I briganti del Riff/7. Il colpo dei valienti: differenze tra le versioni

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Con un ultimo sforzo entrambi superarono la distanza e raggiunsero l'entrata della prima caverna, ma là dovettero subito arrestarsi. Da quella gigantesca arcata uscivano folate d'aria così calda da mozzare quasi il respiro.
 
— Janko — disse Zamora, che aveva già abbandonata la costocosta, e che era saltata agilmente su una specie di banchina coperta di cenere. — Potremo noi andare innanzi?
 
— Bisognerebbe avere dei polmoni foderati di rame — rispose il gitano, col suo solito accento iroso.
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Giungere fino all'uscita della caverna, con tutta quella cenere ancora calda che s'alzava sotto la pressione dei piedi, non era un'impresa facile, tuttavia il gitano non disperava.
 
Si era messo sulla bocca il fazzoletto di seta rossa che portava al collo, e continuava la corsa ma come smarrito, poiché in certi momenti l'uscita della caverna, che il sole doveva allora illuminare, essendo trascorsa la terribile notte, non si vedeva più. La cenere lo avvolgeva impedendogli di guidarsi e per giunta le. detonazioni erano cessate.
 
Percorse altri duecento metri quasi tutti d'un fiato, stringendosi bene la gitana contro il petto, temendo di vederla, da un momento all'altro, cadere, poi si arrestò gridando: — Siamo perduti!... Non vedo più nulla!... Non so più dove dirigermi!...
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— E ci lasceremo morire senza lottare, Janko? Siamo gitani!...
 
Il giovanotto invece di rispondere aveva spiccato un gran salto ed aveva aperta la ''navaja''.

— Sei impazzito? — chiese Zamora.
 
— Guarda verso l'uscita della caverna, che in questo momento è visibile — rispose il gitano.