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poi ritornarmela. Eccovela adunque, signor mio, qual fu recitata, ch’io ve la dono tale, e vi supplico che non vi sdegnate ancor che il dono sia picciolo di accettarlo. Vi piacerà poi farla leggere al vostro da me riverito e da tutta Lombardia amato ed onorato, il signor Francesco vostro maggior fratello, a ciò che egli veggia che tutte le donne non sono d’un temperamento, ma sono come ha fatto la natura nei suoi parti, che sempre non gli fa tutti buoni. Né perché ci sia talora una malvagia femina si vogliono l'al tre sprezzare; anzi per una buona, ché molte ce ne sono, deveno tutte l’altre esser dagli uomini sempre onorate e riverite, perciò ch'io porto ferma openione che mai non sia lecito contra le donne incrudelire. Ma io non voglio adesso entrar in questo profondo abisso. Solo dico che quanto più un uomo onora una donna, tanto più mostra egli esser nobile e degno d’ogni onore. State sano.
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PARTE PRIMA

poi ritornarmela. Eccovela adunque, signor mio, qual fu reci¬
{{Centrato|NOVELLA XXVII
tata, ch’io ve la dono tale, e vi supplico che non vi sdegnate

ancor che il dono sia picciolo di accettarlo. Vi piacerà poi
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farla leggere al vostro da me riverito e da tutta Lombardia

amato ed onorato, il signor Francesco vostro maggior fratello,

a ciò che egli veggia che tutte le donne non sono d’un tem¬
Essendosi oggi buona pezza ragionato de la passata guerra e raccontatesi molte stratageme fatte per vincer cosi dai nemici come dai nostri, e ricordata la disgraziata morte di quel buon uomo, valoroso ed onorato vecchio, padre de la milizia, il conte di Collisano, che tutti di nuovo ci attrista, ora mi comandate, signor mio, che io con qualche piace voi novella rallegri tutta la compagnia, che quasi per cosi trista ricordazione ha le lagrime sugli occhi. E perciò che io so che appo voi non mi debbo né posso scusare, ubidirò a quanto mi comandate, cioè di narrarvi una novella. Ma di potervi rallegrare non so io come sarà. Pure egli mi pare che diletterà ciò che io vi dirò per la varietà de le cose. Dico adunque che in Ispagna vicino ai monti Pirenei, non sono ancora molti anni passati, a certe sue castella abitava una vedova ch’era stata moglie d'un cavaliero di nobilissimo sangue in quei paesi nato, la qual di lui aveva avuta una figliuola senza più, molto vaga e bella, e quella teneva
peramento, ma sono come ha fatto la natura nei suoi parti,
che sempre non gli fa tutti buoni. Né perché ci sia talora una
malvagia femina si vogliono l'al tre sprezzare; anzi per una buona,
ché molte ce ne sono, deveno tutte l’altre esser dagli uomini
sempre onorate e riverite, perciò ch'io porto ferma openione
che mai non sia lecito contra le donne incrudelire. Ma io non
voglio adesso entrar in questo profondo abisso. Solo dico che
quanto più un uomo onora una donna, tanto più mostra egli
esser nobile e degno d’ogni onore. State sano.
NOVELLA XXVII
Don Diego da la sua donna sprezzato va a starsi in una grotta,
e come n’usci.
Essendosi oggi buona pezza ragionato de la passata guerra
e raccontatesi molte stratageme fatte per vincer cosi dai ne¬
mici come dai nostri, e ricordata la disgraziata morte di quel buon
uomo, valoroso ed onorato vecchio, padre de la milizia, il conte
di Collisano, che tutti di nuovo ci attrista, ora mi comandate,
signor mio, che io con qualche piace voi novella rallegri tutta
la compagnia, che quasi per cosi trista ricordazione ha le lagrime
sugli occhi. E perciò che io so che appo voi non mi debbo
né posso scusare, ubidirò a quanto mi comandate, cioè di nar¬
rarvi una novella. Ma di potervi rallegrare non so io come
sarà. Pure egli mi pare che diletterà ciò che io vi dirò per
la varietà de le cose. Dico adunque che in Ispagna vicino ai
monti Pirenei, non sono ancora molti anni passati, a certe sue
castella abitava una vedova ch’era stata moglie d'un cavaliero
di nobilissimo sangue in quei paesi nato, la qual di lui aveva
avuta una figliuola senza più, molto vaga e bella, e quella teneva