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Iti Si Orme abbiamo la lotta tra l’umore c la legge — ma. confusione solila, l’amore umano, |>cr una donna, ò confuso con l’Amore, anelito al divino — e quindi tulio viene falsificalo in qualcosa che si può anche chiamare retorica e in cui precipiti, anche, il dissidio tra padri e figli, liberta contro tradizione, altro aspetto del dissidio Amore-legge. L’atmosfera del dramma, clic vorrebbe essere shakespeariana o cosmica, finisce per essere soffocata dalle trop.
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IL BARE TTI
pc parole, dalla troppa messa in scena, irreale, fatta di apparizioni e di spottri, Molto azioni, nessuna azione: il simbolo non si riunisco alla realtà. I personaggi finiscono por esaurirsi nel girare attorno ad allegorie. E’ il difetto del dramma moderno (l’epoca dei fnrsicsten Taltnlc,.secondo la definizione goethiana per la letteratura di un secolo fa, per certi riguardi simile alla nostra, e dolle violento, arbitrarie esperienze).
Iti Si Orme abbiamo la lotta tra l’umore

c la legge — ma. confusione solila, l’amore
La rappresentazione drammatica non riesce a lfborarsi dalla realtà, dal caos che la preme da tutti i lati, e si appiglia a violente riforme esteriori per illudersi di raggiungere una vita autonoma. Ma nel soggiacere stesso quanta forza c quanta poesia qui abbiamo I Certe battaglie, anche porduto, nobilitano.
umano, |>cr una donna, ò confuso con l’Amore,

anelito al divino — e quindi tulio viene falsificalo
in qualcosa che si può anche chiamare
retorica e in cui precipiti, anche, il dissidio
tra padri e figli, liberta contro tradizione, altro
aspetto del dissidio Amore-legge. L’atmosfera
del dramma, clic vorrebbe essere shakespeariana
o cosmica, finisce per essere soffocata dalle trop.
pc parole, dalla troppa messa in scena, irreale,
fatta di apparizioni e di spottri, Molto azioni,
nessuna azione: il simbolo non si riunisco alla
realtà. I personaggi finiscono por esaurirsi nel
girare attorno ad allegorie. E’ il difetto del
dramma moderno (l’epoca dei fnrsicsten Taltnlc,.secondo la definizione goethiana per la letteratura
di un secolo fa, per certi riguardi simile
alla nostra, e dolle violento, arbitrarie esperienze).
La rappresentazione drammatica non
riesce a lfborarsi dalla realtà, dal caos che la
preme da tutti i lati, e si appiglia a violente
riforme esteriori per illudersi di raggiungere
una vita autonoma. Ma nel soggiacere stesso
quanta forza c quanta poesia qui abbiamo I
Certe battaglie, anche porduto, nobilitano.
Guardiamo i duo drammi: Ein Gè schicchi Plats.
Guardiamo i duo drammi: Ein Gè schicchi Plats.

Qui, sopratutto nel primo, l’azione vorrebbe
Qui, sopratutto nel primo, l’azione vorrebbe essere ridotta alla semplicità di una lotta tra principi elementari. Non uomini o neppure simboli, ma simboli fatti uomini, «la tragedia non ò legata al costume di nessun tempo*.
essere ridotta alla semplicità di una lotta

tra principi elementari. Non uomini o neppure
Quindi: un capovolgimento di valori, un annullarsi di verosimiglianze c un esplodere assoluto di| affetti. Affetti, o qui è la forza del poeta, altrimenti si cadrebbe in un pasticcio simbolico, che riescono a prendere una veemente intensità drammatica. Anche qui la guerra, la diretta esperienza del poeta, è al centro del dramma. La guerra scatena negli uomini le forze profonde e oscure, nate oon noi, indissolubilmente legate, come la vita come la morte, alla nostra esistenza di decaduti, colpiti dalla maledizione del peccato Quelle forze che la civiltà pacifica nel ritmo solito può comprimere, non illudersi di annullare — la guerra le fa esplodere con forza disordinata. Chi conduoe al delitto ò la stessa energia che nell’uomo, posto in faccia al nemico, con un’arme in mano, l’avcva trascinato in avanti — e chi chiede ora, inesorabile, la punizione ò quello stesso potere che prima aveva onorato come un eroe, quel medesimo uomo, ancora tutto coperto del sangue dei nemici. Perchè, appunto, sopra questo scatenarsi di passioni e di energie elementari che la guorra risveglia, sta la legge, che le adopera ai suoi scopi. «Qual’è quel potere, che piega tutti gli esseri, finché perdono completamente la loro propria volontà?»: la patria, in questo momento. L’una passione ò glorificata:
simboli, ma simboli fatti uomini, «la tragedia

non ò legata al costume di nessun tempo*.
«si, più Nolentieri tu andresti oggi coi figli eroi, sorridendo in mezzo ai cittadini inginocchiati»; l’altra punita: «prima ci trascinano con violenza sulle vette vicino al sole, e quando il nostro petto si ò disabituato alle valli, così che non può più sopportare il suo giogio da contadino, allora ci si colpisce il cuore con le leggi». Ridotto a questi elementi si comprende come il delitto si possa rappresentare con una violenza che non è cinismo, giustificazione assoluta (niente di più lontano da Corrado Brando), ma dramma. La madre può comprendere e, straziata, difendere — ma la legge devo passare egualmente. La ribellione bruta a questa legge finisce nella demagogia, colpevole e vile, anche se vittoriosa — invano si ora gridato alla libertà: «ed ora voi oscillate tra bestia e Dio, miserevolmente, invece di sentire che dovete essere Uomini, nati per il godimento dol vasto mondo, che si apre nel vostro petto».
Quindi: un capovolgimento di valori, un annullarsi

di verosimiglianze c un esplodere assoluto
Attraverso al simbolo doll’Amoro, approfondimento nella natura, c’è l’ansia verso una vita nuova che ci liberi l’avvenire, e c’è, sopratutto, l’oscuro sentimento dell’inesorabile tragicità del nostro destino.
di| affetti. Affetti, o qui è la forza del

poeta, altrimenti si cadrebbe in un pasticcio simbolico,
Come in tutti i drammi di questo genere — in cui non ò stato ancora trovato un sicuro equilibrio di forze di rappresentazione — l’idea, dirò così, filosofica, su cui si costruisce il dramma, se è un elemento, con tutte le sue esagerazioni ed oscurità, necessario, per l’incompletezza appunto dell’opera poetica — rimano sempre intrusa. Qui, ad esempio, l’Amore, per la solita confusione tra Amore c. amore, altro che crear una nuova umanità redenta • dovrebbe condurre l’eroe — Dietrich — al fallimento.
che riescono a prendere una veemente

intensità drammatica. Anche qui la guerra, la
diretta esperienza del poeta, è al centro del
dramma. La guerra scatena negli uomini le
forze profonde e oscure, nate oon noi, indissolubilmente
legate, come la vita come la morte,
alla nostra esistenza di decaduti, colpiti dalla
maledizione del peccato Quelle forze che la civiltà
pacifica nel ritmo solito può comprimere,
non illudersi di annullare — la guerra le fa
esplodere con forza disordinata. Chi conduoe
al delitto ò la stessa energia che nell’uomo,
posto in faccia al nemico, con un’arme in mano,
l’avcva trascinato in avanti — e chi chiede
ora, inesorabile, la punizione ò quello stesso
potere che prima aveva onorato come un eroe,
quel medesimo uomo, ancora tutto coperto del
sangue dei nemici. Perchè, appunto, sopra questo
scatenarsi di passioni e di energie elementari
che la guorra risveglia, sta la legge, che
le adopera ai suoi scopi. «Qual’è quel potere,
che piega tutti gli esseri, finché perdono completamente
la loro propria volontà?»: la patria,
in questo momento. L’una passione ò glorificata:
«si, più Nolentieri tu andresti oggi coi
figli eroi, sorridendo in mezzo ai cittadini inginocchiati»;
l’altra punita: «prima ci trascinano
con violenza sulle vette vicino al sole, e
quando il nostro petto si ò disabituato alle valli,
così che non può più sopportare il suo giogio
da contadino, allora ci si colpisce il cuore con
le leggi». Ridotto a questi elementi si comprende
come il delitto si possa rappresentare
con una violenza che non è cinismo, giustificazione
assoluta (niente di più lontano da Corrado
Brando), ma dramma. La madre può comprendere
e, straziata, difendere — ma la legge
devo passare egualmente. La ribellione bruta a
questa legge finisce nella demagogia, colpevole
e vile, anche se vittoriosa — invano si ora
gridato alla libertà: «ed ora voi oscillate tra
bestia e Dio, miserevolmente, invece di sentire
che dovete essere Uomini, nati per il godimento
dol vasto mondo, che si apre nel vostro petto».
Attraverso al simbolo doll’Amoro, approfondimento
nella natura, c’è l’ansia verso una vita
nuova che ci liberi l’avvenire, e c’è, sopratutto,
l’oscuro sentimento dell’inesorabile tragicità del
nostro destino.
Come in tutti i drammi di questo genere —
in cui non ò stato ancora trovato un sicuro
equilibrio di forze di rappresentazione — l’idea,
dirò così, filosofica, su cui si costruisce il dramma,
se è un elemento, con tutte le sue esagerazioni
ed oscurità, necessario, per l’incompletezza
appunto dell’opera poetica — rimano
sempre intrusa. Qui, ad esempio, l’Amore, per
la solita confusione tra Amore c. amore, altro
che crear una nuova umanità redenta • dovrebbe
condurre l’eroe — Dietrich — al fallimento.
«Verraten um ein Madchcn».
«Verraten um ein Madchcn».

La forza la troveremo quando il dramma sa
liberarsi dalle scorie c ritrovare lu vena umana.
La forza la troveremo quando il dramma sa liberarsi dalle scorie c ritrovare lu vena umana.

Allora gli clementi fondamentali rivivono in
Allora gli clementi fondamentali rivivono in parole sincerissimo ed energiche: la profonda violenza del peccato d’origine (l’eterno uomo), la volontà di liberazione dalla legge, la lotta tra dovere e libertà. Le due opere — che sono uscite dal tormento della guerra e dol dopoguerra — con tutti i loro difetti e, sopratutto, l’incompiutezza, vivono come rappresentazione del dramma a cui la nostra umanità è stata sottoposta. La guerra nc ò stata apportatrice e rivelatrice, e così: non il dramma singolo di questo o di quell’individuo, di queste o di curile passioni, ma — noi titolo stesso: ein geschlecht — rappresentazione del tormento di un’epoca.
parole sincerissimo ed energiche: la profonda

violenza del peccato d’origine (l’eterno uomo),
Tormento da cui quest’opera esco ed è espressione nella sua stessa incompiutezza; ma appunto questo ci dice come profonda sia la sofferenza umana.
la volontà di liberazione dalla legge, la lotta

tra dovere e libertà. Le due opere — che sono
Già in Vor dtr Entscheidunj era stata posta quest a necessita di ribellarsi alla legge del passalo e di ritrovare in noi — oon la nostra più profonda umanità, la nuova legge. Ossia: ò veramente eterna questa necessità che ci spinge alla guerra?’A Kle19t, il patriota — l’ulano ri.
uscite dal tormento della guerra e dol dopoguerra

— con tutti i loro difetti e, sopratutto,
pondo, «il tuo furioso comando di odio non ci commuove più — la riconciliazione ci unisce, e l’Amore apre alle muse un nuovo orizzonte».
l’incompiutezza, vivono come rappresentazione

del dramma a cui la nostra umanità è stata
La volontà di pace si poneva, cioè, mentre intorno cadevano milioni di uomini, come tutt’uno co! ritrovamento di noi stessi; c la trilogia ri a Ge.schllcht vuol essere il dramma di questa umanità che, brancolante, uscita dalla strage, ricerca se stessa. E il poeta sa talvolta elevarsi ad un altezza da cui questo cadoro c risorgere è visto in tutta la sua profonda verità.
sottoposta. La guerra nc ò stata apportatrice

e rivelatrice, e così: non il dramma singolo di
Ed è vero: quello che vale per l’umanità, vale pei* noi, singoli uomini — nella nostra individuale colpa, nel nostro individuale cercare un miglioramento — . La prudenza parla: «Ogmmo di noi ha nuotato, per provare le sue forze, sul mare, come te, l’occhio fiso a fantasmi! Il sognatore affondò, il perdente tornò indietro.
questo o di quell’individuo, di queste o di curile

passioni, ma — noi titolo stesso: ein geschlecht
Perchè la nostra vita, senza meta, c chiusa da ogni parte in un cerchio immutabile.
— rappresentazione del tormento di un’epoca.

Tormento da cui quest’opera esco ed è espressione
Torna indietro!» — «Ah 1 posso io questo? Potè mai alcuno tornare indiotro, dal sole alla luce fumosa di una lanterna notturna?» — Troppo profonda è l’umiliazione della pigrizia: «noi non abbiamo mai vissuto. lTn tempo abbiamo sognato, forse. Oh, una volta — ...ed un giorno otrisceremo fuori dai nostri letti — il corpo vive, l’anima è morta da lungo tempo, ci trascineremo zoppicanti per la strada, rosicchiando il nostro pane e la gente dirà: «guarda un po’, già guarito c ben rimesso?»
nella sua stessa incompiutezza; ma appunto

questo ci dice come profonda sia la sofferenza
Quello che nel dramma, ed era naturale, è solo accennato — ed era forse anoora più presagio e volontà che realizzazione poetica — rivive in un campo più proprio, nei Discorsi del poeta e nell’ultimo libro Flagri dtr Filer, libro di un viaggio a Parigi e a Londra. Fritz von Unruh si schiera così, decisamente, nel piccolo stuolo europeo dei poeti pacifisti.
umana.

Già in Vor dtr Entscheidunj era stata posta
Non è qui il caso di parlare dei problemi politici della pace europea. Quello che interessa è come il pacifismo di Unruh si pone al centro stesso della vita e del mondo poetico dello scrittore.
quest a necessita di ribellarsi alla legge del passalo

e di ritrovare in noi — oon la nostra più
La politica, l’idea della pace sono tutt’nno con l’animo del poeta e con la interpretazione delle cose che gli stanno intorno. Il suo pacifismo, il suo umanitarismo non sono semplice utopia o debolezza, ma ricerca di una volontà più profonda E la violenza stessa dell’espressione pare voglia scoprire a forza il segreto dell’Anima, mettere l’uomo di fronte a se stesso.
profonda umanità, la nuova legge. Ossia: ò

veramente eterna questa necessità che ci spinge
Ne nasce un’armonia vigorosa, in uno stile pieno di forza scarna e ner%-osa: combattiva; che lascia scorgere nel suo stesso ritmo severo larghi orizzonti. La politica di Unruh può essere discussa; non è vero che i partiti non abbiano una profonda funzione storica — ed il pacifismo, anche il più energico e combattivo, rimane disarmato se non è sostenuto da organizzazioni e da necessità politiche ed economiche.
alla guerra?’A Klei9t, il patriota — l’ulano ri.

pondo, «il tuo furioso comando di odio non ci
Un pacifismo, pure così sentito e che sorgo così oommosso dalla terribilità della guerra e come sentimento del dovere, se è solo pacifismo, rimane essonzialmente intellettuale — in.
commuove più — la riconciliazione ci unisce,

e l’Amore apre alle muse un nuovo orizzonte».
capace di suscitare l’adesione che di intollcttuali isolati. Ma quello che Unruh ha inteso è come il pacifismo come tutti i problemi politici, sia un probloma morale — che non ha forza sulle folle se prima non è elaborato e profondamente vissuto nella coscienza dei singoli.
La volontà di pace si poneva, cioè, mentre

intorno cadevano milioni di uomini, come tutt’uno
«E‘ la paco una forza o una debolezza? — io credo la pace sia una forza». Alla pace deve essere dato lo stesso prestigio c la stessa forza che la guerra, attraverso il sacrificio, si è conquistato:
co! ritrovamento di noi stessi; c la trilogia

ri a Ge.schUcht vuol essere il dramma di
«noi dobbiamo essere soldati della paoe, non sognatori della pace! Combattenti, non letterati c pacifisti della pace!»
questa umanità che, brancolante, uscita dalla

strage, ricerca se stessa. E il poeta sa talvolta
Quello che importa qui segnare ò come questa energia di pacifista 9Ìa la logica strada del ]>oeta e il termine integralo di una visione della vita, sforzo di apportare una energia nuova nella letteratura di oggi, in quanto pone come unico (bene come unico tesoro da salvare i più profondi valori morali,il più profondo noi stessi. Ossia non importa come noi pensiamo, ma con quanta intensità con quanta sincerità noi perseguiamo questo pensiero. L’arte è vita e la vita è arte. Non basta aver trovato la via giusta; bisogna che questo ideale sia risolto ed avverato in noi stessi (quasi vorbo divino fatto carne: communionismo è la parola del poeta) in ogni atto della nostra vita.
elevarsi ad un altezza da cui questo cadoro c

risorgere è visto in tutta la sua profonda verità.
Si è fatta troppa «arte per arte», cosicché, per esagerato amore, si è finito per chiudere l’opera d’arto — e l’artista stesso — in una torre d’avorio, in cui, fuori della vita, una creazione poetica vigorosa non può trovare alimento.
Ed è vero: quello che vale per l’umanità,

vale pei* noi, singoli uomini — nella nostra individuale
«Veri artisti sono combattenti all’avanguardia e pionieri».
colpa, nel nostro individuale cercare

un miglioramento — . La prudenza parla: «Ogmmo
E quello che vorrei aver reso del pensiero di Unruh è appunto questo: usciamo dalla UtIr rat uro per ritornare nella vita. «Non permetriamo che parlino oggi uomini che mentre noi stavamo sotto il fuoco delle granate, erano fermi alle loro postille estetiche, e mentre noi ci volgevamo indietro alla patria gridando il nostro tormento di fronte al pallido orrore della morte di milioni di uomini, essi ne facevano, calmi, commenti letterari». Perchè anche un loro possibile internazionalismo non ci commuove:
di noi ha nuotato, per provare le sue

forze, sul mare, come te, l’occhio fiso a fantasmi! Il sognatore affondò, il perdente tornò indietro.
«cosa vuol dire questa mangeria internazionale, dove l’un l’altro ci si fanno inchini e si combinano articoli?»
Perchè la nostra vita, senza meta, c

chiusa da ogni parte in un cerchio immutabile.
Torna indietro!» — «Ah 1 posso io questo? Potè
mai alcuno tornare indiotro, dal sole alla luce
fumosa di una lanterna notturna?» — Troppo
profonda è l’umiliazione della pigrizia: «noi
non abbiamo mai vissuto. lTn tempo abbiamo
sognato, forse. Oh, una volta — ...ed un giorno
otrisceremo fuori dai nostri letti — il corpo
vive, l’anima è morta da lungo tempo, ci trascineremo
zoppicanti per la strada, rosicchiando
il nostro pane e la gente dirà: «guarda un po’,
già guarito c ben rimesso?»
Quello che nel dramma, ed era naturale, è
solo accennato — ed era forse anoora più presagio
e volontà che realizzazione poetica — rivive
in un campo più proprio, nei Discorsi del
poeta e nell’ultimo libro Flagri dtr Filer, libro
di un viaggio a Parigi e a Londra. Fritz von
Unruh si schiera così, decisamente, nel piccolo
stuolo europeo dei poeti pacifisti.
Non è qui il caso di parlare dei problemi
politici della pace europea. Quello che interessa
è come il pacifismo di Unruh si pone al centro
stesso della vita e del mondo poetico dello scrittore.
La politica, l’idea della pace sono tutt’nno
con l’animo del poeta e con la interpretazione
delle cose che gli stanno intorno. Il suo pacifismo,
il suo umanitarismo non sono semplice
utopia o debolezza, ma ricerca di una volontà
più profonda E la violenza stessa dell’espressione
pare voglia scoprire a forza il segreto
dell’Anima, mettere l’uomo di fronte a se stesso.
Ne nasce un’armonia vigorosa, in uno stile
pieno di forza scarna e ner%-osa: combattiva;
che lascia scorgere nel suo stesso ritmo severo
larghi orizzonti. La politica di Unruh può essere
discussa; non è vero che i partiti non abbiano
una profonda funzione storica — ed il
pacifismo, anche il più energico e combattivo,
rimane disarmato se non è sostenuto da organizzazioni
e da necessità politiche ed economiche.
Un pacifismo, pure così sentito e che sorgo
così oommosso dalla terribilità della guerra e
come sentimento del dovere, se è solo pacifismo,
rimane essonzialmente intellettuale — in.
capace di suscitare l’adesione che di intollcttuali
isolati. Ma quello che Unruh ha inteso è
come il pacifismo come tutti i problemi politici,
sia un probloma morale — che non ha
forza sulle folle se prima non è elaborato e profondamente
vissuto nella coscienza dei singoli.
«E‘ la paco una forza o una debolezza? — io
credo la pace sia una forza». Alla pace deve
essere dato lo stesso prestigio c la stessa forza
che la guerra, attraverso il sacrificio, si è conquistato:
«noi dobbiamo essere soldati della
paoe, non sognatori della pace! Combattenti,
non letterati c pacifisti della pace!»
Quello che importa qui segnare ò come questa
energia di pacifista 9Ìa la logica strada del
]>oeta e il termine integralo di una visione della
vita, sforzo di apportare una energia nuova
nella letteratura di oggi, in quanto pone come
unico (bene come unico tesoro da salvare i più
profondi valori morali,il più profondo noi
stessi. Ossia non importa come noi pensiamo,
ma con quanta intensità con quanta sincerità
noi perseguiamo questo pensiero. L’arte è vita
e la vita è arte. Non basta aver trovato la via
giusta; bisogna che questo ideale sia risolto
ed avverato in noi stessi (quasi vorbo divino
fatto carne: communionismo è la parola del
poeta) in ogni atto della nostra vita.
Si è fatta troppa «arte per arte», cosicché,
per esagerato amore, si è finito per chiudere
l’opera d’arto — e l’artista stesso — in una
torre d’avorio, in cui, fuori della vita, una
creazione poetica vigorosa non può trovare alimento.
«Veri artisti sono combattenti all’avanguardia
e pionieri».
E quello che vorrei aver reso del pensiero
di Unruh è appunto questo: usciamo dalla UtIr
rat uro per ritornare nella vita. «Non permetriamo
che parlino oggi uomini che mentre noi
stavamo sotto il fuoco delle granate, erano fermi
alle loro postille estetiche, e mentre noi ci
volgevamo indietro alla patria gridando il nostro
tormento di fronte al pallido orrore della
morte di milioni di uomini, essi ne facevano,
calmi, commenti letterari». Perchè anche un
loro possibile internazionalismo non ci commuove:
«cosa vuol dire questa mangeria internazionale,
dove l’un l’altro ci si fanno inchini
e si combinano articoli?»
Le parole del poeta sono violente ed infiammai,»
Le parole del poeta sono violente ed infiammai,»

— ma a chi le guardi belio, sopratutto se
— ma a chi le guardi belio, sopratutto se ha seguito lo sforni continuo con cui Unruh è arrivato a queste conclusioni, esse rinchiudono una verità - e una chiave por interpretare buona parte dell’ultima letteratura euroj>ea. Se la guerra e il pacifismo sono stati il problema di Unruh, il suo sforzo di infrazione e di approfondimento, vale per tutti i campi. So Unruh sia riuscito a darci una grande poesia o una grande prosa, è ancora presto per giudicare, ma mi pare che jwssiaino trovare in lui un indirizzo cd un esempio. E questo è molto.
ha seguito lo sforni continuo con cui Unruh è

arrivato a queste conclusioni, esse rinchiudono
una verità - e una chiave por interpretare
buona parte dell’ultima letteratura euroj>ea. Se
la guerra e il pacifismo sono stati il problema
di Unruh, il suo sforzo di infrazione e di approfondimento,
vale per tutti i campi. So Unruh
sia riuscito a darci una grande poesia o una
grande prosa, è ancora presto per giudicare,
ma mi pare che jwssiaino trovare in lui un
indirizzo cd un esempio. E questo è molto.
Mario Lamberti.
Mario Lamberti.

SOFFICI A VENEZIA
SOFFICI A VENEZIA
<i Eppure è evidente, per chiunque sappia pensare con una certa profondità, che, essendo le manifestazióni dello spirito umano tutte connesse fra loro c interdipendenti, ad ogni principio politico deve di necessità corrispondere un principio estetico, come glie nc corrisponde lino morale e logico, armoniosamente, come membro corrisponde a membro in un corpo vivo; c che dunque ò cosa di massima importanza rendersi e rendere altrui chiaro quale sia questo principio, affine (l’applicarlo in luogo di qualunque altro meno confacente, se non addirittura contrastante con l’insieme della dottrina, nell’applicazione e nel pratico concretarsi di questa».
<i Eppure è evidente, per chiunque sappia

pensare con una certa profondità, che, essendo
Cosi, saviamente, parlava su una qualche persa foglia di sicomoro, Ardcngo Soffici tramutato, su quell’altare che ognun sa, in vaticinante Sibilla. E pensavamo a che cosa (sia per tener fc le a questa bella massima, sia per seguire l’esempio di quella sua collega francese che mostrava, dopo avor dato il responso, un antro assai poco elegante) ci avrebbe ancora potuto mostrare di bello Soffici, dopo aver così vaticinato. In letteratura, ò noto, il principio politico cmfiélra si bicn Ics serres dii corbeau qtie le panvre animai nc fruì fairc retraite:
le manifestazióni dello spirito umano tutte

connesse fra loro c interdipendenti, ad ogni
principio politico deve di necessità corrispondere
un principio estetico, come glie nc corrisponde
lino morale e logico, armoniosamente,
come membro corrisponde a membro in
un corpo vivo; c che dunque ò cosa di massima
importanza rendersi e rendere altrui
chiaro quale sia questo principio, affine (l’applicarlo
in luogo di qualunque altro meno confacente,
se non addirittura contrastante con
l’insieme della dottrina, nell’applicazione e
nel pratico concretarsi di questa».
Cosi, saviamente, parlava su una qualche
persa foglia di sicomoro, Ardcngo Soffici tramutato,
su quell’altare che ognun sa, in vaticinante
Sibilla. E pensavamo a che cosa (sia
per tener fc le a questa bella massima, sia
per seguire l’esempio di quella sua collega
francese che mostrava, dopo avor dato il responso,
un antro assai poco elegante) ci avrebbe
ancora potuto mostrare di bello Soffici,
dopo aver così vaticinato. In letteratura,
ò noto, il principio politico
cmfiélra si bicn Ics serres dii corbeau
qtie le panvre animai nc fruì fairc retraite:
ne nacquero solo dei filosofemi. Ma in pittura?
ne nacquero solo dei filosofemi. Ma in pittura?

L’ingenuo lettore poteva legittimamente
attendersi il ritorno di maniere futuriste o, se
L’ingenuo lettore poteva legittimamente attendersi il ritorno di maniere futuriste o, se queste fossero apparse ormai troppo ardite, di qualche loro equivalente più antico, estratto dai non mai ben chiusi arcadici serbatoi.

queste fossero apparse ormai troppo ardite, di
Ma ecco, in una sala della Esposizione di Venezia (dove egli aveva fatto giuro» modesto c irrevocabile» di non porre più piede — in eterno) venticinque suoi lavori, quasi tutti recentissimi, pare vogliano cancellare queste prevenzioni. Abbiamo tutti conosciuto, o creduto conoscere, (o almeno immaginato dai suoi scritti) questo artista d’istinto, mai sommerso dalle esperienze più varie.
qualche loro equivalente più antico, estratto

dai non mai ben chiusi arcadici serbatoi.
Amavano trovare in lui un fattoriano di tenue vena, ma limpida; un toscano dell’’8oo, di quelli che, vissuti pienamente al loro tempo, alle prese con tutti i moderni problemi dell’arte, furon pur sempre legati per tenaci c occulti legami alla antica tradizione pittorica del loro paese. Parentela di razza: egli aveva, come quelli, «le caractère national, exact et attcntif aux détails, plutót que passionili», c molta semplice chiarezza di visione, c la solida aridità, un po’ gretta, della sua terra, e, soprattutto, una mirabile immediatezza di percezione. La «infernale sensibilità» dei tempi del Giornale di Bordo, che gli faceva vedere, in un tòcco di giallo, tutti i cieli e tutti i soli, era. a nostro avviso, esagerazione; chè la sua natura paesana stava invece in un certo talento freddino e gustoso, c, ciò che ò il più pregevole dono, nella non voluta nò mediata capacità di tradurre in termini pittorici i dati di una pur non eccessiva sensibilità. Non altro dunque che pittura: chiare ricerche di toni, non disgiunte da preoccupazioni formali: colore non inteso come valore decorativo, ma come luce; precisione di rapporti; incapacità di grandi costruzioni ma saporosa modestia:
Ma ecco, in una sala della Esposizione di

Venezia (dove egli aveva fatto giuro» modesto
mancanza di tutto ciò che altri vorrà chiamare letterario, o altrimenti, e che ò, insomma, eterogeneo.
c irrevocabile» di non porre più piede

— in eterno) venticinque suoi lavori, quasi
Tale l’abbiamo conosciuto in tanti paesaggi e nature morte dipinte con la penna, ma pensate con pennelli e colori. Tale può apparire, a primo sguardo, la sala veneziana, un po’ monotona, per altro, per la dolce luce giallóni clic smorza le differenze in una uniforme velatura di antico. Tali, se ci facciamo a un esame più particolare, ci sembrano, ad esempio, Boccale e timone, Fagliai, Dalla mia finestra, e, qua e là, particolari sparsi nei piccoli quadri. E vicn caso di porsi allora il problema col quale abbiamo cominciato; c argomentare clic forse in pittura, per quel tanto di manuale, di tecnico, di alieno da concetti c formule clic caratterizza quest’arte, sia, malgrado tutti i» principii», assai più difficili che nell’esercizio dello scrivere sviarsi e perdei c ciò clic ormai era acquisito; clic la mano stessa c il mestiere possono far dimenticare la cattive abitudini mentali, o essere almeno efficaci mezzani di pensieri c di opere, e maggiorment.
tutti recentissimi, pare vogliano cancellare

queste prevenzioni. Abbiamo tutti conosciuto,
quando, come in questo caso, sia di tanto aumentata la quotidiana applicazione.
o creduto conoscere, (o almeno immaginato

dai suoi scritti) questo artista d’istinto,
E vien soprntuttv fatto di pensare che questo c innocente profeta» sia tale solo alla superficie, e clic, pc-r usare una frase di un suo autorevole nemico, Soffici sia assai più» lì li us!oci» clic <i filius teni|K)ris»; c che, avendo fatto sacrificio di attitudini a lui meno essenziali, la sua natura locale e limitata si manifesti ancora nella fonila più istintiva, in termini pittorici:... ioni le naturcl a de force Il se moline de foul, certain Age accompli Le vase est imbibé, l’ótoffe a pris son pii.
mai sommerso dalle esperienze più varie.

Amavano trovare in lui un fattoriano
Argomenti, come ognun vede, non tutti persuasivi c logici, ma accettabili, perché consolanti.
di tenue vena, ma limpida; un toscano

dell’’8oo, di quelli che, vissuti pienamente
Pur tuttavia, se il dubbio ci spinga a un più attento esame, avverrà, se non ci inganniamo, si ritrovi un certo mutamento e (piasi rovesciamento nell’animo di Soffici pittore.
al loro tempo, alle prese con tutti i

moderni problemi dell’arte, furon pur sempre
Abbiamo mostrato quali siano le doti native del pittore toscano, c come si realizzino, i>er quanto in grado diverso, in alcuni paesaggi b nature morte; ma le cercheremmo invano, o le ritroveremmo offuscate e contraddette nei quadri di maggior mole. Qui abbiamo, al contrario, qualcosa di precisamente opposto: invece il: immediatezza, una.ricerca tutta voluta di monumcntalità, di armonia, di decorazione.
legati per tenaci c occulti legami alla antica

tradizione pittorica del loro paese. Parentela
Questo in misura minore in «Ragazza portante una mezzina d’acqua», alquanto scorretta peraltro, e nella «Toilette del bambino», (dove abbiamo invano cercato le ombre seicentesche care a Ugo Ojetti), in misura maggiore in» Donne Toscane che conversano davanti all’uscio». Qualcosa di programmatico, di intenzionale si frappone fra la visione e la pittura: ma la perduta spontaneità non si compensa. I.a monumcntalità si riduce a facili simmetrie, a immobilità di figure impoverite di senso particolare c di vita; l’abilità decorativa non va oltre qualche falsa trovata di colore, come il rosa della porta in quest’ultimo quadro.
di razza: egli aveva, come quelli, «le caractère

national, exact et attcntif aux détails,
E’ uso comune, oramai,» inserirsi» nella tradizione, cercare progenitori ideali. Soffici pare abbia seguito la corrente, e si sia scelto un modello. Anzi, ha trasformato in modelli esteriori quelli stessi da cui derivava in modo tutto nativo e intcriore: i toscani, Masaccio.
plutót que passionili», c molta semplice chiarezza

di visione, c la solida aridità, un po’
Borghese moderno, egli ha pur nel sangue un IK>’ del sangue dell’avo che fu alle Crociate, ma dell’avo egli vuole imitare anche il passo e il costume, c indossar l’arme che più non s’usa. Egli crede ritrovar sò stesso attraverso ricerche difformi dalla sua natura. Se vorrà proseguire nel viaggio clic dice di aver appena incominciato, gli converrà ripetere per sò le parole che egli stesso pronunciava per altri, e di ben maggior volo- ((l’istinto pittorico ò talmente la dote fondamentale del nostro artista, che non ò se non profondandovisi tutto ch’egli arriva talvolta a ricollegare il proprio col più antico cd elementare genio della razza».
gretta, della sua terra, e, soprattutto, una mirabile

immediatezza di percezione. La «infernale
Per ora i suoi lavori risentono della contemporanea presenza e discordia del vecchio Soffici che si affida agli ocelli, clic gli danno già fatte e perfette le «sintesi realistiche», c del nuovo, che si affida al «principio estetico corrispondente» e clic guasta l’opera del primo. Non sarebbe qui, forse, «le trou de la Sibylle»?
sensibilità» dei tempi del Giornale di

Bordo, che gli faceva vedere, in un tòcco di
giallo, tutti i cieli e tutti i soli, era. a nostro
avviso, esagerazione; chè la sua natura paesana
stava invece in un certo talento freddino
e gustoso, c, ciò che ò il più pregevole
dono, nella non voluta nò mediata capacità
di tradurre in termini pittorici i dati di una
pur non eccessiva sensibilità. Non altro dunque
che pittura: chiare ricerche di toni, non
disgiunte da preoccupazioni formali: colore
non inteso come valore decorativo, ma come
luce; precisione di rapporti; incapacità di
grandi costruzioni ma saporosa modestia:
mancanza di tutto ciò che altri vorrà chiamare
letterario, o altrimenti, e che ò, insomma,
eterogeneo.
Tale l’abbiamo conosciuto in tanti paesaggi
e nature morte dipinte con la penna, ma
pensate con pennelli e colori. Tale può apparire,
a primo sguardo, la sala veneziana, un
po’ monotona, per altro, per la dolce luce giallóni
clic smorza le differenze in una uniforme
velatura di antico. Tali, se ci facciamo a un
esame più particolare, ci sembrano, ad esempio,
Boccale e timone, Fagliai, Dalla mia finestra,
e, qua e là, particolari sparsi nei piccoli
quadri. E vicn caso di porsi allora il problema
col quale abbiamo cominciato; c argomentare
clic forse in pittura, per quel tanto
di manuale, di tecnico, di alieno da concetti
c formule clic caratterizza quest’arte, sia, malgrado
tutti i» principii», assai più difficili
che nell’esercizio dello scrivere sviarsi e perdei
c ciò clic ormai era acquisito; clic la mano
stessa c il mestiere possono far dimenticare la
cattive abitudini mentali, o essere almeno efficaci
mezzani di pensieri c di opere, e maggiorment.
quando, come in questo caso, sia
di tanto aumentata la quotidiana applicazione.
E vien soprntuttv fatto di pensare che
questo c innocente profeta» sia tale solo alla
superficie, e clic, pc-r usare una frase di un
suo autorevole nemico, Soffici sia assai più» lì li us!oci» clic <i filius teni|K)ris»; c che,
avendo fatto sacrificio di attitudini a lui meno
essenziali, la sua natura locale e limitata
si manifesti ancora nella fonila più istintiva,
in termini pittorici:... ioni le naturcl a de force
Il se moline de foul, certain Age accompli
Le vase est imbibé, l’ótoffe a pris son pii.
Argomenti, come ognun vede, non tutti persuasivi
c logici, ma accettabili, perché consolanti.
Pur tuttavia, se il dubbio ci spinga a un
più attento esame, avverrà, se non ci inganniamo,
si ritrovi un certo mutamento e (piasi
rovesciamento nell’animo di Soffici pittore.
Abbiamo mostrato quali siano le doti native
del pittore toscano, c come si realizzino, i>er
quanto in grado diverso, in alcuni paesaggi
b nature morte; ma le cercheremmo invano, o
le ritroveremmo offuscate e contraddette nei
quadri di maggior mole. Qui abbiamo, al contrario,
qualcosa di precisamente opposto: invece
il: immediatezza, una.ricerca tutta voluta
di monumcntalità, di armonia, di decorazione.
Questo in misura minore in «Ragazza
portante una mezzina d’acqua», alquanto
scorretta peraltro, e nella «Toilette del bambino», (dove abbiamo invano cercato le ombre
seicentesche care a Ugo Ojetti), in misura
maggiore in» Donne Toscane che conversano
davanti all’uscio». Qualcosa di programmatico,
di intenzionale si frappone fra
la visione e la pittura: ma la perduta spontaneità
non si compensa. I.a monumcntalità si
riduce a facili simmetrie, a immobilità di figure
impoverite di senso particolare c di vita;
l’abilità decorativa non va oltre qualche falsa
trovata di colore, come il rosa della porta in
quest’ultimo quadro.
E’ uso comune, oramai,» inserirsi» nella
tradizione, cercare progenitori ideali. Soffici
pare abbia seguito la corrente, e si sia scelto
un modello. Anzi, ha trasformato in modelli
esteriori quelli stessi da cui derivava in modo
tutto nativo e intcriore: i toscani, Masaccio.
Borghese moderno, egli ha pur nel sangue un
IK>’ del sangue dell’avo che fu alle Crociate,
ma dell’avo egli vuole imitare anche il passo
e il costume, c indossar l’arme che più non
s’usa. Egli crede ritrovar sò stesso attraverso
ricerche difformi dalla sua natura. Se vorrà
proseguire nel viaggio clic dice di aver appena
incominciato, gli converrà ripetere per
sò le parole che egli stesso pronunciava per
altri, e di ben maggior volo- ((l’istinto pittorico
ò talmente la dote fondamentale del nostro
artista, che non ò se non profondandovisi
tutto ch’egli arriva talvolta a ricollegare il
proprio col più antico cd elementare genio
della razza».
Per ora i suoi lavori risentono della contemporanea
presenza e discordia del vecchio
Soffici che si affida agli ocelli, clic gli danno
già fatte e perfette le «sintesi realistiche»,
c del nuovo, che si affida al «principio estetico
corrispondente» e clic guasta l’opera del
primo. Non sarebbe qui, forse, «le trou de
la Sibylle»?
C. L.
C. L.

G. B. PARAVIA A C.
G. B. PARAVIA A C.

Editori - Librai • Tipografi
TORIfiO-MlhHNO - FIRENZE - ROMA-NAPObl- PALERMO
Editori - Librai • Tipografi TORIfiO-MlhHNO - FIRENZE - ROMA-NAPObl- PALERMO fPer!f Genlenarlo Francescano:

fPer!f Genlenarlo ^Francescano:
Le Regole e il Testamento di San Francesco Tradncione e Prefazione dt Angusto Hermet Opportunissimo giungo questo aureo libretio, poiché porta veramente un notovolo contributo alla colobraziono dol coutonario francescano, che non si potrobbo meglio ponotraro, nollo spirito dol Poverello d’AssisI che attraverso lo regolo Ch’Egli dottò por i Suoi fratolli, regolo vorameato sante o soffuso di carità cristiana.
Le Regole e il Testamento

di San Francesco
(Prezzo dol volumetto L 6.50 (Franco di porto in tutta Italia L. 7).
Tradncione e Prefazione dt Angusto Hermet

Opportunissimo giungo questo aureo libretio,
Le richiesi* vanno (itilo o alla Seda Ceulral* di Torino. Via Garibaldi. 25 o «Ile liliali di Milano, Flr«n*e. Roma, Napoli.
poiché porta veramente un notovolo contributo

alla colobraziono dol coutonario francescano, che
non si potrobbo meglio ponotraro, nollo spirito
dol Poverello d’AssisI che attraverso lo regolo
Ch’Egli dottò por i Suoi fratolli, regolo vorameato
sante o soffuso di carità cristiana.
(Prezzo dol volumetto L 6.50
(Franco di porto in tutta Italia L. 7).
Le richiesi* vanno (itilo o alla Seda Ceulral* di Torino. Via
Garibaldi. 25 o «Ile liliali di Milano, Flr«n*e. Roma, Napoli.
Palermo.
Palermo.

Novità:
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OLIVIERO ZUCCARINI
OLIVIERO ZUCCARINI Esperienze e Soluzioni LIBRERIA POLITICA MODERNA — Via S. Giacomo, 5 B, ROMA. IlIl miglior modo di dimostrarci amicizia è quello di pagarci l’abbonamento a tempo.
Esperienze e Soluzioni

LIBRERIA POLITICA MODERNA — Via
S. Giacomo, 5 B, ROMA. IlIl miglior modo di dimostrarci amicizia è quello
di pagarci l’abbonamento a tempo.
Molti non l’haano ancora fatto.
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