Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/431: differenze tra le versioni
mNessun oggetto della modifica |
|||
Corpo della pagina (da includere): | Corpo della pagina (da includere): | ||
Riga 5: | Riga 5: | ||
L’epopea, che ne’ poeti cavallereschi non erasi data altra missione che il capriccio, altra legge che il talento, Torquato la prese sul serio. Quest’anima ordinata, e di sentimento soave più che robusto, libra lungamente qual delle crociate sceglierà per tema; non comprende la morale necessità, nè la sociale importanza di esse: e i due loro supremi moventi, il cristianesimo pericolante e la pericolante civiltà; le dipinge ordinate e capitanate, come sarebbero potute farsi nel Cinquecento. Innamorato della regolarità virgiliana, restringe quel gran quadro entro simmetrica cornice; tutto riduce ad ordine, perchè ordine era la sua mente; a ragione, in luogo di fantasia; a calcoli, invece d’entusiasmo. Un’impresa, cui carattere fu lo scompiglio dell’entusiasmo, egli cangiò in azione di principe assoluto, e que’ paladini in cortigiani; v’è un capitano che dirige e comanda; v’è disciplina nelle marce, gerarchia nelle parate; i duelli son combattuti con tutte le regole; sempre la reminiscenza invece della fantasia, le raffinatezze invece dell’impeto. |
L’epopea, che ne’ poeti cavallereschi non erasi data altra missione che il capriccio, altra legge che il talento, Torquato la prese sul serio. Quest’anima ordinata, e di sentimento soave più che robusto, libra lungamente qual delle crociate sceglierà per tema; non comprende la morale necessità, nè la sociale importanza di esse: e i due loro supremi moventi, il cristianesimo pericolante e la pericolante civiltà; le dipinge ordinate e capitanate, come sarebbero potute farsi nel Cinquecento. Innamorato della regolarità virgiliana, restringe quel gran quadro entro simmetrica cornice; tutto riduce ad ordine, perchè ordine era la sua mente; a ragione, in luogo di fantasia; a calcoli, invece d’entusiasmo. Un’impresa, cui carattere fu lo scompiglio dell’entusiasmo, egli cangiò in azione di principe assoluto, e que’ paladini in cortigiani; v’è un capitano che dirige e comanda; v’è disciplina nelle marce, gerarchia nelle parate; i duelli son combattuti con tutte le regole; sempre la reminiscenza invece della fantasia, le raffinatezze invece dell’impeto. |
||
Prima d’ordire il suo poema, il Tasso, tormentato dal dubbio delle regole, dalla timidità delle poetiche, avea studiato {{AutoreCitato|Aristotele|Aristotele}}, analizzati {{AutoreCitato|Omero|Omero}} e {{AutoreCitato|Publio Virgilio Marone|Virgilio}}; ogni poetica che uscisse, egli volea vederla e scrisse ''Discorsi sull’epopea'', ove dice che «i poemi eroici, e i discorsi intorno all’arte, e il modo del comporli, a niuno ragionevolmente dovrebbono esser più cari, che a coloro i quali leggono volentieri azioni somiglianti alle proprie operazioni ed a quelle de’ lor maggiori: perciocchè si veggono messa innanzi quasi una immagine di quella gloria per la quale essi sono stimati agli altri superiori; e riconoscendo le virtù del padre e degli avi, se non più belle, almeno più ornate con varj e diversi lumi della poesia, cercano di conformar l’animo loro a quello esempio; e l’intelletto loro medesimo è il pittore che va dipingendo nell’anima a quella similitudine le forme della fortezza, della temperanza, della prudenza, della giustizia, della fede, della pietà, della religione, e d’ogni altra virtù la quale o sia acquistata per lunga esercitazione, o infusa per grazia divina»<ref name=" |
Prima d’ordire il suo poema, il Tasso, tormentato dal dubbio delle regole, dalla timidità delle poetiche, avea studiato {{AutoreCitato|Aristotele|Aristotele}}, analizzati {{AutoreCitato|Omero|Omero}} e {{AutoreCitato|Publio Virgilio Marone|Virgilio}}; ogni poetica che uscisse, egli volea vederla e scrisse ''Discorsi sull’epopea'', ove dice che «i poemi eroici, e i discorsi intorno all’arte, e il modo del comporli, a niuno ragionevolmente dovrebbono esser più cari, che a coloro i quali leggono volentieri azioni somiglianti alle proprie operazioni ed a quelle de’ lor maggiori: perciocchè si veggono messa innanzi quasi una immagine di quella gloria per la quale essi sono stimati agli altri superiori; e riconoscendo le virtù del padre e degli avi, se non più belle, almeno più ornate con varj e diversi lumi della poesia, cercano di conformar l’animo loro a quello esempio; e l’intelletto loro medesimo è il pittore che va dipingendo nell’anima a quella similitudine le forme della fortezza, della temperanza, della prudenza, della giustizia, della fede, della pietà, della religione, e d’ogni altra virtù la quale o sia acquistata per lunga esercitazione, o infusa per grazia divina»<ref name="p407">Concedesi quel che si può negare, cioè che ’l diletto sia il fine della poesia;</ref>. Forse questi studj tardarongli il bisogno {{Pt|d’ac-|}} |