Pagina:Galiani, Ferdinando – Della moneta, 1915 – BEIC 1825718.djvu/168: differenze tra le versioni

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aurea aereis, centum bobus aestimabilia cum iis, quae novem {{gap|18em}}aestimabatur.</i>
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Onde deducono che l’oro era al rame come cento a nove. Della qual conseguenza non s’è tirata ancora al mondo la piú falsa e la piú assurda. Se cosí fosse stato, dell’oro, per la eccessiva abbondanza, si sariano fatte le mura e lastricate le strade. Oggi, che abbiamo tanto oro e che di rame non abbiamo minore o maggior quantitá d’allora, la proporzione è incirca come millecento a uno; ed allora sarebbe stata come undici ad uno, quanto a dire cento volte maggior quantitá d’oro avrebbero avuta i troiani. Ridasi adunque di questa scoperta, e piangasi nel tempo istesso che sieno caduti gli scrittori piú venerabili in mano agli umanisti, che, mentre ne hanno emendate le voci, ne hanno mal intesi i sentimenti. Se non fosse alieno dal mio proposito, io dimostrerei ora che le armature erano ambedue di rame puro, giacché un’armatura d’oro è inservibile per lo peso e per la debole resistenza agli urti de’ colpi; e che non per altro si dicono l’una di rame e l’altra d’oro, che per esprimere la somma differenza di bontá e di eccellenza, che mettevale fuori d’ogni proporzione. E questa frase di dire ogni cosa eccellente nel suo genere: «d’oro», è in tutte le lingue frequente ed usitata.
Onde deducono che l’oro era al rame come cento a nove. Della

qual conseguenza non s’è tirata ancora al mondo la piú falsa
Poiché dunque in Omero non rimane vestigio dell’antica proporzione, il primo, che ne dica, è {{AutoreCitato|Erodoto|Erodoto}}. Egli, narrando al libro terzo le rendite del re Dario, dice imprima che i tributi d’argento si pagavano in talenti babilonici, que’ d’oro in euboici: dice poi che gl’indi, nazione numerosissima, pagavano di tributo trecentosessanta talenti d’oro raccolto ne’ fiumi, o sia di polvere d’oro: infine, per sapere tutte le rendite di Dario a quanti talenti euboici ascendessero, dice<ref>[{{Sc|iii, 95, i.}}]</ref>: {{greco da controllare}}
e la piú assurda. Se cosí fosse stato, dell’oro, per la eccessiva
abbondanza, si sariano fatte le mura e lastricate le strade. Oggi,
che abbiamo tanto oro e che di rame non abbiamo minore o
maggior quantitá d’allora, la proporzione è incirca come millecento a uno; ed allora sarebbe stata come undici ad uno,
quanto a dire cento volte maggior quantitá d’oro avrebbero
avuta i troiani. Ridasi adunque di questa scoperta, e piangasi
nel tempo istesso che sieno caduti gli scrittori piú venerabili
in mano agli umanisti, che, mentre ne hanno emendate le voci,
ne hanno mal intesi i sentimenti. Se non fosse alieno dal mio
proposito, io dimostrerei ora che le armature erano ambedue
di rame puro, giacché un’armatura d’oro è inservibile per lo
peso e per la debole resistenza agli urti de’ colpi; e che non
per altro si dicono l’una di rame e l’altra d’oro, che per esprimere la somma differenza di bontá e di eccellenza, che mettevale fuori d’ogni proporzione. E questa frase di dire ogni cosa
eccellente nel suo genere: «d’oro», è in tutte le lingue frequente
ed usitata.
Poiché dunque in Omero non rimane vestigio dell’antica
proporzione, il primo, che ne dica, è Erodoto. Egli, narrando
al libro terzo le rendite del re Dario, dice imprima che i tributi d’argento si pagavano in talenti babilonici, que’ d’oro in
euboici: dice poi che gl’indi, nazione numerosissima, pagavano
di tributo trecentosessanta talenti d’oro raccolto ne’ fiumi, o sia
di polvere d’oro: infine, per sapere tutte le rendite di Dario a
quanti talenti euboici ascendessero, dicetd: Tò 5è xevcnov x(?ioxaiòexuoxdaiov Xoyiópevov, tò ypa eÙQiaxexcu eòv Eúpoixwv xaÀuvxcov
(0 [tu, 95, i.]