Pagina:Il Baretti - Anno II, n. 14, Torino, 1925.djvu/1: differenze tra le versioni

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SOMMARIO: FRANCO: ''Il pio Renan'' — E. GIANTURCO: ''Lirica inglese odierna'' — Poeti catalani: ''J. Maragall'' — A cura di C. GIARDINI — V. G. GALATI: ''Cultura calabrese'' — Scenografia: V. E. PERSICO ''Appia'' M. GROMO: ''Il Teatro del colore'' — A. CAPPA: ''La pittrice R. Zatrosa''.
SOMMARIO: FRANCO: ''Il pio Renan'' — E. GIANTURCO: ''Lirica inglese odierna'' — Poeti catalani: ''J. Maragall'' — A cura di C. GIARDINI — V. G. GALATI: ''Cultura calabrese'' — Scenografia: V. E. PERSICO ''Appia'' M. GROMO: ''Il Teatro del colore'' — A. CAPPA: ''La pittrice R. Zatrosa''.
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Renan è di quei gridi di anima che esplodono in un’apparizione e rovinano il mondo come una guerra. La vita di questi pericoli di anima si divide in due parti: la prima è di maledizione e di geenna, qui si ricercano, si torturano, si esplorano; la seconda è di benedizione e di amore qui, scendono il monte.


Si laureano discepoli quando han lasciata la cattedra di professori spietati. Dal Collegio di San Supplizio passano a cotlahorarc alla nascita della Libertà di pensare clic non è proprio o solo un giornale con la quarta pagina.
Si laureano discepoli quando han lasciata la cattedra di professori spietati. Dal Collegio di San Supplizio passano a collaborare alla nascita della ''Libertà di pensare'' che non è proprio o solo un giornale con la quarta pagina.


— Qu' on fasse plus de lumière — è la loro divisa.
— Qu'on fasse plus de lumière — è la loro divisa.


Vengono per lo più di fuori.
Vengono per lo più di fuori.


Rousseau, Chateaubriand, Lamennais, non sono, come non Renan, della Firenze di Francia, che dà la chiarezza c la facilità di Descartes c Vol¬ taire.
Rousseau, Chateaubriand, Lamennais, non sono, come non Renan, della Firenze di Francia, che dà la chiarezza e la facilità di Descartes e Voltaire.


Questi esplosivi di mattina, che si son macerati per lunghi anni senza aver chiaro lo scopo, come voluti da una volontà più sicura, sono eterni erranti senza terra. Sono poesia che ha marcita ogni metrica in suo azzurro. Vuol dire che ha fatto ben ginnastica prima ! Non possiedono nulla e sono, come dice Renan, di sè — semplici ''locatarii della terra, e traversano il mondo, senza serio attaccamento al mondo'', «Dio ci ha dato l'usufrutto dell'universo» così ripete Renan.


Prima, erano forse professori di greco. Cosi, Zarathustra! Prima, erano una disciplina linguistica o una ''Teologia di Beranger'', studiata in classe. Ora, s’accendono in sommità di lirici rischi, vedono il vero, in un lampo. I ''versi'' sono sempre schiavi anche se s'alzano a ''liberi'' ! Schiavi, come un mezzo. Ciò che è libertà, è poesia, quando è nata ! Due ispirazioni, ci sono. L'una è la improvvisa, contro cui si scaglia Verlaine nel finale di ''Sagesse'', la colomba che si aspetta con le braccia in croce sul nulla del cuore. L'altra è la subitanea che suppone prove e cilizii, e mille Saint Nicolas, Saint Supplice, Stanislas, collegi di metrica e di stile. Allora l’ispirato, che è anche predestinato, elude ogni cosa, dissolve ogni fermezza nemica di Vaticani e di ombro, scrive le ''Origini'' ed i ''Popoli'', liquefa le tavole della lettura ormai superstiti. Ripristina la lirica, da tutti i teatri, che son Pirandello e sera o politica di figura. Dove Chateaubriand, persa ormai la nascita del cristianesimo, raccomanda la fede per ragioni nulla inerenti all'essenza di lei, come la pompa delle cerimonie e la decenza delle ispirazioni fornite all'arte oratoria e rivendica o belli atti compiuti da singoli, e i turpi destini dei nemici del Cristianesimo, come se ciò argomentasse in favore di una verità e non fosse questa un assorbire continuo l'aggettivo inutile, momentaneo, nella musica deserta anonima della strada rettilinea, tutta un risveglio di radici inassopite, — Renan filtra la sua spia di saggio e dissipa la gran multa della notte. Quando l'opera è compiuta, certo una rovina si esprime, da questo gioco di nevi di profumo. Non solo il dogma è diluito in domani senza pigli, non solo il miracolo è deposto in un razioncinio che ha la virtù dell'incanto, come se le fate della sua Fontana di giovinezza, zampillassero, nelle fantasia di Renan, una gioia di luce; non solo la salvezza e volatilizzata in imprecisa ''nuance'', e inafferrabile tremito di giorno; — ma anche le virtù elementari han persa la loro radice di dovere, e il fenomeno universo non è che uno spettacolo ameno che Dio si concede per divertimento. Il romanticismo di Lamartine e della passionalità di iungla furente della prima metà del secolo aveva lasciato il luogo a una ''grande curiosità'' del vero, a una illimitata fiducia nell' ''Avvenire della Scienza'', e nella infallibilità della critica positiva. Il genio che aveva abbracciato lo spazio e tornate poi le braccia vane al petto, si era deciso, con la stessa fede, a prender partito per la ragione, a desiderare il tragico della verità a ogni costo. Non era più il tempo delle tentennate di Voltaire contro il concreto e il sodo del Cattolicesimo e dei miracoli. Voltaire suffit. E’ il pensiero di Renan, che come tutti i lirici, che non fan mai ''versi'', odia il supplizio di Mesenzio e il disconoscimento del limite, che, se lo strapazzi, ne viene il cavallo ''divoratore di terre'', perchè non giunge il centro. Al morto il morto ! utilissima la carica sbrigante e plebea di Voltaire contro ogni mistero, pane da gonzi, — ma, se gli prolunghi il momento, ipostatizzi il mezzo morire che è sempre da morire ove arriva. Tutto è ''poi'', niente è ''sempre'' e pure l’aggettivo isterico strilla stridulo che non morrà mai! E lo carezza già, il mare del continuo. Voglio vincere la corsa! — s'impenna l'aggettivo fuori via... La macchina resta al palo, e la divina musica della strada fiumana continua il suo desto sognare...
Questi esplosivi di mattina, che si son macerati per lunghi anni senza aver chiaro lo scopo, come voltiti da una volontà più sicura, sono eterni er¬ ranti senza teira. Sono poesia che ha marcita ogni metrica in suo azzurro. Vuol dire clic ha fatto ben ginnastica prima ! Non possiedono nulla e so¬ no. come dice Renan, di sè — semplici locatarii della terra, c traversano il mondo, senza serio attaccamento al mondo, t Dio ci ha da’o l'usu¬ frutto dcU'umvcrso » così ripete Renan.


Lo chiama ''controversista'', lo ammette ''grand'uomo''. Nelle due lettere a Strauss ne fa lodi più giuste. Ma, di Voltaire, pariginissimo, come un idea nata e un abbaglio di paradosso, percuziente di sorpresa che passa, brillantissima, non dovette, Rènan, mai essere tanto devoto. Fu, un ''mezzo'': e i ''mezzi'' possono anche riconoscersi utili, senza levar loro il cappello! Anche l'ombra ha il suo da fare nell'economia della luce. Non vuol dire che ci si abbia a iscrivere al suo partito. Renan nota che Voltaire lavorò ''la guerra con la guerra'', e fece bene ! Ora, si tratta di andar oltre, c’è qualcosa di meglio dà fare. Disfare il fatto, senza opporvisi, inutili ! — pel suo meglio, di là. Ciò dice molto anche per intendere il senso particolarissimo e inconfondibile, che ha Renan della Storia, la fantasia di Dio. Per noi, che ascoltiamo l'''Enrico'' IV di Pirandello, e siamo stati avvezzi alle strepitose manovre sulla storia, compiute dalla buon’anima, in termine sincero, di Carducci, la Storia ci pare un lenzuolo funerario, un po' sempre. Gli è che leggiamo la lettera. Invidiamo quasi, il riposo di quelle date e di quei dati di fatto, che non debbono più avvenire, che sono forma perfetta, dunque: morte. E invece ogni ''storia è sacra'', in quanto dietro il dorso del leggibile e del fatto, ''avviene'', eterna, la gran logica equorea, il fluido di risvegli, della linea di Dio. L'eterno Ritorno è la cantonata di Nietzsche. L’ha scontata, pure!
Prima, erano forse professori di greco Cosi, Zarathustra! Prima, erano una disciplina lingui¬ stica o una Teologia ui ticrangcr, studiata in clas¬ se. Ora, s’accendono in sommità di lirici rischi, vedono il vero, in un lampo. I versi sono sempre schiavi anche se s'alzano a liberi ! Schiavi, come un mezzo. Ciò che è libertà, è poesia, quando è nata I Due ispirazioni, ci sono. L'una è la im¬ provvisa, contro cui si scaglia Vcrlaine nel finale di Sagesse, la colomba die si aspetta con le braccia in croce sul nulla del cuore. L'altra è la subitanea die suppone prove c cilizii, e mille Saint Nicolas, Saint Supplice, Stanislas, collegi di metrica c di siile. Allora l’ispirato, che è anche predestinato, elude ogni cosa, dissolve ogni fermezza nemica di Vaticani e di ombro, scrive le Origini ed i Popoli, liquefa le tavole della lettura ormai superstiti. Ri- pristina la lirica, da lutti i teatri, che son Piran- Chatcau- ristiancsimo, nerenti nl- • cerimonie e fornite aU'arie orato- npiuti «la singoli, e


Questo senso della storia, chiaroveggenza responsabilissima, nella quale ogni coscienza deve ''sentirsi'' non ''credersi'', centro vivido, anche della più stupida materia morta e lontana, che riposa, per vivere, su tutte le stelle ferite di occhi del firmamento sommerso sotto il santo oceano laico di Dio, e non è dunque materia, ma condizione dell'Invisibile, per esistere, e la precisa distinzione, è l'aristocrazia sincera, di Renan, che chiamo, senza contraddire storicolirico.


dello e sera o politica di figura. Dovi Urlami, persa ormai la nascita del raccomanda la fede per ragioni nulla l'essenza di lei, coinè la pompa delle la decenza delle ispirai' ria c rivendica i Itegli atti


I varii Mariano che scrivono le opere cantate, dalla carta liscissima, trovano che Renan indulse tanto alla Ipotesi, che il polso dei fatti e le prove dei risultati sono quasi futili, nella sua Storia di ''Origini, di Popolo, di Religioni'', di cori umani laici e santi. Cè del vero, nell’appunto. Renan fu laboriosissim,. conobbe l'ebraico alla perfezione, tutta la vita dedicò alla conoscenza, alla curiosità esigentissima, e rivolse i suoi fiumi d’anima verso le tende eterne del mare di Israele, il popolo, per noi, ''antipraticissmo'' (ha ragione Cecchi e Cardarelli ha ragione), per Weininger, femmino, per Herder, poeta, per lui, Renan, ''morale'' di sua essenza. Se avesse un'altra vita, Renan la dedicherebbe alla divinazione del popolo Greco, il re dei miti ! Sta di fatto che Renan scelse il più antico... E non fu per questo. Il sangue brettone, sveglissimo nel figlio di Treguier, dove è in vista il Capo Finisterre e la nascita lirica del puro mare, rende, sospetto, Renan ''contro la rettorica del sentimento'', che ''troppo famigliare'' giudica alle stirpe latine, e dalle quali, isola con un senso aristocratico del limite e della primizia di quelli che, tra le persecuzioni, han saputo durare, la propria terra, timida, riservata — è lui che dice, — tutta vivente in profondo, comunicativa poco, ma sensibilissima come un trasalito filo di raggio, e una maschilità inespansiva, ma perforatrice, impresibile. Ce n’è abbastanza, quando si aggiunge la simpatia della strada e dell'Instabilità alla cosa, morta sempre, al concreto caduco, che fece desiderare a Renan la poesia degli infiniti e i viaggi senza ritorno, — (fu in Siria, Fenicia, Palestina, Egitto, tutta Europa cercò) — , ce n'è abbastanza per giustificare la preferenza data al popolo della tenda, straniero alla terra, e nato del cielo. Le ''corpulente'' percosse sono sempre i ''Monti di lettere'', i Vaticani maestri, Satana, cioè, e intrigo. Ma perchè un'idea duri quaggiù, non basta l'originalità fontana, occorre il sussidio dell'aìuto, e che San Francesco sia compiuto dal Frate Elia briccone, — l'esperienza è di Renan! Egli non ha avuto il suo Frate Elia; — il suo ''Gesù'' non ha avuto l'ultimo paragrafo dell’ultimo Vangelo, il Vangelo non lirico; perchè, salvo a farlo apposta, il lirico è sempre ''sinottico'', e non mica il filosofo, come Platone voleva ! Per questo, Renan si accorge che la sua azione sul mondo sarà breve, e non avrà che divertito un momento i suoi coetanei. Non si lamenta; sorride. Non saprebbe abdicare al suo sorriso marino e sovrano. Ma chi si ferma a questo, e non legge il sommerso di questo ''Veniero'' dell'anima che fuori è tanto gaio e desntro è strazio, dimentica che anche il fiore del mare su cui scherzano i bimbi dello zefiro, — di un'eruzione del suolo, e, dopo il frutto!... Lamaitre si ferma troppo al ''ritratto'' di Renan, nel suo taccuino di corsa. Faccia ''episcopale, succulenta, rabetaisiana'', va bene ! Ma chi è dentro, è il centro, e non volle Renan, e il tondo papa lo multò d'infamia, scongiurando l'immagine ''achei ropoiete'' di respingere la rovina dell'Anticristo, dalla città del dogma, la città tutta una mammella, dove il Vaticano ha ragione! A Roma, nel 1872, Renan scrisse l'ultimo volume delle ''Origini'' ( l'''Anticristo'' ) fu ospitato da Cavour. Due ''origini'' si riconoscevano. L’origine d'Italia, improvvisamente laica, come il cielo sparato dalla breccia della murata difesa di Porta Pia; l'origine dell’anima dalla morte del dogma tutto un sonno. ''Dilettantismo'', quello di Renan ! Intendersi bene su questo ! La parola è di Bourget nei suoi ''saggi''. Da prima, Renan fu un filosofo industre, un adoratore della scienza sperimentale, religiosa del vero. Quando lo destituiron nel 1864, si doleva perchè la sua cattedra era non orazione e giaculatoria, era esame scientifico, matematica d'anima; dunque, non aveva scopo di disturbare coscienze, ma di dire il vero. Fin dal Collegio di Issy, i lavori di linguistica lo trattengono, insonne, dalla questione del l'ortodossia, che affronta, dopo. La tecnica preparata è l'esercizio su tema, che non sente, questi sono i suoi scogli. Tutti gli abati Duchesue, brava gente, si meravigliano in coro che un alunno cosi intelligente scriva cosi male! Non capiscono che c’è un coraggio invisibilissimo nel ''non'' procedere ''che'' da sè, distruggendo i piani, — e conosce assai bene, e ha ben marciti di azzurri tutti i versi delle metriche e i paragrafi delle stampe e gli alfabeti distrutti, chi dice, il raggio e fa il vestito tutta una verità con l'anima, non deponibile fuori... Il centro di Dio esplode in mondo, ma non ritorna, questo, dall'origine, se non per ''perdersi fuori'', in capostorni ed in lussurie di terre, che i cavalli di Giobbe col boccone divorano e non giungono il centro, l'ho scritto. L’uno sta, certo, prima. E' centro, E dissolve ogni fuori. E, se espiale, spara tutte le grammatiche della natura gentile. Va bene, che quelle poi ricompongono l'origine in un organismo concreto. E il ''prete di Nemi'' che vuol disfare la lettera, se non provvede in tempo, muore giusto al quint’atto. Il dramma è di Renan.
i turpi destini «lei nemici del Cristianesimo, come se ciò argomentasse in favore di una verità c non losse questa un assorbire continuo l'aggettivo inu¬ tile. momentaneo, nella musica deserta anonima «Iella strada rettilinea, tutta un risveglio di radici innssopitc, - - Renan filtra la sua spia di saggio c dissipa .la gran multa della notte. Quando l'o¬ pera è compiuta, certo una rovina si esprime, da questo gioco di nevi di profumo. Non solo il dogma è diluito in domani senza pigli, non solo il mira¬ colo è deposto in un raziocinio clic ha la virtù dell'incanto, come se le fate «Iella sua Fontana di giovinezza, zampillassero, nclln fantasia «li Renan, una gioia di luce; non solo la salvezza e volatiliz¬ zata in imprecisa nuance, e inafferrabile tremito di giorno; - ma anche le virtù elementari han persa la loro radice di dovere, c il fenomeno universo non
* che uno spettacolo ameno che Dio si concede per divertimento. Il romanticismo di Lamarline c del¬ la passionalità di iungla furente della prima metà del secolo aveva lasciato il luogo a uni grande curiosità del vero, a una illimitata fiducia ncll'/lt»- venire della Scienza, e nella infallibilità «Iella cri¬ tica positiva. Il genio che aveva abbracciato lo spazio c tornate poi le braccia vane al petto, si era deciso, con la stessa fede, a prender partito per la ragione, a desiderare il tragico «Iella verità a ogni costo. Non era più il tempo delle tentennate di Voltaire contro il concreto e il sodo «lei Catto¬ licesimo c dei miracoli. Voltaire luffit. F.’ il pen¬ siero di Renan, clic come tutti i lirici, che non fan inai Versi, odia il supplizio «li Mcsenzio c il di¬ sconoscimento del limite, che. se lo strapazzi, ne viene il cavallo divoratore di terre, perchè non il centro. Al morto il morto I utilissima la


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carica sbrigante c plebea «li Voltaire conno ogr mistero, pane «la gonzi, -- ma.

il momento, ipostatizzi il mezzo morire ove arriva. Tutto ù poi.

c pure l’aggettivo isterico strilla morrà mai! E lo carezza già.

nuo. Voglio vincere la corsa!

gettivo fuori via... La match' la divina musica della st suo desto sognare...

Lo chiama amlmmìua, lo ammette grmd'm- mo. Nelle due lettere a Strnuss ne (li lodi pi# giu¬ ste Ma, di Voltaire, pariginissimo, come un inta¬ nata e un abbaglio di paradosso, percmiente ib sorpresa che passa, brillantissima, non dovette, Rt; nati, mai essere tanto devoto. Fu, un memi possono anebe riconoscersi utili, senra levar


se gli prolunghi clic è sempre da niente è tempre; stridulo che non mare del conti - — s’impenna Pag¬ ina resta al palo, e ida fiumana continua il loro il cappello I Anche l'ombra ha il suo da fare ncU'cconomia della luce. Non vuol dire clic ci si abbia a iscrivere al suo partito. Renan nota che Voltaire lavorò la guerra con la guerra, c fece l e¬ ne I Ora, si tratta di andar oltre, c’c qualcosa di meglio dà fare. Disfare il fatto, senza opporvisi, imitili I - - pel suo meglio, «li là. Ciò dice molto nuche per intendere il senso particolarissimo c inconfondibile, clic lui Reumi della Storia, la fan¬ tasia di Dio. Per noi, clic ascoltiamo rEiiri'co IV di Pirandello, c siamo stati avvezzi alle strepitose manovre sulla storia, compiute dalla buon’anima, in termine sincero, di Carducci, la Storia ci pare un lenzuolo funerario, un po' sempre. Gli è che leggiamo la lettera. Invidiamo quasi, il riposo di quelle date c di quei «lati «li fatto, che non debbono più avvenire, che sono forma perfetta, dunque:

morte. E invece ogni storia è sacra, in <|uauto «lie- tro il dorso del leggibile c del fatto, avviene, c- ternn, la gran logica equorea, il fluido di risvegli, «Iella linea di Dio. L'eterno Ritorno è la cantonata di Nietzsche. L’Ila scontata, pure!

Questo senso «Iella storia, chiaroveggenza re¬ sponsabilissima, nella quale ogni coscienza «leve sentirsi non credersi, centro vivido, anche della più stupida materia moria c lontana, che riposa, per vivere, su tutte le stelle ferite di occhi «lei firma¬ mento sommerso sotto il santo oceano laico di Dio.

c non è dunque materia, ina condizione deU'lnvisibile, per

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stocrazia

sincera, di Renan, che chi:

imo. senza con-


traddire storicolirico.


I varii Mariano che scrivono le opere cantate, dalla carta liscissima, trovano che Renan indulse tanto alla Ipotesi, che il polso dei fatti e le prove dei risultati sono quasi futili, nella sua Storia «li Origini, di Popolo, di Religioni, di cori umani laici e santi. Cè «lei vero, nell’appunto. Renan fu labo¬ riosissimo. conobbe l'ebraico alla perfezione, tutta la vita dedicò alla conoscenza, alla curiosità esi¬ gentissima, e rivolse i suoi fiumi d’anima verso le tende eterne del mare di Israele, il popolo, per noi, antipiaticissmo (ha ragione Cecchi c Cardarelli ha ragione), per Weininger, femmino, per Herder, poeta, per lui, Renan, inorale di sua essenza. Se avesse un'altra vita, Renan la dedicherebbe alla di¬ vinazione del popolo Greco, il re dei miti ! Sta «li fatto clic Renan scelse il più antico... E non fu per questo. Il sangue brettone, sveglissimo nel fi¬ glio di Trcguier, dove è in vista il Capo Finisterre c la nascita lirica del pjiro mare, rende, sospetto, Renan ronfio la rettorica del sciitimcnlo, che trop¬ po famigliare giudica alle stirpe latine, e dalle «pia¬ li, isola con un senso aristocratico del limite c «Iella primizia di quelli che, tra le persecuzioni, han saputo durare, la propria terra, timida, riser¬ vata — è lui che dice, — tutta vivente in pro¬ fondo, comunicativa poco, ma sensibilissima come dii trasalito filo di raggio, c una maschilità ine- spansiva, n«a . perforatrice, hnprensibile. Ce n’è abbastanza, «piando si aggiunge la simpatia della strada e dell'Instabilità alla cosa, morta sempre, al concreto caduco, clic fece «Icsiderarc a Renan la poesia degli infiniti e i viaggi senza ritorno, — - (fu in Siria, Fenicia, Palestina, Egitto, tutta Europa cercò) — , cc n'è abbastanza per giusti¬ ficare la preferenza «lata al popolo «Iella tenda, straniero alla terra, c nato «lei ciclo. Le corpulen¬ te percosse sono sempre i Monti di lettere, i Vati¬ cani maestri, Satana, cioè, e intrigo. Ma perchè un'idea «luri quaggiù, non basta l'originalità fon¬ tana. occorre il sussidio dell'aaìuto, e clic San Francesco sin compiuto dal Frale Elia briccone, — l'esperienza è di Renan! Egli non ha avuto il suo Frate Elia; - il suo Geni non ha avuto l'ul¬ timo paragrafo dell’ultimo Vangelo, il Vangelo non lirico; perchè, salvo a farlo apposta, il liri¬ co è sempre sinottico, e non mica il filosofo, come Platone voleva ! Per questo, Renan si accorge che la sua azione sul mondo sarà breve, c non avrà clic divertito un momento i suoi coetanei. Non si lamenta; sorride. Non saprebbe abdicare al suo sorriso marino c sovrano. Ma chi si ferma a que¬ sto, e non legge il sommerso di questo Vcniero dell'anima che fuori è tanto gaio e «lenirò è stra¬ zio. dimentica che anche il fiore «lei mare sii cui scherzano i bimbi dello zefiro, - di un'eruzione del suolo, c, dopo il frutto!... Lamaitre si ferma troppo al ritratto di Renan, nel suo taccuino di corsa. Faccia episcopale, succulenta, rabetaisinna, va bene ! Ma ehi è dentro, è il centro, c non volle Renan, c il tonilo papa lo multò «l'infamia, scongiurando l'immagine achei ropoiete di respin¬ gere la rovina dell'Anticristo, dalla città del «log- ma, la città tutta una mammella, «love il Vaticano ha ragione! A Roma, nel 1872. Renan scrisse l'ultimo volume «Ielle Origini ( Y/tnlicrislo ) c fu ospitato da Cavour. Due origini si riconoscevano.

L’origine d'Italia, improvvisamente laica, come il ciclo sparato dalla breccia «Iella murata diiVa «li Porta Pia; l'origine dell’anima dalla molte del dogma tutto un sonno. Dilettantismo, quello di Renan ! Intendersi bene su questo ! La parola è di Bourgct nei suoi saggi. Da prima, Renan fu un filosofo industre, un adoratore della scienza spc-


iiillCJuaie, religiosa del vero. Quando lo destituì* rom nel 1864, si doleva perchè la sua cattedra era ìon orazione c giaculatoria, era esame scien¬ tifico, matematica d'anima; dunque, non aveva scopo di disturbare coscienze, ma di «lire il vero.

Fin dal Collegio di Issy, i lavori di linguistica lo trattengono, insonne, dalla «incstione del l'ortodos¬ sia, «he affronta, dopo. Ln tecnica preparata c l'e* scrci/io su tema, clic non sente, questi sono i suoi scogli. Tutti gli abati Duchcsuc, brava gente, si meravigliano in coro clic un alunno cosi intelli¬ gente scriva cosi inaici Non capiscono che c’è un coraggio invisibilissimo nel non procedere che «Ir sè, diatittggcmlo i piani, — c conosce assai bene, e ha ben marciti di azzurri tutti i versi «Ielle me¬


triche c i paragrafi delle stampe e gli alfabeti di¬ strutti, chi dici: il raggio c fa il vestito tutta una verità con l'anima, non deponibilc fuori... Il cen¬ tro di Dio esplode in mondo, ma non ritorna, que¬ sto, dall'origine, se non per perdersi fuori, in ca- postorni cd in lussurie di terre, clic i cavalli di Giobbe col boccone divorano e non giungono il centro, l'Ilo scritto. L’uno sta, certo, prima. E' centro, E «Assolve ogni fuori. E, se espiale, spa¬ ra tutte le grammatiche della natura gentile. Va bene, clic quelle poi ricompongono l'origine in un organismo concreto. E il prete di Ne mi che vuol disfare la lettera, se non provvede in tempo, muore giusto al quint’atto. Il dramma è di Renan.
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Un evo tumultuoso c grande è spirato, come il messaggero di Maratona, esausto per la sua corsa frenetica di annunziatore, sulle soglie del secolo. Come entro le spire della conca marina, noi ne percepiamo ancora, molteplice c remoto, il rombo persistente.
Un evo tumultuoso e grande è spirato, come il messaggero di Maratona, esausto per la sua corsa frenetica di annunziatore, sulle soglie del secolo. Come entro le spire della conca marina, noi ne percepiamo ancora, molteplice e remoto, il rombo persistente.


Per la poesia esso fu, quanto altri mai ferace di incomparabili rigogli: come vano appare il lamento dell’antico clic si lagnava non rimanesse¬ ro più jugeri da mietere I
Per la poesia esso fu, quanto altri mai ferace di incomparabili rigogli: come vano appare il lamento dell’antico che si lagnava non rimanessero più jugeri da mietere!


Meteore turbinose solcarono i cieli della li¬ rica, descrivendo parabole flammee: c disgregate¬ si al tramonto, si frammentarono e moltiplica¬ rono dissipandosi.
Meteore turbinose solcarono i cieli della lirica, descrivendo parabole fiammee: e disgregate si al tramonto, si frammentarono e moltiplicarono dissipandosi.


Un cielo, per vero, in preda a travagliose ge¬ niture appare l’era victoriana in Inghilterra. Dalle profondità dello spazio si lanciano in vermiglia furia ascendente immensi astri chiomati. L'ulti¬ mo, Swinrburnc. si spegne all'alba dell’età nuova.
Un cielo, per vero, in preda a travagliose geniture appare l’era victoriana in Inghilterra. Dalle profondità dello spazio si lanciano in vermiglia furia ascendente immensi astri chiomati. L'ultimo, Swinrburne, si spegne all'alba dell’età nuova.


{{Centrato|•••}}
Tra gli arbusti del novo orto delle Eliconidi novecentesche, Rupert Brooke rendeva imagine del più promettente. Splendevano in lui i presagi delle fruttuosità future: sarebbe stato egli senza dubbio l’albero esperio, cui il produrre frutte di oro granito non avrebbe tolto di murmurar tuttavia al più tenue blandimento dell’aria. Possedeva una visione netta, e la facoltà di fermar l'imagine sigillandola: una emotività profonda, per cui la sensazione continuava a vibrargli dentro, pur dopo d’aver ricevuto il crisma espressivo. Ascoltate quale suprema pacatezza tremante:


{{Centrato|I MORTI}}
Tra gli arbusti «lei novo orto delie Eliconidi novecentesche, Rupcrt Brooke rendeva imagine del più promettente. Splendevano in lui i pre¬ sagi «Ielle fruttuosità future: sarebbe stato egli senza dubbio l’albero esperio, cui il produrre frut¬ te di oro granito non avrebbe tolto di murmiirar tuttavia al più tenue blandimento dell’aria. Pos¬ sedeva una visione netta, c la facoltà di fermar l'imaginc sigillandola: una emotività profonda, per cui la sensazione continuava a vibrargli den¬ tro, pur dopo d’aver ricevuto il crisma espres¬ sivo. Ascoltate quale suprema pacatezza treman-


I MORTI

Codesti umani cuori furon detersi prodigiosamente dal duolo, esaltati «lai giubilo.


<poem>
Codesti umani cuori
furon detersi prodigiosamente
dal duolo, esaltati dal giubilo.
Gli anni li avean politi :
Gli anni li avean politi :
possedevano l’alba,

possedevano l’alba, e l’occaso, e i colori terrestri.
e l’occaso, e i colori terrestri.
Avean goduto il moto,

Avean goduto il moto, ed ascoltate musiche: cògnito il sonno c la (vigilia:
ed ascoltate musiche: cògnito il sonno e la (vigilia:


amato; contratto amistà:
amato; contratto amistà:
provato il sùbito

provato il sùbito rinascimento della meraviglia, la dejczione della solitudine:
rinascimento della meraviglia,
la dejezione della solitudine:
toccato corolle, e manevoli

toccato corolle, c mnncvoli stoffe, c labbra.
stoffe, e labbra.

Or tutto ciò è finito.
Or tutto ciò è finito.
Codeste son acque, che i Vènti

Codeste son ‘acque, che i Vènti imitcvoli còncitano a riso, che i cieli opulenti illuminano tutto giorno. E«I ecco, il Gelo, con un cenno, ghermisce il flotto che danza,
mutevoli còncitano a riso,
che i cieli opulenti
illuminano tutto giorno. Ed ecco,
il Gelo, con un cenno,
ghermisce il flotto
che danza,
arresta ogni sua leggiadria

arresta ogni sua lcggin<lria

vagabonda. E non lascia
vagabonda. E non lascia
che un fulgore non franto,

clic un fulgore non franto,

una raccolta radianza,
una raccolta radianza,

una largura, una pace che brilla —
una largura, una pace che brilla —
al cader della notte.
</poem>


La guerra ha reciso lo stame della vita al bardo giovine che a se stesso, innanzi tratto, ha cantato l'epicedio: «The Soldier»: una delle poche cose degne di sopravvivere alle improvvisazioni suscitate dal carnaggio spaventoso.
al cader «Iella notte.


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Et guerra Ita reciso lo stame «Iella vita al I>ardo giovine che a se stesso, innanzi tratto, ha cantato l'epicedio: «The Soldier*: una «Ielle po¬ che cose degne di sopravvivere alle improvvisa¬ zioni suscitate dal carnaggio spaventoso.
Walter de la Mare riprende la vecchia ballata, la ballata di Perey tutta profusa di leggenda, e vi infonde uno spirito nuovo, oltre misura diverso, per esempio, da quello di Scott o di Burns. Tenta anzi una inversione di parti nel breve quadro di tal forma antica: «The listeners», l’effetto non è postulato traverso una narrazione lugubre, il racconto d'una gualdana, ma con lo sfruttare tutto il tragico di un misterioso silenzio, il cui cerchio allucinante il Viatore soffermato è incapace ad infrangere.


Walter da la Mare eccelle nel monotonalismo, nel trarre ogni conseguenza dall'interesse specialmente voluto d’un solo colore, d’una tonalità unica: per modo da melodiare in àmbito e limiti inflessibilmente prefissi. Un tale processo egli spinge sino alla ossessione:


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Walter «le la Marc riprende la vecchia ballata, la ballnta di Percy tutta profusa di leggenda, c vi infon<lc uno spirito nuovo, olire misura «li- verso, per esempio, da quello «li Scott o di Burnì.
<poem>

Lenta, silenziosa, ora la luna
Tenta anzi una inversione «li parti nel breve qua¬ dro di tal forma antica: «The listncrs », l’ef¬ fetto non è postulato traverso una narrazione lu¬ gubre, il racconto d'ima gualdann, ma con lo sfruttare tutto il tragico «li un misterioso silen¬ zio, il cui cerchio allucinante il Viatore soffer¬ mato è incapace ad infrangere.
vaga, imminendo, su la notturna

cimba, e, birciando illumina le frutta
Walter da la Marc eccelle nel monotonalismo, nel trarre ogni conseguenza (tàU'intcrcsse special¬ mente voluto d’un solo colore, d’una tonalità u- nica: per modo «la mclodiare in àmbito c limiti li
d'argento sovra gli alberi d’argento.

Le casipole bevono la luce

sua d'argento fra gli embrici d'argento:
inflessibilmente prefissi. Un tale processo egli spinge sino alla ossessione:
dorme il mastino, steso come un ciocco

nel caviglio, su stipule d’argento:
ARGENTO
dal colombaio albeggiano le piume

delle colombe, cui raccoglie un sonno
Lenta, silenziosa, ora la luna vaga, imminendo, su la notturna cimba, e, birciando illumina le frutta d'argento sovra gli alberi d’argento.
dalle piume d'argento: ed il lepratto

che fugge, presso, ha argentee zampe ed oc(chi
Le casipole bevono la luce sua d'argento fra gli embrici d'argento:
pure d'argento: e dentro le peschiere

dorme il mastino, steso come un ciocco nel caviglio, su stipulc d’argento:

dal colombaio albeggiano le piume «Ielle colombe, cui raccoglie un sonno dalle piume «l'argento: cd il lepratto che fugge, presso, ha argentee zampe ed oc- (chi

pure d'argento: c dentro le peschiere

scintillano, tra càlami d’argento,
scintillano, tra càlami d’argento,

nel gorgo argenteo, scàrdove d’argento.
nel gorgo argenteo, scàrdove d’argento.
</poem>


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Aldous Huxley è un puro descrittivo: e nella nuda trascrizione del passaggio, mirabile. « O ve tu sei, sii tutto: per tal modo sarai invincibile», esorta la «Elegia di Marienbad», Huxley purtroppo non obbedisce al consiglio salutevole: un notevole principio:


<poem>
Aldous Huxley è un puro descrittivo: e nella nuda trascrizione del passaggio, mirabile. « O- ve tu sei, sii tutto: per tal modo sarai invincibi¬ le*, esorta la «Elegia di Marienbad», Huxley purtroppo non obbedisce al consiglio salutevole:
O pastori, s'accordi il vostro sufolo

a quei lontani gàttici eccelsi:
un notevole principio:
tragiungon essi, sottilmente aguzzi,

il ceruleo murmure del colle
O pastori, s'accordi il vostro sufolo a «juei lontani gàttici eccelsi:
frusci l'erba rorida nell’oro dei vespri,

sien taciturni i cieli.
tragiungon essi, sottilmente aguzzi, il ceruleo murmurc del colle frusci l'erba rorida nell’oro «lei vespri, sien taciturni i cieli.

Ascoltate ora l'àlbaro che èsplica
Ascoltate ora l'àlbaro che èsplica

le sue umide gemme,
le sue umide gemme,

come palpebre : :
come palpebre : :

tra l’aereo fogliame:
tra l’aereo fogliame:

l'àlbaro che stormisce in furtivi susurri,
l'àlbaro che stormisce in furtivi susurri,

con le gemine squame
con le gemine squame
perenni.</poem>


egli sciupa senza indugio con inopportune considerazioni, pochissimo personale, circa gli indefiniti desiderii che gli sembra s'esprimano nel balzo verticale dei pioppi e degli arcipressi.
perenni.


Il suo « Song of poplars » si riscatta tuttavia in fine per una strofe perfetta.
egli sciupa senza indugio con inopportune con¬ siderazioni, pochissimo personale, circa gli in¬ definiti desiderii che gli sembra s'esprimano nel balzo verticale dei pioppi c degli arcipressi.


<poem>«So, I have tuned my music to the trees,
Il suo « Song of poplnrs » si riscatta tuttavia in fine per una strofe perfetta.
and there were voices, di in below
their shrillness, voice of the hills, and a golden cry
and then wast silences ».</poem>


Noi non possiamo in nostro cuore che augurargli di spogliar al più presto la cosparsa «sensiblerie» che stabilisce tra lui e la poesia dell’ottocento primo, relazioni cosi manifestamente illegittime,
« So, I bave tuned my music to thè trees, and thè re werc voiccs, di in below their shrillncss, voice* of thè bill», and a golden cry

and then wast silcnccs ».

Noi non possiamo in nostro cuore che augurar¬ gli «li spogliar al più presto la cosparsa « scn- sibleric > che stabilisce tra lui e la poesia del¬ l’ottocento primo, relazioni cosi manifestamente illegittime,
{{a destra|{{Sc|Elio Gianturco.}}}}
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<section end="s3" />
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IL BARETTI
{{ct|f=120%|t=1|v=1|L=0px|'''IL BARETTI'''}}
in meno di un anno di vita ha conquistato il suo stile e il suo posto nella cultura italiana contemporanea. Senza annunci e programmi strepitosi ha dimostrato che i giovani italiani del dopo-guerra sono capaci di creare una rivista di pensiero e di letteratura europea senza provincialismi e ,senza retorica.

in meno di un anno di vita ha conquistato il suo stile e il suo posto nella cultura italiana contem¬ poranca. Senza annunci c programmi strepitosi ha dimostrato clic i giovani italiani del dopo-guer¬ ra sono capaci di creare una rivista di pensiero e di letteratura europea senza provincialismi e ,senza retorica.


I lettori hanno il dovere di aiutarci, di darci 1 mezzi per fare del Barelli una grande rivista.
I lettori hanno il dovere di aiutarci, di darci i mezzi per fare del ''Baretti'' una grande rivista.


Ogni abbonalo deve trovarci un nuovo abbo¬ nato. Alcune centinaia di amici che si sono di- incuticati di pagare l'abbonamento devono affret¬ tarsi a mandarcelo altrimenti non riceveranno più il prossimo numero. Gii vuol fare propaganda ci richieda copie di saggio.
Ogni abbonalo deve trovarci un nuovo abbonato. Alcune centinaia di amici che si sono dimenticati di pagare l'abbonamento devono affrettarsi a mandarcelo altrimenti non riceveranno più il prossimo numero. Chi vuol fare propaganda ci richieda copie di saggio.


Nei prossimi numeri l'inchiesta sull'idealismo na serie di saggi sulla cultura regionale itu- a.
Nei prossimi numeri l'inchiesta sull'idealismo na serie di saggi sulla cultura regionale italiana.