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MICHELST AEDTER Dei casi e del pensiero del Poeta e Filosofo goriziano Carlo Michelstaedter suicidatosi nel 1911 a ventitré anni «por ragioni metafisiche»
Pag. 78

IL DARETTI
appena scritta la parola fine nella oua tesi dottorale sulla Persuasione e la retorica che il Vailecchi ha pubblicato postuma, dopo il Papini molti hanno parlato: chi per mottero in evidenza la singolarità della violenta morte, o chi por accademicamente dissertare sul suo pensiero filosofo.
MICHELST AEDTER

Dei casi e del pensiero del Poeta e Filosofo
Ma all’antlrcttorico Michelstaedter non ci si può accostare con Panimo incline a curiosità clamorooa, o ad algidi ludi cerebrali, bisogna col cuore acooetarglicisi. Per chi gli si accosta con tale intcriore disposizione, vivo è ancora il suo messaggio.
goriziano Carlo Michelstaedter suicidatosi nel

1911 a ventitré anni «por ragioni metafisiche»
La meta della persuasione ò in alto od è in basso; a seconda che si tratti dello spirito oppure della materia.
appena scritta la parola fine nella oua tesi dottorale

sulla Persuasione e la retorica che il Vailecchi
«Un peso pende da un gancio, o per pcndoro soffro ohe non può scendere: non può uscirò dal gancio, poiché quant’è peso pende, o quanto pende dipendo. Lo vogliamo soddisfare: lo liberiamo dalla sua dipendenza, lo lasciamo andare, che sazi la sua fame del più basso, c scenda indipondentomente finché eia contento di soendere.
ha pubblicato postuma, dopo il Papini

molti hanno parlato: chi per mottero in evidenza
Ma in nessun punto raggiunto fermarsi lo accontenta, «vuolo pur scenderò, ché il prossimo punto supera in bassezza quello che esso ogni volta tenga. «Poiché» infinita gli resta pur Sempre la volontà di scendere. Cho oc in un punto gli fosse finita, e In un punto poteaso possedere l’infinito scendere dell’infinito futuro in quel punto coso non sarebbe più quello cho e: Un peso (Persuasione, p. 13).
la singolarità della violenta morte, o chi

por accademicamente dissertare sul suo pensiero
«Chi vuolo aver la vita non deve credersi nato., e vivo, soltanto perchè nato, nò sufficiente la sua vita, da esser così continuata e difesa dalla morte. Egli è solo nel deserto, e devo crear tutto da sé: Dio e Patria, e famiglia c l’acqua e ii pane. Poiché quello cose cho il bisogno gli addita, quelle sono U ouo stesso bisogno; quelle che restano sempre lontano, quanto il suo bisogno di continuare la proietterà sempre avanti nel futuro; quelle non le potrà mai avere, ma quando vada a loro esse u’allontaneranno, poiché egli rincorrerebbe la propria ombra.
filosofo.

Ma all’antlrcttorico Michelstaedter non ci si
■ (Persuasione p. 40-41). Questo tendere verso un punto sempre futuro relativamente al presento del soggetto senziente, è l’eterna origine del dolore, che rilevandosi come dimostrazione dalla nostra insufficienza, la nostra vita fa apparirò quale una eterna deficienza, e quale una vile acccttaziono della morte.
può accostare con Panimo incline a curiosità

clamorooa, o ad algidi ludi cerebrali, bisogna
Cadaveri noi stessi, di cadaveri è formato il nostro spirituale e materiale nutrimento. Parallela all’infinità della neutra fame, corre l’infinità della nostra miseria della nostra dipendenza.
col cuore acooetarglicisi. Per chi gli si accosta

con tale intcriore disposizione, vivo è ancora il
suo messaggio.
La meta della persuasione ò in alto od è in
basso; a seconda che si tratti dello spirito oppure
della materia.
«Un peso pende da un gancio, o per pcndoro
soffro ohe non può scendere: non può uscirò
dal gancio, poiché quant’è peso pende, o quanto
pende dipendo. Lo vogliamo soddisfare: lo liberiamo
dalla sua dipendenza, lo lasciamo andare,
che sazi la sua fame del più basso, c scenda
indipondentomente finché eia contento di
soendere.
Ma in nessun punto raggiunto fermarsi lo
accontenta, «vuolo pur scenderò, ché il prossimo
punto supera in bassezza quello che esso ogni
volta tenga. «Poiché» infinita gli resta pur
Sempre la volontà di scendere. Cho oc in un
punto gli fosse finita, e In un punto poteaso
possedere l’infinito scendere dell’infinito futuro
in quel punto coso non sarebbe più quello cho
e: Un peso (Persuasione, p. 13).
«Chi vuolo aver la vita non deve credersi nato.,
e vivo, soltanto perchè nato, nò sufficiente
la sua vita, da esser così continuata e difesa
dalla morte. Egli è solo nel deserto, e devo
crear tutto da sé: Dio e Patria, e famiglia c
l’acqua e ii pane. Poiché quello cose cho il bisogno
gli addita, quelle sono U ouo stesso bisogno; quelle che restano sempre lontano, quanto
il suo bisogno di continuare la proietterà sempre
avanti nel futuro; quelle non le potrà mai
avere, ma quando vada a loro esse u’allontaneranno,
poiché egli rincorrerebbe la propria ombra.
■ (Persuasione p. 40-41). Questo tendere
verso un punto sempre futuro relativamente al
presento del soggetto senziente, è l’eterna origine
del dolore, che rilevandosi come dimostrazione
dalla nostra insufficienza, la nostra vita
fa apparirò quale una eterna deficienza, e quale
una vile acccttaziono della morte.
Cadaveri noi stessi, di cadaveri è formato il
nostro spirituale e materiale nutrimento. Parallela
all’infinità della neutra fame, corre l’infinità
della nostra miseria della nostra dipendenza.
Uno sterminato cimitero è il mondo.
Uno sterminato cimitero è il mondo.

Nell’acoontentarui di questa o in questa morto
Nell’acoontentarui di questa o in questa morto consisto la rettorica. La quale è il resultato della nootra sconfitta: un punto spaziale o periferico del punto unico e totale nel quale consiste la méta del nostro dolore, la persuasione.
consisto la rettorica. La quale è il resultato

della nootra sconfitta: un punto spaziale o periferico
Ogni volto da noi assunto è una maschera, come le Istituzioni della rettorica originale sono violenza organizzata: la violenza della tonobra contro la luce; dol pcao contro la leggerezza; del futuro contro il presente.
del punto unico e totale nel quale consiste

la méta del nostro dolore, la persuasione.
11 nulla ci sta d’attorno, ma un nulla che c’incatena e c’impaura: ombre sul muro che scambiamo per uomini, brutti sogni che ci fan di soprassalto svegliare.
Ogni volto da noi assunto è una maschera,

come le Istituzioni della rettorica originale sono
Ma come non può avere un volto, questo nulla non può avere una otoria. Così da questa verità gli uomini saranno edotti che la storia è ■un circolo chiuso di fatti che eternamente ai ripetono (Idea greca dell’eterno ritorno: Nietzsche t) E* tutto ciò il Fato, contro il quale l’uomo deve orgersi, Lucifero, Prometeo, per disprczzaro e vincere la correlatività dei rapporti che lo abbassa cosa fra le ccoo, in un mondo cshe ha una sola voce ed un occhio solo, quello della nostra fame o della nostra distensione nel futuro.
violenza organizzata: la violenza della tonobra

contro la luce; dol pcao contro la leggerezza;
(Qui si fa allusione all’istinto, cd al mito greco del Ciclope). Due mondi entrambi a sé stanti sono di fronte..in un parallelismo che i] Michelstaedter non riesco a filosoficamente superare. Invece uno solo dei due mondi nega, quello della materia, così che U conosciuto mondo degli spettri tutto gli si rivolta contro e gli si addossa nella disperata lotta per affermare creare sé stesso, od In so stesso la persuasione nella quale eternamente permanere.
del futuro contro il presente.

11 nulla ci sta d’attorno, ma un nulla che
Dal nulla avviato al nulla perviene in questa sua lotta nella quale le istituzioni degli uomini cadono in frantumi, nel deserto che gradatamente si fa attorno sempre più rarefatto e solenne per laociare con magnificenza splendere la scia luminosa del persuaso che con tutta la sua vita resisto alla fame del futuro, alla bella morte immolandosi per far di sé stesso fiamma.
c’incatena e c’impaura: ombre sul muro che

scambiamo per uomini, brutti sogni che ci fan
In basso là in basso è stata relegata la storia degli uomini; che non è veramente la «loro»
di soprassalto svegliare.

Ma come non può avere un volto, questo nulla
storia, ma quella dei detriti che la «loro» debo* lezza ha generati. Per concocere questa basta fermuiui, c sufficiente entrare in qualità di schiavi nelle relazioni sociali cd amorevolmente accettarle, sì da crederle una cosa viva c vitale.
non può avere una otoria. Così da questa verità

gli uomini saranno edotti che la storia è
riatono, nell’età stanca, ma specialmente Aristotile han fatto ciò, e dalle loro cogitazioni son nato la ocienza e la storia: vale a dire le «elucubrazioni» attorno alla materia; e i codici delle mistificazioni dal Dio dolla viltà compiuto.
■un circolo chiuso di fatti che eternamente ai

ripetono (Idea greca dell’eterno ritorno: Nietzsche
t)
E* tutto ciò il Fato, contro il quale l’uomo
deve orgersi, Lucifero, Prometeo, per disprczzaro
e vincere la correlatività dei rapporti che
lo abbassa cosa fra le ccoo, in un mondo cshe
ha una sola voce ed un occhio solo, quello della
nostra fame o della nostra distensione nel futuro.
(Qui si fa allusione all’istinto, cd al mito
greco del Ciclope). Due mondi entrambi a
sé stanti sono di fronte..in un parallelismo che
i] Michelstaedter non riesco a filosoficamente
superare. Invece uno solo dei due mondi nega,
quello della materia, così che U conosciuto mondo
degli spettri tutto gli si rivolta contro e gli
si addossa nella disperata lotta per affermare
creare sé stesso, od In so stesso la persuasione
nella quale eternamente permanere.
Dal nulla avviato al nulla perviene in questa
sua lotta nella quale le istituzioni degli uomini
cadono in frantumi, nel deserto che gradatamente
si fa attorno sempre più rarefatto e solenne
per laociare con magnificenza splendere
la scia luminosa del persuaso che con tutta la
sua vita resisto alla fame del futuro, alla bella
morte immolandosi per far di sé stesso fiamma.
In basso là in basso è stata relegata la storia
degli uomini; che non è veramente la «loro»
storia, ma quella dei detriti che la «loro» debo*
lezza ha generati. Per concocere questa basta
fermuiui, c sufficiente entrare in qualità di
schiavi nelle relazioni sociali cd amorevolmente
accettarle, sì da crederle una cosa viva c vitale.
riatono, nell’età stanca, ma specialmente
Aristotile han fatto ciò, e dalle loro cogitazioni
son nato la ocienza e la storia: vale a dire
le «elucubrazioni» attorno alla materia; e i
codici delle mistificazioni dal Dio dolla viltà
compiuto.
Il solo valoro cho valga ò l’io per Mlchelstaodlor.
Il solo valoro cho valga ò l’io per Mlchelstaodlor.

L’appello lowianskiano: «Soyez vousmeme
sana regarde pour lea loia du mondo!»
L’appello lowianskiano: «Soyez vousmeme sana regarde pour lea loia du mondo!»

riuuona come una tromba di Gerico, nella sua
riuuona come una tromba di Gerico, nella sua prosa cho é il vibrante corpo di un uomo; por svegliaro lo morto anime degli uomini vegetanti nolla radura: forse solo in Weininger l’esigenza etica della libertà morale ha raggiunto un tale acume drammatico od un’eguale serietà:
prosa cho é il vibrante corpo di un uomo; por

svegliaro lo morto anime degli uomini vegetanti
e H personale dramma di quosti due figlioli d’Isracl morti per avor voluto eseore so sterni porsuasi nell’imperdibile possesso della verità, è un dramma brandiauo non indogno d’essere cantato dal «più grondo poeta della vita morale».
nolla radura: forse solo in Weininger l’esigenza

etica della libertà morale ha raggiunto
Si potrebbero riguardare queste divorsò idem ticho espressioni, quali crepuscolari luci dol pensiero kantiano, sarebbo però un rlmpicciollrie assiemo al problema che enunciano. Il quale è in ciò ma è anche in alto. Non si può ignorare che si tratta di duo ebrei; di due uomini ci è che han dovuto per conto proprio rifare l’esperienza eroica individuante (negativa) del Cristianesimo, qualo Cristo stesso l’Ka insognata e vissuta, nella forma che il modorno pensiero critico ha modellata.
un tale acume drammatico od un’eguale serietà:

e H personale dramma di quosti due figlioli
In quanto fedeli a questa forma, possono essere considerati degli epigoni del pensiero kantiano; ma in quanto alla sostanza essi fan parto di diritto della schiera esigua degli eroi del peneiero; il maggiore dei quali è Cristo, cho tutti li assomma e tutti li informa.
d’Isracl morti per avor voluto eseore so

sterni porsuasi nell’imperdibile possesso della
La coscienza di questa loro appartenenza sostanziale alla Chiesa eterna era del resto viva in.entrambi, ancho se solo il Weininger ha desiderato con un atto esteriore renderla palese.
verità, è un dramma brandiauo non indogno

d’essere cantato dal «più grondo poeta della
Ma lasciamo oramai Weininger al suo problema od alla sua soluzione. Michelstaedter altamente vale; egli cho non ha formalmente accettato il Cristianesimo, perchè di esso ha accettato soltanto ciò che è espressione di moralo eroismo (dato nogativo), senz’arrivare al suo vero nocciolo (dato positivo), il quale comiisto nel concepire la vita qualo una quotidiana resurrezione dalla morte, por renderò la morto stessa, vita.
vita morale».

Si potrebbero riguardare queste divorsò idem
Michelstaedter «desiderava» invece prescindere da essa, volendo dal nulla creare la «uua»
ticho espressioni, quali crepuscolari luci dol

pensiero kantiano, sarebbo però un rlmpiccioUrie
assiemo al problema che enunciano. Il
quale è in ciò ma è anche in alto. Non si può
ignorare che si tratta di duo ebrei; di due uomini
ci è che han dovuto per conto proprio
rifare l’esperienza eroica individuante (negativa)
del Cristianesimo, qualo Cristo stesso l’Ka
insognata e vissuta, nella forma che il modorno
pensiero critico ha modellata.
In quanto fedeli a questa forma, possono
essere considerati degli epigoni del pensiero
kantiano; ma in quanto alla sostanza essi fan
parto di diritto della schiera esigua degli eroi
del peneiero; il maggiore dei quali è Cristo,
cho tutti li assomma e tutti li informa.
La coscienza di questa loro appartenenza sostanziale
alla Chiesa eterna era del resto viva
in.entrambi, ancho se solo il Weininger ha desiderato
con un atto esteriore renderla palese.
Ma lasciamo oramai Weininger al suo problema
od alla sua soluzione. Michelstaedter altamente
vale; egli cho non ha formalmente accettato
il Cristianesimo, perchè di esso ha accettato
soltanto ciò che è espressione di moralo
eroismo (dato nogativo), senz’arrivare al suo
vero nocciolo (dato positivo), il quale comiisto
nel concepire la vita qualo una quotidiana resurrezione
dalla morte, por renderò la morto
stessa, vita.
Michelstaedter «desiderava» invece prescindere
da essa, volendo dal nulla creare la «uua»
vita.
vita.

8cgretamente Zarathustra soffiava nella sua
8cgretamente Zarathustra soffiava nella sua anima: e vecchi paurosi pepaieri s’agitavano nella sua mente per parlargli di «dannazioni eterne», di «distacchi oostanziali», d’«incolmabili abissi», fortemente impressionandolo sì da trasformare i termini dialettici di questi ponderi, in passionali motivi di sofferenza morale.
anima: e vecchi paurosi pepaieri s’agitavano

nella sua mente per parlargli di «dannazioni
Michelstaedter drammatizza così il pensiero che non è più una roto contesta di ooncotti astrattl della vita, ma la carne viva di un uomo.
eterne», di «distacchi oostanziali», d’«incolmabili

abissi», fortemente impressionandolo sì da
In questa drammatica passionalità consisto la originalità cd il limito del suo pensiero, quanto la tara della razza infittagli; della qualo non ha • potuto trionferò e liberarsi che colla morte».
trasformare i termini dialettici di questi ponderi,

in passionali motivi di sofferenza morale.
Egli non ha saputo andar «oltre la dialettica», ma in questa è rimonto impigliato nel momento stesso cho ■ tutto in un punto vivendosi»
Michelstaedter drammatizza così il pensiero

che non è più una roto contesta di ooncotti astrattl
ha creduto di superarla. Egli non ha vissuto il Crinto, quale redentore: non ha potuto capire e vivere il fatto del Golgota. In ciò la sua incapacità a sorpassare il nucleo della razza: oggetto inconscio-occulto del suo interiore dramma; e motivo della sua filosofìa individualieta.
della vita, ma la carne viva di un uomo.

In questa drammatica passionalità consisto la
L’importanza del suo pensiero è però del tutto critica e negativa: restano soli, luminosi e solenni, il uuo richiamo alla libertà moralo c la sua eroica fine, che non è una morte, ma una «combustione».
originalità cd il limito del suo pensiero, quanto

la tara della razza infittagli; della qualo non
ha • potuto trionferò e liberarsi che colla morte».
Egli non ha saputo andar «oltre la dialettica», ma in questa è rimonto impigliato nel momento
stesso cho ■ tutto in un punto vivendosi»
ha creduto di superarla. Egli non ha vissuto il
Crinto, quale redentore: non ha potuto capire
e vivere il fatto del Golgota. In ciò la sua incapacità
a sorpassare il nucleo della razza: oggetto
inconscio-occulto del suo interiore dramma;
e motivo della sua filosofìa individualieta.
L’importanza del suo pensiero è però del tutto
critica e negativa: restano soli, luminosi e solenni,
il uuo richiamo alla libertà moralo c la
sua eroica fine, che non è una morte, ma una
«combustione».
Di quel richiamo e di questa «combustione»
Di quel richiamo e di questa «combustione»

o della serietà-coraggio nell’accettazione e ricerca
dolla verità, è pregno il Messaggio cho
o della serietà-coraggio nell’accettazione e ricerca dolla verità, è pregno il Messaggio cho dai regui dell’Ignoto c’invia il Michelstaedter.

dai regui dell’Ignoto c’invia il Michelstaedter.
Armando Cavalli.
Armando Cavalli.

Teatro Teatrale
Ancora nel ’700 ci riconosceva Voltairo:l
Teatro Teatrale Ancora nel ’700 ci riconosceva Voltairo:l privilegio di perfetti scenografi.

privilegio di perfetti scenografi.
Fu la neutra Rinascenza a portare lo risorsa
Fu la neutra Rinascenza a portare lo risorsa della prospettiva lineare noi palcoscenico austero creato dai greci, coi nuovi doni di congegni o meccanismi scoperti dal Medio Eyo.

della prospettiva lineare noi palcoscenico austero
Poi Bibbiena, Piranesi, Gonzaga, nel corno di tre secoli furono padroni. doll’artc con la maestosa stabilità di opere complete di pittura o di architettura.
creato dai greci, coi nuovi doni di congegni

o meccanismi scoperti dal Medio Eyo.
Lo spirito animatore di questo ricerche scenografiche, por tutto il periodo neo-classico (Gonzaga muore nel 1831) è riaosunto nelle parole di Voltaire: *La decorazione dei teatri consiste nell’arte di rendere col soccorso Jcllu prospettiva, della pittura e di una illumina• rione artificiale tutti gli oggetti che a noi offrala natura».
Poi Bibbiena, Piranesi, Gonzaga, nel corno

di tre secoli furono padroni. doll’artc con la
Variano gli spettacoli dal gotico tenebroso alla falsa religiosità del barocco-, ma le scuoio inoeguono tuttavia il sogno dell’imitazione del vero. Il senso dello favolette riesce in questi casi più decisivo delle teorie, cd eccovi l’Algarotti raccontare piacovolmente: «/Ve/ tmtro di Claudio Pulvro fu condotta una prospettiva con tal maestria che, al dir di Plinio,’ le cornacchie, animale non tanto goffo, credendo vere certe tegole
maestosa stabilità di opere complete di pittura
<v» dipinte volavano per posarvici sopra a quel modo che da certi gradini dipinti in una prospettiva daI Dentane (1576-1631) fu ingannato un cane che volendo salirgli in piena corsa diede fieramente contro il muro e nobilitò della sua morte l’artificio di quell’opera».
o di architettura.

Lo spirito animatore di questo ricerche scenografiche,
Lo inganno degli occh i sarebbe la scenografia por un dimenticato trattatista del ’600. L’inganno poi por concorde parere di tutti gli artefici sta nel rifarò le apparenze Tramonto del teatro Che cosa fece il verismo noi l’ultimo cinquau teunio se non portare all’assurdo questo schema o perdersi nella fotografia c nella decorazione degli appartamenti quasi per attrarre alle opero bonario di Già -osa e di Ferrari i gusti di jtarvenu del popolino? Ma ce le scene non ci devono dare che il lusso parigino, le grandi opere guadagneranno a essere rappresentate con semplicità. Gli spiriti più moderati auspicarono un teatro i» cui l’attore fosse colo dicitore. Senonché, giunti a questo punto se il teatro è soltanto l’opora teatrale, il miglior segno del gusto degli spettatori consisterà nella loro ca pacità di diportarlo per leggersi riposatamento, a tavolino, senza ingombri, senza mediatori, l’opera d’arte. Oggi i critici drammatici ita Dani, che rimasero appunto iucsporti di ogni segreto sconografico, anticipano questo cammino; sono critici letterari veri e propri c giudicano l’opora alla lettura paghi di cercaro nella rappresentazione una riconferma.
por tutto il periodo neo-classico

(Gonzaga muore nel 1831) è riaosunto nelle parole
Il pubblico fuggo la noia, disertando il dram ma per l’operetta. Perchè l’operetta è rimaatn il vero spettacolo, che ha il suo senso In se stessa, magari nel cattivo gusto del suo sfarzo, ma non iri una mediocre letteratura d’accatto.
di Voltaire: *La decorazione dei teatri

consiste nell’arte di rendere col soccorso Jcllu
Ci sono valori di fascilo di improvvisazione, c’è il meraviglioso, il solenne, il fantasmagorico; H teatro vuole queste sorprese vive a patto di realizzare questi divertimenti, c non per le pedanterie della cultura o del moralismo.
prospettiva, della pittura e di una illumina•

rione artificiale tutti gli oggetti che a noi offrala
I valori di stile non sono per tutti; i teatri d’arte devono rimanere piccoli teatri, dove l’illusione è abolita, o si può contaro sul sottinteso; Jacquco Copeau aiuterà il rinnovamento della letteratura assai più cho del teatro francese.
natura».

Variano gli spettacoli dal gotico tenebroso
Per ritornare al senso dello •spettacolo, abbiamo bisogno di maghi c non di letterati.
alla falsa religiosità del barocco-, ma le scuoio

inoeguono tuttavia il sogno dell’imitazione del
In questo senso ai può intendere la crociata del nostro selvaggio amico Bragaglia.
vero. Il senso dello favolette riesce in questi casi

più decisivo delle teorie, cd eccovi l’Algarotti
Per limitarci all’Europa occidentale Gordon Craig, Max Reiuhadt, Appia, possono considerarsi come tre maghi intenti a dare un significato moderno al teatro, a farlo vivere per il pubblico a liberarlo dalla poesia c dalle altro arti.
raccontare piacovolmente: «/Ve/ tmtro di Claudio

Pulvro fu condotta una prospettiva con tal
Craig Le attitudini di Gordon Craig a far naaccro la meraviglia si riconoscono subito in quella sua faccia di ingenuo entusiasta, di burlone aperto e rumoroso. Sembra un fanciullo che nasconda le astuzie nella franchezza Inglese del ouo aspetto. Gordon Craig ha tre odi inesorabili:
maestria che, al dir di Plinio,’ le cornacchie,

animale non tanto goffo, credendo vere certe tegole
la fotografia, il lusso americano e lo lampudiue di 300 candele nelle piccole camere del piccoli uomini, a Le candele — osserva il mago uni modo di illuminare lo scone — cospirano in pro’ delle buone maniere, grazie ad esse non ci si trova in una perpetua insolenza meridiana. Al calar della sera, calano anche le voci, la gente si muove meno, il lavoro della giornata *’ finito. E io capirei bene un allestitore, il quale per uu dramma tranquillo dove I movimenti siano pochi, un dramma se* tale di cose srmjtlici, tornasse ancora una volta a usar le candele*.
<v» dipinte volavano per posarvici sopra a

quel modo che da certi gradini dipinti in una
Contro il simbolismo, lo luci psicologiche, o l’insopportabile immobilità dol verismo, Gordon Craig torna a uiir concezione classica dello opcttacolo, come sinfonico risultato dell’opera, della recitazione, dolla decorazione. Ai suoi pro]>ositi si possono dare come motto le parole di Eleonora Duse: «Per salvare il teatro bisogna distruggerlo: gli attori e le attrici devono morir tutti di peste. Essi ammorbano l’aria, fanno impossibile l’arte».
prospettiva daI Dentane (1576-1631) fu ingannato

un cane che volendo salirgli in piena
La lotta di Gordon Craig è contro il troppo umililo: bisogna sopprimere l’attore smanioso di portaro nel palcoscenico la vita, ossia i greti esuberanti, la commozione animale, la naturalezza goffa; l’attore ritorni un elemento dominato da un gioco armonico di immaginaziono.
corsa diede fieramente contro il muro e nobilitò

della sua morte l’artificio di quell’opera».
La vita del teatro c al di là dolla natura, Craig ottiene spettacoli miracolosi coi minimi mezzi.
Lo inganno degli occh i sarebbe la scenografia

por un dimenticato trattatista del ’600. L’inganno
Le sue risorse scenografiche ai riducono ad aver adottato un apparecchio illuminante semplice, lontano dallo sfarzo c dei tramezzi bianchi cho si aprono o ripiegano, secondo ogni foggia o misura. Restiamo noi mondo doll’improvvioaziono.
poi por concorde parere di tutti gli artefici

sta nel rifarò le apparenze
Abbiamo la gioia di continue sorpreso novità di divisoni e di aperture per l’entrare c por l’allontanarsi degli attori. Tutte lo risorse sono architettoniche, perché solo gli upazi riescono definiti dall’artificio dello scenario mentre la complcssività è recata dall’abile uso dello luci colorate. Dobbiamo restare in una atmeofora di favola.
Tramonto del teatro

Che cosa fece il verismo noi l’ultimo cinquau
Reinhardt Invece Reinhardt, attore, decoratore soouografo, impresario perdo a essere considerato, conio Gordon Craig, por lo stilo <s per le risorse fantastiche del carattere. Egli ol ò trovato a dover combattere la sua battaglia contro l’insolente pompa del Meiningerlum specializzato noi costumi storici e nel lusso filisteo. Por conquistami il suo posto nella Germania moderna ha dovuto giocare di strategia, appoggiarsi alle teorie: soffocare gli ostacoli con la sua genialità di ’ Industriale. Nella sua opera troviamo un mescolanza curiosa di iopirazione religiosa e morale o di calcolo pratico, cho ripugnerebbe se non fosse il segno di un uomo che dove tutto a so stesso. Il reinhardtismo, tra i tedeschi, ha un significato di battaglia in tutti i campi.
teunio se non portare all’assurdo questo schema

o perdersi nella fotografia c nella decorazione
Ha appoggiato e ha fatto prevalere tutte le avanguardie, in Austria o in Germania, Hofmannshtall è il suo poeta, KUmt il suo pittore Strame il direttore d’orchestra., Roller il suo collaboratore per la soenografia. Sono» più boi nomi dell’arte contemporanea.
degli appartamenti quasi per attrarre alle

opero bonario di Già -osa e di Ferrari i gusti
Cho cosa vuolo faro Reinhardt? Creare il teatro dalla collaborazione di spettatore attore o autore: raggiungere la grande forma, quaui risuscitare lo gloriosa arto barocca della Sassonia.
di jtarvenu del popolino? Ma ce le scene non ci

devono dare che il lusso parigino, le grandi
Le sue esperienze hanno qualcosa da insegnarci anche per la scenografia: il valore dato all’architettura, lo risorgo della scena stilizzata. Lo mosse in scena dol Paust del Sogno di una notte di mezza estate riuecirono esemplari.’Ma il loro valore rimane decorativo: i risultati restano quelli che si potevano aspettare da uu ispiratore eccezionale ma esclusivista corno Klirat.
opere guadagneranno a essere rappresentate con

semplicità. Gli spiriti più moderati auspicarono
Bisogna giudicare Reinhardt in blocco. Ancho i programmi, anche le teorie hanno la loro importanza.
un teatro i» cui l’attore fosse colo dicitore. Senonché,

giunti a questo punto se il teatro è
Egli ha capito che ogni opera ha bisogno della sua atmosfera, dol suo pubblico.
soltanto l’opora teatrale, il miglior segno del

gusto degli spettatori consisterà nella loro ca
Ibscn è l’artista dello ironie e dei sottintesi della confidenza raccolta o dell’intimità consapevole:
pacità di diportarlo per leggersi riposatamento,

a tavolino, senza ingombri, senza mediatori,
e Reinhardt ne ha fatto delle rappresentazioni da camera creando a Berlino il Teatro dei trecento, quasi per iniziati, dove poi fu possibile rendere tutte lo sfumature dell’arte di Goethe giovane in Clavigo e. Stella.
l’opera d’arte. Oggi i critici drammatici ita

Dani, che rimasero appunto iucsporti di ogni
L’arte di Eschllo iuveoe devo vivere tra lo follo senza pedanti, senza intervento di filologia.
segreto sconografico, anticipano questo cammino;

sono critici letterari veri e propri c giudicano
Reinhardt ha portato YOrestiade © VE dillo Et. nel circo popolare, abolendo il teatro a loggie per il suo eterno sogno dolla grande forma. Gli hanno rimproverato di non aver capito il mistero; di aver reno quelle opero troppo contemporanee. Ma non basterebbe per la sua gloria la scoperta dei ritmi secondo cui si può far parlare i cori, o l’intuizione geniale dei movimenti di popolo Bulla scena?
l’opora alla lettura paghi di cercaro

nella rappresentazione una riconferma.
Appia Appia è più innanzi di tutti, solo nella volontà intransigente ed occlusiva di preparare lo spettacolo moderno. Nella sua natura ambigua, di ginevrino si trovano clementi non raffinati, incongruenze non risolte. Talvolta la sua ricchezza sembrerebbe caratteristica di un giocoliere.
Il pubblico fuggo la noia, disertando il dram

ma per l’operetta. Perchè l’operetta è rimaatn
C’è dell’intemperanza, un’ebrezza nativa, felice.
il vero spettacolo, che ha il suo senso In se stessa,

magari nel cattivo gusto del suo sfarzo, ma
Appia è figlio dell’impressioniomo, e no porta, sul teatro la rivoluzione. Abolisce la pittura j>cr la luce: le luci colorate sono i suoi viventi colori. Contro Craig afferma che l’attore ù tutto. Ma anche l’attore è limitato dall’ambiente che lo circonda. Nessuno prima di Appia ha scoperto con tanta precisione e fondatezza l’autonomia del teatro arte vivente, da tutto lo altre arti. D’accordo con le nuove enteriche egli proclama che il dramma sta nell’esprcssiono non nel significato (nella forma, non ne contenuto).
non iri una mediocre letteratura d’accatto.

Ci sono valori di fascilo di improvvisazione,
Tutti i vecchi cruori ili appreseci none sono capovolti si trutta di creare ciò che non c’è.
c’è il meraviglioso, il solenne, il fantasmagorico;

H teatro vuole queste sorprese vive a patto
Perciò il teatro si fonda au elementi mobili, capaci di fonderai e di trovare ogni volta una nuova sintesi: musica, aorchilettura, corpo limano, luce-colore ambientale. Poesia c pittura restano invoco soltanto occasioni, dati rigidi superati nelle nuove armonie, che nascono quasi improvviuato al momento dell’offotlnazione scenica.
di realizzare questi divertimenti, c non per le

pedanterie della cultura o del moralismo.
Questo è modernismo intelligente: sono sfruttate sul serio persino lo esperienze di dinamismo plastico, pcruino la influenza che ebbo lo sport, nel valorizzare l| corpo umano. A quali effetti sappia giungere Appia con queste promosse si è.potuto vedere nello scene di Wagner.
I valori di stile non sono per tutti; i teatri

d’arte devono rimanere piccoli teatri, dove l’illusione
Quando scrive: Tout effort sèrieux pour reformer noire theatre, uc dirige mstinctivcment vers la mise en scène, egli lavora dunque per la sua idea fìssa, lo spettacolo, Pari vivant.
è abolita, o si può contaro sul sottinteso;

Jacquco Copeau aiuterà il rinnovamento
Appia ci vuol dare il nuovo teatro popolare, cho abbia por lo grandi follo I) faccino della operetta senza ripeterne il goffo sfarzo, e le monotone ebbrezze.
della letteratura assai più cho del teatro francese.

Per ritornare al senso dello •spettacolo,
abbiamo bisogno di maghi c non di letterati.
In questo senso ai può intendere la crociata
del nostro selvaggio amico Bragaglia.
Per limitarci all’Europa occidentale Gordon
Craig, Max Reiuhadt, Appia, possono considerarsi
come tre maghi intenti a dare un significato
moderno al teatro, a farlo vivere per
il pubblico a liberarlo dalla poesia c dalle
altro arti.
Craig
Le attitudini di Gordon Craig a far naaccro
la meraviglia si riconoscono subito in quella
sua faccia di ingenuo entusiasta, di burlone
aperto e rumoroso. Sembra un fanciullo che
nasconda le astuzie nella franchezza Inglese
del ouo aspetto. Gordon Craig ha tre odi inesorabili:
la fotografia, il lusso americano e lo
lampudiue di 300 candele nelle piccole camere
del piccoli uomini, a Le candele — osserva
il mago uni modo di illuminare lo scone
— cospirano in pro’ delle buone maniere, grazie
ad esse non ci si trova in una perpetua insolenza
meridiana. Al calar della sera, calano
anche le voci, la gente si muove meno, il lavoro
della giornata *’ finito. E io capirei bene un
allestitore, il quale per uu dramma tranquillo
dove I movimenti siano pochi, un dramma se*
tale di cose srmjtlici, tornasse ancora una volta
a usar le candele*.
Contro il simbolismo, lo luci psicologiche, o
l’insopportabile immobilità dol verismo, Gordon
Craig torna a uiir concezione classica dello
opcttacolo, come sinfonico risultato dell’opera,
della recitazione, dolla decorazione. Ai suoi
pro]>ositi si possono dare come motto le parole
di Eleonora Duse: «Per salvare il teatro bisogna
distruggerlo: gli attori e le attrici devono
morir tutti di peste. Essi ammorbano l’aria,
fanno impossibile l’arte».
La lotta di Gordon Craig è contro il troppo
umililo: bisogna sopprimere l’attore smanioso
di portaro nel palcoscenico la vita, ossia i greti
esuberanti, la commozione animale, la naturalezza
goffa; l’attore ritorni un elemento dominato
da un gioco armonico di immaginaziono.
La vita del teatro c al di là dolla natura, Craig
ottiene spettacoli miracolosi coi minimi mezzi.
Le sue risorse scenografiche ai riducono ad aver
adottato un apparecchio illuminante semplice,
lontano dallo sfarzo c dei tramezzi bianchi cho
si aprono o ripiegano, secondo ogni foggia o
misura. Restiamo noi mondo doll’improvvioaziono.
Abbiamo la gioia di continue sorpreso
novità di divisoni e di aperture per l’entrare
c por l’allontanarsi degli attori. Tutte lo risorse
sono architettoniche, perché solo gli upazi
riescono definiti dall’artificio dello scenario
mentre la complcssività è recata dall’abile uso
dello luci colorate. Dobbiamo restare in una
atmeofora di favola.
Reinhardt
Invece Reinhardt, attore, decoratore soouografo,
impresario perdo a essere considerato,
conio Gordon Craig, por lo stilo <s per le risorse
fantastiche del carattere. Egli ol ò trovato a
dover combattere la sua battaglia contro l’insolente
pompa del Meiningerlum specializzato
noi costumi storici e nel lusso filisteo. Por conquistami
il suo posto nella Germania moderna
ha dovuto giocare di strategia, appoggiarsi alle
teorie: soffocare gli ostacoli con la sua genialità
di ’ Industriale. Nella sua opera troviamo
un mescolanza curiosa di iopirazione religiosa
e morale o di calcolo pratico, cho ripugnerebbe
se non fosse il segno di un uomo che dove tutto
a so stesso. Il reinhardtismo, tra i tedeschi, ha
un significato di battaglia in tutti i campi.
Ha appoggiato e ha fatto prevalere tutte le
avanguardie, in Austria o in Germania, Hofmannshtall
è il suo poeta, KUmt il suo pittore
Strame il direttore d’orchestra., Roller il suo
collaboratore per la soenografia. Sono» più boi
nomi dell’arte contemporanea.
Cho cosa vuolo faro Reinhardt? Creare il teatro
dalla collaborazione di spettatore attore o
autore: raggiungere la grande forma, quaui risuscitare
lo gloriosa arto barocca della Sassonia.
Le sue esperienze hanno qualcosa da insegnarci
anche per la scenografia: il valore dato all’architettura,
lo risorgo della scena stilizzata. Lo
mosse in scena dol Paust del Sogno di una notte
di mezza estate riuecirono esemplari.’Ma il loro
valore rimane decorativo: i risultati restano
quelli che si potevano aspettare da uu ispiratore
eccezionale ma esclusivista corno Klirat.
Bisogna giudicare Reinhardt in blocco. Ancho
i programmi, anche le teorie hanno la loro importanza.
Egli ha capito che ogni opera ha bisogno
della sua atmosfera, dol suo pubblico.
Ibscn è l’artista dello ironie e dei sottintesi
della confidenza raccolta o dell’intimità consapevole:
e Reinhardt ne ha fatto delle rappresentazioni
da camera creando a Berlino il Teatro
dei trecento, quasi per iniziati, dove poi
fu possibile rendere tutte lo sfumature dell’arte
di Goethe giovane in Clavigo e. Stella.
L’arte di EschUo iuveoe devo vivere tra lo
follo senza pedanti, senza intervento di filologia.
Reinhardt ha portato YOrestiade © VE dillo
Et. nel circo popolare, abolendo il teatro a
loggie per il suo eterno sogno dolla grande
forma. Gli hanno rimproverato di non aver
capito il mistero; di aver reno quelle opero
troppo contemporanee. Ma non basterebbe per
la sua gloria la scoperta dei ritmi secondo cui
si può far parlare i cori, o l’intuizione geniale
dei movimenti di popolo Bulla scena?
Appia
Appia è più innanzi di tutti, solo nella volontà
intransigente ed occlusiva di preparare lo
spettacolo moderno. Nella sua natura ambigua,
di ginevrino si trovano clementi non raffinati,
incongruenze non risolte. Talvolta la sua ricchezza
sembrerebbe caratteristica di un giocoliere.
C’è dell’intemperanza, un’ebrezza nativa,
felice.
Appia è figlio dell’impressioniomo, e no porta,
sul teatro la rivoluzione. Abolisce la pittura
j>cr la luce: le luci colorate sono i suoi viventi
colori. Contro Craig afferma che l’attore ù
tutto. Ma anche l’attore è limitato dall’ambiente
che lo circonda. Nessuno prima di Appia
ha scoperto con tanta precisione e fondatezza
l’autonomia del teatro arte vivente, da tutto
lo altre arti. D’accordo con le nuove enteriche
egli proclama che il dramma sta nell’esprcssiono
non nel significato (nella forma, non ne contenuto).
Tutti i vecchi cruori ili appreseci none
sono capovolti si trutta di creare ciò che non c’è.
Perciò il teatro si fonda au elementi mobili, capaci
di fonderai e di trovare ogni volta una
nuova sintesi: musica, aorchilettura, corpo limano,
luce-colore ambientale. Poesia c pittura
restano invoco soltanto occasioni, dati rigidi
superati nelle nuove armonie, che nascono quasi
improvviuato al momento dell’offotlnazione scenica.
Questo è modernismo intelligente: sono
sfruttate sul serio persino lo esperienze di dinamismo
plastico, pcruino la influenza che ebbo
lo sport, nel valorizzare l| corpo umano. A quali
effetti sappia giungere Appia con queste promosse
si è.potuto vedere nello scene di Wagner.
Quando scrive: Tout effort sèrieux pour reformer
noire theatre, uc dirige mstinctivcment
vers la mise en scène, egli lavora dunque per
la sua idea fìssa, lo spettacolo, Pari vivant.
Appia ci vuol dare il nuovo teatro popolare,
cho abbia por lo grandi follo I) faccino della
operetta senza ripeterne il goffo sfarzo, e le monotone
ebbrezze.
Paolo Simonkschi.
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/ manoscritti non si restituiscono. Chi vuole
risposta unisca il francobollo.
/ manoscritti non si restituiscono. Chi vuole risposta unisca il francobollo.

PIERO ZANETTI - Direttore responsabile.
PIERO ZANETTI - Direttore responsabile.

Tipografia Sociale - Pinerolo.
Tipografia Sociale - Pinerolo.

L’ECO DELLA STAMPA
L’ECO DELLA STAMPA MI LANO LEGGE PER VOI TUTTI I GIORNALI DEL MONDO Corso Porta Nuova, 24 - MILANO
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LEGGE PER VOI TUTTI I GIORNALI
DEL MONDO
Corso Porta Nuova, 24 - MILANO
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