Pagina:Il Baretti - Anno II, n. 8, Torino, 1925.djvu/2: differenze tra le versioni

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Accanto a questo panoramico ''Ulysses'', dalle proporzioni gigantesche, sembrano minori non solo di dimensioni, ma d’animo, le altre opere precedenti che pure a Joyce hanno dato la fama: le novelle ''Dubliners'', il ''Portrait of the artist'', il dramma ''Exiles''. Esse sono un poco ''Tanhëuser'' e ''Lohengrin'' dinanzi alla ''Tetralogia'': contengono tutti gli elementi che poi precipiteranno l’uno nell’altro ed efferveranno nella completa espansione. La loro definitività diventa da assoluta relativa allorché ''Ulysses'' matura. La sottigliezza psicologica delle novelle e la loro indagine tormentata nei caratteri della razza, il lirismo intelligente del ''Portrait'', la impostazione problematica ibseniana di ''Exiles'', pervengono ugualmente nella loro esplorazione della vita ad una zona d’intollerabile turbamento, che potrebbe risolversi in un grido d’angoscia o in un fremito di profonda pietà. Sembra che l’autore debba far forza su se stesso per non squilibrarsi dalla serenità limpida nella quale si spazia. E’ la serenità estetica, l’apollineo cielo dal quale l’artista s’immerge nel mondo che vive, e guarda in sè stesso quando in lui é ancora la paziente innocenza del mondo. Questo apollineo ciclo ha comunque, per l’uomo del nordico occidente, una lucidità più fredda, una più tagliente trasparenza, che non sia quella della voluttuosa contemplazione estetica nostra. Il perfetto impassibile equilibrio vi diverrebbe avidità a lungo andare. Deve risolversi. Si risolve nell’''Ulysses'', non nel grido d’angoscia o nel fremito di pietà, ma nel senso del sarcasmo e dell’ironico compatimento. Dentro al caos della vita s’insinua uno spirito bizzarro che ride. Fosforeggiava a tratti, nelle prime opere, malizioso, petulante, acrobatico, tosto represso dall’incantamento su di un volo di rondini o su di una musica d’organo. Nella grande Tragicommedia d’''Ulysses'' esso si sprigiona tutto, divenuto organico, pullulante ed irrefrenato, e decide che la commedia prevalga, e sia condotta da un demonio.
Accanto a questo panoramico ''Ulysses'', dalle proporzioni gigantesche, sembrano minori non solo di dimensioni, ma d’animo, le altre opere precedenti che pure a Joyce hanno dato la fama: le novelle ''Dubliners'', il ''Portrait of the artist'', il dramma ''Exiles''. Esse sono un poco ''Tanhëuser'' e ''Lohengrin'' dinanzi alla ''Tetralogia'': contengono tutti gli elementi che poi precipiteranno l’uno nell’altro ed efferveranno nella completa espansione. La loro definitività diventa da assoluta relativa allorché ''Ulysses'' matura. La sottigliezza psicologica delle novelle e la loro indagine tormentata nei caratteri della razza, il lirismo intelligente del ''Portrait'', la impostazione problematica ibseniana di ''Exiles'', pervengono ugualmente nella loro esplorazione della vita ad una zona d’intollerabile turbamento, che potrebbe risolversi in un grido d’angoscia o in un fremito di profonda pietà. Sembra che l’autore debba far forza su se stesso per non squilibrarsi dalla serenità limpida nella quale si spazia. E’ la serenità estetica, l’apollineo cielo dal quale l’artista s’immerge nel mondo che vive, e guarda in sè stesso quando in lui é ancora la paziente innocenza del mondo. Questo apollineo ciclo ha comunque, per l’uomo del nordico occidente, una lucidità più fredda, una più tagliente trasparenza, che non sia quella della voluttuosa contemplazione estetica nostra. Il perfetto impassibile equilibrio vi diverrebbe avidità a lungo andare. Deve risolversi. Si risolve nell’''Ulysses'', non nel grido d’angoscia o nel fremito di pietà, ma nel senso del sarcasmo e dell’ironico compatimento. Dentro al caos della vita s’insinua uno spirito bizzarro che ride. Fosforeggiava a tratti, nelle prime opere, malizioso, petulante, acrobatico, tosto represso dall’incantamento su di un volo di rondini o su di una musica d’organo. Nella grande Tragicommedia d’''Ulysses'' esso si sprigiona tutto, divenuto organico, pullulante ed irrefrenato, e decide che la commedia prevalga, e sia condotta da un demonio.
{{A destra|Sc|Silvio Benco.}}}}<section end="s1" /><section begin="s2" />
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{{ct|'''PIERO GOBETTI''' - '''Editore'''}}
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{{ct|'''TORINO''' - '''Via XX Settembre, 60'''}}
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Una vita concepita al modo classico con grandi risorse di narratore e gusto d’arte.<section end="s2" /><section begin="s3" />
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Parole intorno a Rivière
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