Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/703: differenze tra le versioni
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⚫ | «Levate le mense, i convitati lavaronsi le mani <ref>(*)Indispensabile è quest’uso in un paese nel quale ciascuno mette le mani nel piatto ed è sconosciuto l’uso delle forchette.</ref>, ed il giovane chiese loro se potesse giovarli in qualche cosa. Gli ospiti allora confessarono di non esser venuti se non per udire la voce, la cui melodia li aveva incantati. Il giovane, voltosi ad una delle schiave, le disse: — Chiamate la vostra padrona.» Andossene la messaggera, e in breve tornò con una sedia in mano, e seguita da un’altra donna, la cui rara bellezza riempiva di maraviglia. Cavò essa da un astuccio di raso rosso un liuto adorno di rubini e smeraldi, se l’appoggiò al seno, come se fosse un bambino, e lo accordò accarezzandolo come una madre il figliuolo. Ne trasse poi suoni seducenti, e cantò queste parole: |
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««Quante volte non ho io veduto coricarsi la luna, allorchè la sera spariva sotto la forma d’una scimitarra di porpora > > |
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rispose il giovane, «non geme che sull’assenza della propria famiglia. — Non si piangono così i par renti,» disse Aaron ai compagni. «Quelle lagrime (*) Indispensabile è quest’uso in un paese nel quale eia* scuno mette le mani nel piatto ed è sconosciuto l’uso delle forchetto. |
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⚫ | «Quando la schiava ebbe finito di cantare, struggevasi in pianto, nè potè frenare i singhiozzi che commossero sino alle lagrime tutti gli astanti, rapiti dalla sua voce. — È dunque,» chiese Aaron, «un'amante sfortunata divisa dal suo diletto ? — No,» rispose il giovane, «non geme che sull’assenza della propria famiglia. — Non si piangono così i parenti,» disse Aaron ai compagni. «Quelle lagrime |
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