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Gli scrittori delle Calabrie
{{Centrato|'''<big><big>Gli scrittori delle Calabrie</big></big>'''}}

l.tt «Volle:inni di Studi meridionali» diretta
''La «Collezione di Studi meridionali» diretta da Umberto Zanotti-Bianco (Vallecchi-Firenze) sta per arricchirsi di una nuova notevole opera che è il'' Dizionario bio-bibliografico degli Scrittori delle Calabrie ''curato dal nostro collaboratore Vito G. Galati. Il Baretti, iniziando con questo numero la "Pagina della regione", è lieto di pubblicare come primizia la prefazione di Benedetto Croce e una parte dell’introduzione del Galati al primo volume dell’opera:''
<la t’mbr.rto Zanotti-Biunco (Vallecchi-Firenie)

ut» per arricchirti di una nuova notevole °itera
Chi. corno il sottoscritto, stima che la poesia, la letteratura, la filosofia, l’alta scienza di un popolo siano rappresentate da un numero non grande di uomini, e che perciò le storie letterarie, filosofiche e scientifiche, ohe si posseggono.
che è il Dizionario bio-bibliografico degji

Scrittoli delle Calabrie curalo dal noxtro collaboratore
Vito (!.0alati. Il Barelli, iniziando
con quelito numero fa ” Pai/ina della regione ",
1 fieto di pubblicare tome primizia la pre.fattone
di Benedetto Croce e. una parte dell’introdmùnte
del Calati al pruno volume dell’opera:
Chi. corno il sottoscritto, stima che la poesia,
la letteratura, la filosofia, l’alta scienza di un
popolo siano rappresentate da un numero non
grande di uomini, e che perciò le storie letterarie,
filosofiche e scientifiche, ohe si posseggono.
debbano essere, por così dire, ■ sfollate»
debbano essere, por così dire, ■ sfollate»

per lasciare rifulgere solo quanto, nel dominio
per lasciare rifulgere solo quanto, nel dominio della verità e della bellezza, ha valore originale, insieme zelanto fautore t promotore di dizionari bio-bibliografici, dove si raccolgano possibilmente lo notizie di tutti gli scrittori, e di tutte le loro opere, buone, mediocri, cattive e pessime. E’ chiaro che quella desiderata semplificazione ® purificazione delle storio del pen.
della verità e della bellezza, ha valore originale,

insieme zelanto fautore t promotore di
siero e della poesia richiede ohe, fuori di esse, si costituisca e si tenga in ordino e si accresca una sorta di archivio o di repertorio, al quale, da una parte, si possa attingere per le ricerche da compiere di natura speculativa e artistica, e, dall’altra, rimandare pei ragguagli di carattere estrinseco, che puro occorre conoscero. Corre’ativamente, la mancanza di siffatto sussidio, ■<la una parte, restringo e impoverisce l’ambito delle anzidetto ricerche e, dall’altra, spinge a ingombrare le storie filosofiche o letterarie di un matfriale non solo inassimilabile ma anche non presentabile in modo adeguato in quol luogo. Quanto avrebbe guadagnato, per esempio, la Storia della letteratura italiana nell’Ot(ocento, composta con tante fatiche dal Mazzoni, se si fosse convertita francamente in un dizionario bio-bibliografico degli scrittori italiani di quel secolo! Nella sua forma presente, storta e bio-bibliografia vi danno immagine di quei due «tignosi all’ospedale» dei versi del Carducci, dei quali <l’un fastidisce l’altro dai finitimi letti».
dizionari bio-bibliografici, dove si raccolgano

possibilmente lo notizie di tutti gli scrittori, e
Per questo ragioni, quando la benemerita Associazione dol Mezzogiorno mi foce l’onoro di domnndare il mio parerò sulle pubblicazioni da imprendere per illustrare le Calabrie, io le proposi l’opera di questo dizionario, di cui si pubblica ora il primo volume e che è condotto con devoto amore e diligenza dal Galati. Auguro che esso non si arresti alla prima o alle primo lettere, e non soccomba al fato delle simili opore dei Mazzucchelft o dei D’Afflitto. A stornare questo fato provvedano, in prima linea, i calabresi, amanti della loro terra, e le amministrazioni pubbliche calabresi, dando la mano alla manocho loro porgo l’Associazione del Mezzogiorno.
di tutte le loro opere, buone, mediocri, cattive

e pessime. E’ chiaro che quella desiderata semplificazione
® purificazione delle storio del pen.
siero e della poesia richiede ohe, fuori di esse,
si costituisca e si tenga in ordino e si accresca
una sorta di archivio o di repertorio, al quale,
da una parte, si possa attingere per le ricerche
da compiere di natura speculativa e artistica,
e, dall’altra, rimandare pei ragguagli di carattere
estrinseco, che puro occorre conoscero. Corre’ativamente,
la mancanza di siffatto sussidio,
■<la una parte, restringo e impoverisce l’ambito
delle anzidetto ricerche e, dall’altra, spinge a
ingombrare le storie filosofiche o letterarie di
un matfriale non solo inassimilabile ma anche
non presentabile in modo adeguato in quol
luogo. Quanto avrebbe guadagnato, per esempio,
la Storia della letteratura italiana nell’Ot(ocento,
composta con tante fatiche dal Mazzoni,
se si fosse convertita francamente in un
dizionario bio-bibliografico degli scrittori italiani
di quel secolo! Nella sua forma presente, storta
e bio-bibliografia vi danno immagine di quei
due «tignosi all’ospedale» dei versi del Carducci,
dei quali <l’un fastidisce l’altro dai finitimi
letti».
Per questo ragioni, quando la benemerita
Associazione dol Mezzogiorno mi foce l’onoro di
domnndare il mio parerò sulle pubblicazioni da
imprendere per illustrare le Calabrie, io le proposi
l’opera di questo dizionario, di cui si pubblica
ora il primo volume e che è condotto con
devoto amore e diligenza dal Galati. Auguro
che esso non si arresti alla prima o alle primo
lettere, e non soccomba al fato delle simili opore
dei Mazzucchelft o dei D’Afflitto. A stornare
questo fato provvedano, in prima linea, i
calabresi, amanti della loro terra, e le amministrazioni
pubbliche calabresi, dando la mano
alla manocho loro porgo l’Associazione del Mezzogiorno.
Benedetto Croce.
Benedetto Croce.

Indeciso su la via da seguire (e sovra tutto
esitante circa una efficacia adeguata al necessa.
Indeciso su la via da seguire (e sovra tutto esitante circa una efficacia adeguata al necessa.

rio impiego di energie per compilare un Dizionario
rio impiego di energie per compilare un Dizionario bio-bibliografico di tutti gli scrittori calabresi, raggruppati con ordine alfabetico), allorché fui invitato a preparare questo lavoro, mi tornava lassai spesso alla memoria — ooroe* un mònito e quasi una preventiva condanna — il severo giudizio di Francesco Do Sanctis su la Storia tirila letteratura itali/ina di Cesare Cantù. «Compiuta la lettura, aveva detto il nostro maggior critico del secolo scorso, ò dlffì-cile ti rimanga ucU’animo qna’cofta di netto e di chiaro, come ultima impressione od ultimo risultato. Ti senti girar pel capo una confusi congerie di cose e di persone, e ti par proprio sii uscito da una torre di Babele o da un castello incantato, percorso con dilotto, ma senza che te ne rimanga chiara ricordanza. Allora sei costretto a raccoglierti, a meditarvi sopra, a rifare tu il lavoro, se vuoi afferrarne il concetto e darne adeguato giudizio» (1;. E sebbene il Do Sanctis si riferisse ai giudizi del Cantù, sformati dal preconcetto moralistico, sovrappo* stovi nella yalutaziono dello cose letterarie, io dicevo a me stesso: — Che cosa resterii di un lavoro in cui non potrò neppure esercitare un qualsiasi giudizio, costretto a rintracciaro lo • fonti», registrandole col criterio quasi meccanico del catalogatoreI — Ma Benedetto Croco, con la chiarezza consueta, mi fece rilevare più che l’utilità, la necessità d’un» opera siffatta, indispensabile por una revisione critica coscienziosa della cultura calabrese.
bio-bibliografico di tutti gli scrittori calabresi,

raggruppati con ordine alfabetico), allorché
Ond’io mi posi con buona lena a questo lavoroA il quale, più cho sollecitare l’orgoglio dello scrittore, lo rendo strumento paziento di una esigenza, benché specifica dolla cultura calabrese, necessariamente connessa alla cultura nazionale.
fui invitato a preparare questo lavoro,

mi tornava lassai spesso alla memoria — ooroe*
Lavoro di propedeutica elementare, dunque, ad ogni critica: allestimento di materiali senza cui ogni odificio è privo di base e crolla al primo urto della storia. Con ciò non si vuol dire che la Calabria non abbia avuto i suoi storici o i suoi biografi, chè, in verità, troppi ne ha avuti, ma non ha avuto lo storico nel senso cho devo darsi a questa parola, che suona sevora ed alta nella monto d’ogni studioso. Dal vecchio Barrio, cho non si ricorda senza commozione por la sua affettuosa sollecitudine di pellegrino attraverso la regione, all’appassionato Accattatis, che intese chiamaro a raccolta ai fratelli di Calabria non ignavi ne ignobili eredi della fede e della sapienza degli Avi}», si è quasi costantemente mantenuto acceso l’amore per il focolare calabrese o per le sue tradizioni; ma, forse, auzi certamente, quoll’amore ha traboccato, quelle tradizioni sono state ingrandite o rimpicciolite a seconda dei criteri e delle passioni, che agitavano o storici o biografi.ondo e goneralmente mancato quel veder sereno, propriamente storico, che, se toglie impeto allo scrittori?, gli dà la sicurezza di aver cercato la verità e l’orgoglio di averla dichiarata. Così chc, se non rimprovereremo quegli scrittori di Calabria per averla troppo amata ed esaltata almeno nei li»
un mònito e quasi una preventiva condanna

— il severo giudizio di Francesco Do Sanctis
bri, non possiamo tuttavia plaudire alle conseguente prodotte dalle loro opero in mezzo agli studiosi calabresi c non ca’abresi, giacche la loro voce, o è stata inascoltata o derisa, o — ciò cho è avvenuto più spesso — riecheggiata senza controllo critico, salvo alcuni casi di indagini accurate, che è giustizia riconoscere, ma anche individuare. In generale, oggi stesso si mantiene vivo — specie tra gli scrittori dolla regione — il criterio elogistico, dolio «glorie»
su la Storia tirila letteratura itali/ina di Cesare

Cantù. «Compiuta la lettura, aveva detto il
di casa; e assai di rado si guarda con benefica crudeltà la storia della cultura calabrese, che, come in ogni luogo, è frutto di pochi uomini di genio, di un forte gruppo di buoni operai della mento e di una inoltitudino di mediocri scarsi poeti (più spesso, e quasi in linea ininterrotta, latini), e numerosissimi ciarlatani versificatori; alcuni filosofi di marca autentica, e una sequela di sciocchi sofisti impasticciati di casistica, sterili rimasticatori di precettistica stantia; sicché, in ogni nuovo critico, tu scopri un esalatore, che vuol vedere e far vedere quol che non c’è, sicuro del fatto suo in apparenza, ma in realtà traballante su un terreno che fra-, na d’ogni parte. D’altro canto, i più ritornai nel campo coltivato da altri, non per spazzarlo dalle erbacce «ri fecondarlo, ma pei la facilità di ricucinaro gli stessi argomenti, ritinti da secoli in tutte le salse inacidite dall’uso; od è infrequente il caso di scrittori, che s’inoltrino nella vergine selva del pensiero" calabrese per sfrondare un albero senza frutto, riformare una verità, fissare una data dibattuta. Molti — sonza le necessarie ricerche e fondandosi su pochi libri — pretendono di far opora critica e bibliografica umerale, di abbracciar tutto, dal principio del mondo al loro fortunato avvento.
nostro maggior critico del secolo scorso, ò dlffì-cile

ti rimanga ucU’animo qna’cofta di netto e
Altri si dilettano beatamente a porre in cima all’odificio della storia universale, e specialmente calabrese, la propria città,’ il proprio borgo la propria famiglia, con quei risultati che nelle ricerche storiche dà inevitabilmente la fesi fatta, la causi da patrocinare. Tutti mali inorcnti a una formazione mentale non ancora ascesa alla limpida visione della funzione dello storico, anche il più umile: ma, a mio modo di vedere, specialmente derivanti da una profonda lacuna cultura’o.
di chiaro, come ultima impressione od ultimo

risultato. Ti senti girar pel capo una confusi
La fonte cui attingono gli scrittori ogni qualvolta si occupano della Calabria, non può differire da quella che storici o biografi speciali, cioè calabresi, hanno formata; e se essa è ineguale — qui torbida, là navigabile, ora secca, più oltro troppo gonfia e piena di in.
congerie di cose e di persone, e ti par proprio

sii uscito da una torre di Babele o da un castello
•idie — , ben pochi vi possono attingere con sapiente discernimento, onde i più, vedendosi affondare, preferiscono salire nel cielo della fantasia, tambureggiando a tutta foga. EÌ’ ovvio cho lo opere «generali» (di storia civile o etico* politica, di letteratura, di filosofia, ecc.), che sono di più facile consultazione, non possono ovviare a questa deficienza, limitandosi ad un cammino per sommi capi, e facendovi entrare la Calabria noi punti obbligati: d’altronde anch’esse risentono i danni della incertezza doli) fonti dolln cultura regionale (2), o ripetono, di secolo in secolo.errori iniziali, trascurano elementi importanti, senza sollecitare la scoperta dol nuovo o l’accertamente del vecchio. Non si escludo che un’opera di dissodamento si sia illividita dal secolo [lassato per la storia calabrese (3), aucho sosi debba constatare non seu.
incantato, percorso con dilotto, ma senza

che te ne rimanga chiara ricordanza. Allora sei
za rammarico (in cui, forse, può includersi l’or goglio del «natio loco» ricercato da altri) cho è stato un francese, il Lenormant, a dare una opera, per quanto incompleta e non priva di errori, fondamontale sii la Magna Grecia (4).
costretto a raccoglierti, a meditarvi sopra, a

rifare tu il lavoro, se vuoi afferrarne il concetto
Ma, ripoto, il lavoro che si è fatto ò ancora iniziale, non colma la deplorata lacuna delle «fonti», se mai dove spronare a nuovo ricerche per disegnare con sicurezza la storia della Calabria.
e darne adeguato giudizio» (1;. E sebbene

il Do Sanctis si riferisse ai giudizi del Cantù,
Questo lavoro intende appunto contribuire alla indagine dello «fonti» dolla cultura cala-’ breso, cho è come dire ricercare in gran parto anche le fonti della sua storia noi significati pifù complessi e specifici. I criteri, che ho seguiti, sono gli stessi di ogni buon metodo storico. Ilo escluso qualsiasi giudizio su gli scrittori (salvo i casi in cui non era possibile lasciare una lacuna), non solo por evi taro che l’opera assumesse una ampiezza, cho avrebbe richiesto molti anui di lavoro-e troppi volumi, ma anche perchò non è possibile che un solo studioso pretenda di fare contemporaneamente il filosofo e l’estota, il giurista e il naturalista, e così via di seguito, senza cadere nel più banalo superficia lismo pretenzioso o ridicolo. Oltre a ciò, un’altra ragione fondamcntalo m’impediva di seguire il metodo dogli enciclopedici, vale a dire la forma convinzione cho l’opora critica sarà, presto o t ardi, il frutto di questo lavoro di ricerca, che, spianaudo la via con l’indicaziono dolio fonti, e offrendo la possibilità di raggruppamenti per materie, per periodi, por caratteri di individui, ecc., invogliorò anche altri studiosi»
sformati dal preconcetto moralistico, sovrappo*

stovi nella yalutaziono dello cose letterarie, io
quella ricostruzione storica accurata della cultura calabrese, che sino ad oggi non esiste. Per tanto mi sono attenuto al criterio di riassumerò criticamente i dati della vita di ciascun scrittoro e — criticamente dov’era il caso — di fornire una bibliografia possibilmente esauriente.
dicevo a me stesso: — Che cosa resterii di un

lavoro in cui non potrò neppure esercitare un
Ma, per facilitare ancora il compito degli studiosi, ho voluto descrivere secondo il metodo bi biografico seguito noi cataloghi, tutto lo opere dogli autori, cho mi è stato j>ossibilo esaminare; por modo che si possa distinguere l’opuscolo dal volume, e, di conseguenza, i lavoro — so non addirittura il valoro — dello scrittore. Cómpito assai facile a spiegare, ma ben duro a reali/-., zare, non soltanto per il tempo necessario o la pazienza dell’esame, ma altresì per la diflìcolt di trovare le opere degli scrittori calabresi.
qualsiasi giudizio, costretto a rintracciaro lo

• fonti», registrandole col criterio quasi meccanico
del catalogatoreI — Ma Benedetto Croco,
con la chiarezza consueta, mi fece rilevare più
che l’utilità, la necessità d’un» opera siffatta,
indispensabile por una revisione critica coscienziosa
della cultura calabrese.
Ond’io mi posi con buona lena a questo lavoroA
il quale, più cho sollecitare l’orgoglio dello
scrittore, lo rendo strumento paziento di una
esigenza, benché specifica dolla cultura calabrese,
necessariamente connessa alla cultura nazionale.
Lavoro di propedeutica elementare, dunque,
ad ogni critica: allestimento di materiali senza
cui ogni odificio è privo di base e crolla al primo
urto della storia. Con ciò non si vuol dire che
la Calabria non abbia avuto i suoi storici o i
suoi biografi, chè, in verità, troppi ne ha avuti,
ma non ha avuto lo storico nel senso cho devo
darsi a questa parola, che suona sevora ed alta
nella monto d’ogni studioso. Dal vecchio Barrio,
cho non si ricorda senza commozione por la sua
affettuosa sollecitudine di pellegrino attraverso
la regione, all’appassionato Accattatis, che intese
chiamaro a raccolta ai fratelli di Calabria
non ignavi ne ignobili eredi della fede e della
sapienza degli Avi}», si è quasi costantemente
mantenuto acceso l’amore per il focolare calabrese
o per le sue tradizioni; ma, forse, auzi
certamente, quoll’amore ha traboccato, quelle
tradizioni sono state ingrandite o rimpicciolite
a seconda dei criteri e delle passioni, che agitavano
o storici o biografi.ondo e goneralmente
mancato quel veder sereno, propriamente storico,
che, se toglie impeto allo scrittori?, gli dà
la sicurezza di aver cercato la verità e l’orgoglio
di averla dichiarata. Così chc, se non rimprovereremo
quegli scrittori di Calabria per averla
troppo amata ed esaltata almeno nei li»
bri, non possiamo tuttavia plaudire alle conseguente
prodotte dalle loro opero in mezzo agli
studiosi calabresi c non ca’abresi, giacche la
loro voce, o è stata inascoltata o derisa, o —
ciò cho è avvenuto più spesso — riecheggiata
senza controllo critico, salvo alcuni casi di indagini
accurate, che è giustizia riconoscere, ma
anche individuare. In generale, oggi stesso si
mantiene vivo — specie tra gli scrittori dolla
regione — il criterio elogistico, dolio «glorie»
di casa; e assai di rado si guarda con benefica
crudeltà la storia della cultura calabrese, che,
come in ogni luogo, è frutto di pochi uomini
di genio, di un forte gruppo di buoni operai
della mento e di una inoltitudino di mediocri
scarsi poeti (più spesso, e quasi in linea ininterrotta,
latini), e numerosissimi ciarlatani versificatori; alcuni filosofi di marca autentica, e
una sequela di sciocchi sofisti impasticciati di
casistica, sterili rimasticatori di precettistica
stantia; sicché, in ogni nuovo critico, tu scopri
un esalatore, che vuol vedere e far vedere quol
che non c’è, sicuro del fatto suo in apparenza,
ma in realtà traballante su un terreno che fra-,
na d’ogni parte. D’altro canto, i più ritornai
nel campo coltivato da altri, non per spazzarlo
dalle erbacce «ri fecondarlo, ma pei la facilità
di ricucinaro gli stessi argomenti, ritinti da secoli
in tutte le salse inacidite dall’uso; od è
infrequente il caso di scrittori, che s’inoltrino
nella vergine selva del pensiero" calabrese per
sfrondare un albero senza frutto, riformare una
verità, fissare una data dibattuta. Molti —
sonza le necessarie ricerche e fondandosi su pochi
libri — pretendono di far opora critica e
bibliografica umerale, di abbracciar tutto, dal
principio del mondo al loro fortunato avvento.
Altri si dilettano beatamente a porre in cima
all’odificio della storia universale, e specialmente
calabrese, la propria città,’ il proprio borgo
la propria famiglia, con quei risultati che nelle
ricerche storiche dà inevitabilmente la fesi fatta,
la causi da patrocinare. Tutti mali inorcnti
a una formazione mentale non ancora ascesa alla
limpida visione della funzione dello storico,
anche il più umile: ma, a mio modo di vedere,
specialmente derivanti da una profonda lacuna
cultura’o.
La fonte cui attingono gli scrittori ogni
qualvolta si occupano della Calabria, non può
differire da quella che storici o biografi speciali,
cioè calabresi, hanno formata; e se essa
è ineguale — qui torbida, là navigabile,
ora secca, più oltro troppo gonfia e piena di in.
•idie — , ben pochi vi possono attingere con sapiente
discernimento, onde i più, vedendosi affondare,
preferiscono salire nel cielo della fantasia,
tambureggiando a tutta foga. EÌ’ ovvio
cho lo opere «generali» (di storia civile o etico*
politica, di letteratura, di filosofia, ecc.), che
sono di più facile consultazione, non possono
ovviare a questa deficienza, limitandosi ad un
cammino per sommi capi, e facendovi entrare
la Calabria noi punti obbligati: d’altronde anch’esse
risentono i danni della incertezza doli)
fonti dolln cultura regionale (2), o ripetono,
di secolo in secolo.errori iniziali, trascurano
elementi importanti, senza sollecitare la scoperta
dol nuovo o l’accertamente del vecchio. Non
si escludo che un’opera di dissodamento si sia
illividita dal secolo [lassato per la storia calabrese
(3), aucho sosi debba constatare non seu.
za rammarico (in cui, forse, può includersi l’or
goglio del «natio loco» ricercato da altri) cho
è stato un francese, il Lenormant, a dare una
opera, per quanto incompleta e non priva di
errori, fondamontale sii la Magna Grecia (4).
Ma, ripoto, il lavoro che si è fatto ò ancora
iniziale, non colma la deplorata lacuna delle
«fonti», se mai dove spronare a nuovo ricerche
per disegnare con sicurezza la storia della Calabria.
Questo lavoro intende appunto contribuire
alla indagine dello «fonti» dolla cultura cala-’
breso, cho è come dire ricercare in gran parto
anche le fonti della sua storia noi significati pifù
complessi e specifici. I criteri, che ho seguiti,
sono gli stessi di ogni buon metodo storico. Ilo
escluso qualsiasi giudizio su gli scrittori (salvo
i casi in cui non era possibile lasciare una lacuna),
non solo por evi taro che l’opera assumesse
una ampiezza, cho avrebbe richiesto molti
anui di lavoro-e troppi volumi, ma anche perchò
non è possibile che un solo studioso pretenda
di fare contemporaneamente il filosofo e l’estota,
il giurista e il naturalista, e così via di
seguito, senza cadere nel più banalo superficia
lismo pretenzioso o ridicolo. Oltre a ciò, un’altra
ragione fondamcntalo m’impediva di seguire
il metodo dogli enciclopedici, vale a dire la
forma convinzione cho l’opora critica sarà, presto
o t ardi, il frutto di questo lavoro di ricerca,
che, spianaudo la via con l’indicaziono dolio
fonti, e offrendo la possibilità di raggruppamenti
per materie, per periodi, por caratteri di
individui, ecc., invogliorò anche altri studiosi»
quella ricostruzione storica accurata della cultura
calabrese, che sino ad oggi non esiste. Per
tanto mi sono attenuto al criterio di riassumerò
criticamente i dati della vita di ciascun scrittoro
e — criticamente dov’era il caso — di fornire
una bibliografia possibilmente esauriente.
Ma, per facilitare ancora il compito degli studiosi,
ho voluto descrivere secondo il metodo bi
biografico seguito noi cataloghi, tutto lo opere
dogli autori, cho mi è stato j>ossibilo esaminare;
por modo che si possa distinguere l’opuscolo dal
volume, e, di conseguenza, i lavoro — so non
addirittura il valoro — dello scrittore. Cómpito
assai facile a spiegare, ma ben duro a reali/-.,
zare, non soltanto per il tempo necessario o la
pazienza dell’esame, ma altresì per la diflìcolt
di trovare le opere degli scrittori calabresi.
VITO G. GALATI.
VITO G. GALATI.

(1) C’fr. i’n<i tlonu iIella Letteratura Italiana. Sola
teli a dal Micio FiuNikst’O ’!)► Kwm. In Rendiconto
(1) C’fr. i’n<i tlonu iIella Letteratura Italiana. Sola teli a dal Micio FiuNikst’O ’!)► Kwm. In Rendiconto delle toni, ilei Inv. della rt. Aecad. ili Selciate Mor. e Poi., A. IV. N’n|>oli, Stamp. It. Università, J86J». Ora mirile nei Sagijì critici.

delle toni, ilei Inv. della rt. Aecad. ili Selciate Mor. e
(2) Il caso di Michelangelo Sciupi, ««’lie l’intera»ita Ita consacrata n illustrare la storia del Mezzogiorno d’Itilia» — per ripetere le partile con cui B. Croce gli indirizzò In sun Stana tlcl iteijnn ili Saputi (Bari, latterai. I9!U) — , e quello del Croce medesimo, per essere quasi isolati, non negano, mo avvalorano questo giudizio.
Poi., A. IV. N’n|>oli, Stamp. It. Università, J86J». Ora

mirile nei Sagijì critici.
(8) Francesco Fiorentino mirò a dare un nuovo orientamento, saggiamente critico, agli *,tmli sii li culturn calabrc.se; ma.1 mio forte studici su Bernardino Telato (1872-1) resta ancora mi tentativo di revisione, chc non produsse seguaci, e rlie, d’altronde, ili multi punti bisogna riformare e sviluppare con nuove ricerche, e in altri rettificare.
(2) Il caso di Michelangelo Sciupi, ««’lie l’intera»ita Ita consacrata n illustrare la storia del Mezzogiorno

d’Itilia» — per ripetere le partile con cui B. Croce
(4) Li-normant Francois. I* Grande-0n’ee. Pay*<yci et hittoirc, Parts, A. l<évy, IS81-SI, t. H. Dopo la morte del I... vennero pubblio. /lue altri voli, cho non sono all’altezza dei tre primi.
gli indirizzò In sun Stana tlcl iteijnn ili Saputi (Bari,

latterai. I9!U) — , e quello del Croce medesimo, per
Cose d’arte in Piemonte La cappella del Santo Sepolcro In S. Giovanni di Saluzzo.
essere quasi isolati, non negano, mo avvalorano questo

giudizio.
Il nostro dimenticato vecchio Piemonte non è cosi spoglio di grazie artistiche, nè visse sempre ne.l’oblio dol bello. Tutti sappiamo ’e ragioni per cui poco propizia fu la nostra regione al Mecenatismo, e quali cure abbiati dit-tratto dal culto dell’arto i suoi uomini, ma vi b pure qualche cantuccio, non corto inaccessibile, in cui anche da noi, chi ama l’arte può sognaro coi secoli passati la venustà d’allora.
(8) Francesco Fiorentino mirò a dare un nuovo orientamento,

saggiamente critico, agli *,tmli sii li culturn
Uno di questi:antucci è certo la città dei Marchesi di Saluzzo, ove degna particolarmenta di nota è la Cappella del S.‘ Sepolcro in Sao Giovanni. Nel 1472, a parere del Muletti, ttol 1473-74, sfondo il Lobetti Bodoui. ebbero ini* zio i lavori per il coro aggiunto in fondo all’abside doliti Chiesa preesistente.
calabrc.se; ma.1 mio forte studici su Bernardino Telato

(1872-1) resta ancora mi tentativo di revisione, chc
La Cappella nella sua dolcissima grazia gotica è uh gioiello d’arto; ammantata dol grigio verdógnola del calcare tratto dalle antiche cavo saluzzesi, lavorata col più fine gusto offre a chi s’abbandona un’impressióne leggiadra di snellezza commossa por quel suo ricco o squisito ricamo di elogante decorazione.
non produsse seguaci, e rlie, d’altronde, ili multi

punti bisogna riformare e sviluppare con nuove ricerche,
Duo grandi nicchie si aprono l’una a destra l’altra a sinistra, sotto la nicchia sinistra è il Mausoleo di Ludovico II; la nicchia destra doveva accòglierò i resti di Margherita di Foix, che è i’ voce, corno si sa, sepolta lontana in terra di Spagna. A destra verso il centro sta la nicchietta dell’acqua Santa cd a sinistra «l’armadietto della Spina»; dall’ima e dall’altra pare le due porticine laterali.
e in altri rettificare.

(4) Li-normant Francois. I* Grande-0n’ee. Pay*<yci
Quattro trifore buttano tutt’attorno la loro festa dj lue? uttenuata dai riflessi colorati dei vetri delle due trifore centrali. Questi vetri furono aggiunti dai frati molto fardi, tra il 1880 e l’86.
et hittoirc, Parts, A. l<évy, IS81-SI, t. H. Dopo

la morte del I... vennero pubblio. /lue altri voli, cho
E fregi, fregi, linee agili e sottili ornano il coro, fiori non visti mai so non nei’sogni, cho l’artista ha immaginato nel suo desiderio di trascendenza.
non sono all’altezza dei tre primi.

Cose d’arte in Piemonte
La bolla linea gotica, calligrafica nel suo sviluppo pieno, colla sua grazia, in morbido voluto si volge leggermente ad adornaro la cappePo, ciuge in alto In nicchia, sotto cui si raccoglie la statua di Ludovico II, poj ad arco leggiadramente spicca libera il volo dall’imo o dall’altro lato e va a congiungersi m alto con un rosone. Frena ed attenua quest’agilissima libertà di ascesa il fregio orizzontale su cui poggiano in piccole nicchie apposite, lo statuette degli Apostoli.
La cappella del Santo Sepolcro In S. Giovanni

di Saluzzo.
Ed ecco forse già in questo attenuare lo slancio un primo presentimento di rinasconza. E la statua fregiata della severità austera d’ima composta rinascenza ha forma schomotica e, nella sua rigidezza, espressiva, è attribuita a Benedetto Briosco, il mar mor um tculptor, compare di Leonardo da Viuci. Le pieghe diritte e precise danno una compostezza un po’ severa alla figura tagliata a tratti incisivi o forti. In basso sul sarcofago sono le immancabili sotto virtù. Le cariatidi laterali hanno teatti precisi o caratteristici. La nicchia per l’Acqua Saula, le porticine laterali-, tutto è curato con lungo amore, ogni ritaglio fu caro al cuore dell’artefice che incise con cura nell’umile slancio dolla sua adorazione.
Il nostro dimenticato vecchio Piemonte non

è cosi spoglio di grazie artistiche, nè visse sempre
Ho detto linea gotica o rinascenza? Ecco ciò che spiacevà al Lobetti, che non avrebbe voluto vedervi questa statua. Anch’io quando notai questo passaggio, sostai perplessa diffidando del primo impulso entusiastico. Ma poi osservando ancora quella linea che cinge la nicchia oolla statua, vidi che domina sui tocchi cho il nuovo gusto della rinasocn’ia pose qua o là nell’ittterno dolla cappella, osservando quella linea bella anche se un pochino adorna, dovetti convenire che non o’è una sovrapposizione di stile pesante e di cattivo gusto. C’è piuttosto fusione di elementi; e non è illogico credere, che un solo artista, sia pure Benedetto Briosco abbia presieduto ai lavori della Cappella e cioè ne abbia diretto ed immaginato il tutto organico coll’ultimo tocco d’insieme.
ne.l’oblio dol bello. Tutti sappiamo ’e

ragioni per cui poco propizia fu la nostra regione
Che’alcuni particolari fossero già in attuazione prima che incominciassero i lavori, cioè prima del 1474 lo vediamo dall’atto di Ludovico 1 in data 27 ottobre 1474, che il Lobetti fìodoni.riporta nella sua nota monografia sulla Cappella. In questo dociimento.il Marchese «comanda e stabilisce che uolla Cappella si collochino lo opere in pietra già scolpite da divorai anni addietro e quelle altre che scolpir si dovranno sino a completare tutta e in tutte le sue parti l’opera».
al Mecenatismo, e quali cure abbiati dit-tratto

dal culto dell’arto i suoi uomini, ma
Se dunque è immaginoso pensare?, che un artista solo abbia potuto ideare le rispettivo par.
vi b pure qualche cantuccio, non corto inaccessibile,

in cui anche da noi, chi ama l’arte può
ti, non mi pare come pare al Lobetti immaginoso credere che l’artista possa averne sentito il noàso sintetico.
sognaro coi secoli passati la venustà d’allora.

Uno di questi:antucci è certo la città dei
Siano pure due o più gli artefici, uno, quello che disse dol poema l’ultima parola, ha sentito nella sua unità la Cappella, e come nel protendersi dol suo animo entusiasta, limpida «chiara e sjx>ntanea formulò q’ucsta sintesi, così la espresse nell’opera d’arto che noj ammiriamo.
Marchesi di Saluzzo, ove degna particolarmenta

di nota è la Cappella del S.‘ Sepolcro in Sao
Per me.’erto vi fu chi diede >1 tocco d’insieme a questo lavoro. E forse non è estraneo, a questa visione d’insieme quel tono grigio scu.
Giovanni. Nel 1472, a parere del Muletti, ttol

1473-74, sfondo il Lobetti Bodoui. ebbero ini*
ro che in primo piano raccoglie circondandolo il bianco della statua di cui limita ed attenua la forma.
zio i lavori per il coro aggiunto in fondo all’abside

doliti Chiesa preesistente.
Per me quella statua è bella, bella nella sua compostezza di prima Rinascenza e nella sui cornice di gusto gotico; come è bella quella cornice gotica anche &o cinge una statua dolla rinascenza, perchò nel trascendere dalla realtà un artista ha trovato in forme sue una espressione sua, una sua realtà, questa espressione questa realtà.
La Cappella nella sua dolcissima grazia gotica

è uh gioiello d’arto; ammantata dol grigio
verdógnola del calcare tratto dalle antiche cavo
saluzzesi, lavorata col più fine gusto offre a
chi s’abbandona un’impressióne leggiadra di
snellezza commossa por quel suo ricco o squisito
ricamo di elogante decorazione.
Duo grandi nicchie si aprono l’una a destra
l’altra a sinistra, sotto la nicchia sinistra è il
Mausoleo di Ludovico II; la nicchia destra doveva
accòglierò i resti di Margherita di Foix,
che è i’ voce, corno si sa, sepolta lontana in
terra di Spagna. A destra verso il centro sta
la nicchietta dell’acqua Santa cd a sinistra «l’armadietto
della Spina»; dall’ima e dall’altra
pare le due porticine laterali.
Quattro trifore buttano tutt’attorno la loro
festa dj lue? uttenuata dai riflessi colorati dei
vetri delle due trifore centrali. Questi vetri furono
aggiunti dai frati molto fardi, tra il 1880
e l’86.
E fregi, fregi, linee agili e sottili ornano il
coro, fiori non visti mai so non nei’sogni, cho
l’artista ha immaginato nel suo desiderio di
trascendenza.
La bolla linea gotica, calligrafica nel suo
sviluppo pieno, colla sua grazia, in morbido voluto
si volge leggermente ad adornaro la cappePo,
ciuge in alto In nicchia, sotto cui si raccoglie
la statua di Ludovico II, poj ad arco
leggiadramente spicca libera il volo dall’imo o
dall’altro lato e va a congiungersi m alto con
un rosone. Frena ed attenua quest’agilissima
libertà di ascesa il fregio orizzontale su cui
poggiano in piccole nicchie apposite, lo statuette
degli Apostoli.
Ed ecco forse già in questo attenuare lo slancio
un primo presentimento di rinasconza. E la
statua fregiata della severità austera d’ima composta
rinascenza ha forma schomotica e, nella
sua rigidezza, espressiva, è attribuita a Benedetto
Briosco, il mar mor um tculptor, compare
di Leonardo da Viuci. Le pieghe diritte
e precise danno una compostezza un po’ severa
alla figura tagliata a tratti incisivi o forti. In
basso sul sarcofago sono le immancabili sotto
virtù. Le cariatidi laterali hanno teatti precisi
o caratteristici. La nicchia per l’Acqua Saula,
le porticine laterali-, tutto è curato con lungo amore,
ogni ritaglio fu caro al cuore dell’artefice
che incise con cura nell’umile slancio dolla sua
adorazione.
Ho detto linea gotica o rinascenza? Ecco ciò
che spiacevà al Lobetti, che non avrebbe voluto
vedervi questa statua. Anch’io quando notai
questo passaggio, sostai perplessa diffidando del
primo impulso entusiastico. Ma poi osservando
ancora quella linea che cinge la nicchia oolla
statua, vidi che domina sui tocchi cho il nuovo
gusto della rinasocn’ia pose qua o là nell’ittterno
dolla cappella, osservando quella linea
bella anche se un pochino adorna, dovetti convenire
che non o’è una sovrapposizione di stile
pesante e di cattivo gusto. C’è piuttosto fusione
di elementi; e non è illogico credere, che
un solo artista, sia pure Benedetto Briosco abbia
presieduto ai lavori della Cappella e cioè
ne abbia diretto ed immaginato il tutto organico
coll’ultimo tocco d’insieme.
Che’alcuni particolari fossero già in attuazione
prima che incominciassero i lavori, cioè
prima del 1474 lo vediamo dall’atto di Ludovico
1 in data 27 ottobre 1474, che il Lobetti
fìodoni.riporta nella sua nota monografia sulla
Cappella. In questo dociimento.il Marchese «comanda
e stabilisce che uolla Cappella si collochino
lo opere in pietra già scolpite da divorai
anni addietro e quelle altre che scolpir si dovranno
sino a completare tutta e in tutte le
sue parti l’opera».
Se dunque è immaginoso pensare?, che un artista
solo abbia potuto ideare le rispettivo par.
ti, non mi pare come pare al Lobetti immaginoso
credere che l’artista possa averne sentito il
noàso sintetico.
Siano pure due o più gli artefici, uno, quello
che disse dol poema l’ultima parola, ha sentito
nella sua unità la Cappella, e come nel
protendersi dol suo animo entusiasta, limpida
«chiara e sjx>ntanea formulò q’ucsta sintesi, così
la espresse nell’opera d’arto che noj ammiriamo.
Per me.’erto vi fu chi diede >1 tocco d’insieme
a questo lavoro. E forse non è estraneo,
a questa visione d’insieme quel tono grigio scu.
ro che in primo piano raccoglie circondandolo
il bianco della statua di cui limita ed attenua
la forma.
Per me quella statua è bella, bella nella sua
compostezza di prima Rinascenza e nella sui
cornice di gusto gotico; come è bella quella cornice
gotica anche &o cinge una statua dolla
rinascenza, perchò nel trascendere dalla realtà
un artista ha trovato in forme sue una espressione
sua, una sua realtà, questa espressione
questa realtà.
F. G.
F. G.

L’Alfieri 8 Torino
L’Alfieri 8 Torino In Torino fcbbl Alcuni piaceri, e alcuni più dispiaceri. Il rivedere gli amici della prima gio-, ventù, ed i luoghi che primi si son conosciuti, ed ogni pianta, ogni sasso, insomma ogni oggotto di quelle idee o passioni primitivo, oll’ò dolcissima cosa. Per altra parte poi, l’avere io ritrovati non |>ochi di quoi compagnoni d’adolescenza,i quali vedendomi ora venire per una via, di quanto potevan più lontano mi scantonavano; ovvero, presi alle strette, gelidamente appena mi salutavano, od anche voltavano il viso altrove; gente, a cui io non avea fatto mai nulla, se non so amicizia o cordialità: questo mi amareggiò non poco; e più mi avrobbe amareggiato, se gli uni mi trattavan così perchò io avevo scritto tragedie; gli altri, perchò avea viaggiato tanto: gli altri, perchè io ora ora ricomparito in paese con troppi cavalli: picco’ezr.e insomma, scusabili però,.e scusabilissinie presso chiunque conosce l’uomo, esaminando imparzialmente se stesso; ma cose da scansarsi por quanto è possibile, col non abitare fra i suoi nazionali, allorché non si suol fare quol che essi fanno o non fanno; allorché il paese è piccolo, ed oziosi gli abitanti; e allorché finalmente si è venuto ad offonderli involontariamente, anche col solo tontare di farai da più di. loro, qualunque sia il genere e il modo, in cui l’uomo abbia tentato la cosa.
In Torino fcbbl Alcuni piaceri, e alcuni più

dispiaceri. Il rivedere gli amici della prima gio-,
ventù, ed i luoghi che primi si son conosciuti, ed
ogni pianta, ogni sasso, insomma ogni oggotto
di quelle idee o passioni primitivo, oll’ò dolcissima
cosa. Per altra parte poi, l’avere io ritrovati
non |>ochi di quoi compagnoni d’adolescenza,i quali vedendomi ora venire per una
via, di quanto potevan più lontano mi scantonavano;
ovvero, presi alle strette, gelidamente
appena mi salutavano, od anche voltavano il
viso altrove; gente, a cui io non avea fatto
mai nulla, se non so amicizia o cordialità: questo
mi amareggiò non poco; e più mi avrobbe
amareggiato, se gli uni mi trattavan così perchò
io avevo scritto tragedie; gli altri, perchò
avea viaggiato tanto: gli altri, perchè io ora
ora ricomparito in paese con troppi cavalli: picco’ezr.e
insomma, scusabili però,.e scusabilissinie
presso chiunque conosce l’uomo, esaminando
imparzialmente se stesso; ma cose da scansarsi
por quanto è possibile, col non abitare fra i
suoi nazionali, allorché non si suol fare quol
che essi fanno o non fanno; allorché il paese
è piccolo, ed oziosi gli abitanti; e allorché
finalmente si è venuto ad offonderli involontariamente,
anche col solo tontare di farai
da più di. loro, qualunque sia il genere e il
modo, in cui l’uomo abbia tentato la cosa.
VITTORIO ALFIERI.
VITTORIO ALFIERI.

(Da La Vita - Epoca IV, cap. XIII).
(Da La Vita - Epoca IV, cap. XIII).