non riuscii a ritenere il nome, ma che per successive informazioni seppi essere John Barrymore.''
''Egli riviveva nell'arte di un celebre attore. Anglo-sassone di cui per lungo tempo non riuscii a ritenere il nome, ma che per successive informazioni seppi essere John Barrymore.''