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ancor palpitanti viscere d’uno schiavo, e bevere l’uno il sangue dell’altro<ref>{{Wl|Q7170|Sallustio}} attribuisce quest’accusa all’astuzia degli amici di Cicerone. — Nonnulli ficta hæc et multa præterea ab iis existimabant, qui Ciceronis invidiara leniri credebant atrocitate sceleris eorum qui pœnas dederant». Pure {{Wl|Q185223|Dione Cassio}} pone espresso che si scannò uno schiavo, e proferita la formola del giuramento, Catilina la confermò prendendone in mano le viscere, e dopo lui i complici; {{Greco da controllare}}. XXVII, 30. Niente di strano in quest’atto, derivante dalla comune credenza del potere misterioso de’ sacrifizj umani.</ref>; sacrificarsi vittime umane alla trovata aquila argentea di Mario; che {{Wl|Q75826|Catilina}} mandasse ad assassinare questo o quello, per mero esercizio; che ordisse d’appiccar fuoco a Roma, e trucidare il meglio dei senatori. A queste basse e inutili atrocità presteremo noi fede, qualora pensiamo che alla congiura presero parte più di venti personaggi senatorj ed equestri, fra cui Autronio Publio, escluso dal consolato perchè convinto di broglio, Gneo Pisone consolare, fors’anche Antonio Nepote console, Cornelio Cetego tribuno, due Silla figli del dittatore, Lentula Sura, il quale vantava tra’ suoi avi dodici consoli e dai libri Sibillini esser promesso il regno a tre Cornelj, cioè Cinna e Siila e lui terzo?<ref>Cicerone dà Catilina come un mostro nelle ''Catilinarie'': ma nell’orazione ''pro Rufo'' lo imbellisce. — Voi non avete dimenticato come egli avesse, se non la realtà, l’apparenza delle maggiori virtù. Circondavasi, d’una banda di perversi, ma affettavasi devoto a stimabilissime persone. Avido della dissolutezza, con non minore ardore si applicava al lavoro ed agli affari. Il fuoco delle passioni struggeva il suo cuore, ma piacevasi altrettanto delle fatiche guerresche. No, mai cred’io sia esistita al mondo una mescolanza di passioni e gusti tanto differenti e contrarj. Chi meglio di lui seppe rendersi gradito a’ personaggi più illustri? qual cittadino sostenne a volta a volta una parte più onorevole? Roma ebbe mai nemico più crudele? chi si mostrò più dissoluto nei piaceri, più paziente nelle fatiche, più avido nelle rapine, più prodigo nel largheggiare? Ma il più mirabile in costui era il suo talento d’attirarsi una turba d’amici, d’allacciarseli con compiacenza, di partecipar loro quanto possedeva di fare a tutti servigio col proprio denaro, col credito, colle fatiche, fin col delitto e coll’audacia; di padroneggiare il suo naturale, acconciarlo a tutte le circostanze, piegarlo, raffazzonarlo in tutti i sensi; serio cogli austeri, spassone cogli allegri, grave coi vecchi, amabile coi giovani, audace cogli scellerati, dissoluto coi libertini. Mercè di questo carattere flessibile e accomodante erasi attorniato d’uomini perversi e arditi, come anche di cittadini virtuosi e fermi, colle sembianze d’una virtù affettata. ... La colpa d’essergli stato amico è comune a troppi, ed anche ad onestissimi. Io stesso fui ad un punto di restar ingannato da costui, credendolo buon cittadino, zelatore degli uomini onorevoli, amico devoto e fedele ».</ref> Che Catilina {{Pt|di-|}}
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ILLUSTRI ITALIANI
ancor palpitanti viscere d'uno schiavo, e bevere l'uno il sangue
dell'altro (25); sacrificarsi vittime umane alla trovata aquila argentea
di Mario; che Catilina mandasse ad assassinare questo o quello, per
mero esercizio; che ordisse d'appiccar fuoco a Roma, e trucidare il
meglio dei senatori. A queste basse e inutili atrocità presteremo
noi fede, qualora pensiamo che alla congiura presero parte più di
venti personaggi senatorj ed equestri, fra cui Autronio Publio,
escluso dal consolato perchè convinto di broglio, Gneo Pisone con-
solare, fors'anche Antonio Nepote console, Cornelio Getego tribuno,,
due Siila figli del dittatore, Lentula Sura, il quale vantava tra' suoi
avi dodici consoli e dai libri Sibillini esser promesso il regno a
tre Cornelj , cioè Cinna e Siila e lui terzo ? (26) Che Catilina di-
(25) Sallustio attribuisce quest'accusa all'astuzia degli amici di Cicerone. — Non-
« nulli fida hajc et multa pra^terea ab iis exisiimabant, qui Ciceronis invidiara le-
« niri credebani atrocitale sceleris eorum qui poenas dederant ». Pure Dione Cassio
pone espresso che si scannò uno schiavo, e proferita la formola del giuramento,
CatiUna la confermò prendendone in mano le viscere, e dopo lui i complici; naìda
yàp riva xaràìsMaag, xai im twv airXa'YXVuv auToù xà opxta irotiioas lizeiza éairXaY-
xveuffev aùrd j.eTà tjov aXXuv. XXVII, 30. Niente di strano in quest'atto, derivante
dalla comune credenza del potere misterioso de' sacrifizj umani.
(20) Cicerone dà Catilina come un mostro nelle Calilinarie : ma nell'orazione prò-
Rufo lo imbellisce. — Voi non avete dimenticalo come egli avesse, se non la realtà,
l'apparenza delle maggiori virtù. Circondavasi, d'una banda di perversi, ma af-
fettavasi devoto a stimabilissime persone. Avido della dissolutezza, con non minore
ardore si applicava al lavoro ed agli affari. Il fuoco delle passioni struggeva il
suo cuore, ma piacevasi altrettanto delle fatiche guerresche. No, mai cred'io sia
esistita al mondo una mescolanza di passioni e gusti tanto differenti e contrarj.
Chi meglio di lui seppe rendersi gradito a' personaggi più illustri? qual cittadina
sostenne a volta a volta una parte più onorevole? Roma ebbe mai nemico più
crudele? chi si mostrò più dissoluto nei piaceri, più paziente nelle fatiche, più
avido nelle rapine, più prodigo nel largheggiare? Ma il più mirabile in costui era
il suo talento d'attirarsi una turba d'amici, d'allacciarseli con compiacenza, di par-
tecipar loro quanto possedeva^ di fare a tutti servigio col proprio denaro, col cre-
dito, colle fatiche, fin col delittcT e coll'audacia; di padroneggiare il suo naturale,
acconciarlo a tutte le circostanze, piegarlo, raffazzonarlo in tutti i sensi; serio cogli
austeri, spassone cogli allegri, grave coi vecchi, amabile coi giovani, audace cogli
scellerati, dissoluto coi libertini. Mercè di questo carattere flessibile e accomodante
erasi attorniato d'uomini perversi e ardili, come anche di cittadini virtuosi e fermi,
colle sembianze d'una virtù affettata. ... La colpa d'essergli stato amico è comune
a troppi, ed anche ad onestissimi. Io stesso fui ad un punto di restar ingannato da
costui, credendolo buon cittadino, zelatore degli uomini onorevoli, amico devoto e-
fedele ».