Pagina:Il Baretti - Anno II, n. 9, Torino, 1925.djvu/1: differenze tra le versioni

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Recenti avvenimenti, anche politici, ultimo la discussione in Senato della riforma Gentile, hanno, forse, indotto in taluno il sospetto di una situazione culturale che da tempo si andava preparando oscuramente; come un velo d’acqua sotterraneo, raggiunto un certo livello, comincia qua e là a erompere in polle. L’idealismo filosofico, dominatore incontrastato, da un trentennio, del mondo della cultura, inizia una sua crisi: una riscossa tico-positivista è, forse, in cammino.
Recenti avvenimenti, anche politici, ultimo la discussione in Senato della riforma Gentile, hanno, forse, indotto in taluno il sospetto di una situazione culturale che da tempo si andava preparando oscuramente; come un velo d’acqua sotterraneo, raggiunto un certo livello, comincia qua e là a erompere in polle. L’idealismo filosofico, dominatore incontrastato, da un trentennio, del mondo della cultura, inizia una sua crisi: una riscossa neo-positivista è, forse, in cammino.


Non si tratta di una constatazione trascurabile, ne d’importanza limitata alle sfere erudite: bisognerebbe essere ciechi per negare, o misconoscere, la potenza e varietà degli influssi che la reazione idealistica al positivismo imperante nella seconda metà dell’Ottocento ha esercitato nei più diversi campi. Riconquistato, in virtù di un’offensiva travolgente, l’avito regno filosofico, l’idealismo è subito diventato imperialista, determinando, nell’attiguo dominio della scienza, il sorgere di una autocritica feconda; poi, nella repubblica letteraria e artistica, fino alla torre d’avorio dell’estetica, correnti crociane e bergsoniane, battuto in breccia il verismo, hanno tutto sommosso e rinnovato, toccando gli estremi limiti futurista e cubista. Come nel successivo crollare di una serie di paratie stagne l’irruzione ha indi fatto sbocco in più vasto campo: religioso, da una parte, col modernismo; politico-sociale dall’altra, dove improntò di sè i movimenti più recenti, in sostanza tutti quelli di marca nazionalista ed anti-democratica fino al fascismo; riuscendo, d’altronde a penetrare, col sindacalismo alla Sorel, nella chiusa fortezza socialista. Finalmente, a coronare l’opera, dandole quasi un crisma ufficiale di successo, è asceso, nella persona dei suoi vessilliferi, al fastigio dei Governi.
Non si tratta di una constatazione trascurabile, ne d’importanza limitata alle sfere erudite: bisognerebbe essere ciechi per negare, o misconoscere, la potenza e varietà degli influssi che la reazione idealistica al positivismo imperante nella seconda metà dell’Ottocento ha esercitato nei più diversi campi. Riconquistato, in virtù di un’offensiva travolgente, l’avito regno filosofico, l’idealismo è subito diventato imperialista, determinando, nell’attiguo dominio della scienza, il sorgere di una autocritica feconda; poi, nella repubblica letteraria e artistica, fino alla torre d’avorio dell’estetica, correnti crociane e bergsoniane, battuto in breccia il verismo, hanno tutto sommosso e rinnovato, toccando gli estremi limiti futurista e cubista. Come nel successivo crollare di una serie di paratie stagne l’irruzione ha indi fatto sbocco in più vasto campo: religioso, da una parte, col modernismo; politico-sociale dall’altra, dove improntò di sè i movimenti più recenti, in sostanza tutti quelli di marca nazionalista ed anti-democratica fino al fascismo; riuscendo, d’altronde a penetrare, col sindacalismo alla Sorel, nella chiusa fortezza socialista. Finalmente, a coronare l’opera, dandole quasi un crisma ufficiale di successo, è asceso, nella persona dei suoi vessilliferi, al fastigio dei Governi.


In trent’annì, ove ci piaccia datare la nuova era dalla frase del Brunetière sulla «bancarotta della scienza», quanto, e quale, cammino percorso! tale da far smorte le grandi Ombre darviniane dell’Ottocento, se, all’Ade, gli epigoni, che vissero abbastanza per avere, da quest’aurora attristato il tramonto, ne avranno riferito. Per il carattere di universalità che ha assunto, per la mole di storia che ha animato, e pur trattandosi di ciclo non conchiuso, si può, fin d’ora, riconoscere all’Idealismo un posto di parità con gli altri grandi moti spirituali degli ultimi secoli, l’Illuminismo, il Romanticismo, il Positivismo.
In trent’anni, ove ci piaccia datare la nuova era dalla frase del Brunetière sulla «bancarotta della scienza», quanto, e quale, cammino percorso! tale da far smorte le grandi Ombre darviniane dell’Ottocento, se, all’Ade, gli epigoni, che vissero abbastanza per avere, da quest’aurora attristato il tramonto, ne avranno riferito. Per il carattere di universalità che ha assunto, per la mole di storia che ha animato, e pur trattandosi di ciclo non conchiuso, si può, fin d’ora, riconoscere all’Idealismo un posto di parità con gli altri grandi moti spirituali degli ultimi secoli, l’Illuminismo, il Romanticismo, il Positivismo.


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Ciò che si prepara, se il nostro fiuto non c’inganna, è un eclisse dell’idealismo come «moda» intellettuale, che era diventata stucchevole quasi quanto il dannunzianismo; e a produrlo saranno cause indirette, le reazioni suscitate da quel moto, che abbiamo descritto, soprattutto nel campo politico ed artistico. Però la moda è indice ambiguo, e nelle sue variazioni conviene distinguere quel che è, per l’appunto, semplice reazione meccanica, sazietà sentimentale, spinta di fattori estranei (puro fenomeno non logico), da quel che è, invece, il riflesso di logiche difficoltà e di intrinseche esigenze insorte sul cammino dello spirito creatore. Le prime cause contano poco, producono alti e bassi; le seconde molto, deviano durevolmente la traiettoria. Le dottrine, più ancora degli uomini, se muoiono veramente, non muoiono per caso, ma per una malattia che portan dentro. La vita dello spirito va concepita come un mare, dove ogni strato è sommosso da strati più profondi; dove anche ciò che alla superficie appare di spume, onde e correnti è solo in parte prodotto dall’umore volùbile del vento. «Moto ondoso» si, ma con vario periodo, e fino a un certo punto: poi l’onda si fa lenta, a ritmo secolare o millenare; (e la probabile decadenza cattolica, ad esempio, non risente più gl’influssi delle effimere galvanizzazioni alla Papini); finché al fondo chi sa, può darsi che l’oscillazione cessi, e il moto si faccia progressivo; può darsi che la storia, nelle sue supreme linee, sia davvero ascesa.
Ciò che si prepara, se il nostro fiuto non c’inganna, è un eclisse dell’idealismo come «moda» intellettuale, che era diventata stucchevole quasi quanto il dannunzianismo; e a produrlo saranno cause indirette, le reazioni suscitate da quel moto, che abbiamo descritto, soprattutto nel campo politico ed artistico. Però la moda è indice ambiguo, e nelle sue variazioni conviene distinguere quel che è, per l’appunto, semplice reazione meccanica, sazietà sentimentale, spinta di fattori estranei (puro fenomeno non logico), da quel che è, invece, il riflesso di logiche difficoltà e di intrinseche esigenze insorte sul cammino dello spirito creatore. Le prime cause contano poco, producono alti e bassi; le seconde molto, deviano durevolmente la traiettoria. Le dottrine, più ancora degli uomini, se muoiono veramente, non muoiono per caso, ma per una malattia che portan dentro. La vita dello spirito va concepita come un mare, dove ogni strato è sommosso da strati più profondi; dove anche ciò che alla superficie appare di spume, onde e correnti è solo in parte prodotto dall’umore volùbile del vento. «Moto ondoso» si, ma con vario periodo, e fino a un certo punto: poi l’onda si fa lenta, a ritmo secolare o millenare; (e la probabile decadenza cattolica, ad esempio, non risente più gl’influssi delle effimere galvanizzazioni alla Papini); finché al fondo chi sa, può darsi che l’oscillazione cessi, e il moto si faccia progressivo; può darsi che la storia, nelle sue supreme linee, sia davvero ascesa.


Noi non vogliamo qua sondare tali oceanici abissi; però non vogliamo nemmeno stare alla superficie e dichiarare spacciato l’idealismo, questo illustre prodotto del pensiero, solo perchè l'on Gentile ne abbia fatta un’applicazione scolastica meno felice; o Marinetti ne tragga illazioni sconcertanti; o a qualche ''ras'' piaccia piegarne il dettame agli usi della sua graziosa signoria. In vista della crisi che, forse, si approssima, converrà, pertanto, istituire due bilanci: il primo è a nostro parere, favorevole. Nella Borsa filosofica, il titolo appare solido: nonostante l’inizio di speculazioni al ribasso, riteniamo che avveduti finanzieri, alieni da agiotaggi, possano benissimo comperare alla pari. Anche in sede politica, e per restare in Italia, se è vero che l’influsso idealistico si è rivelato, in massima, antidemocratico, è pur vero che, alle compromissioni fasciste di Gentile, fa riscontro il riserbo liberale di Croce; cosicché eventuali burrasche, con cambiamento di pilota, non dovrebbero addirittura capovolgere la barca delle fortune filosofiche. Su altri punti, poi, il glorioso idealismo crociano ci sembra anche più solido. Il pilone dell’estetica è, si da tempo, furiosamente squassalo da Sansoni che ce l’hanno su col tempio dell’illustre Filisteo: ma, in cospetto della mole, sono Sansoncini dai capelli corti; taluno, anzi, irrimediabilmente calvo. Quanto alla Economia, all’Etica, alla Storia, è come mordere il macigno; non si delinea, nemmeno lontanamente, un’offensiva. In questo campo, e sebbene, in tempi di nazionalismo, sia carità di patria non gettare olio sul fuoco, un primato italiano ci sembra veramente indiscusso, e duraturo. Altrove, invece, è il tallone di Achille, la malattia organica di cui soffre l’Idealismo: (a parer nostro, beninteso, e per quanto siamo esitanti a esprimere una diversità di opinione da maestri di tanta autorità). E’ nella Logica, o Teoria della Conoscenza, là dove, in base certo, ad altissime vedute speculative, si nega il dualismo del soggetto e dell’oggetto, cioè l’esistenza della Natura, delle cose in sè del mondo esterno; dove si nega, in conseguenza il valore della Scienza. Crediamo che il problema, più che sotto la forma teologica di trascendenza e d’immanenza (che agitò vent’anni fa i campi cattolico e modernista), sia oggi vitale per l’Idealismo sotto quest’altra forma che interessa la Scienza. Lo spirito scientìfico è troppo vigoroso, e prepara una riscossa. Risvegli religiosi sono invece più remoti.
Noi non vogliamo qua sondare tali oceanici abissi; però non vogliamo nemmeno stare alla superficie e dichiarare spacciato l’idealismo, questo illustre prodotto del pensiero, solo perchè l'on Gentile ne abbia fatta un’applicazione scolastica meno felice; o Marinetti ne tragga illazioni sconcertanti; o a qualche ''ras'' piaccia piegarne il dettame agli usi della sua graziosa signoria. In vista della crisi che, forse, si approssima, converrà, pertanto, istituire due bilanci: il primo è a nostro parere, favorevole. Nella Borsa filosofica, il titolo appare solido: nonostante l’inizio di speculazioni al ribasso, riteniamo che avveduti finanzieri, alieni da agiotaggi, possano benissimo comperare alla pari. Anche in sede politica, e per restare in Italia, se è vero che l’influsso idealistico si è rivelato, in massima, antidemocratico, è pur vero che, alle compromissioni fasciste di Gentile, fa riscontro il riserbo liberale di Croce; cosicché eventuali burrasche, con cambiamento di pilota, non dovrebbero addirittura capovolgere la barca delle fortune filosofiche. Su altri punti, poi, il glorioso idealismo crociano ci sembra anche più solido. Il pilone dell’estetica è, si da tempo, furiosamente squassato da Sansoni che ce l’hanno su col tempio dell’illustre Filisteo: ma, in cospetto della mole, sono Sansoncini dai capelli corti; taluno, anzi, irrimediabilmente calvo. Quanto alla Economia, all’Etica, alla Storia, è come mordere il macigno; non si delinea, nemmeno lontanamente, un’offensiva. In questo campo, e sebbene, in tempi di nazionalismo, sia carità di patria non gettare olio sul fuoco, un primato italiano ci sembra veramente indiscusso, e duraturo. Altrove, invece, è il tallone di Achille, la malattia organica di cui soffre l’Idealismo: (a parer nostro, beninteso, e per quanto siamo esitanti a esprimere una diversità di opinione da maestri di tanta autorità). E’ nella Logica, o Teoria della Conoscenza, là dove, in base certo, ad altissime vedute speculative, si nega il dualismo del soggetto e dell’oggetto, cioè l’esistenza della Natura, delle cose in sè del mondo esterno; dove si nega, in conseguenza il valore della Scienza. Crediamo che il problema, più che sotto la forma teologica di trascendenza e d’immanenza (che agitò vent’anni fa i campi cattolico e modernista), sia oggi vitale per l’Idealismo sotto quest’altra forma che interessa la Scienza. Lo spirito scientìfico è troppo vigoroso, e prepara una riscossa. Risvegli religiosi sono invece più remoti.


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Cotesta consapevolezza ebbe il Baudelaire nel delineare la reazione al romanticismo in nome dell’arte pura e nel suo opporre una disciplina di critica all’istrionismo romantico. Questo ci spiega il suo non breve tirocinio alla scuola d’un Poe: il ''Poetic Principle'' e la ''Philosophy of Composition'' sono l’estrema indicazione programmatica del Parnaso.
Cotesta consapevolezza ebbe il Baudelaire nel delineare la reazione al romanticismo in nome dell’arte pura e nel suo opporre una disciplina di critica all’istrionismo romantico. Questo ci spiega il suo non breve tirocinio alla scuola d’un Poe: il ''Poetic Principle'' e la ''Philosophy of Composition'' sono l’estrema indicazione programmatica del Parnaso.


Certe sue parole a proposito della ««poesia del cuore» dei romantici riecheggiano il Poe in maniera indubitabile. In una conversazione del Poe con Chivers, lo scrittore americano diceva: «Un puro poema è affatto scevro d’ogni elemento di passione. La passione non ha nulla a vedere con la pura poesia: perchè ogni goccia di passione che voi infondete in un poema non fa che... spoetizzarlo...
Certe sue parole a proposito della «poesia del cuore» dei romantici riecheggiano il Poe in maniera indubitabile. In una conversazione del Poe con Chivers, lo scrittore americano diceva: «Un puro poema è affatto scevro d’ogni elemento di passione. La passione non ha nulla a vedere con la pura poesia: perchè ogni goccia di passione che voi infondete in un poema non fa che... spoetizzarlo...


— Allora, domanda il Chivers, se ciò che voi dite è vero, i due terzi dell’opera di Shakespeare non valgono assolutamente nulla...
— Allora, domanda il Chivers, se ciò che voi dite è vero, i due terzi dell’opera di Shakespeare non valgono assolutamente nulla...
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— Assolutamente nulla, per certo, disse egli».
— Assolutamente nulla, per certo, disse egli».


La teoria della composizione del Corno entrava per qualche cosa in quell’abito di padronanza stilistica l’in quel calcolo espressivo che sono il segreto della perfezione dei ''fleurs du mal'', come nell’orgoglio di cui il Baudelaire parla nella dedica dei ''Petits poèmes en prose'' di «un esprit qui regarde comme le plus grand honneur du poète d’accomplir ''juste'' ce qu’il a projeté de faire».
La teoria della composizione del Corno entrava per qualche cosa in quell’abito di padronanza stilistica e in quel calcolo espressivo che sono il segreto della perfezione dei ''fleurs du mal'', come nell’orgoglio di cui il Baudelaire parla nella dedica dei ''Petits poèmes en prose'' di «un esprit qui regarde comme le plus grand honneur du poète d’accomplir ''juste'' ce qu’il a projeté de faire».


In fondo, cotesta reazione — in un ordine puramente letterario — era l’esigenza pregiudiziale della ricostruzione, dell’armonia classica nel mondo degli oggetti, ed era il punto di partenza per la costruzione di un romanticismo che si collocherà fuori di questo piano, come aspirazione metafisica.
In fondo, cotesta reazione — in un ordine puramente letterario — era l’esigenza pregiudiziale della ricostruzione, dell’armonia classica nel mondo degli oggetti, ed era il punto di partenza per la costruzione di un romanticismo che si collocherà fuori di questo piano, come aspirazione metafisica.


Se il Parnaso fosse riuscito a configurarsi pienamente come reazione al romanticismo hughiano, invece di limitarsi ad esserne la codificazione e la sanzione letteraria, avrebbe riconosciuto il valore totale di Baudelaire: invece il problema di gusto e di discplina impostato da Baudelaire, come problema di unità di contenuto e forma, restò senza sviluppi e il Mallarmé lo riprendeva, poi, per proprio conto in senso soltanto formale con sensibilità di letterato, ond’egli scriveva (<ref>Cfr. R. Gros - ''Les dates et les occultes''.</ref>) al Ghil (a proposito del famoso ''Traitè du verbe'') che rifletteva prooccupazioni sue «il tentativo di posare sin dall’esordio della vita la prima assise di un lavoro, la cui architettura è compiuta sin dal primo giorno», il tentativo, cioè, di «non produrre (fossero pure delle meraviglie) a caso». Ma, in ogni coso, il simbolismo è troppo contiguo al Bergson (cronologicamente e idealmente) per intendere una questione di disciplina intellettuale, e vivrà di slanci e di entusiasmi.
Se il Parnaso fosse riuscito a configurarsi pienamente come reazione al romanticismo hughiano, invece di limitarsi ad esserne la codificazione e la sanzione letteraria, avrebbe riconosciuto il valore totale di Baudelaire: invece il problema di gusto e di discplina impostato da Baudelaire, come problema di unità di contenuto e forma, restò senza sviluppi e il Mallarmé lo riprendeva, poi, per proprio conto in senso soltanto formale con sensibilità di letterato, ond’egli scriveva (<ref>Cfr. R. Gros - ''Les dates et les occultes''.</ref>) al Ghil (a proposito del famoso ''Traitè du verbe'') che rifletteva prooccupazioni sue «il tentativo di posare sin dall’esordio della vita la prima assise di un lavoro, la cui architettura è compiuta sin dal primo giorno», il tentativo, cioè, di «non produrre (fossero pure delle meraviglie) a caso». Ma, in ogni caso, il simbolismo è troppo contiguo al Bergson (cronologicamente e idealmente) per intendere una questione di disciplina intellettuale, e vivrà di slanci e di entusiasmi.


Intuizionisticamente non può darsi disciplina, perchè questa importa anzi l’intervento attivo dell’intelletto nella creazione. «La creazióne con un autore», come dice Paul Valéry. Il simbolismo non poteva sentire una tale necessità se non come suo limite; essa era un’esigenza di superamento.
Intuizionisticamente non può darsi disciplina, perchè questa importa anzi l’intervento attivo dell’intelletto nella creazione. «La creazióne con un autore», come dice Paul Valéry. Il simbolismo non poteva sentire una tale necessità se non come suo limite; essa era un’esigenza di superamento.
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Parnaso o romanticismo non sono che aspetti estremi del Baudelaire. Baudelaire parnassiano è dunque da intendere in senso costruttivo cd illumina lo sforzo dell’artista nella direzione del mondo psicologico. Da questo mondo oscuro — dove i medici vedono il torbido caos degli istinti — affiorano, egli dice nel poemetto in prosa ''Le mauvais vitrier'', tutti quei demoni maliziosi che ci comandano: il mondo infernale è appunto il mondo che lavora a mistificare con costruzioni sentimentali quel che di irriducibilmente malefico è in noi. ''C'est le Diable qui tient les fils qui nous remuent!''
Parnaso o romanticismo non sono che aspetti estremi del Baudelaire. Baudelaire parnassiano è dunque da intendere in senso costruttivo ed illumina lo sforzo dell’artista nella direzione del mondo psicologico. Da questo mondo oscuro — dove i medici vedono il torbido caos degli istinti — affiorano, egli dice nel poemetto in prosa ''Le mauvais vitrier'', tutti quei demoni maliziosi che ci comandano: il mondo infernale è appunto il mondo che lavora a mistificare con costruzioni sentimentali quel che di irriducibilmente malefico è in noi. ''C'est le Diable qui tient les fils qui nous remuent!''
{{A destra|(''Prèface'')}}
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Così il Baudelaire non è travagliato da alcuna preoccupazione sostanzialmente romantica: il conflitto tra il mondo e la poesia (''Bénédiction'') è un conflitto tra Satana e Dio, nè la fantasia lo risolve in sè, in un monismo ascetico, come è avvenuto nei romantici tedeschi.
Così il Baudelaire non è travagliato da alcuna preoccupazione sostanzialmente romantica: il conflitto tra il mondo e la poesia (''Bénédiction'') è un conflitto tra Satana e Dio, nè la fantasia lo risolve in sè, in un monismo ascetico, come è avvenuto nei romantici tedeschi.