Pagina:Angeli - Roma, parte I - Serie Italia Artistica, Bergamo, 1908.djvu/32: differenze tra le versioni

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}} Ma l’organismo architettonico rimase quasi esclusivamente etrusco. I templi di {{WI|Q166987|pietra peperina}} e di tufo riprodussero le linee rette e regolari dei sepolcri di Cervetri. Durante i due primi secoli della repubblica non si fece nessun progresso nell’arte di edificare e solo più tardi troviamo l’arco e la volta che doveva caratterizzare cosi originalmente gli edifici romani. D’altra parte non possediamo che rarissimi avanzi imperfetti di quel periodo oscuro e poco noto. I recenti scavi del Foro hanno però messo alla luce uno dei più importanti di questi ruderi: il cosi detto Lapis Niger che doveva segnare il luogo su cui s’innalzava il mausoleo di Romolo. Si tratta di un pavimento di marmo nero di fronte alla Curia, sotto al quale è stata ritrovata una base di tufo giallo, decorato da palmette etrusche, che conservano agli angoli le tracce dei basamenti che dovevano sopportare i quattro leoni marmorei che secondo Varrone decoravano il sepolcro del primo re di Roma. Tutto intorno, fra avanzi di ceneri e frammenti di ossa calcinate, si rinvenne una ricchissima suppellettile votiva, composta da vasi di bucchero, da statuette di bronzo e di avorio d’origine fenicia ed egizia, da un piccolo bassorilievo in terracotta rappresentante un guerriero a cavallo, da un’antefissa con la testa di gorgone e con alcuni avanzi di vestiarii. Inoltre era li accanto che giaceva la stele arcaica, la cui misteriosa iscrizione doveva avere l’onore di essere posta — come la più antica — di fronte al ''Corpus Inscriptionum latinarum''. Era evidente che il luogo sacro, profanato da qualche ignoto avvenimento, doveva essere stato da prima purificato con un sacrificio di vittime e in seguito coperto frettolosamente e nascosto sotto nuovi edifici. Queste particolarità permisero di supporre che si trattasse del grande incendio gallico e della successiva riedificazione di Roma. Era evidente che i sacerdoti avevano offerto un sacrificio espiatorio al sepolcro del Semidio profanato
}} Ma l’organismo architettonico rimase quasi esclusivamente etrusco. I templi di {{WI|Q166987|pietra peperina}} e di tufo riprodussero le linee rette e regolari dei sepolcri di Cervetri. Durante i due primi secoli della repubblica non si fece nessun progresso nell’arte di edificare e solo più tardi troviamo l’arco e la volta che doveva caratterizzare cosi originalmente gli edifici romani. D’altra parte non possediamo che rarissimi avanzi imperfetti di quel periodo oscuro e poco noto. I recenti scavi del Foro hanno però messo alla luce uno dei più importanti di questi ruderi: il cosi detto ''Lapis Niger'' che doveva segnare il luogo su cui s’innalzava il mausoleo di Romolo. Si tratta di un pavimento di marmo nero di fronte alla Curia, sotto al quale è stata ritrovata una base di tufo giallo, decorato da palmette etrusche, che conservano agli angoli le tracce dei basamenti che dovevano sopportare i quattro leoni marmorei che secondo Varrone decoravano il sepolcro del primo re di Roma. Tutto intorno, fra avanzi di ceneri e frammenti di ossa calcinate, si rinvenne una ricchissima suppellettile votiva, composta da vasi di bucchero, da statuette di bronzo e di avorio d’origine fenicia ed egizia, da un piccolo bassorilievo in terracotta rappresentante un guerriero a cavallo, da un’antefissa con la testa di gorgone e con alcuni avanzi di vestiarii. Inoltre era li accanto che giaceva la stele arcaica, la cui misteriosa iscrizione doveva avere l’onore di essere posta — come la più antica — di fronte al ''Corpus Inscriptionum latinarum''. Era evidente che il luogo sacro, profanato da qualche ignoto avvenimento, doveva essere stato da prima purificato con un sacrificio di vittime e in seguito coperto frettolosamente e nascosto sotto nuovi edifici. Queste particolarità permisero di supporre che si trattasse del grande incendio gallico e della successiva riedificazione di Roma. Era evidente che i sacerdoti avevano offerto un sacrificio espiatorio al sepolcro del Semidio profanato