Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 2.djvu/388: differenze tra le versioni

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{{Pt|rasi|rasi}} poi anche dell’albero di Gadi, che rompendone nn ramo ne scorre del latte; e tagliandone una radice ne esce un umore color del minio. E tanto ci basti di Gadi. Le isole Cassiteridi<ref>Le ''Sorlinghe''.</ref> sono dieci, e giacciono le une vicine alle altre al settentrione del porto degli Artabri; addentro nel mare. Una di queste isole è deserta; le altre sono abitate da uomini che portan mantelli di lana nera, tonache che discendono fino ai talloni, con una cintura intorno al petto, e passeggiano con bastoni; sicché rendon sembianza delle Furie che veggonsi nelle tragedie. Vivono poi, per la maggior parte, delle loro greggie alla maniera dei nomadi. Hanno miniere di stagno e di piombo, e permutando qnesti metalli ed anche le pelli delle loro pecore, ne ricevono in cambio dai mercatanti vasi di terra, sale e utensili di rame. E anticamente i Fenici soli mandavau da Gadi a quelle isole le dette mercatanzie, celando agli altri cotesta navigazione. Alcuni Romani vollero una volta accompagnare un nocchiero per conoscere anch’essi que’ mercati; ma colui per invidia cacciò a bello studio la nave sopra un banco di sabbia, perdendo insieme con quella coloro che vi eran saliti: ed egli salvatosi dal naufragio ebbe del pubblico erario il valore delle merci perdute. Con tutto ciò i Romani, a forza di tentare, appresero quella navigazione. Quando poi anche Publio Crasso vi approdò e vide le miniere essere poco profonde e gli uomini pacifici a cagione della loro agiatezza, e dati anche al mare, mostrò quella navigazione a chiuuque volesse {{Pt|approfit-|}}
{{Pt|rasi|rasi}} poi anche dell’albero di Gadi, che rompendone nn ramo ne scorre del latte; e tagliandone una radice ne esce un umore color del minio. E tanto ci basti di Gadi.
Le isole Cassiteridi<ref>Le ''Sorlinghe''.</ref> sono dieci, e giacciono le une vicine alle altre al settentrione del porto degli Artabri; addentro nel mare. Una di queste isole è deserta; le altre sono abitate da uomini che portan mantelli di lana nera, tonache che discendono fino ai talloni, con una cintura intorno al petto, e passeggiano con bastoni; sicché rendon sembianza delle Furie che veggonsi nelle tragedie. Vivono poi, per la maggior parte, delle loro greggie alla maniera dei nomadi. Hanno miniere di stagno e di piombo, e permutando qnesti metalli ed anche le pelli delle loro pecore, ne ricevono in cambio dai mercatanti vasi di terra, sale e utensili di rame. E anticamente i Fenici soli mandavau da Gadi a quelle isole le dette mercatanzie, celando agli altri cotesta navigazione. Alcuni Romani vollero una volta accompagnare un nocchiero per conoscere anch’essi que’ mercati; ma colui per invidia cacciò a bello studio la nave sopra un banco di sabbia, perdendo insieme con quella coloro che vi eran saliti: ed egli salvatosi dal naufragio ebbe del pubblico erario il valore delle merci perdute. Con tutto ciò i Romani, a forza di tentare, appresero quella navigazione. Quando poi anche Publio Crasso vi approdò e vide le miniere essere poco profonde e gli uomini pacifici a cagione della loro agiatezza, e dati anche al mare, mostrò quella navigazione a chiuuque volesse {{Pt|approfit-|}}