Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/238: differenze tra le versioni

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alla sua dignità». Peggio operò allorchè ottenne la Sicilia col titola regio. Questo regno, per antichissimo canone, rilevava dalla suprema signoria del papa; onde, avendo il duca ricusato di riconoscerla, il papa ordinò a’ vescovi di colà di non riconoscer lui come re, donde urti e persècuzioni, e molti uscirono dall’isola. Risoluto di vendicarsene, Vittorio Amedeo cominciò a sopprimere l’Inquisizione, avocando ai trihunali le cause a quella devolute; colpi di tasse i beni e le persone ecclesiastiche; puniva atrocemente chi tenesse conto dell’interdetto; mandò truppe protestanti su terre del papa, mentre fra’ sudditi di questo facea reclute. Clemente XI minacciò più volte scomunicarlo, e sempre sospese; solo ordinò che in tutte le chiese di Roma si esponesse il Venerabile, onde supplicare Iddio a toccar il cuore del duca. Ne segui, come al solito, un miserabile strazio delle coscienze, massime nella Sicilia; il senato di Nizza obbligò i popolani di Roccasterone a riconoscere un parroco, benchè scomunicato e rimosso dal nunzio: a ribattere le pretensioni romane aguzzavansi legulej piemontesi, il Pensabene, il D’Aguirre, il Degubernatis: Vittorio Amedeo fece raccogliere materiali da Girolamo Settimo e Giambattista Caruso, e li mandò ad Eha Du Pin, che ne formò la Dèfense de la monarchie de Sicile contre les entreprises de la Cour de Rome (Amsterdam, 1716). Non lasciarono sfuggire quest’occasione i Protestanti e gli spiriti forti, per veder di guadagnare il duca. Alberto Radicati, conte di Passerano e di Cocconato da Casale, fu de’ più ferventi oppositori alle pretensioni curiali; negava ogni supremazia del papa sui vescovi; la gerarchia ecclesiastica esser una corruzione della dottrina evangelica, donde passava a voltare in burla i dogmi e i misteri. L’Inquisizione lo cita tre volte; ed egli non risponde; in contumacia è condannato ad esser bruciato vivo, ed egli trionfa in Torino: ma ecco un bel giorno gli è intimato che Vittorio Amedeo lo chiama. Egli va alla Corte con esitanza, e si sgomenta davvero quando nell’anticamera scorge il padre inquisitore e il procuratore fiscale. Pure Vittorio l’accolse graziosamente; l’avvertì che potenti nemici teneano l’occhio sopra di esso, e l’accusavano d’ateismo: avesse la cautela di parlare più temperato; del resto Qgli eragli riconoscente dello zelo che mostrava per gl’interessi della Corona. — Se il re mi approva, non curo la disapprovazione di chic-
alla sua dignità». Peggio operò allorchè ottenne la Sicilia col titola regio. Questo regno, per antichissimo canone, rilevava dalla suprema signoria del papa; onde, avendo il duca ricusato di riconoscerla, il papa ordinò a’ vescovi di colà di non riconoscer lui come re, donde urti e persecuzioni, e molti uscirono dall’isola.
Risoluto di vendicarsene, Vittorio Amedeo cominciò a sopprimere l’Inquisizione, avocando ai tribunali le cause a quella devolute; colpì di tasse i beni e le persone ecclesiastiche; puniva atrocemente chi tenesse conto dell’interdetto; mandò truppe protestanti su terre del papa, mentre fra’ sudditi di questo facea reclute. {{AutoreCitato|Papa Clemente XI|Clemente XI}} minacciò più volte scomunicarlo, e sempre sospese; solo ordinò che in tutte le chiese di Roma si esponesse il Venerabile, onde supplicare Iddio a toccar il cuore del duca. Ne seguì, come al solito, un miserabile strazio delle coscienze, massime nella Sicilia; il senato di Nizza obbligò i popolani di Roccasterone a riconoscere un parroco, benchè scomunicato e rimosso dal nunzio: a ribattere le pretensioni romane aguzzavansi legulej piemontesi, il Pensabene, il D’Aguirre, il Degubernatis: Vittorio Amedeo fece raccogliere materiali da Girolamo Settimo e Giambattista Caruso, e li mandò ad Elia Du Pin, che ne formò la ''Dèfense de la monarchie de Sicile contre les entreprises de la Cour de Rome'' (Amsterdam, 1716).
Non lasciarono sfuggire quest’occasione i Protestanti e gli spiriti forti, per veder di guadagnare il duca. Alberto Radicati, conte di Passerano e di Cocconato da Casale, fu de’ più ferventi oppositori alle pretensioni curiali; negava ogni supremazia del papa sui vescovi; la gerarchia ecclesiastica esser una corruzione della dottrina evangelica, donde passava a voltare in burla i dogmi e i misteri.
L’Inquisizione lo cita tre volte; ed egli non risponde; in contumacia è condannato ad esser bruciato vivo, ed egli trionfa in Torino: ma ecco un bel giorno gli è intimato che Vittorio Amedeo lo chiama. Egli va alla Corte con esitanza, e si sgomenta davvero quando nell’anticamera scorge il padre inquisitore e il procuratore fiscale. Pure Vittorio l’accolse graziosamente; l’avvertì che potenti nemici teneano l’occhio sopra di esso, e l’accusavano d’ateismo: avesse la cautela di parlare più temperato; del resto egli eragli riconoscente dello zelo che mostrava per gl’interessi della Corona.
— Se il re mi approva, non curo la disapprovazione di {{Pt|chic-|}}