Pagina:Zibaldone di pensieri V.djvu/402: differenze tra le versioni

 
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<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|3450}}-->rappresentazione o la lettura, non debba lasciare alcun vestigio di se; un affetto che non debba esser durabile, che durando si opponga all’effetto voluto e cercato dall’autore e dalla qualità del dramma. E quando l’eccitar questo affetto, come la compassione per gl’immeritevolmente infelici, è il principale scopo che l’autore e il dramma si propongono (come ordinariamente accade), il farlo non durevole, il distruggerlo nel suddetto modo, è contraddizione ne’ termini: <section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|3451}} principale e non durevole, principale e da distruggersi appostatamente e volutamente col dramma stesso, principale e non risultante dal totale del dramma, principale e da non dover perseverare né sino alla fine né dopo la fine, e da non dover esser prodotto dal dramma considerato nell’intero; ''dovere'' dal dramma considerato nell’intero esser prodotto un effetto diverso, anzi contrario, a quello ch’ei si propone per iscopo principale. - La naturalezza<ref>Veggasi la p. {{ZbLink|3125}}-{{ZbLink|3133}}.</ref> e la verisimiglianza è maggiore assai ne’ drammi di tristo che in quelli di lieto fine, perché cosí va il mondo: il delitto e il vizio trionfa, i buoni sono oppressi, la felicità e l’infelicità sono ambedue di chi non le merita. - Ma nel mondo il felice per lo piú ha nome di buono, e viceversa. Il dramma chiama la bontà e la malvagità col loro nome, e mostra il carattere e la condotta morale de’ felici e degl’infelici qual ella è veramente. Quindi la sua grande utilità, quindi l’odio e il disprezzo originato dal dramma, verso i malvagi benché felici, e viceversa. Non dall’alterar la natura e la verità delle cose, facendo sfortunato il vizio e la virtú. <section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|3452}} E ben grande utilità morale, e che ben di rado si proccura e si ottiene, e basta ben a produr l’odio e l’indignazione, il far conoscere e recar sotto gli occhi le vere qualità morali e i veri meriti de’ felici e degl’infelici. E l’odio, il disprezzo, il {{pt|vi-|vitupero, }}<section end=3 />
<section begin="1" /><!--{{ZbPagina|3450}}-->rappresentazione o la lettura, non debba lasciare alcun vestigio di se; un affetto che non debba esser durabile, che durando si opponga all’effetto voluto e cercato dall’autore e dalla qualità del dramma. E quando l’eccitar questo affetto, come la compassione per gl’immeritevolmente infelici, è il principale scopo che l’autore e il dramma si propongono (come ordinariamente accade), il farlo non durevole, il distruggerlo nel suddetto modo, è contraddizione ne’ termini: <section end="1" /><section begin="2" />{{ZbPagina|3451}} principale e non durevole, principale e da distruggersi appostatamente e volutamente col dramma stesso, principale e non risultante dal totale del dramma, principale e da non dover perseverare né sino alla fine, né dopo la fine, e da non dover esser prodotto dal dramma considerato nell’intero; ''dovere'' dal dramma considerato nell’intero esser prodotto un effetto diverso, anzi contrario, a quello ch’ei si propone per iscopo principale. La naturalezza<ref>Veggasi la p. {{ZbLink|3125}}-{{ZbLink|3133}}.</ref> e la verisimiglianza è maggiore assai ne’ drammi di tristo che in quelli di lieto fine, perché cosí va il mondo: il delitto e il vizio trionfa, i buoni sono oppressi, la felicità e l’infelicità sono ambedue di chi non le merita. Ma nel mondo il felice per lo piú ha nome di buono, e viceversa. Il dramma chiama la bontà e la malvagità col loro nome, e mostra il carattere e la condotta morale de’ felici e degl’infelici qual ella è veramente. Quindi la sua grande utilità, quindi l’odio e il disprezzo originato dal dramma verso i malvagi, benché felici e viceversa. Non dall’alterar la natura e la verità delle cose, facendo sfortunato il vizio e la virtú. <section end="2" /><section begin="3" />{{ZbPagina|3452}} È ben grande utilità morale, e che ben di rado si procura e si ottiene, e basta ben a produr l’odio e l’indignazione, il far conoscere e recar sotto gli occhi le vere qualità morali e i veri meriti de’ felici e degl’infelici. E l’odio, il disprezzo, il {{pt|vi-|vitupero, }}<section end="3" />