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Note sul teatro romeno La Romania, scolta avanzata della latinità in Oriente, dopo secoli di incertezza, fedele ai suoi legami intellettuali c morali, nel corso di un secolo ora si è posta in piena luce di civiltà.
Pag. 98

IL
Le malie dell’Oriente non ebbero presa in terra romena c ai Romeni piace tuttora di considerare l’imperatore Traiano come il loro fondatore. I legami con Roma potrebbero essere fatti risalire anche più oltre, all’epoca in cui gli antichi re della Dacia avevano stipulato trattati che per loro significano priorità di civiltà sui vicini. Ma sarebbe difficile dire (piale poteva essere il destino della Dacia se Traiano non fosse intervenuto nel 102 d. C. soffocando le pretese di chi si sforzava di neutralizzare l’influenza romana e di stabilire i fondamenti di un impero dacico; impero clic sarebbe divenuto una minaccia per le provinole romane al sud del Danubio e ancor più per le tribù dacichc già coscienti che la più sicura possibilità di prosperare era posta nella protezione romana.
BABETTI

Note sul teatro romeno
La letteratura romena si sviluppò con caratteri etnici particolari e (piando ricorse a modelli stranieri, più clic àU’Oriente, ricordò l’antica parentela latina.
La Romania, scolta avanzata della latinità

in Oriente, dopo secoli di incertezza, fedele
Le vecchie praterie, ora bionde di spichc, i boschi di abeti, di ontani, di sicomori, ingemmati di sorbi, furono agevole culla di innumerabili leggende a cui si rifecero i primi letterati romeni: poesia pervasa di impeti eroici e di malinconia, d’ineffabili sottili sensazioni di cui è prodiga la natura in tali incantevoli contrade: priva di preziosità, in contrasto con l’arti orientali, limpida c sincera interprete di passioni e di impressioni.
ai suoi legami intellettuali c morali, nel corso

di un secolo ora si è posta in piena luce di
Non sono molti anni che gli scrittori romeni s’indugiavano ancora a rimpiangere la antica vita patriarcale distrutta dalle esigenze dello stato moderno. Oggi la Romania letteraria scende in lizza anch’cssa per le nuove forme c i nuovi valori.
civiltà.

Le malie dell’Oriente non ebbero presa in
Il teatro in Romenia sorse tardi, circa cento anni fa I due principati di Moldavia e di Valacchia erano ancora separati e le condizioni del paese incerte c disagevoli. Il teatro in quell’epoca non ebbe voce propria: si appoggiò alle traduzioni del repertorio classico, poi, per opera specialmente del Campincanu, a traduzioni e riduzioni del repertorio francese cd anche, limitatamente, di queljo italiano.
terra romena c ai Romeni piace tuttora di

considerare l’imperatore Traiano come il loro
Tentativi poco aderenti allo spirito romeno, destinati a passare fra l’indifferenza.
fondatore. I legami con Roma potrebbero essere

fatti risalire anche più oltre, all’epoca in
Nel 1831 una compagnia d’opera italiana, giunta a Jassi, allora capitale del principato di Moldavia, recitò una produzione intitolata Stefano il grande a Neamtzu ispirata alla storia nazionale romena: il successo fu pei ’a prima volta schiettamente entusiastico. La opera, che non aveva grandi pregi, fu presso dimenticata, ma con la sua esaltazione dei valori nazionali, indicò la via per appassionare il pubblico, e per essa si misero i primi autori drammatici romeni. I nuovi tentativi furono numerosi: uno fra i molti, la Matilde di Cesare Holiac rappresentata nel 1S36 ebbe particolare successo.
cui gli antichi re della Dacia avevano stipulato

trattati che per loro significano priorità
Nel 1S40 Basilio Alcxandri, una delle figure più rappresentative, non solo della letteratura, ma anche della storia del Risorgimento Romeno, incaricato, col Kogaln’ccaun e col Negruzzi, ancor noto come novelliere, di dirigere il teatro di Jassi, vi fece rappresentare una sua produzione intitolata Re Giorgio di Sadagoura, dove gli insegnamenti della recita del 31 erano applicati c sviluppati.
di civiltà sui vicini. Ma sarebbe difficile

dire (piale poteva essere il destino della Dacia
In Re Giorgio la situazione miserrima del popolo agitantesi fra boiardi c contadini, ebrei c cristiani, tiranni e tiranneggiati, si riflette in uno specchio feroce. Ognuno riconobbe gli avversari nei personaggi fustigati dall’Autore e applaudì la diatriba.
se Traiano non fosse intervenuto nel 102

d. C. soffocando le pretese di chi si sforzava
Postosi sulla via della verità, l’Alexandri la seguì non ostante gli ostacoli della censura.
di neutralizzare l’influenza romana e di stabilire

i fondamenti di un impero dacico; impero
Jassi in carnevale dove l’autore aveva tradotto, in scene piacevoli c grottesche, le ombrose ansietà della polizia allora sempre timorosa di cospirazioni, scatenò la collera del governo, ma la commedia potè essere rappresentata.
clic sarebbe divenuto una minaccia per le provinole

romane al sud del Danubio e ancor più
La soglia della casa, Le nozze villereccie ottennero altrettanto successo c scandalo.
per le tribù dacichc già coscienti che la più

sicura possibilità di prosperare era posta nella
Mandato in esilio in seguito alla rivoluzione di Jassi, l’Alexandri ritornò in patria nel 1850 alla caduta di Michele Stourdza e riprese dalla capitale moldava la sua attività artistico-politica.
protezione romana.

La letteratura romena si sviluppò con caratteri
In tre produzioni consecutive creò un tipo di ridicola borghese arricchita, una specie di Madame Angot moldo-valacca, La signorina Cliiritza, che rimase proverbiale in Romania. E del tipo dell’usuraio ebreo, allora tanto aspro in Romania come in Russia e m Polonia, si ebbe un quadro impressionante nelle Sanguisughe del villaggio. I/avaro prodigo narra di un padre avaro per amore paterno, di un figlio vizioso c ingrato, e del conseguente trapasso ilei padre dall’avarizia alla prodigalità, sino a non risparmiare, giunto alla fine dei suoi giorni, l’ullinto ducato. Teatro di facile successo, scritto per il popolo, c sempre, tanto quando combatte la lotta politica, come quando si raccoglie a sostenere tesi morali, improntato a propositi educativi.
etnici particolari e (piando ricorse a

modelli stranieri, più clic àU’Oriente, ricordò
Dopo la riunione delle due provineie sotto il principe Couza, l’Alexandri assurse alle più alte cariche politiche, ma non abbandonò il suo teatro e in genere la letteratura del suo paese.
l’antica parentela latina.

Le vecchie praterie, ora bionde di spichc,
Sulle orme dcll’Alcxandri si posero il Millo, che fu pure attore e uno dei maggiori interpreti dei lavori del maestro, l’Hasdcu col Rasvan e Vidra, l’Urechia e molti altri, ma l’opera loro fu soltanto d.i ulteriore preparazione c troppo spesso soggetta unicamente ad intenti politici. Se all’Alexandri spetta l’onore di aver fondato un teatro nazionale in Romania, questo teatro raggiunse la sua prima vera gloria soltanto con Giovanni Luca Carngiale.
i boschi di abeti, di ontani, di sicomori, ingemmati

di sorbi, furono agevole culla di
Mentre il paese era in pieno tormento, Jon Luca Caragiale dal banco di una birreria del centro di Bucarest prestava orecchio alle dubbie espansioni della gente clic vi veniva a commentare le alterne vicende nazionali; la stessa gente che era sfilata per la Calca Vretorici • maggior corso di Bucarest - vociando contro il governo, non appena esso si era consolidato, si prosternava in adorazione. Spettacolo no»! nuovo, ma sempre buffo e pietoso. Il Caragiale se ne interessava molto e il banco del suo spaccio di birra diveniva la cattedra della sua ironia.
innumerabili leggende a cui si rifecero i primi

letterati romeni: poesia pervasa di impeti
Era nato nel 1853 da una famiglia di attori, e aveva passato i primi anni della gioventù fra le scene. La vita nomade da un paese all’altro della sua terra gli aveva impedito di seguire un corso regolare eli studi, ma già da bimbo una naturale tendenza all’arte.
eroici e di malinconia, d’ineffabili sottili sensazioni

di cui è prodiga la natura in tali incantevoli
lo aveva appassionato alla lettura e gli aveva foggiato l’anima generosa che lo resse durante tutta la vita, in alternative di felicità e di sconforto, di agiatezza c di povertà.
contrade: priva di preziosità, in

contrasto con l’arti orientali, limpida c sincera
Negli anni in cui peregrinò al seguito dellp compagnie randagie, il giovane Caragiale si era assunto il compito del suggeritore. Raramente c senza entusiasmo affrontò le luci della ribalta: preferiva rimanersene nascosto c isolato a valutare da solo le commedie e i drammi che venivano recitati. Presto mandò alle scene i suoi primi saggi e il buon esito non lo guastò: diede, sempre gioioso e bonario, numerose produzioni con la stessa superba prodigalità con la quale disperdeva i provvidenziali guadagni. Salito in fama ebbe la direzione di varie rivisto letterarie e anche di alcuni teatri. Uomo di parte passò gli ultimi anni nella Transilvania lottando con la penna c con la parola per i fratelli di sangue oppressi dal giogo straniero. Morì a Berlino nel IQ12.
interprete di passioni e di impressioni.

Non sono molti anni che gli scrittori romeni
Ironista sottile, il Caragiale nelle sue commedie tracciò un quadro più brioso che amaro della crisi sociale e psicologica del suo paese e con una gioiosa mordacità strinse tutto c tutti nelle sue reti: smascherò ipocrisie, scalzò menzogne, svelò semplicionerie, ma senza piglio oratorio, con il tono dello scettico che crede poco al miglioramento sociale. La lettera perduta e Scene di carnevale sono capolavori del genere. Ma queste c altre numerose commedie del nostro autore hanno carattere del tutto regionale e non troverebbero comprensione in altri paesi. Il Caragiale le scriveva per polemizzare con i suoi conterranei c la polemica si frantumava in osservazioni minute, in particolari da cronistoria, preziosi per un romeno, insignificanti per noi.
s’indugiavano ancora a rimpiangere la

antica vita patriarcale distrutta dalle esigenze
Egli toccò più alte vette e varcò i confini della patria abbandonata, la polemica ch’era fine a sè stessa, diede vita alle creature della sua fantasia. Nelle commedie aveva introdotti sotto veri o falsi nomi, gli uomini del suo paese c del suo tempo: nelle novefle e nel dramma invece creò nuove figure con tanta insistente e vigorosa’ penetrazione che l’opera non ci interessa soltanto per la veste esotica ma sopratutto per la sua profonda e spasimante umanità, per l’universalità raggiunta senza apparente fatica.
dello stato moderno. Oggi la Romania letteraria

scende in lizza anch’cssa per le nuove
Le novelle sono in gran parte di soggetto rusticano. I seguaci dell’Eminescu, imbevuto di. pessimismo, avevano dato alla letteratura un senso di soffocazione. Quasi per reazione i novellieri erano corsi in piena natura, e sotto il sole della aperta campagna c le ombre dei boschi avevan fatto fiorire idilli e esplodere drdmnii rusticani. Il contadino è un buon soggetto per le passioni elementari c di clcmentarismo si aveva bisogno dopo le complicazioni dei romantici e le involuzioni dcll’Eminescu.
forme c i nuovi valori.

Il teatro in Romenia sorse tardi, circa cento
Ma la nuova corrente che credeva di aver trovato senz’altro la buona via, fu facile a confondere la maniera con la semplicità, l’accademismo con la verità. Jon Luca Caragiale si salvò dai nuovi difetti. Scese a contatto con la vita del contadino e la descrisse con salutare realismo, interessandosi alla vita come essa è, e cogliendone i momenti più significativi.
anni fa I due principati di Moldavia e di

Valacchia erano ancora separati e le condizioni
Scrutatore acuto dell’anima umana, indirizzò tutte le note di realtà a culminare c sublimarsi in essa. Segnò un’orma incancellabile nellu letteratura romena. Le sue novelle furono tradotte in tutte le maggiori lingue europee, compresa la nostra.
del paese incerte c disagevoli. Il teatro

in quell’epoca non ebbe voce propria: si appoggiò
Scrisse un solo dramma: Napasta. tradotto anche in italiano col titolo ì.o scempio. Il suo successo data dal 1890 c si mantiene vivo ancor oggi, ne! Teatro Nazionale di Bucarest dove è compreso nel repertorio permanente, e in tutti gli altri della Romania.
alle traduzioni del repertorio classico,

poi, per opera specialmente del Campincanu,
Fu paragonato alla Potenza delle tenebre Fra l’immane drammaticità dell’opera del Tolstoi c la contenuta disperazione di NaPusta c’è qualche analogia, ma anche la differenza che passa fra lo spirito tormentato di uno slavo e più particolarmente di un russo, e lo spirito più pacato di un latino. Napasta non si afferra a quella suggestione dell’ignoto ch’è tanta parte della Potenza delle Tenebre: tiene fede all’energia individuale dclPuomo e ai suoi sforzi per lottare contro il giogo delle nvversità.
a traduzioni e riduzioni del repertorio francese

cd anche, limitatamente, di queljo italiano.
Il torvo dramma rusticano del Caragiale è un dramma di coscienze che si sviluppa in tutta la sua terribilità, c corre al suo fine, in uno spasimo solo, con le sole figure essenziali.
Tentativi poco aderenti allo spirito romeno,

destinati a passare fra l’indifferenza.
In esso vi sarebbero gli estremi del drammone da arena, ma la materia è dominata dalla vigilanza artistica dell’autore. Il Caragiale usò i mezzi che giungono primi allo scopo, intonò l’opera in tono maggiore e in tono maggiore la mantenne senza esitanze, senza soste, dandole un valore di stabilità, in cui ogni elemento forte rientra c s’inquadra.
Nel 1831 una compagnia d’opera italiana,

giunta a Jassi, allora capitale del principato
Scure, coltello, sangue, campane, arnesi da far inorridire un autore moderno, vengono qui in piena luce c composti in tragica unità.
di Moldavia, recitò una produzione intitolata

Stefano il grande a Neamtzu ispirata alla storia
Dramma di ben trcntasci anni fa. vecchio nella sostanza c nella forma, ma ancora vivo e vigoroso. A differenza degli altri generi letterari, il teatro in Romania, stenta a districarsi dagli schemi del passato. Gino Cori afferma che u la Romania può aver avanzato in quei generi letterari che si rivolgono sopratutto alle classi e alle persone colte; o se non altro, alla osservazione c alla pacata riflessione, ma è rimasta sostanzialmente statica nel campo teatrale». Soltanto un autore, geniale, come dopo il Caragiale la Romania non ebbe, sarebbe forse riuscito n far apprezzare nuove forme.
nazionale romena: il successo fu pei ’a

prima volta schiettamente entusiastico. La
Dopo il Caragiale imperò in modo quasi assoluto il dramma psicologico borghese di stampo francese: periodo di rifacimenti c imitazioni, poco significativo.
opera, che non aveva grandi pregi, fu presso

dimenticata, ma con la sua esaltazione dei valori
I rapporti con la Francia sono ancor oggi strettissimi anche perchè le maggiori attrici del Teatro Nazionale di Bucarest, come Maria Venturi, la Voiculescu, Ely ira Popcscu, appartengono pure alla Comedie Franaisc c ad altri teatri parigini.
nazionali, indicò la via per appassionare

il pubblico, e per essa si misero i primi autori
La produzione teatrale di questi ultimi anni, spesso ardimentosa, pur vantando qualche saggio di non comune interesse, rimane nel campo delle ricerche e delle promesse.
drammatici romeni. I nuovi tentativi furono

numerosi: uno fra i molti, la Matilde di
Scarlat Froda, Igcna Floru, Adrian Maniu, Camillo Pct reseli cercarono di accostarsi con vari, ma non molto significativi risultati a una foite ccttentc di poesia sintetica. Ossip Dymov si mise sulla stessa via, tua, pur volendo sorpassarli, il suo Nyu, dove la uvunierr comune è ancor tutta viva, non s’clcva dalle mediocrità. Victor Eftimiu, più ardito che originale, creò il dramma espressionista romeno e fu efficace in Don Giovanni c specialmente in Prometeo e II Gallo Nero. Il Popa con la Cerva rivelò un ingegno fervido ma non sempre realizzatore. Il Minulcscu più lirico che commediografo, è un simbolista di valore.
Cesare Holiac rappresentata nel 1S36 ebbe

particolare successo.
Per concludere, al presente instabile, che pur seguiamo con simpatia, preferiamo per ora il passato, anche se remoto, perchè poggiato su basi assai più salde. A nostro avviso però, sarebbe inesatto o prematuro parlare in senso assoluto di affermazioni del teatro romeno, ina altrettanto errato sarebbe trascurarne il valore nel novero delle forze drammatiche europee.
Nel 1S40 Basilio Alcxandri, una delle figure

più rappresentative, non solo della letteratura,
ma anche della storia del Risorgimento
Romeno, incaricato, col Kogaln’ccaun
e col Negruzzi, ancor noto come novelliere,
di dirigere il teatro di Jassi, vi fece rappresentare
una sua produzione intitolata Re
Giorgio di Sadagoura, dove gli insegnamenti
della recita del 31 erano applicati c sviluppati.
In Re Giorgio la situazione miserrima
del popolo agitantesi fra boiardi c contadini,
ebrei c cristiani, tiranni e tiranneggiati, si riflette
in uno specchio feroce. Ognuno riconobbe
gli avversari nei personaggi fustigati
dall’Autore e applaudì la diatriba.
Postosi sulla via della verità, l’Alexandri
la seguì non ostante gli ostacoli della censura.
Jassi in carnevale dove l’autore aveva
tradotto, in scene piacevoli c grottesche, le
ombrose ansietà della polizia allora sempre timorosa
di cospirazioni, scatenò la collera del
governo, ma la commedia potè essere rappresentata.
La soglia della casa, Le nozze villereccie
ottennero altrettanto successo c scandalo.
Mandato in esilio in seguito alla rivoluzione
di Jassi, l’Alexandri ritornò in patria nel
1850 alla caduta di Michele Stourdza e riprese
dalla capitale moldava la sua attività artistico-politica.
In tre produzioni consecutive creò
un tipo di ridicola borghese arricchita, una
specie di Madame Angot moldo-valacca, La
signorina Cliiritza, che rimase proverbiale in
Romania. E del tipo dell’usuraio ebreo, allora
tanto aspro in Romania come in Russia e m
Polonia, si ebbe un quadro impressionante
nelle Sanguisughe del villaggio. I/avaro prodigo
narra di un padre avaro per amore paterno,
di un figlio vizioso c ingrato, e del conseguente
trapasso ilei padre dall’avarizia alla
prodigalità, sino a non risparmiare, giunto
alla fine dei suoi giorni, l’uUinto ducato. Teatro
di facile successo, scritto per il popolo,
c sempre, tanto quando combatte la lotta politica,
come quando si raccoglie a sostenere
tesi morali, improntato a propositi educativi.
Dopo la riunione delle due provineie sotto
il principe Couza, l’Alexandri assurse alle più
alte cariche politiche, ma non abbandonò il
suo teatro e in genere la letteratura del suo
paese.
Sulle orme dcll’Alcxandri si posero il Millo,
che fu pure attore e uno dei maggiori interpreti
dei lavori del maestro, l’Hasdcu col
Rasvan e Vidra, l’Urechia e molti altri, ma
l’opera loro fu soltanto d.i ulteriore preparazione
c troppo spesso soggetta unicamente ad
intenti politici. Se all’Alexandri spetta l’onore
di aver fondato un teatro nazionale in
Romania, questo teatro raggiunse la sua prima
vera gloria soltanto con Giovanni Luca
Carngiale.
Mentre il paese era in pieno tormento, Jon
Luca Caragiale dal banco di una birreria del
centro di Bucarest prestava orecchio alle dubbie
espansioni della gente clic vi veniva a commentare
le alterne vicende nazionali; la stessa
gente che era sfilata per la Calca Vretorici
• maggior corso di Bucarest - vociando contro
il governo, non appena esso si era consolidato,
si prosternava in adorazione. Spettacolo
no»! nuovo, ma sempre buffo e pietoso. Il Caragiale
se ne interessava molto e il banco del
suo spaccio di birra diveniva la cattedra della
sua ironia.
Era nato nel 1853 da una famiglia di attori,
e aveva passato i primi anni della gioventù
fra le scene. La vita nomade da un
paese all’altro della sua terra gli aveva impedito
di seguire un corso regolare eli studi,
ma già da bimbo una naturale tendenza all’arte.
lo aveva appassionato alla lettura e gli
aveva foggiato l’anima generosa che lo resse
durante tutta la vita, in alternative di felicità
e di sconforto, di agiatezza c di povertà.
Negli anni in cui peregrinò al seguito dellp
compagnie randagie, il giovane Caragiale si
era assunto il compito del suggeritore. Raramente
c senza entusiasmo affrontò le luci
della ribalta: preferiva rimanersene nascosto
c isolato a valutare da solo le commedie e i
drammi che venivano recitati. Presto mandò
alle scene i suoi primi saggi e il buon esito
non lo guastò: diede, sempre gioioso e bonario,
numerose produzioni con la stessa superba
prodigalità con la quale disperdeva i provvidenziali
guadagni. Salito in fama ebbe la direzione
di varie rivisto letterarie e anche di
alcuni teatri. Uomo di parte passò gli ultimi
anni nella Transilvania lottando con la penna
c con la parola per i fratelli di sangue
oppressi dal giogo straniero. Morì a Berlino
nel IQ12.
Ironista sottile, il Caragiale nelle sue commedie
tracciò un quadro più brioso che amaro
della crisi sociale e psicologica del suo paese
e con una gioiosa mordacità strinse tutto c
tutti nelle sue reti: smascherò ipocrisie, scalzò
menzogne, svelò semplicionerie, ma senza
piglio oratorio, con il tono dello scettico che
crede poco al miglioramento sociale. La lettera
perduta e Scene di carnevale sono capolavori
del genere. Ma queste c altre numerose
commedie del nostro autore hanno carattere
del tutto regionale e non troverebbero
comprensione in altri paesi. Il Caragiale le
scriveva per polemizzare con i suoi conterranei
c la polemica si frantumava in osservazioni
minute, in particolari da cronistoria,
preziosi per un romeno, insignificanti per noi.
Egli toccò più alte vette e varcò i confini
della patria abbandonata, la polemica ch’era
fine a sè stessa, diede vita alle creature della
sua fantasia. Nelle commedie aveva introdotti
sotto veri o falsi nomi, gli uomini del suo
paese c del suo tempo: nelle novefle e nel
dramma invece creò nuove figure con tanta insistente
e vigorosa’ penetrazione che l’opera
non ci interessa soltanto per la veste esotica
ma sopratutto per la sua profonda e spasimante
umanità, per l’universalità raggiunta
senza apparente fatica.
Le novelle sono in gran parte di soggetto
rusticano. I seguaci dell’Eminescu, imbevuto
di. pessimismo, avevano dato alla letteratura
un senso di soffocazione. Quasi per reazione
i novellieri erano corsi in piena natura, e sotto
il sole della aperta campagna c le ombre dei
boschi avevan fatto fiorire idilli e esplodere
drdmnii rusticani. Il contadino è un buon soggetto
per le passioni elementari c di clcmentarismo
si aveva bisogno dopo le complicazioni
dei romantici e le involuzioni dcll’Eminescu.
Ma la nuova corrente che credeva di
aver trovato senz’altro la buona via, fu facile
a confondere la maniera con la semplicità, l’accademismo
con la verità. Jon Luca Caragiale
si salvò dai nuovi difetti. Scese a contatto con
la vita del contadino e la descrisse con salutare
realismo, interessandosi alla vita come
essa è, e cogliendone i momenti più significativi.
Scrutatore acuto dell’anima umana, indirizzò
tutte le note di realtà a culminare c sublimarsi
in essa. Segnò un’orma incancellabile
nellu letteratura romena. Le sue novelle furono
tradotte in tutte le maggiori lingue europee,
compresa la nostra.
Scrisse un solo dramma: Napasta. tradotto
anche in italiano col titolo ì.o scempio. Il suo
successo data dal 1890 c si mantiene vivo ancor
oggi, ne! Teatro Nazionale di Bucarest dove
è compreso nel repertorio permanente, e in
tutti gli altri della Romania.
Fu paragonato alla Potenza delle tenebre
Fra l’immane drammaticità dell’opera del Tolstoi
c la contenuta disperazione di NaPusta c’è
qualche analogia, ma anche la differenza che
passa fra lo spirito tormentato di uno slavo
e più particolarmente di un russo, e lo spirito
più pacato di un latino. Napasta non si afferra
a quella suggestione dell’ignoto ch’è tanta
parte della Potenza delle Tenebre: tiene fede
all’energia individuale dclPuomo e ai suoi
sforzi per lottare contro il giogo delle nvversità.
Il torvo dramma rusticano del Caragiale è
un dramma di coscienze che si sviluppa in
tutta la sua terribilità, c corre al suo fine,
in uno spasimo solo, con le sole figure essenziali.
In esso vi sarebbero gli estremi del
drammone da arena, ma la materia è dominata
dalla vigilanza artistica dell’autore. Il Caragiale
usò i mezzi che giungono primi allo
scopo, intonò l’opera in tono maggiore e in
tono maggiore la mantenne senza esitanze,
senza soste, dandole un valore di stabilità,
in cui ogni elemento forte rientra c s’inquadra.
Scure, coltello, sangue, campane, arnesi
da far inorridire un autore moderno, vengono
qui in piena luce c composti in tragica unità.
Dramma di ben trcntasci anni fa. vecchio
nella sostanza c nella forma, ma ancora vivo
e vigoroso. A differenza degli altri generi letterari,
il teatro in Romania, stenta a districarsi
dagli schemi del passato. Gino Cori afferma
che u la Romania può aver avanzato in
quei generi letterari che si rivolgono sopratutto
alle classi e alle persone colte; o se non
altro, alla osservazione c alla pacata riflessione,
ma è rimasta sostanzialmente statica
nel campo teatrale». Soltanto un autore, geniale,
come dopo il Caragiale la Romania non
ebbe, sarebbe forse riuscito n far apprezzare
nuove forme.
Dopo il Caragiale imperò in modo quasi assoluto
il dramma psicologico borghese di stampo
francese: periodo di rifacimenti c imitazioni,
poco significativo.
I rapporti con la Francia sono ancor oggi
strettissimi anche perchè le maggiori attrici
del Teatro Nazionale di Bucarest, come Maria
Venturi, la Voiculescu, Ely ira Popcscu,
appartengono pure alla Comedie Fran^aisc c
ad altri teatri parigini.
La produzione teatrale di questi ultimi anni,
spesso ardimentosa, pur vantando qualche
saggio di non comune interesse, rimane
nel campo delle ricerche e delle promesse.
Scarlat Froda, Igcna Floru, Adrian Maniu,
Camillo Pct reseli cercarono di accostarsi con
vari, ma non molto significativi risultati a una
foite ccttentc di poesia sintetica. Ossip Dymov
si mise sulla stessa via, tua, pur volendo
sorpassarli, il suo Nyu, dove la uvunierr comune
è ancor tutta viva, non s’clcva dalle
mediocrità. Victor Eftimiu, più ardito che originale,
creò il dramma espressionista romeno
e fu efficace in Don Giovanni c specialmente
in Prometeo e II Gallo Nero. Il Popa
con la Cerva rivelò un ingegno fervido ma
non sempre realizzatore. Il Minulcscu più lirico
che commediografo, è un simbolista di
valore.
Per concludere, al presente instabile, che
pur seguiamo con simpatia, preferiamo per
ora il passato, anche se remoto, perchè poggiato
su basi assai più salde. A nostro avviso
però, sarebbe inesatto o prematuro parlare
in senso assoluto di affermazioni del teatro
romeno, ina altrettanto errato sarebbe trascurarne
il valore nel novero delle forze drammatiche
europee.
Rkto Rokdhl.
Rkto Rokdhl.

Ritorno alla Cultura
Del problema della cultura si è detto forse
Ritorno alla Cultura Del problema della cultura si è detto forse poco in Italia, o almeno incompletamente.

poco in Italia, o almeno incompletamente.
Non che non si sia detto e scritto sulla mancanza dell’istruzione nel popolo, vuoi analfabetismo vuoi non-interessamento alle cose dell’intelletto, ma si è riguardata la cosa da un punto di vista troppo facile c, dirci, di politica amministrativa, riferendosi all’elevamento delle classi basse o, ammettiamo pure, delle classi di media cultura. Ma la questione della istruzione o cultura degli studiosi non si è toccata ancora: cioè non si è parlato ancora di cultura vasta e profonda per gli specialisti della cultura medesima: non si è detto ancora clic un matematico od un clinico sarebbero migliori se sapessero di Dante e di Leopardi, c che un cultore di scienze economiche dovrebbe anche conoscer la tomistica o, purchessia, Kant o Hegel.
Non che non si sia detto e scritto sulla mancanza

dell’istruzione nel popolo, vuoi analfabetismo
Il concetto andato sin ora per la maggiore è questo: allorché uno studioso di determinata disciplina la coltiva anche con risultati non gli si chieda altro, se sa di geografia di lettere di scienze insieme. S’intende che con l’opposizione a questo principio non si vuole cancellare per lo studioso la specializzazione, cacciandogli a forza in capo una cultura di tipo leonardesco: ammesso anche clic così fosse l’ideale, non a questo si pretende poiché potrebbe il troppo di estraneo far deviare l’attenzione dalla disciplina abbracciata; dovrebbe bastare che lo studioso si tenesse al corrente ilei movimenti fuor di casa sua, compiacendosi degli estranei magari col segreto intento di assimilare tutto a maggiore edificazione della sua professione e dei suoi studi speciali.
vuoi non-interessamento alle cose dell’intelletto,

ma si è riguardata la cosa da un
Certo che se oggi ci si lamenta che il popolo, anche degli agiati, si disinteressa delle pubblicazioni, degli avvenimenti della cultura, c solo pensa a sbarcare il lunario, a divertirsi o a far denari, c’è pure da rilevare il fatto che proprio codesti fabbricatori della cultura, che trovano ghiaccio nel pubblico, a loro volta hanno sulle spalle il peccato di vivere tra di loro come in mondi disparati, mostrando ciascuno ripugnanza del genere di cultura dell’altro, disinteressandosi sempre lo scienziato «Iella letteratura cd il letterato della scienza.
punto di vista troppo facile c, dirci, di politica

amministrativa, riferendosi all’elevamento
Mentre in Francia, ad esempio, la grande cultura c la grande letteratura sono tutte conteste di nessi sottilissimi tra le più varie attività, tra i più divergenti interessi dello spirito.
delle classi basse o, ammettiamo pure, delle

classi di media cultura. Ma la questione della
La mancanza di queste relazioni è, in Italia, proprio il difetto del nostro tempo che ci ha regalato il frammentismo dalla poesia alla cultura, dalla vita alle concezioni. Per cui si pensa con un pensiero lucido, striato, specializzato, puro, a schemi, n ruoto. E il caso più tipico è forse quello di Baldini che ci dichiara apertali’.ente d’infischiarsi di tutto ciò che non è letteratura.
istruzione o cultura degli studiosi non si è

toccata ancora: cioè non si è parlato ancora
Eppure l’affermazione non è poi da risolversi co l alla lesta poiché veramente il letterato deve bene, se non lavora sul vuoto, avere una materia; piateric le più disparate anzi sono traducibili in bella letteratura c di qualcosa s’hn da trattare chè anche per l’interpretazione della vita più piccola e quotidiana ci vuole sempre (pici po’ di lume che la ragione, le conoscenze, la volontà, in una parola la cultura, ci posson fornire.
di cultura vasta e profonda per gli specialisti

della cultura medesima: non si è detto ancora
Io non vorrei però che da questo mio dire qualcuno giocasse sul filo di rasoio della cultura dei letterati e ne cavasse l’argomentazione clic, per essere, la letteratura debba contornarsi di storia, di scienza e d’erudizione, che I’apprczzameillo letterario debba tenere nel doveroso conto detti clementi, e clic insomnia si torni indietro nella storia del gustoestetico c si annulli quindi la lezione del Croce.
clic un matematico od un clinico sarebbero

migliori se sapessero di Dante e di Leopardi,
Croce anzi ci dà il buon esempio, egli ch’è un* uomo di grandissima cultura e di vaste conoscenze nella minuta erudizione (e uc dà prova in quelle sue riesumazioni del mondo napoletano degli scorsi secoli, c si compiace della citazione rara c molto della notizia aneddotica), senza che questo gl’iinpedisea di conservare integro lo spirito della sua critica letteraria che va diritta alla scoperta del bello.
c che un cultore di scienze economiche dovrebbe

anche conoscer la tomistica o, purchessia,
L’ultima generazione letteraria non ha tenuto conto di questo insegnamento implicito del Maestro, illudendosi che la personalità del Croce si dovesse compendiare in quelle formule — rispettabilissime, e ne diamo pienoriconoscimento, — che non sono che una parte di essa personalità: com’era facile, si è potuto dimenticare l’uomo c il suo metodo di studio facendo nascere da questa scappata da spensierati quella creatura che adesso dovendo farsi grande non può resistere a nuovi anni perchè costituzionalmente deficiente cd 6 per tirare le cuoia: parlo della letteratura pura. D’accordoche l’arte non è altro che arte, e che essa crea le sue oi»erc anche dal nulla: ma i letterati, ahimè, non sono tutti artisti, bensì semplicemente — e in maggioranza — scrittori.
Kant o Hegel.

Il concetto andato sin ora per la maggiore
Se i letterati penseranno di por mano al problema e si vorranno giovare delle più varie esperienze che la vita suole in diverso iqodoconcedere, credo che ne potrà uscire una letteratura più robusta, che potrà interessarsi più da vicino delle cose del secolo e darà luogo alla poesia, che senza una vigorosa espansione di vita non nasce, c incidentalmente sarà avvicinabile dalle classi che oggi vivono così lontane da noi.
è questo: allorché uno studioso di determinata

disciplina la coltiva anche con risultati non
La cultura per lo scrittore, letterato che sia, va considerata da un punto di vista proprio, creativo, non come fine a se stessa ma come lievito nel pane dell’esperienza individuale.
gli si chieda altro, se sa di geografia di lettere

di scienze insieme. S’intende che con l’opposizione
Oggi si richiamano i letterati ad una maggiore aderenza col mondo, che è pur sempre popolato di «cristiani» geneticamente tignali, acciocché per cantare poesia si sia pagato il proprio tributo d’umanità. Vogliamoscntirc di nuovo i letterati che ci parlino di che cosa giovi a fecondar le biade e dell’arte di costruire i ponti e delle cose di Francia e di quelle d’Allcmagna, non, si badi bene, per deporre la penna c innalzare la fiaccola della::eiciiza ma per esser compiutamente uomini, umanisticamente uomini, consapevoli e dotti, Sandro Zirardini.
a questo principio non si vuole cancellare

per lo studioso la specializzazione, cacciandogli
Le Edizioni del Baretii E’ uscito:
a forza in capo una cultura di tipo

leonardesco: ammesso anche clic cosi fosse
FRATE JACOPONE di NATALINO SAPEGNO L. IO Breve, esauriente monografia sulla singolari figura del beato tudertino. Non b un’apologià, nò una demolizione: ma una ricostruzione, fondata su basi rigorosamento storiche, dell’uomo c del poeta. La figura di Jacopone viene delimitata nello sfondo del suo tempo, con una precisione e compiutezza ignote ai critici che hanno preceduto il Sapegno, il quale anche por non comuni doti di scrittore si rivela critico di razza. Suggestivi sono gli accostamenti tra la lirica religiosa del frate, 0 la lirica amorosa contemporanea:
l’ideale, non a questo si pretende poiché potrebbe

il troppo di estraneo far deviare l’attenzione
i lettori Moveranno in questo volume una nuova valutazione della letteratura nostra del duecento finora pascolo di eruditi c di esteti.
dalla disciplina abbracciata; dovrebbe

bastare che lo studioso si tenesse al corrente
ilei movimenti fuor di casa sua, compiacendosi
degli estranei magari col segreto intento
di assimilare tutto a maggiore edificazione
della sua professione e dei suoi studi speciali.
Certo che se oggi ci si lamenta che il popolo,
anche degli agiati, si disinteressa delle
pubblicazioni, degli avvenimenti della cultura,
c solo pensa a sbarcare il lunario, a divertirsi
o a far denari, c’è pure da rilevare il fatto che
proprio codesti fabbricatori della cultura, che
trovano ghiaccio nel pubblico, a loro volta
hanno sulle spalle il peccato di vivere tra di
loro come in mondi disparati, mostrando ciascuno
ripugnanza del genere di cultura dell’altro,
disinteressandosi sempre lo scienziato
«Iella letteratura cd il letterato della scienza.
Mentre in Francia, ad esempio, la grande cultura
c la grande letteratura sono tutte conteste
di nessi sottilissimi tra le più varie attività,
tra i più divergenti interessi dello spirito.
La mancanza di queste relazioni è, in Italia,
proprio il difetto del nostro tempo che ci
ha regalato il frammentismo dalla poesia alla
cultura, dalla vita alle concezioni. Per cui si
pensa con un pensiero lucido, striato, specializzato,
puro, a schemi, n ruoto. E il caso più
tipico è forse quello di Baldini che ci dichiara
apertali’.ente d’infischiarsi di tutto ciò che non
è letteratura.
Eppure l’affermazione non è poi da risolversi
co l alla lesta poiché veramente il letterato
deve bene, se non lavora sul vuoto, avere
una materia; piateric le più disparate anzi sono
traducibili in bella letteratura c di qualcosa
s’hn da trattare chè anche per l’interpretazione
della vita più piccola e quotidiana ci vuole
sempre (pici po’ di lume che la ragione, le
conoscenze, la volontà, in una parola la cultura,
ci posson fornire.
Io non vorrei però che da questo mio dire
qualcuno giocasse sul filo di rasoio della cultura
dei letterati e ne cavasse l’argomentazione
clic, per essere, la letteratura debba contornarsi
di storia, di scienza e d’erudizione,
che I’apprczzameiUo letterario debba tenere
nel doveroso conto detti clementi, e clic insomnia
si torni indietro nella storia del gustoestetico
c si annulli quindi la lezione del Croce.
Croce anzi ci dà il buon esempio, egli ch’è un*
uomo di grandissima cultura e di vaste conoscenze
nella minuta erudizione (e uc dà prova
in quelle sue riesumazioni del mondo napoletano
degli scorsi secoli, c si compiace della
citazione rara c molto della notizia aneddotica),
senza che questo gl’iinpedisea di conservare
integro lo spirito della sua critica letteraria
che va diritta alla scoperta del bello.
L’ultima generazione letteraria non ha tenuto
conto di questo insegnamento implicito
del Maestro, illudendosi che la personalità del
Croce si dovesse compendiare in quelle formule
— rispettabilissime, e ne diamo pienoriconoscimento,
— che non sono che una parte
di essa personalità: com’era facile, si è potuto
dimenticare l’uomo c il suo metodo di studio
facendo nascere da questa scappata da spensierati
quella creatura che adesso dovendo farsi
grande non può resistere a nuovi anni perchè
costituzionalmente deficiente cd 6 per tirare le
cuoia: parlo della letteratura pura. D’accordoche
l’arte non è altro che arte, e che essa crea
le sue oi»erc anche dal nulla: ma i letterati,
ahimè, non sono tutti artisti, bensì semplicemente
— e in maggioranza — scrittori.
Se i letterati penseranno di por mano al problema
e si vorranno giovare delle più varie
esperienze che la vita suole in diverso iqodoconcedere,
credo che ne potrà uscire una letteratura
più robusta, che potrà interessarsi
più da vicino delle cose del secolo e darà luogo
alla poesia, che senza una vigorosa espansione
di vita non nasce, c incidentalmente sarà
avvicinabile dalle classi che oggi vivono così
lontane da noi.
La cultura per lo scrittore, letterato che
sia, va considerata da un punto di vista proprio,
creativo, non come fine a se stessa ma
come lievito nel pane dell’esperienza individuale.
Oggi si richiamano i letterati ad una
maggiore aderenza col mondo, che è pur sempre
popolato di «cristiani» geneticamente tignali,
acciocché per cantare poesia si sia pagato
il proprio tributo d’umanità. Vogliamoscntirc
di nuovo i letterati che ci parlino di
che cosa giovi a fecondar le biade e dell’arte
di costruire i ponti e delle cose di Francia e
di quelle d’Allcmagna, non, si badi bene, per
deporre la penna c innalzare la fiaccola della::eiciiza ma per esser compiutamente uomini,
umanisticamente uomini, consapevoli e dotti,
Sandro Zirardini.
Le Edizioni del Baretii
E’ uscito:
FRATE JACOPONE
di NATALINO SAPEGNO
L. IO
Breve, esauriente monografia sulla singolari
figura del beato tudertino. Non b un’apologià,
nò una demolizione: ma una ricostruzione,
fondata su basi rigorosamento storiche, dell’uomo
c del poeta. La figura di Jacopone viene
delimitata nello sfondo del suo tempo, con una
precisione e compiutezza ignote ai critici che
hanno preceduto il Sapegno, il quale anche por
non comuni doti di scrittore si rivela critico di
razza. Suggestivi sono gli accostamenti tra la
lirica religiosa del frate, 0 la lirica amorosa contemporanea:
i lettori Moveranno in questo volume
una nuova valutazione della letteratura
nostra del duecento finora pascolo di eruditi
c di esteti.
Si spediscono franchi di -porto contro vaglia.
Si spediscono franchi di -porto contro vaglia.

Direttore Responsabile Piero Zanetti
Tipografia Sociale - Pinerolo 1926
Direttore Responsabile Piero Zanetti Tipografia Sociale - Pinerolo 1926
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